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16.5.24

Da una foto su Facebook l’inizio dell’avventura da guide di atleti non vedenti la storia di Paolo de Pani e di Rosa ambrosi ., L’ex bimbo di Chernobyl dona la terra russa degli Alpini caduti in guerra

 Mentre  cercavo  notrizie  pe r il 50della  strage  di piazza  della loggia  (  Brescia   28 maggio   1974  ) ho trovato  su   www.giornaledibrescia.it   queste  due  storie  interessanti

Cesarina Pasquali e Paolo Del Pani, coniugi di Borgosatollo, hanno anche avuto l’opportunità di assistere due simboli come Marco Zingarelli e Rosa Ambrosi
Vincenzo Cito
Paolo Del Pani con Rosa Ambrosi - © www.giornaledibrescia.it
Paolo Del Pani con Rosa Ambrosi - © www.giornaledibrescia.it

Tu guarda cosa succede ad avere poca dimestichezza con le tecnologie. Cesarina Pasquali da quando aveva scoperto il podismo - spinta dalla passione del marito Paolo Del Pani - voleva solo conservare sul telefonino una foto che la immortalava mentre correva. «Chissà che tasto ho schiacciato - ricorda divertita - ed è diventata l’immagine del mio profilo personale su Facebook. È successo il finimondo». Centinaia di conoscenti che si congratulavano con lei, like, cuoricini e manine plaudenti.  Poi una proposta intrigante. «Un’amica mi chiese se me la sentissi di fare da guida ad atleti non vedenti: la cosa mi ha stuzzicato e stavolta sono stata io a trascinare mio marito a una nuova esperienza». La svolta Per i due coniugi residenti a Borgosatollo, entrambi sessantenni, si è aperto un mondo. Conferma lui: «L’atletica è sempre stata una mia grande passione, ho portato a termine anche corse in montagna di lunga durata. Mettere la mia esperienza al servizio degli altri però è più coinvolgente che tagliare un traguardo da solo». Un compito delicato, l’intesa si affina attraverso un rapporto che cresce in base alla reciproca confidenza. «Non sei solo la persona che indica la via - spiega lei - perché devi adattarti alle esigenze dell’altro». Aggiunge lui: «Il sostegno psicologico è indispensabile perché arriva sempre un momento di crisi, prima o durante la prova». E poi c’è la preparazione tecnica: si è legati con un cordino al polso del non vedente che non va però trainato, pena la squalifica. E bisogna prevedere tutto, anche l’imprevedibile: una buca sulla strada, una pozza d’acqua sulla pista, uno scarto improvviso». «Gli atleti paralimpici che seguiamo sono così in gamba - concordano però entrambi - che a un certo punto corri il rischio di dimenticarti che hanno sempre bisogno di te». Marco Zingarelli e Cesarina Pasquali - © www.giornaledibrescia.it Cesarina e Paolo erano presenti anche a Gravellona Toce, in Piemonte, per la prima prova del campionato di società e qui li attendeva un’esperienza straordinaria, quella di assistere - a turno - gli atleti simbolo del mondo dei non vedenti: Marco Zingarelli (classe 1977) e Rosa Ambrosi (nata nel 1979) che si sono conosciuti da ragazzini e non si sono più lasciati. Nel 2023 hanno festeggiato il loro ventesimo anniversario di matrimonio. Coppia speciale Com’è la loro vita quotidiana? Assolutamente uguale a quella di tutti gli altri. «Come tutti i mariti - conferma lui - non mi ci vuole molto per comprendere quando mia moglie è arrabbiata con me. Lo intuisco dal tono di voce, da certi raggelanti silenzi». Lei non va tanto per il sottile: «Ormai lo conosco anche troppo bene, riesco a intuirne le mosse. Esplodo solo quando sta troppo tempo lontano da casa». A volte succede, perché Zingarelli pratica anche il triathlon e si allena tutti i giorni. «Me lo consigliò, anzi me lo impose anni fa Gilberto Pozza, mitico dirigente dell’Unione ciechi di Brescia». Marco e Rosa sono anche due genitori molto presenti e quando i figli erano piccoli, uno dei due restava a casa ad accudirli mentre l’altro si allenava. Ora Simone (18 anni) e Cristina (14) sono diventati autonomi e quindi è più frequente vedere Zingarelli e Ambrosi entrambi in pista. A Gravellona Toce il loro contributo è stato determinante per portare punti alla squadra del Rosa Running Team: lei ha gareggiato nelle gare di velocità e si è anche guadagnata il pass nel getto del peso per i campionati assoluti, in programma proprio a Brescia a fine giugno; lui ha corso i 5000 i 1500 ed è stato tra i migliori. I due hanno in comune anche la passione per la maratona e di recente hanno concluso assieme una notturna a Bogliaco. Abitano a San Polo, non lontano dal campo di atletica e così non è loro difficile raggiungere la pista per gli allenamenti, al mattino lavorano come centralinisti, la maggior parte del tempo continuano comunque a dedicarla ai figli. Perché l’amore, come lo sport, non ha barriere e lo dimostrano Maurizio Zingarelli e Rosa Ambrosi col loro impegno quotidiano. E hanno scoperto di avere due amici in più in Paolo Del Pani e Cesarina Pasquali, diventati guide per caso e ora inseparabili loro compagni di avventura.Cesarina e Paolo erano presenti anche a Gravellona Toce, in Piemonte, per la prima prova del campionato di società e qui li attendeva un’esperienza straordinaria, quella di assistere - a turno - gli atleti simbolo del mondo dei non vedenti: \Marco Zingarelli (classe 1977) e Rosa Ambrosi (nata nel 1979)\u003c/strong\u003e\u003c/a\u003e che si sono conosciuti da ragazzini e non si sono più lasciati. Nel 2023 hanno festeggiato il loro ventesimo anniversario di matrimonioCom’è la loro vita quotidiana? Assolutamente uguale a quella di tutti gli altri. «Come tutti i mariti - conferma lui - non mi ci vuole molto per comprendere quando mia moglie è arrabbiata con me. Lo intuisco dal tono di voce, da certi raggelanti silenzi». Lei non va tanto per il sottile: «Ormai lo conosco anche troppo bene, riesco a intuirne le mosse. Esplodo solo quando sta troppo tempo lontano da casa».A Gravellona Toce il loro contributo è stato determinante per portare punti alla squadra del Rosa Running Team\: lei ha gareggiato nelle gare di velocità e si è anche guadagnata il pass nel getto del peso per i campionati assoluti, in programma proprio a Brescia a fine giugno; lui ha corso i 5000 i 1500 ed è stato tra i migliori. I due hanno in comune anche la passione per la maratona e di recente hanno concluso assieme una notturna a Bogliaco. Abitano a San Polo, non lontano dal campo di atletica e così non è loro difficile raggiungere la pista per gli allenamenti, al mattino lavorano come centralinisti, la maggior parte del tempo continuano comunque a dedicarla ai figli. Perché l’amore, come lo sport, non ha barriere e lo dimostrano Maurizio Zingarelli e Rosa Ambrosi col loro impegno quotidiano. E hanno scoperto di avere due amici in più in Paolo Del Pani e CesarinCom’è la loro vita quotidiana? Assolutamente uguale a quella di tutti gli altri. «Come tutti i mariti - conferma lui - non mi ci vuole molto per comprendere quando mia moglie è arrabbiata con me. Lo intuisco dal tono di voce, da certi raggelanti silenzi». Lei non va tanto per il sottile: «Ormai lo conosco anche troppo bene, riesco a intuirne le mosse. Esplodo solo quando sta troppo tempo lontano da casa». 

