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8.6.20

ma gli educatori ignorano che esistono anche forme di comunicazione senza contatti ? vedendo questo video sembra di no

Infatti vedendo questoio video mi chiedo , pur non essendo un educatore e che lavora con i bambini , ma questa sarebbe un educatrice ? in che mani sono i nostri bambini ? una che non riesce a trovare un metodo per capire ai bambini che c'è una malattia grave da dover usare mascherine ed quanti e non poter avere contatti ed che esiste anche la comunicazioni di sguardi e di sorrisi . Questa dovrebbe ritornare a studiare visto che dice il virus non c'è più . Un educatrice dovrebbe saper improvvisare e trovare metodi nuovi rispetto a quelli tradizionali . e qui mi fermo per scadere nell'odio e nella volgarità sia verso di lei sia verso gli altri .... dei commenti sotto riportati che vi risparmio perchè come me , vi sarete rotti le .... di sentirli o di leggerli . Gente che sa solo protestare ( oltre a credere alle panzane ) ma poi non sa proporre metodi alternativi o di prevenzione contro l'epidemia .


5.6.20

Giulia Oriani, infermiera 30enne del Milanese, ha scritto una lunga lettera aperta ai complottisti per raccontare le sue settimane alle prese con il coronavirus che le ha lasciato conseguenze fisiche.


Giulia Oriani



N.b 

per  rispettare   il suo desiderio  espresso pubblicamente du  facebook
“Racconto i miei 79 giorni di calvario per tutti quelli che non credono al Coronavirus”
Dopo una lunga e difficile riflessione, ho deciso di togliere la visibilità al mio precedente post. Pensavo di essere sufficientemente forte per sopportare tutto l'odio che mi è stato versato addosso, ma non è così. Io non sono un personaggio pubblico e non ho alcun interesse a diventarlo, ho raccontato la mia storia e non avrei mai pensato, giuro, che sarebbe andata a finire così. Mi dispiace per tutti i miei amici che l'hanno condiviso, perché non sarà più visibile dagli altri, ma NurseTimes ha riportato le mie parole e se vi interessa lascio il link qua sotto.

 non riporto    , come  faccio  con gli altri post    , ne sotto url    ne con copia&;incolla   il  suo  account  facebook   ed  mi limito  a : riportare   sia    questa  sua  intervista  da https://www.orangeisthenewmilano.it/  il   primo    che  ha  lanciato  la  sua  lettera  più  precisamente     qui



Il Covid non è una bufala e può colpire chiunque. Non dimenticate gli sforzi di noi infermieri


“Uno dei motivi che mi ha spinta a scrivere quelle righe, è il modo in cui la mia categoria professionale è stata trattata in questi mesi. Siamo stati, per un breve periodo, degli eroi. Poi siamo diventati gli untori, e alla fine siamo tornati nell’oblio”. Giulia Oriani, 30 anni, infermiera in un ospedale milanese e ha scritto un post su Facebook per raccontare la sua storia di cui abbiamo parlato nel nostro articolo precedente. Si è ammalata di Covid-19 all’inizio di marzo, superandolo senza, in apparenza, grandi problemi. Ma dopo una decina di giorni è iniziato il suo calvario.
La prima diagnosi è stata di trombosi venosa profonda. Dopo mesi di terapia, esami e vari consulti da diversi specialisti, si sono aggiunti altri problemi: tachicardia, “un disturbo post-traumatico da stress con insonnia, una vasculite post Covid-19”. Si esprime duramente contro complottisti e chi prende alla leggera il coronavirus. Per lei è importante mostrare loro se si sbagliano, anche se si rende conto che la disinformazione e le fake news sono diventati un’onda che è molto difficile arginare: “Le realtà dei social hanno sdoganato la regola del ‘posso dire quello che mi pare’, secondo la quale quindi chiunque si sente in diritto di scrivere anche cose false, arrivando all’aggressività se e quando dovesse essere contraddetto. Non credo sia un vortice da cui si possa uscire molto facilmente”.

                                        Giulia Oriani






Oriani, come mai ha deciso di scrivere questo post su Facebook? 

“Perché mi capita spesso di avvertire la necessità di mettere per iscritto i miei pensieri e lo faccio tramite Facebook. In questo ultimo periodo sono stata arrabbiata. Molto e per vari motivi. Dopo aver discusso con una mia conoscente sulle fake news che circondano l’argomento coronavirus, ho cercato uno strumento per sfogare questa rabbia e la scrittura mi è sembrata il sistema più efficace. Raccontare la mia storia aveva come unico fine quello di testimoniare che tante cose che vengono dette non sono vere, sono frutto di menti che non conoscono nulla sull’argomento. Volevo dimostrare che non sono solo gli anziani che si ammalano, perché vedo i miei coetanei comportarsi come se fossero immuni, e non è così. Per questo ho ‘dedicato’ la mia testimonianza ai complottisti. Non certo con intenti maligni, come qualcuno ha sostenuto, ma semplicemente per dire ‘non è come vi raccontano. Non siete al sicuro'”.

Nient’altro?

“Un altro motivo di rabbia, e che mi ha spinta a scrivere quelle righe, è il modo in cui la mia categoria professionale è stata trattata in questi mesi. Siamo stati, per un breve periodo, degli eroi. Poi siamo diventati gli untori, e alla fine siamo tornati nell’oblio. Ecco, io ci tengo a dire che sono orgogliosa di essere un’infermiera, ma che non sono un eroina. Io faccio il mio lavoro, cercando di svolgerlo sempre al meglio, ed è un lavoro sempre pericoloso. Siamo esposti continuamente al rischio infettivo, non solo in questo periodo di Covid; facciamo turni stressanti e usuranti; siamo stati vittime di aggressioni e violenze. È vero, come qualcuno dice, che abbiamo scelto noi di fare gli infermieri, ma dovrebbe essere vero anche che i rischi e le fatiche a cui siamo esposti meritino un riconoscimento diverso, in termini sociali ed economici. Ad oggi siamo professionisti laureati, qualcuno ha anche più di una laurea, ma poco è cambiato nell’immaginario comune”.

Nell’ospedale dove lavora c’erano pazienti Covid?

“Il mio reparto inizialmente non ne aveva, poi progressivamente abbiamo iniziato a ricoverarne alcuni e l’ospedale ha rapidamente risposto alle direttive che arrivavano approntando quanto necessario per farci lavorare in sicurezza. Sicuramente, però, le notizie sempre più gravi che si diffondevano hanno spaventato noi operatori. La mia prima reazione è stata quella di minimizzare, forse per esorcizzare la paura. Ho cercato di contenere l’ansia di chi mi stava intorno, di trasmettere il messaggio che lavorando con attenzione sarebbe andato tutto bene. Ma in fondo non avevo idea di cosa aspettarmi. Ricordo che un giorno sono uscita dall’ospedale e ho mandato un messaggio su WhatsApp alla mia famiglia, dicendo loro di chiudersi in casa e che per un po’ non ci saremmo visti. Dopo una settimana, sono partiti i decreti che hanno portato al lockdown totale. Quello che percepivo era l’angoscia di non sapere cosa stessimo affrontando. Ci guardavamo all’uscita e ci domandavamo cosa ci stessimo portando a casa, quanto efficacemente fossimo stati in grado di proteggerci e quanto potessimo essere pericolosi”.

