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9.10.21

ci sono cure alternative valide e pseudo cure alternative . Il caso di Bella e il caso Stamina non hanno insegnato niente



Fra le tante email che ricevo  ce  ne  sono  certe  di  questo tenore  

Ciao
ti seguo da un po' e devo riconoscere che sei molto colto , ma visto gli ultimi post in particolare   quelli  sui  no  vax  e  sul  covid fra  cui    quello  : << Ne con  i Novak ( quelli attendisti e quelli creduloni ) ne con i Provax / i Vax ( acritici e  critici ) >>mi viene da chiederti oltre al tuo interessarti post ma solo di facciata   alle  cure  alternative perché dici d'essere per la libertà di cura e le medicine / cure medicine alternative ma non vedi che per il covid ci sono e le ignori così come ci sono per il cancro ed i tumori ? ma quanto ti pagano le case farmaceutiche e mainstream per non parlarne parlarne o parlarne male visto che fai la stessa cosa sui social ?
                                                                                       
                                                             valentina


Ora  già  dal  tono     di questa  lettera  in particolare  : <<  [...] quanto ti pagano le case farmaceutiche e mainstream per non parlarne  parlarne    o  parlarne  male  visto che  fai  la stessa  cosa   sui  social  ?
[... ]  >>dovrei       cestinarla  o  mandarle  a  Fncl ed  evitare  di ascoltare  chiunque  ogni lamento come  diceva in una bellissima canzone   un   famoso  cantante.  Ma   come il  solito    : << se son d' umore nero allora scrivo frugando dentro alle nostre miserie:\di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie o mantenermi vivo ... (  cit .  musicale vedi   secondo  collegamento ipertestuale  >>.  
Dopo    questo   sfogo          veniamo   alla  risposta  che  è  si  singola    ma  vale  per  chi mi scrive  lettere  simili   e  che  speriamo  che     lo leggano  anche certi presunti maître à penser che si fanno portatori delle più scombiccherate teorie complottiste  sfruttando    , come  nel  caso  sotto  ,  la  nostra  componente  irrazionale  . Uno di loro, Carlo Freccero, per convincerci che siamo dominati (  ed  in parte  è vero  ) dalla Spectre mondiale del capitalismo, ha detto in tv: «Lo spiegano bene nella Casa di carta ». 


Spett. Signora \ina  



ci sono malattie che si possono curare ed in parte guarire  con le  cure  alternative  come  la  cannabis  ad uso terapeutico   o  l'olio    di Lorenzo 

una miscela di trigliceridi monoinsaturi, usata nel trattamento dell'adrenoleucodistrofia per diluire la concentrazione, nel sangue e nei tessuti, dell'acido grasso saturo C26:0 (acido cerotico), altamente dannoso per la guaina mielinica. La miscela fa abbassare la presenza di acidi grassi saturi, ma porta a un aumento della concentrazione dell'acido grasso insaturo C26:1, la cui tossicità ancora non è ben conosciuta. La somministrazione della miscela, in associazione a una dieta ipolipidica, ha mostrato "buoni risultati"[1]. Tuttavia, nonostante la normalizzazione dei livelli di C26:0 nell'arco di 4-6 settimane, la terapia con l'olio di Lorenzo non ha arrestato la progressione neurologica.Il nome deriva da quello di Lorenzo Odone, un bambino a cui i genitori, Augusto e Michaela, per primi somministrarono questa miscela, nell'ambito di un progetto di ricerca non ufficiale. Alla loro iniziativa si deve anche la fondazione del Progetto Mielina. Per i loro encomiabili sforzi e il loro contributo nel campo della neurologia e della medicina rigenerativa hanno ricevuto la laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia dall'Università di Stirling                                                                                     segue  qui   su    https://it.wikipedia.org/wiki/Olio_di_Lorenzo

Altre come quelle  citate  negli articoli  sotto  che   non si posso curare completamente  ne guarire  ed  altre  come    il  codiv  di cui   si sta  studiando   una  cura  efficace per  guarirle  . Ammettere questa  distinzione  non  significa negare     che   ci  si possa  curare  con  medicine   che  non siano quelle    " ufficiali  "  .  Infatti   ho  usato    da  poco  per  una distorsione  l'Arnica   un farmaco  omeopata   che    viene  usato in 
 traumatologia in caso di edemi post-traumatici (fratture, distorsioni, ecchimosi, contusioni, compressioni, ematomi, strappi muscolari, edemi da frattura), artralgie e disturbi articolari a carattere reumatico, versamenti articolari e flebiti non ulcerative.
L'arnica trova largo impiego nella formulazione di prodotti per il massaggio sportivo e di cerotti ad azione antireumatica. .... >>  (  da   Arnica in Erboristeria: Proprietà dell'Arnica (my-personaltrainer.it) )