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Per riconoscenza nei confronti della Penna nera e della famiglia italiana che lo ospitò dopo la tragedia, Oleg Sorokin l’ha raccolto la  terra   dove tanti giovani italiani caddero, spedendola a Rezzato


Oleg Sorokin dalla Russia racconta le tappe della sua ricerca - © www.giornaledibrescia.it

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Francesca Zani
Per riconoscenza nei confronti della Penna nera e della famiglia italiana che lo ospitò dopo la tragedia di #cernobyl , #OlegSorokin l’ha raccolto la terra dove tanti giovani #alpini italiani caddero durante la campagna di russia , spedendola a Rezzato
Oleg Sorokin dalla Russia racconta le tappe della sua ricerca - © www.giornaledibrescia.it
Oleg Sorokin dalla Russia racconta le tappe della sua ricerca - © www.giornaledibrescia.it

Il suo nome è Oleg Sorokin, abita nella russa città di Tula, ed è lui che per tre giorni ha vagato per le sterminate campagne della Russia, in cerca della terra, sotto la cui coltre sono stati sepolti migliaia di nostri Alpini morti in guerra.Zolle di terra, che poi ha inviato, non senza difficoltà e varie peripezie, a Rezzato, dove ora questa terra è posta in una teca di vetro incassata nel pavimento, della neorestaurata Chiesetta del Gruppo Alpini di Rezzato.