C’è qualcosa che l’ha colpita particolarmente di quel periodo?

“La solitudine che si respirava in reparto. Noi, bardati dalla testa ai piedi, eravamo in grado di comunicare molto poco, sia tra noi che con i pazienti. Loro, d’altra parte, erano soli nei loro letti, isolati dalle famiglie, alcuni all’interno dei caschi di ventilazione, che sono rumorosi e soffocanti. Se chiudo gli occhi, posso percepire ancora adesso la pesantezza che si avvertiva nell’aria. E non dimenticherò mai le lacrime dei pazienti quando riuscivamo a far fare loro le brevi videochiamate ai parenti: l’unico momento che li riportasse alla vita reale, alla vita ‘prima’”.

Quando si è ammalata? 

“I primi giorni di marzo ho cominciato ad avere i primi sintomi: febbricola e tosse. Il tampone, risultato poi positivo, è stato eseguito il 10 marzo”.

Poi, quando il tampone è tornato negativo, è iniziato il vero calvario. Come sta ora?

“Sto meglio, finalmente. Ed è proprio per questo che ho avuto le forze di raccontare quello che mi è successo. Molti conoscenti mi hanno scritto stupiti, dicendo che non immaginavano che io fossi stata così male. Ma finché i problemi erano aperti, avevo altro a cui pensare che non fosse pubblicarli su internet. La trombosi si sta risolvendo con estrema lentezza, però sta finalmente andando nella giusta direzione. E la tachicardia è ben controllata dai betabloccanti. Gli indici infiammatori (che erano quelli che indicavano che la vasculite era ancora presente) si sono ridotti. L’ultimo punto su cui lavorare è il tono dell’umore, che è ancora molto altalenante. Ho attraversato giorni veramente bui, in cui non riuscivo a distogliere i pensieri dalla malattia e dalla morte e ho lavorato molto per spostare l’attenzione su qualcosa di positivo. L’angoscia torna purtroppo a farmi visita di notte, ma so che, prima o poi, anche questo problema si risolverà”.

Fra quanto tempo potrà tornare a lavorare? Ci sono cose che non potrà più fare?

“I primi di giugno tornerò in servizio. Non potrò stare ferma in piedi troppo a lungo, cosa che nella mia professione capita molto spesso. Per questo, cercherò di distribuire diversamente il lavoro, in modo da potermi muovere il più possibile. Spero di riuscire a sopportare soprattutto le notti, che sono lunghe e faticose. Nel caso in cui i prossimi controlli dovessero dare risultati peggiori, chiederò una riduzione temporanea dell’orario”.

Tornando al suo post di Facebook, lo dedica ai complottisti. Ne conosce?

“Sì, conosco direttamente alcune persone che credono alle teorie più assurde, oltre ad averne lette molte frequentando assiduamente i social. Le teorie sono tante e varie: vanno dalla creazione del virus in laboratorio in modo da sterminare parte della popolazione al microchip che verrà impiantato sottocute quando sarà somministrato il vaccino, così da poterci controllare tutti. Qualcuno sostiene che il virus non sia mai esistito e che si sia fatto dell’allarmismo inutile. Altri che colpisca solo le persone anziane o già malate. Altri ancora, purtroppo, hanno interpretato male le informazioni che sono state date in questo periodo (magari anche da fonti non ufficiali) e sono arrivati a sostenere che l’intubazione abbia ucciso i pazienti, che i dati sulle corrette terapie si sapevano da tempo e si è deciso di non seguirli per ‘sperimentare’ sulla pelle degli esseri umani. Insomma, che ci siano complotti inimmaginabili dietro. Ecco, per me è estremamente importante smentire tutte queste voci, anche in difesa dei miei colleghi e dei medici che hanno dato se stessi negli ultimi mesi, per salvare quante più vite possibile. Nessuno ha agito con intenzioni malvagie e i sanitari che purtroppo sono deceduti sono la prova che facciamo del nostro meglio, ma siamo anche noi esseri umani”.

Secondo lei, perché si stanno diffondendo tutte queste teorie anti scientifiche?

“A mio parere la diffusione di teorie antiscientifiche dipende dall’aumentata accessibilità a un determinato tipo di informazioni. Mi spiego meglio: quando trent’anni fa il medico diceva a mia madre che mi doveva far fare i vaccini, lei seguiva le indicazioni perché di medicina non ne sapeva niente, essendo laureata in lettere. Oggi, invece, si ha la possibilità di scrivere su Google “vaccini” e di leggere qualsiasi cosa. Ma chiunque non abbia un determinato background conoscitivo – per ignoranza generale o semplicemente perché ha seguito altri studi – può non essere in grado di discernere tra le fonti ufficiali e quelle non ufficiali o di comprendere appieno quello che legge, correndo il rischio di travisarne il contenuto e di arrivare addirittura a stravolgerlo. Nel mondo scientifico non ci si può ‘creare’ delle teorie, non si può reinterpretare qualcosa solo perché non si è in grado di capirlo. Certe cose sono così e come tali vanno accettate, a meno che non si sia in grado di confutarle rigorosamente”.

Che cosa si può fare per ridare fiducia nella scienza a questa gente?

“Temo purtroppo che non la riacquisteranno mai, perché il caos e la disinformazione hanno ormai superato ogni limite: le realtà dei social hanno sdoganato la regola del ‘posso dire quello che mi pare’, secondo la quale chiunque si sente in diritto di scrivere anche cose false e arrivando all’aggressività, se e quando dovesse essere contraddetto. Non credo che questo sia un vortice da cui si possa uscire molto facilmente”.

Alcuni, semplicemente, non osservano molto le regole. Se dovesse mandare loro un messaggio, cosa direbbe? 

“Direi semplicemente di leggere la mia testimonianza, così come quella di tanti ammalati o di persone che hanno perso i loro cari, e di chiedersi: ‘E se succedesse a me?'”.



Il virus non esiste, il virus è un complotto dei cinesi, dei tedeschi e di chiunque. Quante volte lo abbiamo sentito dire?
Dopo 79 giorni di "calvario", come lo definisce lei stessa, Giulia Oriani, infermiera 30enne del Milanese, decide di scrivere su Facebook una lunga lettera aperta per raccontare le sue settimane alle prese con il coronavirus che, pur se in forma leggera, le ha lasciato conseguenze fisiche. L'esperienza in corsia dell'ultimo periodo, soprattutto, le ha provocato un disturbo post traumatico da stress. Ma la sua finalità è proprio di confutare le tesi dei "maledetti complottisti, che sostenete che il virus non esista", Quando, però, il post diventa virale, la pioggia di insulti e offese fa fare all'infermiera un passo indietro. Alla fine il lungo sfogo torna visibile sui social. Con una precisione: "Liberi di non credermi, vivo lo stesso, ma certi commenti, possono avere effetti devastanti".

