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26.4.23

[ riflessione a freddo sul 25 aprile 2023 parte I ] Quant’è contemporaneo il 25 aprile. Anche se c’è chi nega la Liberazione e soprattutto vuole farne una memoria condivisa a tutti i costi



Esperienza esistenziale, fatto politico e organizzazione paramilitare. La Resistenza si comprende solo tenendo unite le diverse istanze di chi ha combattuto. E prestando attenzione ai tentativi di denigrarla o semplificarla
                                 da  https://espresso.repubblica.it/attualita/ del 24 APRILE 2023

                                                           di Luca Casarotti


Specie ai chiari di luna di quest’altra “notte della Repubblica” che è l’attualità, bisognerebbe avere sempre la pazienza di fare l’elenco delle cose dalle quali chi ha combattuto per la Liberazione ha voluto liberarsi. L’occupante nazista; la “repubblichina” di Benito Mussolini; lo sfruttamento del capitale; la disparità tra donne e uomini; il dominio coloniale dell’Italia
È ormai un’acquisizione degli studi storici interpretare la Resistenza a questo modo, cioè

scomponendola come attraverso un prisma, per scorgervi all’interno le diverse istanze di emancipazione che hanno dato forma a quell’unità di differenze in cui consiste il partigianato. Esperienza esistenziale, fatto imprescindibilmente politico e organizzazione paramilitare, la Resistenza non si capisce se non la si guarda nell’insieme di questi tre livelli. Nemmeno la si capisce se la si rimodella ogni volta all’uso e al consumo del momento, per quanto lo si faccia (talvolta) con le migliori intenzioni.
Ci sono, infatti, due modi di negare la Resistenza, speculari negli intenti, ma non dissimili negli esiti. Uno è l’aperta denigrazione, culto a cui un tempo si votavano i reduci alla Giorgio Pisanò, nel frattempo sdoganato a senso comune. Lo sdoganamento, beninteso, non va imputato solo agli scrittori di bestseller dal punto di vista dei vinti, che semmai l’hanno saputo captare e ne hanno profittato. Va invece ascritto ai cedimenti politici che si sono prodotti a partire dal passaggio di decennio Settanta-Ottanta (“L’aspra stagione” che dà il titolo al libro di Tommaso De Lorenzis e Mauro Favale) e poi con la crisi definitiva della “Prima Repubblica”.
Che cosa fa la vague dei denigratori? Descrive la guerra partigiana come un cumulo di crimini sanguinolenti e inspiegabili: il contrario di una liberazione. Così facendo, nega la dimensione esistenziale della Resistenza, ossia la sua moralità: l’aspirazione, cioè, a un’umanità opposta a quella dell’uomo fascista. Ma, a ben guardare, ne nega anche il valore militare, che era invece fin troppo noto ai nazifascisti (non stupiscano perciò le fantasticherie su via Rasella riciclate di fresco) e lodato dagli alleati. Lodato anche obtorto collo – va detto – perché da Londra e Washington non si vedeva propriamente di buon occhio il tipo di politicità che molte e molti di questi partigiani mettevano nell’agire.
L’altro modo di negare la Resistenza è quello elitista, di chi vede la Liberazione come appannaggio esclusivo di un’avanguardia in armi. Qui è invece la dimensione politica che rischia di finire offuscata: cioè il fatto che l’impresa della Resistenza non sarebbe stata tale senza il progetto di un nuovo Stato, che l’antifascismo politico era andato elaborando nei vent’anni della dittatura e nei venti mesi della Liberazione. Un progetto messo a punto sì da un’avanguardia, ma con una vocazione ugualitaria e universalistica.
Sarebbe comodo se il 25 aprile fosse il giorno a partire dal quale ci si può lasciare il passato alle spalle, perché tutto ricomincia da zero. Ma intendere così questa data significherebbe relegare la Resistenza fuori da una contemporaneità che invece ci appartiene, fosse anche solo perché dobbiamo ancora capirla fino in fondo. E l’oblio è l’inverso della comprensione.

8.3.23

L'OTTO M'ARZO con Stefi Pastori Gloss

lo so che. quando riporterò questo evento  


Ciao 👋invito oggi pomeriggio ad ascoltarci in radio 📻👂

Il giorno in cui si celebrano le donne nella loro integrità ricordando quanto invece sia dimenticata (parliamo non solo dell'incendio della fabbrica in cui perirono tantissime OPERAIE di un secolo fa senza tutela, ma anche delle discriminazioni salariali che OGGI interessano le lavoratrici) 
Ivana Posti e Stefi Pastori Gloss faranno una bella chiacchierata in radio dalle 15:30 dell'8 marzo, in replica poi su Radio Moncalieri. 
Seguiteci su Spreaker dalle 15,30
L'opera pittorica invece è di Giorgia Selena Cassandro, rappresenta una donna dal cuore appeso con forte riferimento simbolico al tema trattato, per la serie Condividere è cultura.


Ora è vero che  l'evento  sarà gia stato trasmesso  , vista la mia pubblicazione tardiva , e quindi lo si dovrà recuperare nell'archivio dell'emittente radiofonica.
  Per coloro che si fossero persi la diretta, eccoci qui, https://fb.watch/j9nyL2sNoF/ oppure  
Ma  visto il calibro delle autrici vale la pena di pubblicarlo e farlo circolare perché  come  dice   la  curatrice Story Impact Italia introducendo  questo  video  




Festeggiare è un diritto, ma ricordarsi il significato dell'8 marzo è un dovere!
Ogni donna ha il diritto di essere se stessa, di esprimere la propria personalità e di lottare per ciò in cui crede. La forza delle donne non sta nell'imitare gli uomini o nel cercare di conformarsi a stereotipi di genere, ma nel valorizzare le proprie qualità uniche e nell'affermare la propria individualità.
La festa della donna è un'occasione per celebrare la forza e il coraggio delle donne di tutto il mondo, e per ricordare che la lotta per l'uguaglianza di genere è ancora in corso. Sostenere le donne nella loro lotta per i diritti e per l'uguaglianza è un impegno che riguarda tutti, uomini e donne, e che può portare a un mondo migliore e più equo per tutti.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...