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30.11.22

CHI LO DICE CHE PER CRESCERE CI VUOLE UNA FAMIGLIA TRADIZIONALE O ENTRAMBI I GENITORI ? IL CASO DEL CAMPIONE MICHEAL PHEALS

 Cercando    storie   per  distrarmi  e   resistere  nel  mio  intento  ( vedere i post   del  mio   diario  giornaliero  )  ho  trovato questa    sui  Facebook  questa  storia    riportata   sotto.  Però prima  di  lasciarvi   alla  sua lettura    vorrei  proporvi  ,   anche se   è  già chiaro   riproponendo  il  titolo    la mia  riflessione in merito   , Chi  lo  dice   che     chi  soffre   del disturbo  d'attenzione  ovvero   il disturbo dell'ADHD, che pur essendo uno dei più
diffusi dei disturbi del neurosviluppo, il manuale psichiatrico DSM
 Essa   dimostra   che mica per  crescere   ed  eventualmente  arrivare  a tali  livelli cultural   o sportivi  come  in questo  caso  debba necessariamente   avere bisogno    della  cosiddetta   famiglia  tradizionale   cioè  entrambi i  genitori    ne    basta  uno  la madre  in questo  caso  Eppure   molti governi   alcuni  democratici   hanno  fatto  e  mantengono ancora   leggi  che  vietano  o  limitano l'adozione    l'affido   ai  singoli  . Ma  ora  basta   divagare    ed  annoiarvi   ecco  a  voi  la  storia  tanto attesa  


È il 1990 a Baltimora, Maryland. Un giorno la maestra d'asilo convoca d'urgenza mamma Deborah, per tutti Debbie.
"Michael non riesce a stare seduto, non sta mai tranquillo, non riesce a focalizzare" dice la maestra.
"Forse è solo annoiato" risponde Debbie.
"Impossibile. Si rassegni, semplicemente suo figlio non è dotato, non sarà mai in grado di focalizzarsi su nulla" sentenzia la donna senz'appello.
Il bambino in questione, quel Michael, di cognome fa Phelps, ha 5 anni, è cresciuto senza padre in una famiglia interamente femminile, insieme alla madre e alle due sorelle, e fino a quel momento non ha quasi mai messo piede in una piscina. Quando lo fa per la prima volta, è talmente terrorizzato all'idea di bagnarsi la faccia, che l'istruttore è costretto a insegnargli il dorso. Michael ha un talento innato, ma discontinuo. A scuola non va meglio. Tutte le sue insegnanti ripetono a Debbie sempre le stesse cose: "Non riesce a concentrarsi in nessun compito", "non è portato per questa o quella materia", "infastidisce il compagno di banco". Debbie allora decide di sottoporlo a una visita specialistica. La diagnosi è chiara: ADHD o DDAI, meglio noto come Disturbo da deficit di attenzione/iperattività.
Ma Debbie, oltre ad essere una mamma, è anche insegnante e preside. E si mette in testa di dimostrare a tutti che sbagliano. "Sapevo che, se avessi lavorato duro con Micheal, lui avrebbe potuto raggiungere tutti gli obiettivi che si fosse prefissato.” Lavora a stretto contatto con le insegnanti di Michael e, ogni volta che una di loro le dice "non riesce a fare questo", lei risponde: "Bene, cosa possiamo fare per aiutarlo?" Di fronte alle sue difficoltà con la matematica, gli trova un tutor e un metodo che susciti l'interesse di Michael, con problemi di questo tipo: “Quanto tempo impieghi a nuotare per 500 metri se nuoti ad una velocità di 3 metri al secondo?”.
Trasforma i limiti di suo figlio in opportunità. Ogni volta che lui ha uno scatto di rabbia o di frustrazione in piscina, lei dagli spalti gli fa un segnale convenzionale a forma di C che, nel loro linguaggio privato, significa "Ricomponiti".
Michael migliora a scuola, mentre in vasca è già un piccolo squalo: a 11 anni, è più forte e veloce di qualsiasi altro suo coetaneo che abbia mai nuotato negli Stati Uniti. Debbie viene, allora, convocata per il secondo colloquio più importante della vita di Michael. Questa volta non è una maestra d'asilo ma il suo allenatore, Bob Bowman. È il maggio del 1996.
"Signora, ora le dico cosa succederà" esordì. "Nel 2000 Michael parteciperà ai Trials olimpici. Non so se conquisterà la convocazione, ma sicuramente farà parlare di sé. E nel 2004 sarà senza dubbio un atleta che vincerà delle medaglie olimpiche. E saremo solo all’inizio”.
Bob sbagliava. Nel 2000, a Sydney, non solo Michael si qualificherà nei 200 metri farfalla, ma raggiungerà la finale, classificandosi al quinto posto, sfiorando il podio e una medaglia. Aveva 15 anni appena compiuti. Da quel giorno, per i successivi 16 anni, Phelps conquisterà 83 medaglie, di cui 66 d'oro, 28 olimpiche, 33 iridate, in otto diverse discipline, diventando, nel 2008 a Pechino, l'atleta con più ori (otto) in una sola edizione della storia dei Giochi e, per distacco, il nuotatore più vincente di ogni tempo, oltre a uno degli sportivi più forti di ogni sport o epoca.
Quel campione inarrivabile e icona planetaria è stato un bambino con deficit dell'attenzione diagnosticato, come decine di milioni di altri bambini come lui in tutto il mondo. Con la sola fortuna di avere avuto al suo fianco una donna e una professionista che non lo ha mai giudicato, né giustificato, ma lo ha spinto a tirare fuori il proprio talento dove altri vedevano solo disturbi, disattenzione e iperattività. Avrebbe potuto rassegnarsi, come le aveva consigliato la sua prima maestra d'asilo. Invece Debbie ha deciso di fare qualcosa di molto più lungo e faticoso: credere in suo figlio.
Forse nessuno di quei milioni di bambini diventerà mai Michael Phelps - che importa? - ma dietro lo stigma di una diagnosi e di un giudizio senz'appello, ci sono persone con talenti e capacità fuori dal comune in qualunque ambito o professione. A volte quello che manca è solo qualcuno disposto a vederli e a riconoscerli. Una come Debbie Phelps, per esempio. 