Giulia Oriani, infermiera




La lettera-sfogo - Mi chiamo Giulia, ho 30 anni e sono un'infermiera. Nel mese di marzo mi sono ammalata di Covid-19. Inizialmente, nella sfortuna, ho pensato di essere stata fortunata, di averla "sfangata" con pochi sintomi, senza che fosse necessario il ricovero in ospedale.. un po' di febbre, qualche dolore muscolare, difficoltà respiratorie lievi e risolte in pochi giorni, un solo accesso in ospedale per broncospasmo. Niente di che, insomma.
I problemi sono iniziati circa dieci giorni dopo la mia negativizzazione al tampone. Uno strano dolore alla gamba, un esame al volo e la diagnosi di Trombosi Venosa Profonda. Il che significa che in una vena della mia gamba (dopo qualche giorno, in due vene diverse) si era formato un coagulo così grosso da non far passare più il sangue. Ho 30 anni, e il mio sangue coagula come quello di un vecchietto allettato. Da lì, il mio calvario.
Sono stata vista da: chirurgo vascolare, chirurgo generale, ematologo, psichiatra, medico d'urgenza e cardiologo.
Ho eseguito 5 eco-doppler alla gamba, un'ecografia della parete muscolare dell'addome, una lastra del torace, una TAC torace e arto inferiore con mezzo di contrasto, un ECG-holter delle 24h, un ecocardio e un'infinità di esami del sangue. Mi sono sentita diagnosticare una doppia trombosi venosa profonda con riduzione del flusso persistente dopo due mesi di terapia e parziale dilatazione della vena, una tachicardia sinusale con battiti ectopici ventricolari e sopraventricolari, un disturbo post-traumatico da stress con insonnia, una vasculite post covid-19. Ho avuto spesso, troppo spesso, paura. Tanta. Paura di non poter mai più tornare a svolgere il mio lavoro come prima, paura di morire. Mi hanno imbottita di psicofarmaci prima di capire che non era l'ansia la causa della tachicardia, ma mi hanno detto di continuare a prenderli, per dormire. Peccato che io non dorma da settimane. Ogni notte mi sveglio a causa degli incubi che faccio. Dormirò sì e no 4 ore. Convivo con un fantasma, quello della malattia.
Sono arrivata ad odiare la mia casa, diventata una prigione da ormai 79 giorni.
Questo post l'ho scritto in realtà per fare una dedica speciale.
Lo dedico a voi maledetti complottisti, che sostenete che il virus non esista, che sia stato creato per far guadagnare soldi a Bill Gates, che vi stiano mentendo e la situazione non sia così grave come sembra, che non volete mettervi la mascherina perchè vi farà morire di ipercapnia (che manco sapete cosa sia), che vi ammassate nelle piazze perchè non avete paura di un virus che uccide solo i vecchi, che sostenete che il virus sia un problema solo per chi ha malattie gravi e invalidanti.... e tante altre puttanate. A voi che pensate che tanto non vi capiterà mai niente, dedico la foto della terapia che ho dovuto prendere negli ultimi due mesi e che continuerò a prendere non so per quanto tempo. E ho SOLO trent'anni. A voi dedico ogni singola iniezione che mi sono dovuta fare, ogni ematoma distribuito sul mio corpo, ogni pastiglia che devo mandare giù tutti i giorni, ogni minuto di veglia al buio, ogni sfarfallio che avverto nel petto.
Con affetto, Giulia


La precisazione dell'infermiera dopo gli attacchi social

 Questo post è stato pensato e scritto per il mio profilo, mai avrei pensato che avrebbe avuto una simile visibilità, al di fuori dei miei soliti tre o quattro commentatori. Siete liberi di non credermi, vivo lo stesso, ma a chi mi dà del fake consiglio di rileggersi le regole sulla privacy di facebook. Vi dico solo che, certi commenti, sotto al post di una persona che ha un disturbo post traumatico da stress, possono avere effetti devastanti. Fortunatamente riconosco l'ignoranza e tiro avanti, ma dovete vergognarvi. TANTO.



2.6.20

COME L’ARABA FENICE Paola Cacciapaglia: così ho sconfitto il Coronavirus © Daniela Tuscano




Paola Cacciapaglia – Scuola Paul JeffreyPaola Cacciapaglia, 47 anni, di Jesolo. Pianista, clavicembalista e bassista. Il Covid l’ha colpita a gennaio e, da oltre due mesi, sta affrontando una perigliosa convalescenza. Ci siamo incontrate virtualmente su un social network e abbiamo scambiato quattro chiacchiere sul dramma che l’ha coinvolta, le sue passioni e il futuro d’un paese martoriato.
  

- Come pensi d’aver contratto il virus? Sei riuscita a ottenere informazioni precise a riguardo?
- Francamente no. Tutto è cominciato con una semplice bronchite, aggravatasi col passare dei giorni. Poiché ne soffro cronicamente, all’'inizio non me ne ero preoccupata. In seguito, la situazione è andata peggiorando e il mio medico è venuto a visitarmi a casa, munito di tutti i DPI [dispositivi di protezione individuale, n.d.A.] previsti nei primissimi giorni dell’epidemia. Ha poi chiamato personalmente il 118. I risultati delle analisi si sono rivelati negativi; tuttavia, poiché il cortisone che assumo da tempo mi aveva procurato una leggera immunodepressione, sono stata rimandata a casa, luogo per me più sicuro. È probabile che il contagio sia avvenuto durante quel ricovero, o in occasione d’un consulto pneumologico la settimana successiva, sempre in ospedale.

- Tu però eserciti una professione, quella dell’insegnante, considerata “a rischio”. Frequentare l’ambiente scolastico può averti esposta all’infezione, o no?

- Lo escludo. Io lavoro in scuole di musica, ma le mie lezioni si svolgono perlopiù individualmente, non in classe. Inoltre, quando è iniziata la bronchite, mi trovavo già a casa in malattia. Ripeto, ero indebolita da patologie e ricoveri precedenti e necessitavo di assoluto riposo. Poi la situazione è precipitata, ne è seguito un nuovo ricovero e, probabilmente, il contagio.

- Il Veneto, assieme al Piemonte e alla colpitissima Lombardia, è stata una delle regioni più flagellate.

- È vero, qui si sono verificati molti casi, con focolai piuttosto estesi. Non nella zona dove risiedo e lavoro, comunque. Purtroppo, io appartengo alla minoranza che ne è rimasta interessata...

- Riesci a raccontare quei momenti? Come si comporta, realmente, questo virus?

- Per me è stata una malattia molto debilitante. Già ero indebolita a causa del cortisone (che tuttavia mi ha forse salvato la vita, stando alle ultime informazioni provenienti dal mondo scientifico). La mia salute ha subìto un peggioramento progressivo per un mese e mezzo; poi, all’improvviso, un primo, breve arresto respiratorio mentre mi trovavo a casa, in solitudine, dal quale mi sono miracolosamente ripresa. Quindi, nuovo ricovero in un ospedale Covid per ossigenoterapia. Le cure, durate quasi due mesi, sono state severe, a base di corticosteroidi ad alte dosi, antibiotici, antistaminici, broncodilatatori e tutto ciò che poteva essere utile in un momento in cui questo morbo appariva ancor più misterioso di quanto lo sia adesso. Al termine ho avvertito i primi miglioramenti. Adesso sto cercando di riprendermi a casa tramite la riabilitazione polmonare (perché sì, ci si disabitua pure a respirare), motoria e cardiovascolare, seguita sempre dal dottore.

- Un grazie grosso al personale sanitario?