Le cure di cui lei   parla per  il covid   sono per  il momento  prive di validazione scientifica  o quanto meno   sconsigliate   da  molti scienziati oppure  hanno effetto placebo  come  la famosa  cura  di  bella  o  in alcuni  casi   come  ad  esempio    una  recentissimo 


L'INCHIESTA / FERRARA

"Omissione di soccorso", aperta un'inchiesta sulle cure alternative no-vax

Aveva rifiutato il vaccino e si curava con farmaci vermifughi un uomo di 68 anni morto di Covid a Ferrara dopo aver seguito le terapie 'alternative' di un medico legato all'associazione IppocrateOrg



Redazione09 ottobre 2021 10:50


La Procura di Ferrara ha aperto un'inchiesta per omissione di soccorso in merito alla morte di un 68enne deceduto per Covid-19 dopo essere arrivato all'ospedale Sant'Anna di Ferrara in condizioni ormai già compromesse: il paziente aveva "curato" l'infezione da Sars-Cov-2 basandosi esclusivamente sull'assistenza via mail e telefonica di un medico volontario che era legato all'associazione IppocrateOrg.    ......  segue   su  :  "Omissione di soccorso", aperta un'inchiesta sulle cure alternative no-vax (today.it)


 Ora  Concludo questa mia  risposta     riportando  integralmente  questi  due  articoli     presi  da la  nuova  sardegna  del  8\10\2021





Le cure “alternative” prive di validazione scientifica: i rischi da evitare 
Da Stamina agli ultrasuoni anti cancro

08 OTTOBRE 2021

SASSARI. Il padre di Laura, affetto da un tumore al cervello incurabile, diceva di trarre giovamento dalla terapia alternativa, nel suo caso la cura Di Bella, a cui è stato sottoposto negli ultimi 9 mesi di vita. In realtà il miglioramento non c’era ma la sensazione era dovuta a un fenomeno ben noto, l’effetto placebo: quando si inizia una terapia con la speranza che funzioni, inizialmente si percepisce un beneficio; è una percezione sia psicologica, perché il nostro cervello “sente” di fare qualcosa di attivo per combattere la malattia, sia fisica. Ma l’effetto placebo è temporaneo e si esaurisce passati i primi tempi di “ottimismo” : in alcuni casi, possono addirittura peggiorare i sintomi e il decorso della malattia, se la terapia alternativa interferisce con quella tradizionale o quest’ultima è stata addirittura sospesa. Secondo le ultime stime sono circa 13 milioni gli italiani che ricorrono a cure alternative, con l’omeopatia al primo posto. La percentuale scende vertiginosamente in presenza di malattie gravi come i tumori o patologie neurodegenerative come la sla, la sma (atrofia muscolare spinale), la sclerosi multipla. Tra le terapie alternative di cui si è parlato maggiormente in Italia oltre a quella introdotta dal dottor Luigi Di Bella alla fine degli Anni 90, ebbe grande risonanza il metodo Stamina, basato appunto sulle cellule staminali che venivano prelevate e poi dopo la successione manipolazione infuse nei pazienti. Il metodo Stamina fu proposto da Davide Vannoni, comunicatore pubblicitario, attraverso la Stamina Fondation. Per un breve periodo, dal maggio al settembre 2013, il metodo fu autorizzato dal Ministero della Salute ma poi bloccato per il parere negativo del comitato tecnico scientifico che lo definì totalmente inefficace. In Sardegna suscitò molta indignazione il caso della dottoressa di Cagliari (radiata dall’Ordine) che diceva di curare i tumori agendo sull’inconscio e insultando i pazienti. Ed è in corso il processo nei confronti di un’altra dottoressa, ogliastrina, che invece per curare il cancro utilizzava gli ultrasuoni: è accusata di omicidio volontario.