 





20.5.22

genitore delega lo zio per dare una lezione a figlio di 16 ani omosessuale e l'ottimoi discorso all'università di Padova di Emma Ruzzon

E' vero che ogni tanto , retaggio del mio passato e della mia educazione , da cui non mi sono liberato ancora completamente visto che ogni tanto mi scappano battute e battutacce (poi mi scuso o chiarisco meglio il mio pensiero e non rifaccio , facendo il possibile , tali battute) ma da li a fare quello che trovate racconto sotto ce ne passa .

Francesco (nome di fantasia) era uscito con le sue amiche legando un fazzoletto arcobaleno sullo zaino, a Cosenza. A 16 anni era il suo modo, coraggioso, per dire al mondo chi è, per raccontare la sua libertà di amare.
Solo che, lungo il tragitto, è stato fermato dallo zio, su “mandato” del padre. "Non vogliamo ricchioni nella nostra famiglia" esordisce. Prima ancora che il nipote possa rispondere, arriva il primo schiaffo. Che diventa un pugno. Che diventa un calcio. Che diventa una serie di calci, violentissimi. Poi, nel caso non bastasse, chiama tre uomini ad aiutarlo, che gli frantumano quattro costole e il setto nasale, oltre a una serie di lesioni. Infine lo carica in auto e arriva quella frase. Quella frase inenarrabile. "Ora muori in casa".
<<[...] Il ragazzo arriva in ospedale, partono le denunce alle forze dell'ordine. "Sta meglio, si riprenderà. Moralmente e psicolgicamente non oso immaginare come stia, non lo voglio immaginare", racconta Silvio Cilento, presidente di Arci Cosenza, che ha riportato la storia di omofobia familiare su Facebook. Una storia in cui, tra le quattro mura di casa, si consumerebbe altra violenza, perché il post su Facebook di Cilento inizia cosi: "Non voglio andare via da casa perché con mamma sto bene, è solo papà il violento. Mamma mi dice sempre: fatti forza e sii coraggioso".Non chiedetemi altro - aggiunge Cilento - per questioni di tutela è necessario assumere un atteggiamento di chiusura e di riservatezza. Ma condivido questo episodio solo per ricordarvi quanto è necessario e importante parlare di violenza di genere, di questioni Lgbt, di identità di genere e di orientamenti sessuali.>> ( da https://www.repubblica.it/cronaca/ del 19\5\2022 )