La teca con la terra all'interno della chiesetta del Gruppo Alpini - © www.giornaledibrescia.it
La teca con la terra all'interno della chiesetta del Gruppo Alpini - © www.giornaledibrescia.it

Riconoscenza

A portarla lì è una storia di riconoscenza e amore nei confronti dell’Alpino e della sua famiglia italiana (che desidera mantenere l’anonimato) che da piccolo lo avevano amorevolmente accolto dopo la terribile tragedia di Chernobyl, ma anche di ricordo verso gli Alpini che in quella terra di Russia hanno trovato la morte, combattendo per la pace. La sua storia dimostra quanto le due parole, se lo si vuole, siano strettamente collegate.
Oleg, oggi 41enne, a Rezzato venne per la prima volta nel 1993. Era un bambino di Chernobyl e aveva 10 anni. Molti bambini erano, come lui, in un orfanotrofio e soffrivano ancora le conseguenze della radioattività; per questo fra Russia e Italia in quell’occasione si era instaurato un ponte solidale. Da subito, in quella famiglia italiana che gli fu assegnata, Oleg respirò quell’affetto e quella tenerezza, che ogni bambino dovrebbe avere, e che ancora oggi lo fa sentire figlio e fratello.
I primi soggiorni furono brevi, ma man mano divennero sempre più lunghi, in particolare quando Oleg si ammalò di tubercolosi, e fu amorevolmente curato in ospedale e a casa, per poi riandare nel suo orfanatrofio con tutti i medicinali di cui aveva bisogno per curarsi, grazie anche alla generosità alpina.

I luoghi simbolo

Non appena saputo del progetto di portare un po’ di terra russa presa là dove erano caduti i nostri Alpini, per metterla nella chiesetta a loro dedicata, si è messo in viaggio non senza difficoltà con la moglie e con uno dei suoi due bambini, per raccoglierla nei luoghi simbolo della guerra dove caddero a migliaia.
Il più noto è stato Nikolajewka, dove non ha potuto avvicinarsi al luogo esatto delle fosse comuni per ragioni di sicurezza. L’altro luogo è Rossosch, dove sino a poco tempo fa un cippo collocato dall’Associazione Nazionale Alpini, ed ora distrutto, ricordava, in segno di fratellanza, tutti i Caduti nella Seconda Guerra Mondiale. Da ultimo, il sito di Nowo Postojalowka, costato una ricerca difficile e infruttuosa per un intero giorno.
Era ormai sera, e Oleg, senza speranze ma non arreso, trovò l’anziano avventore di un bar, che, sentendo le sue domande, lo ha accompagnato sul luogo dove c’è la fossa comune, al cui interno, all’epoca, gli abitanti furono costretti a buttare i corpi di migliaia di soldati emersi, nel disgelo, dalla neve.
Solo allora per Oleg è stata missione compiuta. In Italia la terra avrebbe voluto portarla lui, ma troppe le difficoltà burocratiche, perciò ha spedito la terra accompagnata da un video, in cui ha filmato e raccontato il suo viaggio per raccoglierla. Dopo 79 anni, quella terra resa sacra dal sacrificio di tanti uomini, lancia il suo messaggio di speranza per la pace e la libertà.

30.11.22

CHI LO DICE CHE PER CRESCERE CI VUOLE UNA FAMIGLIA TRADIZIONALE O ENTRAMBI I GENITORI ? IL CASO DEL CAMPIONE MICHEAL PHEALS

 Cercando    storie   per  distrarmi  e   resistere  nel  mio  intento  ( vedere i post   del  mio   diario  giornaliero  )  ho  trovato questa    sui  Facebook  questa  storia    riportata   sotto.  Però prima  di  lasciarvi   alla  sua lettura    vorrei  proporvi  ,   anche se   è  già chiaro   riproponendo  il  titolo    la mia  riflessione in merito   , Chi  lo  dice   che     chi  soffre   del disturbo  d'attenzione  ovvero   il disturbo dell'ADHD, che pur essendo uno dei più
diffusi dei disturbi del neurosviluppo, il manuale psichiatrico DSM
 Essa   dimostra   che mica per  crescere   ed  eventualmente  arrivare  a tali  livelli cultural   o sportivi  come  in questo  caso  debba necessariamente   avere bisogno    della  cosiddetta   famiglia  tradizionale   cioè  entrambi i  genitori    ne    basta  uno  la madre  in questo  caso  Eppure   molti governi   alcuni  democratici   hanno  fatto  e  mantengono ancora   leggi  che  vietano  o  limitano l'adozione    l'affido   ai  singoli  . Ma  ora  basta   divagare    ed  annoiarvi   ecco  a  voi  la  storia  tanto attesa  