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«Mio padre curato da Di Bella: lui morto, noi finiti in miseria»
Il racconto choc di Laura: «Quando si ammalò persi la testa, avrei fatto di tutto». «La terapia aveva costi esorbitanti, ci rimasero solo i soldi per il suo funerale»
                                           Silvia Sanna


SASSARI. C’era quel dottore anziano in tv con la faccia bella e i modi garbati e c’era suo padre che da un giorno all’altro perse la luce che gli faceva brillare gli occhi. «Aveva poco più di 60 anni, lavorava tanto, era pieno di energia: noi lo vedevamo come una roccia, una specie di super eroe invincibile». Un giorno, era dicembre del 1997, il padre di Laura cadde dal motorino. «Niente di grave all’apparenza ma non risuciva a muovere due dita di una mano. Allora un amico gli consigliò di fare una Tac».Dall’esame venne fuori una massa nel cervello: era grande e camminava silente chissà da quanto tempo. I medici furono schietti: il tumore era inoperabile e la chemio, in uno stadio così avanzato, non sarebbe servita a niente. Dopo 20 giorni il padre di Laura non riusciva più a muovere la mano, poi iniziò a zoppicare.
«Quando in tv apparve quel medico, nel salotto del Maurizio Costanzo show, che esaltava l’efficacia della sua terapia non tradizionale, vidi di nuovo la luce negli occhi di mio padre: voglio farmi curare da lui, ci disse, voglio provare, chiamatelo». Quel medico era il dottor Luigi Di Bella.
La scelta. Sino a quando la vita non la mise di fronte alla malattia, Laura, sassarese all’epoca quarantenne, aveva fatto della razionalità la sua bandiera: «Mi sono sempre ritenuta una persona equilibrata, mediamente intelligente e mediamente colta, capace di ragionare e agire con equilibrio, senza farmi sopraffare dall’impulsività. Tutte balle. Quando mio padre si ammalò precipitai in un buco nero: avrei fatto qualunque cosa per salvarlo. Ero sconvolta, tutti in famiglia eravamo sconvolti. Quel medico dava speranze, mi aggrappai a lui disperata. Nessuno provò a contraddirmi tanto ero determinata: ora penso che in quel periodo mi mancò una persona amica che mi scuotesse e mi facesse capire che stavo andando a sbattermi a tutta velocità contro un muro».
La terapia Di Bella. La prima telefonata riaccese il sorriso. «Spedimmo al dottor Di Bella le cartelle cliniche di mio padre, le risonanze e la biopsia fatta a Verona – racconta Laura – e lui ci rassicurò: disse che papà era il candidato ideale perché il suo tumore, un glioblastoma devastante, era curabile con la sua terapia. Di Bella non ci disse che avrebbe cercato di salvare mio padre, ci disse che l’avrebbe salvato. Di fronte a queste sue certezze, io capitolai. Presi in mano la situazione dedicandomi esclusivamente alla malattia di mio padre e alle sue cure. Insieme mandavamo avanti l’azienda di famiglia: delegai tutto ai dipendenti, mi disinteressai completamente del lavoro. In quei giorni si ammalò anche mia sorella: un male invalidante che le ha provocato un ritardo mentale irrimediabile. Mia madre si concentrò su di lei, io su mio padre.Quando Di Bella, senza neanche vederlo una volta, ci prescrisse la terapia, non ci vidi nulla di strano. E da quel momento inizò la corsa per reperire ciò che serviva: un mix di farmaci, ormoni e vitamine la maggior parte dei quali non coperti dal servizio sanitario nazionale. In particolare la somatostatina: la ordinavamo in Svizzera, andavamo a prenderla alla Città del Vaticano, aveva prezzi spaventosi, siamo arrivati a spendere 500mila lire al giorno. Ma per papà- mi ripetevo - questo e altro. Dopo la terapia lui diceva di stare meglio: noi vedevamo i peggioramenti ma li ignoravamo «sarà una fase, poi passerà».
Lui era ormai paralizzato e soffriva: il tumore cresceva e premeva sul cervello. Tante volte lo abbiamo portato in ospedale: durante i ricoveri – dice Laura – gli davamo la terapia di nascosto. Anzi, forse i medici sapevano e facevano finta di niente. Mio padre non aveva speranze e loro ne erano consapevoli sin dall’inizio: penso che noi, che non volevamo arrenderci, gli facessimo una pena infinita. Ma nel frattempo la mia follia provocò gravi conseguenze: l’azienda iniziò ad andare male e fummo sommersi dai debiti. Neanche questo mi fermò, anzi insieme a un gruppo di persone che seguivano la terapia Di Bella andai in piazza d’Italia per manifestare contro l’allora ministra della Salute Rosy Bindi, “colpevole” di non riconoscere l’efficacia della terapia. Io durante quei nove mesi continuai a mentire a me stessa: quando qualche familiare del gruppo moriva, dicevo che a ucciderlo non era stato il cancro, ma forse un infarto o chissà cos’altro. Da questo stato di trance mi svegliai solo una settimana prima che mio padre ci lasciasse: capii che era stata tutta una grande illusione. Lui era morto, a noi erano rimasti appena i soldi per pagare il funerale e la sensazione terribile di essere stati presi in giro, offesi nella nostra fragilità di fronte alla malattia di una persona cara».
L’appello. Il padre di Laura non si sarebbe salvato neppure con la chemioterapia e questo aspetto alleggerisce il peso che Laura porta sulla coscienza. «Ho rispettato la sua volontà di farsi curare da Di Bella, mi sono indebitata per questo. Ma se lui avesse avuto anche una sola speranza di farcela attraverso le terapie tradizionali, allora non me lo sarei mai perdonato. Nel gruppo di cui facevo parte tanti hanno rinunciato alla chemio nonostante l’invito dei medici e hanno pagato questa scelta con la vita. Mio padre invece non aveva altre possibilità. Ma quanto è successo a noi è stato comunque terribile: in giro ci sono medici che lucrano sul dolore della gente, proponendo terapie che non hanno valore scientifico. Quando anni dopo si è ammalata mia madre ho seguito solo la medicina ufficiale, e quando dopo Di Bella si è parlato del metodo Stamina ho pregato perché nessuno facesse i miei stessi errori. Oggi quando ascolto i No Vax che denunciano complotti sul Covid, mi vengono i brividi. E se si tratta di una persona che conosco, a cui voglio bene, d’istinto faccio quello che avrei voluto facessero a me: la scuoto, cerco con tutti i mezzi di farla ragionare. Perché quel muro su cui vai a sbattere fa malissimo. Io ne porto ancora i segni, dopo 25 anni».