- Assolutamente sì. Il mio medico di base mi ha curata benissimo, in lui ripongo assoluta fiducia. Ha attuato tutti i protocolli previsti per proteggere me e lui, venendo da me solo in possesso di tutti i DPI, limitandosi al tempo necessario alla visita, e parlandomi successivamente al telefono. È stato lui a mandarmi in ospedale quando serviva, lui ha somministrato farmaci e dosaggi secondo le necessità, sempre aggiornandomi telefonicamente. Ha organizzato anche i consulti specialistici. Sono stata assistita pure dalla psichiatra, perché io, malata e isolata, avevo bisogno di sostegno psicologico. Anche l’esperienza nell’ospedale Covid è stata rassicurante: era tutto preciso, ben organizzato, e mi ha colpito la gentilezza di tutti, dai medici agli infermieri, a tutto il personale.
L’unica pecca è che il tampone, malgrado le pressanti richieste del mio medico, è giunto molto tardi, quando la carica virale non era più rilevabile.

- Hai affidato al web il decorso della tua malattia, tenendo una sorta di diario giornaliero in cui comunicavi con i tuoi amici, virtuali e no...

- Sì, i social network mi hanno aiutata tanto. Ho deciso di superare l’orgoglio e ho raccontato pubblicamente su Facebook i fatti miei. Sono rientrata così in contatto con amici lontani, che mi hanno incoraggiata e alleviato il peso della solitudine. Grazie a un appello su fb sono riuscita a ottenere le mascherine in un momento in cui reperirle era un vero problema. E, tramite gli annunci, ho trovato aziende che praticavano consegna a domicilio e altre iniziative per le persone in difficoltà. Questo mi ha liberata dal peso dell’isolamento, mi sono sentita amata e rassicurata.

- A parte il dolore, cosa conserverai di quest’esperienza?

- Affrontare tutte queste sofferenze mi è servito per cambiare rotta, per vedere la vita in maniera diversa, per rinascere, come laraba fenice. E nonostante da gennaio ad oggi non abbia ancora avuto tregua, guardo al futuro con fiducia. Nulla accade per caso, ogni cosa ha il suo lato positivo. La vita è essere sempre sul bordo di un precipizio, in una vallata montana, da cui si può apprezzare una eco fantastica: il segnale che inviamo è quello che ci torna indietro. E sta a noi mantenere l'equilibrio o scivolare.

- Ci troviamo in piena fase 2, anzi ormai si può dire cominci la terza, con la riapertura delle regioni. Come giudichi i comportamenti di certuni, che gridano a ipotetici complotti, e addirittura manifestano in piazza senza mascherine? O di altri che, pur senza tutto questo chiasso, esprimono insofferenza per prescrizioni ritenute ormai non più necessarie?

- La gente ha fretta di uscire, molti non vogliono più sentirsi isolati, dimostrandosi quindi incapaci d’apprezzare le piccole cose che può offrire giornalmente la vita; altri, invece, vedono la fine della quarantena come una benedizione. Penso alle donne costrette a vivere con il proprio aguzzino, o ai bimbi abusati.
È vero che bisogna lavorare, altrimenti rischiamo il tracollo. Ma io credo si debbano limitare ancora per un po’ le uscite non necessarie. Temo gli irresponsabili, come hai rilevato tu: anche dalle mie parti, tanti circolano senza mascherina, costringendo fra l’altro quelli come me a un surplus di prudenza. Anche riaprire le chiese prima del tempo non mi è parsa una splendida idea: far rispettare le distanze di sicurezza è davvero difficile, non sorprende siano ancora poco frequentate. È lo stesso motivo per cui non è ancora opportuno riprendere concerti o altri eventi pubblici. Le manifestazioni del 2 giugno si sono svolte senza spettatori.

- Come tanti docenti, hai attuato la didattica online. Quali le tue impressioni?

- Adattarmi al nuovo contesto per me è stato più semplice rispetto ad altri insegnanti perché, come ho detto, le lezioni sono individuali. Mi metto in comunicazione con gli allievi tramite whatsapp e, davanti al mio pianoforte, riesco a leggere i loro spartiti, così posso correggerli e illustrar loro il modo corretto di eseguire i brani. E poi la musica, si sa, arriva ovunque...

- ...e sicuramente ti ha infuso coraggio nel difficile momento che hai dovuto affrontare.

- Senza musica avrei perso qualsiasi motivazione alla vita, non ne avrei assaporata la vera linfa. La amo in tutte le forme: ascoltarla, suonarla, insegnarla...

- Hai un’impostazione classica. Chi sono i tuoi autori preferiti?

- Sicuramente Bach: ha il potere di rimettere in ordine la mia mente e le mie emozioni, come un programma di deframmentazione di un PC. Al secondo posto, sul podio, porrei Shostakovich, per la dirompente carica emotiva. Poi Gershwin, il rapimento e l’estasi: un ponte fra musica classica e jazz, swing e blues. Ciò che manca ai musicisti attuali è il carisma, elemento per me fondamentale. Ci sono tanti buoni esecutori e pochi artisti. E chi non mi coinvolge, chi non suscita in me quel sussulto inatteso, non desta nemmeno il mio interesse.




mantenere il libero arbitrio e il saper scegliere da che parte stare a tempio del covid 19

Inizialmente avevo deciso di  non schierarmi   né  con l'uno  né  con l'altro


L'immagine può contenere: testo


L'immagine può contenere: il seguente testo "WELCOME TO SCIENCE HELL, PROFESSOR. PROFES SSOR THIS IS TONY, He ONCE SAW SOMETHING ON ON THE INTERNET ABOUT YOUR FIELD OF EXPERTISE AND IS GOING TO SPEND ETERNITY LECTURING YOU ON IT. 1."


 perchè   come    commento  qui  sotto  preso  insieme   alla prima immagine  da  un post  del  gruppo  facebookiano  di  BiologiPerLaScienza/ 


Costantino Sarno Ma personalmente non mi fiderei né di Alberto né di Marco...qui non si parla di religione per la quale dobbiamo avere fede in qualcuno,qui occorre esercitare la propria capacità di ragionare e allo stesso tempo di informarci in maniera trasversale..la fede nella cosidetta scienza o pseudo tale non é che il rovescio della medaglia della fede nelle religioni....é cambiato solo l'oggetto di fede ,ma non il modus.

sopratutto per  il  fatto   riportato dalla mia amica  compagna  di    strada 

Vorrei semplicemente evidenziare che loro, i medici , gli scienziati ecc. , in questo periodo difficile ci hanno detto di tutto e il contrario di tutto.
I politici hanno appoggiato gli scienziati più comodi alla loro posizione.
Per fortuna che la visione del medico “ sarcerdotale “ è venuta meno e che ognuno di noi si ponga almeno dei dubbi , visto che voi , medici e scienziati non ne avete , ma siete gli uni contrari agli altri.
Ci avete spaventato , terrorizzato, dicendoci che la 2 ondata cov19 , secondo i più illustri , sarebbe stata più virulenta, per poi sostenere che il virus ora non è più pericoloso.
Per quanto mi riguarda ho già attraversato queste “ scaramucce” tra specialisti e ne sono uscita indenne ragionando e usando il buon senso .
Auguro a tutti “ gli ignoranti “ in materia di fare come me.