Ma chi parla di “famiglia tradizionale” ( ideologia \ tesi discutibile visti i mutamenti sociali avvenuti negli ultimi 60 \70 anni ) e lausa  per  discriminare     gli altri tiupi di famiglia   o  estremizza usando  espressioni   del genere     come   “famiglia di sangue” (sì, il suo), chi in Senato gli ha tolto anche la più elementare tutela cavillando e trovando ogni strattagemma  sul  filo del rasoio tra legalità  ed  illegalità .   anzichè rendersi le proprie responsabilità nel votare contro e poi si è applaudito da solo, beh, mi fa schifo quanto coloro che hanno commesso tale barbaro gesto .

In chiusura   di questo post ricevo fra le notifiche  di facebook    questa   di Lorenzo Tosa

Emma Ruzzon ha 22 anni  [  foto  sotto a  destra  ] , è rappresentante degli studenti dell’Università di Padova.
Oggi, in occasione degli 800 anni dell’Università, si è presentata davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e, soprattutto, alla Presidente del Senato Casellati, e ha fatto un discorso davvero memorabile su diritti e libertà.
Nel suo passaggio più significativo, ha lanciato un atto d’accusa potente nei confronti di larga parte
di classe politica e, in particolare, di una destra indegna.
<<Mi domando come possa considerarsi libero un Paese in cui la libertà è garantita nella sua totalità per alcuni e centellinata per altri.
Un Paese in cui i senatori della Repubblica possono permettersi di applaudire pubblicamente l'affossamento di un disegno di legge che, pur in minima parte, mirava a tutelare la libertà di esistere di persone, cittadini, di uno Stato che continua a chiudere gli occhi davanti alla sue evidente transfobia, mentre conta il più alto tasso di omicidi di persone trans in Europa.
Ci viene insegnato che studiamo per lavorare e non per accrescere la nostra cultura, per poi ritrovarci in un mondo del lavoro che ci chiede di ringraziare per l’opportunità di essere sfruttati, perché “è così che si fa esperienza”, e in cui dobbiamo augurarci di non essere una delle tre morti sul lavoro al giorno.
"Mi domando come possa considerarsi libero un Paese in cui la libertà è garantita nella sua totalità per alcuni e centellinata per altri >>. Così Emma Ruzzon, rappresentante degli studenti dell'Università di Padova, durante la cerimonia per gli 800 anni dalla fondazione dell'Ateneo, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Un Paese, ha aggiunto Ruzzon, <<in cui i senatori della Repubblica possono permettersi di applaudire pubblicamente l'affossamento di un disegno di legge che, pur in minima parte, mirava a tutelare la libertà di esistere di persone, cittadini, di uno Stato che continua a chiudere gli occhi davanti alla sue evidente transfobia, mentre conta il più alto tasso di omicidi di persone trans in Europa". La rappresentante degli studenti si è poi rivolta alle istituzioni. "Non chiedete a noi di avere coraggio, abbiate voi il coraggio di guardare davvero al futuro, di chiederci come stiamo. Abbiate il coraggio di ascoltarci>>, ha concluso.

 
Ci viene insegnato che studiamo per lavorare e non per accrescere la nostra cultura, per poi ritrovarci in un mondo del lavoro che ci chiede di ringraziare per l’opportunità di essere sfruttati, perché “è così che si fa esperienza”, e in cui dobbiamo augurarci di non essere una delle tre morti sul lavoro al giorno.
Non c’è libertà per qualcuno se non c’è libertà per tutte e per tutti. Oggi più che mai per il popolo ucraino, ma anche per quello yemenita, quello palestinese, quello siriano e per tutti i popoli oppressi e subalterni”.


«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...