Speriamo  d'esserli  stato utile 

22.6.19

replica agli odiatori antivaccinisti e metodo hamer e ciarlatani [ Non sapevo che difendere la scienza ed il progresso fosse dittatura fasciosanitaria parte II ]

Risultati immagini per hatersLo  so che   dovrei    non rispondere   e lasciar perdere  e  quindi   evitare    di dare l loro spago  . Ma  in tempi come   questi   dove  gli haters  non  si fermano davanti a nulla   . Replico   agli : antivaccinisti specialmente quelli settari e acritici , ai ciarlatani , ecc che mi hanno riempito di 💩 e d'insulti anche pesanti e personali sulle mie condizioni di salute per il mio post https://bit.ly/2x9txhM critico verso di loro e verso i genitori di Eleonora Bottaro dico solo questo : io giustifico ed accetto le cure alternative hanno basi scientifiche e quando tutte la altre hanno fallito . ma soprattutto che la libertà di scelta fra i due tipi di cure è sacrosanta ma bisogna saperla usare e non imporla impedendo di scegliere quale seguire . 
E che e qui mi fermo non prima di    dire  loro  




 non vale la pena di abbassarmi al livello continuando a diffondere odio inutilmente . Ma soprattutto basta evitiamo speculazioni e strumentalizzazioni sulla povera Eleonora

19.7.17

Non fecero curare la figlia malata di leucemia: «Processate i genitori»

E' vero anch'io  sono   per le cure  alternative  , ma  fin quando    esse  non sono scientificamente   provate  allora    acetto la medicina  ufficiale  .  E cosi avrei fatto al loro posto . Un'altra  soluizione  sarebbe  stata ,  ed  è  la  più comprensibile  ed  accettabile  ,  quella di proporgli   (  cosa  che mi sembra      non sia stata  fatta  )   le due  scelte e poi assecondare  le    sue scelte , non  imporgli solo una pseudo teoria . Quindi  mi chedo   se  se tua figlia\o    ti  chiede d'essere gettata dalla finestra cosa fai la getti o tenti farle cambiare idea ?