ma poi  leggendo  su repubblica  del 1\6\20209 
Essere umili aumenta la libertà
di Enzo Bianchi
Se vogliamo vivere una vita umana degna di questo nome, ogni giorno dobbiamo trovare tempo per riflettere, per assumere interiormente le esperienze che viviamo. In questo cammino alla scoperta di ciò che abita il nostro cuore, non si deve avere paura di scoprire in sé lati enigmatici, limiti e fragilità sul piano affettivo, morale, psicologico… Tutto questo, insieme alle ricchezze e ai doni che ci sono propri, fa parte dell’eredità umana ricevuta da ciascuno di noi.
Le debolezze, gli enigmi, le ferite che ci abitano, non sono ostacoli a un’esistenza felice, ma spesso nel corso degli anni si rivelano una grande ricchezza. Ci aiutano a entrare in relazione con gli altri e a conoscerli; ci aiutano a essere umili, cioè ad aderire all’humus, alla terra, assumendo con realismo la nostra verità intima e la nostra povertà fondamentale.
Questo sforzo di consapevolezza ha uno scopo: l’acquisizione della libertà. E l’esercizio della libertà implica la capacità di assumere scelte che siano pienamente nostre, al momento opportuno. Occorre però sgomberare il campo da un equivoco: nel processo di scelta la nostra libertà non è mai totale. Su ognuno di noi, infatti, influiscono forze complesse e diverse: la famiglia, l’ambiente, la cultura, ecc. Possiamo però parlare di una libertà di azione, di scelta, che compete a ciascuno e che esprime il suo grado di soggettività. E la libertà non coincide sempre con ciò che sembra più facile o immediato: l’animale è se stesso seguendo l’istinto; l’essere umano, invece, è chiamato a un compito di umanizzazione.
Ancora, le scelte non si possono lasciare ad altri, ma non possono nemmeno essere prese sotto l’impulso emotivo passeggero. Esse richiedono l’esercizio della riflessione e del discernimento, plasmati dalla libertà: solo così possiamo evitare il rischio di restare eterni indecisi, in balia degli eventi. Certo, scegliere è doloroso: de-cidere (alla lettera, "tagliare") presuppone dei "no", richiede di lasciare da parte alcune possibilità, di riconoscere che non "tutto" è alla nostra portata. Quando però si prende una decisione per la propria vita, non lo si fa pensando ai tanti "no" che essa comporta, ma al "sì" che ci spinge a privilegiare una cosa rispetto ad altre.
In ogni caso, giunge sempre un’ora in cui si deve scegliere, e le spinte della vita sono tali che non ci si può sottrarre: anche non scegliere e accettare passivamente una situazione è di fatto una scelta. Ma se la scelta è fatta con intelligenza e amore, allora è molto più ciò che si guadagna rispetto a ciò cui si rinuncia.
Fatta la scelta, infine, occorre assumerla e perseguirla con lucidità e fedeltà. In qualche misura, occorre rinnovare la scelta di fronte alle difficoltà e alle tentazioni di lasciar perdere o smentire la scelta stessa. Bisogna avere il coraggio di dire: «Ho scelto di conseguire questa priorità, e a ciò dedico tutto me stesso». Solo così nascono responsabilità e capacità di costruire una vita come storia d’amore e opera d’arte.



ho deciso   di   schierarmi  con i #iostoconalberto  ovviamente mantenendo il mio spirito critico  ed  il buon senso  usando  #marco  ,  tutti i canali(  ufficiali    e  non ufficiali  )   ma  scremando  le  informazioni  ed  usando:  l'umiltà (  vedi articolo di Bianchi  ) ed  il  buon senso   insieme al  metodo  scientifico , senza prendere  per    verità  finché     viene  dimostrato  o smentito   quella cosa 

per approfondire 
https://www.galluranews.org/perche-la-scienza-e-divisa-chi-ha-ragione/



22.5.20

prove di ritorno alla normalità e fake news - bufale

ieri   dopo  tre  mesi  sono andato  a   farmi  i  capelli     in una delle   barbiere  di fiducia   .Tutto ciò che mi era parso degno di deliri complottari  ( per  sapere  come la penso   cercatevi i miei  post  qui  sul blog  e sui social  o  seguitemi  )    ed  purtroppo   opinione di massa si è rivelato ed  ancora  continua  ad   essere argomento cardine di qualsiasi discussione.  Infatti   tra  i due   fratelli     barbieri   : il primo   (  quello che  mi stava facendo i capelli )  e  il secondo   (  impegnato  con un altro cliente  )    si  discuteva    delle  covid  e delle  sue   conseguenze   :
1) Ora ci vogliono mettere anche il Cic (!) sotto la pelle.
2)  vogliono obbligarci  ( anche  se  diranno che non  è  obbligatoria  ma facoltativa  )    a scaricarci ed   attivare un app pèer  trattarci   come se  non bastasse  registrare   chi entra   e chi esce  con i  suoi dati
2)Io non mi faccio nessun vaccino proprio, sono malato di cuore (37 apparentemente sanissimo, sovrappeso in maniera pazzesca.
il cliente   dichiara solennemente di non aver mai indossato la mascherina se  non  perchè  costretto   "perché non mi faccio prendere per il culo dal , io".
3) Perché anziché il vaccino non tolgono i telefoni 5G ?!

 alla  fine  il  primo  barbiere,  il più razionale o almeno riesce   a trovare  un equilibro fra  dubbi  e  certezze  fra   razionalità ed  irrazionalità     ha  mandato  a  fncl il collega  dicendo  <<  arrangiati   fa qwuel  che vuoi  >> il secondo   che   nonostante  avesse    sotto   una persona  anziana  che  raccontava  i ricordi familiari di quando  c'era  stata l'epidemia di   spagnola  ovvero quello che oggi   è  il codiv   .
ed  proprio  mentre scrivo   quest'ultime righe  si diffondono nell'etere  le  note di    Idiot Wind (Blood On The Tracks NYC Session - 1974) -   di  Bob Dylan   canzone    azzeccatissima per  il clima   che  stiamo affrontando ed  ancora    chi  sa per  quanto  dovremo affrontare  \  convivere   sopratutot quando dice


Idiot wind, blowing every time you move your teeth
Vento idiota, soffia ogni volta che muovi la bocca

  con questo  è  tutto    alla prossima    cari  lettori  \  lettrici

13.5.20

Ploaghe, barista distrugge il suo locale: "Troppi costi" Gian Mario Fenu ha afferrato una mazza e ha pubblicato il gesto sui socia




Gian Mario Fenu, 59 anni di Ploaghe, fa il barista e il pizzaiolo sin da piccolo. Proprio da bambino era solito arrampicarsi dappertutto. Da allora per tutti i ploaghesi è diventato "Ciondolo" e nessuno quindi l'ha più chiamato col suo nome vero.
Popolarissimo, commerciante nato e appassionato di paracadutismo, gestisce con successo il Fanatic Pub Pizzeria da 29 anni. Sino all'arrivo del coronavirus. Con la pandemia per Ciondolo ci sono stati solo costi e nessun ricavo. Il commerciante ha così deciso di vendicarsi e scaricare la sua rabbia con uno strano sistema: a colpi di mazza ha distrutto il locale e ha anche pubblicato il video su Facebook.