È il 1990 a Baltimora, Maryland. Un giorno la maestra d'asilo convoca d'urgenza mamma Deborah, per tutti Debbie.
"Michael non riesce a stare seduto, non sta mai tranquillo, non riesce a focalizzare" dice la maestra.
"Forse è solo annoiato" risponde Debbie.
"Impossibile. Si rassegni, semplicemente suo figlio non è dotato, non sarà mai in grado di focalizzarsi su nulla" sentenzia la donna senz'appello.
Il bambino in questione, quel Michael, di cognome fa Phelps, ha 5 anni, è cresciuto senza padre in una famiglia interamente femminile, insieme alla madre e alle due sorelle, e fino a quel momento non ha quasi mai messo piede in una piscina. Quando lo fa per la prima volta, è talmente terrorizzato all'idea di bagnarsi la faccia, che l'istruttore è costretto a insegnargli il dorso. Michael ha un talento innato, ma discontinuo. A scuola non va meglio. Tutte le sue insegnanti ripetono a Debbie sempre le stesse cose: "Non riesce a concentrarsi in nessun compito", "non è portato per questa o quella materia", "infastidisce il compagno di banco". Debbie allora decide di sottoporlo a una visita specialistica. La diagnosi è chiara: ADHD o DDAI, meglio noto come Disturbo da deficit di attenzione/iperattività.
Ma Debbie, oltre ad essere una mamma, è anche insegnante e preside. E si mette in testa di dimostrare a tutti che sbagliano. "Sapevo che, se avessi lavorato duro con Micheal, lui avrebbe potuto raggiungere tutti gli obiettivi che si fosse prefissato.” Lavora a stretto contatto con le insegnanti di Michael e, ogni volta che una di loro le dice "non riesce a fare questo", lei risponde: "Bene, cosa possiamo fare per aiutarlo?" Di fronte alle sue difficoltà con la matematica, gli trova un tutor e un metodo che susciti l'interesse di Michael, con problemi di questo tipo: “Quanto tempo impieghi a nuotare per 500 metri se nuoti ad una velocità di 3 metri al secondo?”.
Trasforma i limiti di suo figlio in opportunità. Ogni volta che lui ha uno scatto di rabbia o di frustrazione in piscina, lei dagli spalti gli fa un segnale convenzionale a forma di C che, nel loro linguaggio privato, significa "Ricomponiti".
Michael migliora a scuola, mentre in vasca è già un piccolo squalo: a 11 anni, è più forte e veloce di qualsiasi altro suo coetaneo che abbia mai nuotato negli Stati Uniti. Debbie viene, allora, convocata per il secondo colloquio più importante della vita di Michael. Questa volta non è una maestra d'asilo ma il suo allenatore, Bob Bowman. È il maggio del 1996.
"Signora, ora le dico cosa succederà" esordì. "Nel 2000 Michael parteciperà ai Trials olimpici. Non so se conquisterà la convocazione, ma sicuramente farà parlare di sé. E nel 2004 sarà senza dubbio un atleta che vincerà delle medaglie olimpiche. E saremo solo all’inizio”.
Bob sbagliava. Nel 2000, a Sydney, non solo Michael si qualificherà nei 200 metri farfalla, ma raggiungerà la finale, classificandosi al quinto posto, sfiorando il podio e una medaglia. Aveva 15 anni appena compiuti. Da quel giorno, per i successivi 16 anni, Phelps conquisterà 83 medaglie, di cui 66 d'oro, 28 olimpiche, 33 iridate, in otto diverse discipline, diventando, nel 2008 a Pechino, l'atleta con più ori (otto) in una sola edizione della storia dei Giochi e, per distacco, il nuotatore più vincente di ogni tempo, oltre a uno degli sportivi più forti di ogni sport o epoca.
Quel campione inarrivabile e icona planetaria è stato un bambino con deficit dell'attenzione diagnosticato, come decine di milioni di altri bambini come lui in tutto il mondo. Con la sola fortuna di avere avuto al suo fianco una donna e una professionista che non lo ha mai giudicato, né giustificato, ma lo ha spinto a tirare fuori il proprio talento dove altri vedevano solo disturbi, disattenzione e iperattività. Avrebbe potuto rassegnarsi, come le aveva consigliato la sua prima maestra d'asilo. Invece Debbie ha deciso di fare qualcosa di molto più lungo e faticoso: credere in suo figlio.
Forse nessuno di quei milioni di bambini diventerà mai Michael Phelps - che importa? - ma dietro lo stigma di una diagnosi e di un giudizio senz'appello, ci sono persone con talenti e capacità fuori dal comune in qualunque ambito o professione. A volte quello che manca è solo qualcuno disposto a vederli e a riconoscerli. Una come Debbie Phelps, per esempio. 


 





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