Ecco  per  chi  avesse  perso " le  puntate  precedenti  "   della storia    un  sunto




Padova. Non fecero curare la figlia poi morta di leucemia, accusati di omicidio colposoEleonora è morta di leucemia lo scorso 29 agosto. Aveva 18 anni. I genitori, Lino Bottaro e Rita Benini, seguaci del metodo Hamer, sono ora accusati di omicidio colposo per non aver curato la figlia, con l'aggravante della previsione dell'evento (a cura di Cinzia Lucchelli) 

da  http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2017/07/19/


Non fecero curare la figlia malata di leucemia: «Processate i genitori»
Eleonora Bottaro, morì a 18 anni: mamma e papà che rifiutarono la chemio indagati per omicidio. «Ho fatto solo la volontà di mia figlia». Il giudice decide il prossimo 10 ottobre
                                                       di Carlo Bellotto

PADOVA. «Ho fatto la volontà di mia figlia». Si ferma a questo commento Lino Bottaro, il fotografo di Bagnoli di Sopra all’indomani della richiesta di rinvio a giudizio per lui e per sua moglie, Rita Benini con l’accusa di omicidio colposo con l’aggravante della previsione dell’evento. Ossia la morte della loro figlia Eleonora, studentessa di 18 anni, morta il 29 agosto scorso per una leucemia non curata con il metodo tradizionale.



 Non fecero curare la figlia poi morta di leucemia, accusati di omicidio colposoEleonora è morta di leucemia lo scorso 29 agosto. Aveva 18 anni. I genitori, Lino Bottaro e Rita Benini, seguaci del metodo Hamer, sono ora accusati di omicidio colposo per non aver curato la figlia, con l'aggravante della previsione dell'evento
Il procuratore aggiunto Valeria Sanzari punta il dito contro i genitori della ragazza per averle impedito di sottoporsi alla chemioterapia, puntando su metodi alternativi di cura: «Creando in loro figlia, una falsa rappresentazione della realtà, sul fatto che la chemioterapia sarebbe stata inutile e dannosa, nonostante tutti i medici interpellati gli avessero riferito che la ragazza sarebbe andata incontro a morte certa senza cicli di cura convenzionale».
Il magistrato chiede il processo, scrivendo che la ragazza veniva sottoposta a cure di vitamina C, rifiutando ogni altra terapia. I genitori facevano affidamento alla cura di Hamer. Ora deciderà il gip Mariella Fino il prossimo 10 ottobre se mandare a processo i genitori per omicidio colposo. Dalle indagini della procura, nonostante i primi sintomi della malattia comparsero nel dicembre 2015, la prima visita medica venne effettuata solo a febbraio del 2016. In questo periodo le uniche cure furono cortisone e agopuntura. Per la famiglia e il loro difensore la ragazza scelse di sua spontanea volontà di rifiutare la chemio e quello che si vuole ora è solo un processo politico.
A suo tempo, il Tribunale dei Minori aveva agito togliendo ai familiari la patria potestà e affidando la giovane a un tutore, il professore di Medicina legale Paolo Benciolini. Dopo il decesso della ragazza, il professor Giuseppe Basso, direttore dell’Oncoematologia Pediatrica si era espresso così: «La chemioterapia aveva un'altissima probabilità di salvare la vita a Eleonora. Era una leucemia da trattare, con possibilità di guarire. All’esordio della malattia Eleonora presentava un buon numero di globuli bianchi e la sua risposta al cortisone era ottima. Aveva davanti a sé due anni di terapia, un periodo sicuramente importante, il nostro centro ha alle spalle almeno un migliaio di pazienti guariti». Ma la leucemia linfoblastica acuta non le ha lasciato scampo. Per la procura ci fu «Il pervicace rifiuto della chemioterapia proposta dall'ospedale di Schiavonia e dall'Oncoematologia pediatrica e il trasferimento nella struttura sanitaria svizzera, dove Eleonora era considerata in grado di esprimere una valida volontà terapeutica (anche a 17 anni)».


30.12.13

Sanluri: Alessandro Coni esporta l’esperienza in tutta Italia In un libro il percorso di un gruppo di dodici giovani pazienti «Meno farmaci e più trekking, questa è la mia cura»

di Paolo Pillonca 

USSASSAI «Veniamo dal Nord-est, il tour ci ha portato da Bologna a Parma, Bergamo, Trento, Padova, Oderzo, Treviso e la Slovenia. Abbiamo presentato il libro 'Non ci scusiamo per il disturbo', esperienza importante da narrare, può essere di aiuto a chi sta male». Alessandro Coni è tornato con i dodici pazienti del dipartimento di salute mentale (dipendenze) dell'Asl 6 di Sanluri. «Chi soffre di un disturbo psichiatrico vive una dimensione diversa, la comunità crea un confronto. Questo nostro cammino è diventato un movimento: il nostro libro ha già venduto duemila copie».I ragazzi hanno dimostrato che anche le persone più fragili possono dare risposte interessanti. «Sono coscienti della loro condizione e fiduciosi in una possibilità di vita con un suo senso preciso», spiega lo psichiatra che guida una terapia alternativa di ordine naturale: la montagna al posto dei farmaci. 