"Grazie Covid", è stato il suo grido di battaglia. Se in molti hanno pensato che l'insolita impresa fosse un gesto contro le istituzioni devono ricredersi. "Non ce l'ho con nessuno e non voglio lanciare alcun segnale politico - spiega Ciondolo Fenu - A causa del Covid non ce la facevo a sostenere i costi e allora ho deciso di abbattere la struttura. Molto semplice. Anzi, mi stupisce l'interesse che ha suscitato il mio video".
Ora Fenu potrà dedicarsi maggiormente all'altro locale che gestisce a Ploaghe, il Caffè San Pietro. "Tranquilli - afferma - quello non ho intenzione di distruggerlo e magari mi potrò preparare al meglio ai campionati mondiali dei pizzaioli ai quali ho partecipato gli anni scorsi, ottenendo lusinghieri piazzamenti".
                                      Argentino Tellini

10.5.20

CALCIO: DAL BOMBER CASTAGNA INSULTI SOCIAL AL MINISTRO. SOSPESO DAL NIBIONNOGGIONO ED GLI INSULTI AD : ILARIA CAPUA

Posso capire  ed  anche  giusto che   uno   o più  persone dissentano  ma   dalle opinioni diverse  . Anche  duramente  . Ma   arrivare   agli insulti specialmente  sessisti    come   questi due  casi che  ora  vado a raccontare   . proprio  non lo capisco  e  non si  può  " tollerare "  .Lo  sò ne  abbiamo abbastanza  di Coronavirus  ed  covid  19  ma  volenti o non volenti ne sentiremo parlare  ancora  per  un bel po' , ma  sopratutto  #LODIONONVAINQUARANTENA  come  ho già detto  qui

IL  primo  è quello     dell'ormai ex bomber  del NIBIONNOGGIONO oltre  che  di  Lecco e Olginatese ,  Davide Castagna,
 il “toro di Civate”, il quale   venerdì ha insultato su Facebook il ministro Bellanova, con epiteti che non sono passati di certo inosservati, vista anche la cassa di risonanza offerta dalla pagina Facebook “Abolizione del suffragio universale” che sabato ha condiviso il post. Ora   secondo quanto   riporta il  sito   https://www.lecconews.news

Tutto ciò non è sfuggito all’occhio della sua attuale società, il NibionnOggiono, che ne ha subito decretato la sospensione dall’attività agonistica con un comunicato stampa: “La società A.S.D. NibionnOggiono, appresa la notizia di affermazioni diffamatorie rivolte alla Sig.ra Ministra Bellanova dal proprio tesserato sig. Castagna Davide su un suo canale social personale, si dissocia fortemente e formalmente dalle stesse, sia per quanto riguarda i toni che i contenuti.
Nell’esprimere sincera vicinanza al ministro, la Asd NibionnOggiono, ribadendo la propria totale estraneità, precisa che le affermazioni sono state espresse dal tesserato esclusivamente a titolo personale e che la stessa società si ritiene parte offesa riservandosi, quindi, di agire con l’ausilio del proprio legale nei confronti dello stesso per il danno d’immagine subito.


Da ultimo, la A.S.D. NibionnOggiono comunica che il tesserato è stato immediatamente sospeso dall’attività agonistica della Prima squadra in quanto il comportamento tenuto dallo stesso è ben lontano dalla sana e morigerata etica sportiva a cui la Società si è sempre ispirata e che si riserva di adottare le successive opportune e necessarie determinazioni, tra cui l’ipotesi di risoluzione contrattuale”.

IL  secondo caso  
Le  contestazioni  , sotto   d'insulti   anche sessisti ,   non  nel merito ,   ad Ilaria Capua  solo  perchè afferma  che  un metodo  di cura    che  si sta  usando  anziche  cercarne  di  nuovi  contro il coronavirus     è  anche  pericoloso  ed  non  miracoloso  come  viene  spacciato  dai media   e siti  anti maistream
Ma arrivare    come    riporta  la pagina   fb

Nei giorni scorsi abbiamo scritto un post su Giovanna Botteri, prendendone le parti ed evidenziando come buona parte dei commenti su una donna sia costantemente subordinato a giudizi di natura estetica.Ciò che ci ha impressionato è stato vedere che, anche nei commenti in sua difesa, non sono mancati pesanti insulti sessisti nei confronti di Michelle Hunziker, che faceva da voce nel video sulla Botteri.Il che è stato piuttosto paradossale.E la cosa si è ripetuta anche nel video, pubblicato sulla nostra pagina di riserva, in cui Ilaria Capua spiega i rischi di una terapia a base di plasma.

 In poche ore è stato assaltato da utenti (nel 99% dei casi non iscritti alla pagina, per fortuna) autori di commenti indicibili. Ne abbiamo dovuti eliminare più di 500 (e non abbiamo ancora finito).La dinamica è sempre la stessa: la donna è in ogni caso colpevole.Se trasandata, vecchia e col capello bianco, è responsabile - per alcuni - di essere orrenda.Se bella, truccata e vestita bene, è colpevole - per altri - di essere un'oca.

In ogni caso, è l'estetica a determinare un (pre)giudizio.Alla fine, però, l'elemento di congiunzione c'è sempre e accomuna tutte le donne, "belle" o "brutte" che siano: l'essere considerate delle "puttane".È una cosa, questa, presente persino in espressioni di uso comune, che cambiano diametralmente di significato se usate al maschile o al femminile (si pensi, come evidenziato dal semiologo Stefano Bartezzaghi, a buon uomo/buona donna; gatto morto/gatta morta; cortigiano/cortigiana; uomo di strada/donna di strada; passeggiatore/passeggiatrice; uomo di mondo/donna di mondo; etc.)Perché il lessico non è mai neutro e riflette costruzioni sociali e culturali.E si vede.

7.5.20

anche le tradizioni si possono adeguare al coronavirus il caso del costume è quello tradizionale di Calangianus (ribucculata), gruppo folk “lu rizzatu caragnanesu».

un  grazie  al  compaesano e  compagno di    strada    antonio masoni del sito  Gallura news    a   cui  ho preso la notizia  sotto  riportata 


https://www.galluranews.org/


La mascherina artistica nasce in una fase della vita di tutti nella quale ci si ritrova spesso a riempire il tempo nel modo migliore possibile. Da ieri ci si può impegnare nello sport, nelle uscite d’evasione sempre nel rispetto delle misure vigenti ma accade anche che le persone di talento, più creative e abili di altre, lo impegnino nella creazione di piccole preziosità. Di mascherine facciali bizzarre in questi mesi se ne son viste tante. In tantissimi, quando era tangibile la loro mancanza come presidio fondamentale per evitare il contagio, si sono adoperati per crearsele da se. È stato bello affidarsi alla generosità di chi lo ha fatto generosamente per gli altri.
Caterina Romano, che ha studiato all’Accademia delle Belle Arti, nativa di Calangianus, dispone nel suo patrimonio di raffinato talento, anche doti artistiche non da poco. Ha pensato bene, per riempire il tempo infinito che tutti trascorriamo fra le mura domestiche, di mettersi all’opera per qualcosa di estremamente pregiato, destinato, come lei stessa ci dice, ad impreziosire l’abito folkloristico del gruppo del suo paese. Magari, chissà, si potrà anche esibire appena saranno possibili eventi all’aperto.

