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ADDIO MONSIEUR IBRAHIM

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"Ma è arabo per davvero?": chiedevo a proposito di Omar Sharif. Il volto non dava adito a dubbi, ma volevo sapere se giungesse proprio da quelle parti, se non si trattasse d'un mezzosangue, se il nome fosse proprio quello. Non lo era, ma nessun problema: come la conversione religiosa, da cristiana a musulmana per amore della prima moglie, anch'essa attrice. Misto lo rimaneva, perché era nato egiziano da genitori libanesi e il Libano, ai suoi tempi, aveva una squisitezza da cartolina polverosa, corpi arabi avvolti in vesti occidentali. Mi sono sembrati sempre belli e un po' goffi, e quel periodo, pur meno tribolato e intellettualmente ricco, non lo ritengo auspicabile oggi. Lui non era goffo, si capisce. Colto e bello, sì. Bellezza letteraria, fiabesca; di qui la mia esigenza d'autenticità. Artisticamente non lo seguii molto. Quand'era all'apice della fama muovevo i primi passi, poi lui cadde e risorse troppe volte. Il gioco, l'alcool, le donne (