«La mascherina artistica nasce per le donne sarde, forti, fiere e solide»

«Il popolo Sardo non ha paura, si adegua, è resiliente. Cambia a seconda delle situazioni e non abbandona mai le sue tradizioni, le sue radici ma le trasforma tenendole salde e vive. In questa occasione di divisione e solitudine immagino le donne forti, orgogliose e tenaci del passato resistere e combattere. Le immagino risolute, decise e pronte ad accogliere il cambiamento che inesorabilmente incombe. Noi siamo quelle donne, noi siamo quegli uomini. Non abbandoniamo le nostre radici ma impariamo ad adeguarci a questo momento! Le mascherine sono realizzate in broccato sardo da me. La modella è Giacomina Ciaffia, e il costume è quello tradizionale di Calangianus (ribucculata), gruppo folk “lu rizzatu caragnanesu».
Una proposta che affonda le sue radici nell’orgoglio dei sardi che mai rinunciano, nei loro abiti tradizionali, a mostrare la fierezza della loro indole ma anche la bellezza e la ricchezza delle loro vesti.

«Naturalmente – ci dice Caterina – « Le mascherine sono disponibili su commissione contattandomi su facebook, hanno un prezzo di 20€. Naturalmente non sono “beni di prima necessità”, sono più un vezzo e una visione per un ipotetico ritorno al lavoro dei gruppi folk».

l'odio non ha colore ideologico e sopratutto non #Lodiononvainquarantena

 ecco le  storie    d'oggi  la  prima  è la  risposta   agli imbecilli    che  lasciano ne ho parlato  nel   post  : << Lucca, infermiera trova biglietto nella posta: "Ci porti il Covid"    >>   biglietti anonimi   ad  una   del condominio  perchè  infermiera  in un reparto  di covid 19  o vedono i medici   ed  il personale  sanitario   come untore  .
 da https://invececoncita.blogautore.repubblica.it/  del 7\5\2020

Irene Nasone, giovane medico, calabrese vive in Lombardia da un anno
Irene prova a scherzare in ospedale a Treviglio, frontiera contro il Covid-19
"In un periodo storico in cui sembra essere riemersa la differenza tra ‘nord e sud’, in cui i medici e gli infermieri vengono visti come pericolosi untori ai quali lasciare messaggi minacciosi nella cassetta delle lettere, esistono anche esempi di bellezza. Ed è giusto parlarne perché il bene va raccontato, almeno ogni tanto per ricordarsi che c’è"."Sono un medico in formazione specialistica in medicina d’emergenza, al primo anno. Da circa sei mesi mi trovo a Treviglio e sto lavorando nel pronto soccorso di quello che è diventato a tutti gli effetti un ospedale per pazienti Covid-19. Sono originaria di Reggio Calabria e qui sono sola, senza parenti o amici. In questi mesi mi sono ritrovata ad affrontare situazioni che non avrei mai potuto immaginare. Tornando a casa dal lavoro in, in un appartamento vuoto, non facevo altro che rivivere ancora e ancora quello che avevo affrontato in ospedale"."Rivedevo continuamente quei corridoi invasi dalle bombole di ossigeno, quelle barelle piene di sguardi impauriti, quelle mani ‘sporche’ che nessuno poteva stringere se non attraverso degli sterili guanti. In mezzo a tutto quel dolore si inseriva un sorriso quotidiano. Ogni giorno trovavo dei bigliettini attaccati alla porta. Erano da parte dei miei vicini, persone che io non conosco e che non ho mai visto di persona.Avendo saputo il lavoro che svolgo, hanno pensato di starmi accanto attraverso dei pensieri e qualche piccolo regalo".
Il coniglietto
L'immagine può contenere: 1 persona, occhiali
"Chi scrive è Viola, una bambina di 8 anni che mi chiede come sto, come è andata a lavoro e conclude ogni lettera con un arcobaleno. ‘Cara Irene in questi giorni ho avuto tanti compiti da fare, sono in terza elementare, ma oggi ho avuto un po’ di tempo per te e con l’aiuto della mia mamma ti ho preparato un regalino: spero ti piaccia, magari puoi farlo vedere anche ai tuoi colleghi come pensiero di speranza, un forte abbraccio, Viola e Marco, mamma e papà’".

"E insieme alla lettera c’era un coniglietto di pezza coperto di quadrati di stoffa colorata. Un arcobaleno. In questo difficile periodo lei mi ha fatto compagnia, mi ha insegnato ad attendere quell’appuntamento epistolare con gioia, immaginando una realtà a colori. Mi ha regalato la sua amicizia con una spontaneità disarmante riaccendendo in me un sentimento di speranza, come solo i bambini sanno fare”.

Infatti  Dovremmo imparare a prendere ad esempio il comportamento dei bambini di fronte alle grandi difficoltà, e dare così un aiuto a chi per lavoro si trova in mezzo ai mille problemi. Complimenti anche ai genitori della bimba.Visto   che    questo virus  , come   tutti quelli che  ci  sono   stati nel  corso  della storia   ,  ci   hanno   dimostrato che la democrazia è quella che lui detiene. Infatti attacca chiunque senza nemmeno preoccuparsi di sapere chi è.Ricchi, poveri, blasonati, umili. bianchi, neri, intelligenti, ritardati, del nord del sud...Dovremmo restare tutti bambini per non impregnarci di queste stupidaggini  e  fare  si (  veder e anche  storia   sotto  )  che  anche in quarantena  non  ci sia  odio  . Mi piace  concludere    con queste parole      espresse   da  Totò  nel  finale  della  sua poesia A Livella



"Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive
nuje simmo serie... appartenimmo â morte!"



Siamo quindi  stati avvertiti tutti. Si parla molto della democraticità del coronavirus. Colpisce indifferentemente il Primo Ministro britannico e la Signora di Voghera. La confusione è impressionante, non si sa come venirne fuori. Si discute imperterriti sul significato di normalità, se siamo già al dopo oppure semplicemente nel durante, su chi è stato il più bravo di tutti a prevedere o a reagire, se è stato un megacomplotto per non si capisce quale scopo, sulle nuove dive della cronaca, le mascherine, sconosciute fino a ieri - le portavano solo quei fissati igienisti di giapponesi. Intanto l'infallibile Organizzazione Mondiale della Sanità avverte di tenersi pronti per la prossima pandemia.
Quando i bambini dimostrano, nella loro ingenua perfezione, una chiara superiorità su noi adulti imperfetti. Se il Mondo fosse nelle loro manine, andrebbe molto meglio !


la seconda 


Grande solidarietà a queste ragazze.Il problema risiede purtroppo in questo paese bigotto, di poca cultura e di molta ignoranza.Un paese dove purtroppo sembra di vivere nel medioevo, questa è la triste realtà.Dovete denunciare e mandare in galera questi vigliacchi che si nascondono perché hanno paura, continuate ad amarvi.


la  loro  vicenda  (  ne  avevo parlato  nel blog  da qualche  parte   )  è dimostrazione   come  in italia  manca  e  ci sono  fortissime resistenze ad  una  legge  contro   le  discriminazioni  omofobe e  transfobiche . Infatti    mi hanno  abbandonato  ,  certe persone  è   meglio perderle  chje  trovarle  e  ne  ho cosa  rara   eliminato   alcune  ,  ma certi insulti  non riesco a  reggerli  e  certe posizioni retrograde  di gente  che  scambia  la libertà  d'espressione   ed  una proposta  di legge   contro tali discriminazioni  come un limite   con la  libertà di  discriminare , minacciare  , insultare  .

 da http://www.novaratoday.it/attualita/

 di Annalisa Felisi 04 maggio 2020 11:59
L'odio non va in quarantena, insulti omofobi a due ragazze gay: "Il coronavirus è colpa vostra"

L'odio non va in quarantena, insulti omofobi a due ragazze gay: "Il coronavirus è colpa vostra"
Erika e Martina affrontano ogni giorno decine e decine di insulti: durante il lockdown non hanno potuto nemmeno sporgere denuncia                   



Potrebbe interessarti: http://www.novaratoday.it/attualita/insulti-omofobi-erika-martina-coronavirus.html?fbclid=IwAR0BzeNgGHfwS9dT-hFQ5BI9adxgghHvrr70uf_fg5Ud8Kmlie-5jv1APBQ
Martina Tammaro ha 24 anni ed è di Arona. La sua compagna Erika Mattina, 22 anni, abita invece a Monza. I loro nomi, purtroppo, non sono nuovi alle pagine di cronaca, visto che nell'agosto del 2019 erano state prese di mira per aver postato sui social una loro foto mentre si baciavano.
Da allora gli insulti sono continuati e non si sono mai fermati, nemmeno durante il lockdown. "L'odio non va in quarantena - raccontano le due ragazze alla redazione di NovaraToday - Con l'arrivo del coronavirus pensavamo che la gente avrebbe avuto altro da fare, altro a cui pensare, altri problemi. Invece non solo hanno trovato il modo di insultarci, ancora e ancora, ma ci hanno anche attribuito "la colpa" per l'arrivo del coronavirus. Ed anche per tutte le altre disgrazie che stanno capitando (e capiteranno). L'odio non si è fermato, ma tutto il resto sì. Inclusa la possibilità, per noi, di denunciare. Abbiamo chiamato più e più volte i carabinieri, e ci hanno sempre detto di aspettare. Ora, finalmente, dopo quasi 2 mesi di reclusione, martedì 5 potremo andare dai carabinieri. Anche se ci hanno detto che per gli insulti più vecchi, è troppo tardi. Passati 3 mesi, non si può più far nulla (o quasi)".
Gli insulti che le ragazze hanno ricevuto sono terribili 

 eccone  alcuni le  altre le  trovate  qui sulla galleria fotografica   del sito
:

Insulti omofobi a Erika e Martina(4)


Insulti omofobi a Erika e Martina(5)

oltre a offese gratuite hanno anche ricevuto minacce di morte, di stupro e di violenza. "Tra due settimane, il 17 maggio, sarà la giornata conto l'omontransfobia - spiegano Marina e Erika -. Un fenomeno, ancora oggi, troppo radicato e invisibile agli occhi di tutti. E non è normale, a 24 e 22 anni, ricevere ogni giorno insulti e minacce solo per il semplice fatto di amarsi. Solo nell'ultima settimana abbiamo ricevuto più di 100 offese e insulti gratuitamente. Perché l'odio non è andato in quarantena. E mentre tutto il mondo si è fermato, noi incluse, ci siamo ritrovate con valanghe di offese disgustose e "colpe" che non abbiamo. Noi abbiamo una pagina instagram, @leperledegliomofobi, che denuncia tutto questo, e cerchiamo di aiutare e sensibilizzare più persone possibili, anche se a volte è dura".

Infatti   concludo    non  avendo  ottenuto    da  loro nessuna risposta  per  intervistarle  per   voi lettori   con  quanto dichiarato  loro   su  https://www.leggo.it/italia/cronache/  del Lunedì 4 Maggio 2020, 16:46
[...]
Perché vi scriviamo, però?
Perché tra due settimane, il 17 maggio, sarà la giornata conto l'omontransfobia. Un fenomeno, ancora oggi, troppo radicato e invisibile agli occhi di tutti.
E non è normale, a 24 e 22 anni, ricevere ogni giorno insulti e minacce solo per il semplice fatto di amarsi. Solo nell'ultima settimana abbiamo ricevuto più di 100 offese/insulti gratuitamente.
Perché l'odio non è andato in quarantena. E mentre tutto il mondo si è fermato, noi incluse, ci siamo ritrovate con valanghe di offese disgustose e "colpe" che non abbiamo.
Noi abbiamo una pagina instagram, @leperledegliomofobi, che denuncia tutto questo, e cerchiamo di aiutare e sensibilizzare più persone possibili. Anche se a volte è un po' dura.
Vi alleghiamo qualche screen. (sono tutte cose che ci hanno detto nell'ultima settimana. Quelle più fresche, insomma. Le altre minacce di morte e stupro sono "vecchie" e le abbiamo già denunciate ai carabinieri.)
In più alleghiamo delle foto nostre, più quella "famosa" del bacio al mare.
Speriamo che si possa parlare anche di questo, perché, anche se in maniera diversa, è comunque una 

Andrà tutto bene.
Erika e Martina

La lettera di Erika e Martina è arrivata all'attenzione di Leggo nel primo giorno della Fase 2. Per le due ragazze, fidanzate da quasi tre anni, alle problematiche legate al lockdown condivise da tutti i cittadini italiani si sono aggiunte quelle dell'omofobia che combattono con ironia sui social grazie alla pagine Le perle degli omofobi.

Quella su Instagram e Facebook è stata l'unica denuncia possibile durante i giorni della quarantena. Perché non avete denunciato alle autorità?

«Ci siamo informate telefonicamente per tre volte. La prima volta ci è stato detto che la questione al momento non era prioritaria. Ci siamo sentite sminuite, anche se capiamo la situazione. Alla seconda telefonata ci hanno consigliato di aspettare la fine della Fase 1, sicuramente anche per tutelare la nostra salute. Solo la settimana scorsa abbiamo ricevuto il via libera: domani potremo denunciare».

Cosa denuncerete?

«Andremo dai Carabinieri di Arona, perché la Polizia Postale è troppo distante. Porteremo tutto quello che abbiamo, dalle offese online ai video molesti che arrivano in continuazione: per molti uomini due ragazze lesbiche sono sinonimo di porno. Ma non tutte le offese online sono perseguibili, per denunciare è necessario che scattino minacce o diffamazione». 

Chi c'è dalla vostra parte?
«Al momento, dal punto di vista legale, siamo sole. Ma riceviamo il supporto dei nostri followers, tantissime persone che ogni giorno ci dimostrano affetto e solidarietà». 

E le critiche?
«Non sappiamo cosa sia successo, ma nell'ultima settimana è arrivata una nuova ondata d'odio».

Come ve lo spiegate?
«Probabilmente le persone in questo momento di frustrazione collettiva riversano la rabbia su un "problema secondario" come quello di due donne che si amano. Che non solo non è affatto un problema, ma di certo non è un problema loro. È per questo che abbiamo deciso di lanciare l'hashtag #lodiononvainquarantena».

Vestita così, te le cerchi. stereotipo meso indiscussione da Martina evatore durante la finale Miss Venice Beach in cui ha sfilato con gli abiti di quando fu molestata

  per  chi ha  fretta  \  di  cosa stianmo  parlando  Violenza, Martina Evatore: "Non c'entrano i vestiti" | Radio Capital  st...