«Del resto la normalità non è il non soffrire, al contrario. La condizione che accomuna le patologie gravi è un profondo isolamento. Riuscire ad avere relazioni serie con le persone significa uscire da quella condizione patologica per aprirsi a un pubblico vasto come quello dei media». La conseguenza logica, secondo il dottor Coni, è elementare: «Se l'isolamento è una malattia, un'apertura come questa rappresenta l'esatto contrario. I ragazzi diventano protagonisti
Alessandro Coni 
si riprendono i loro diritti, gli spazi che avevano perduto, ottenendo nella comunità un'importanza che prima non avevano. Nella loro povertà sono persone felici. La storia è bella perché è riuscita: c'è stato un gruppo di persone che ha creduto in questo successo. Il sogno si è realizzato, chi aveva perso la speranza l'ha riacquistata. Con un percorso di questo tipo ci sono possibilità di cambiamento per tutti». Che significa? «In ruoli diversi, si cambia: medici, pazienti, assistenti, volontari. Anche tra i ragazzi – spiega Coni – nessuno è più quello che era all'inizio. Chi ha scritto il libro fa parte di un gruppo che ha deciso di intraprendere un cammino di comunità terapeutica solidale: dandosi una mano si può stare molto meglio. Tutte queste persone hanno storie diverse, la maggioranza vive nella casa d'origine, qualcuno in case-famiglia. Ognuno fa parte di progetti paralleli ma diversi, fra i quali il trekking». Nell'Asl di Sanluri ci sono progetti diversi. Uno di questi è la scuola di follia. Ancora il dottor Coni: «I ragazzi andranno nelle scuole a raccontare la loro storia. Un progetto più ampio coinvolgerà per quattro-cinque giorni centinaia di persone che verranno da fuori l'estate prossima a confrontarsi sul campo con noi sull'efficacia del trekking. Sulla via del progetto dell'anno scorso, la montagna come terapia: per tre giorni da diverse città italiane abbiamo fatto un convegno. Perché la montagna può curare? La rivista del Cai (Club Alpino Italiano) ci ha dedicato due pagine. La montagna non è solo per gli eroi degli ottomila metri ma anche delle persone fragili che ne traggono beneficio».In molte città italiane diversi colleghi di Coni portano avanti questa terapia. «Ma bisogna creare una squadra – avverte lo psichiatra – la squadra rappresenta la nostra forza. Alla fine dell'esperienza ci si dispone a cerchio e ci si confronta al termine della giornata. Quest'anno, per quattro giorni 150-200 pazienti saranno qui a fare la nostra esperienza». «Siamo stati in Nepal e in Corsica, abbiamo prodotto un documentario e un libro», racconta Coni. "C'è molta simpatia intorno a noi, non per niente ci hanno accolto in Italia, non per niente verranno da noi. La cosa bella è che questo punto di riferimento si trova in Sardegna, e per di più in pianura. Ma noi ci sentiamo comunque montanari. Non è facile da spiegare ma la sostanza è questa: la terapia non la fa il medico ma l'anima della montagna, il medico partecipa soltanto». Come spiegare l’innovazione? Che vuol dire trekking come 'farmaco' fondamentale? «Premessa: il trekking non esclude gli psicofarmaci, ma li riduce considerevolmente», risponde Alessandro Coni  sempre  sulla  nuova  sardegna  del  30\12\23013  . «Se la malattia è solitudine il recupero consiste nel mettere i ragazzi in relazione con gli altri. Qui il rapporto è con i medici e gli infermieri ma soprattutto con la natura e con la montagna». Come procede il dosaggio dei farmaci nella contingenza del quotidiano? «I ragazzi che partecipano a lungo al trekking sono persone che prendono una quantità molto bassa di farmaci – dice il medico – i prodotti chimici in misura massiccia cancellano i sintomi ma anche la persone, però possono essere utilizzati per ridurre l'ansia, in questo modo aprono una porta per fare altro». Il dottor Coni allarga il discorso. «Chi finanzia le Università è portatore di interessi molto forti che si fondano sul dio denaro, come dice Papa Francesco. Il trekking come terapia alternativa, al contrario, è portatore dell'interesse nettamente più vero e fondamentale: la salute dei pazienti, non delle case farmaceutiche». I dodici ragazzi -Ketty Aru, Enrico Buesca, Giancarlo Fonnesu, Giovanni Maresu, Massimiliano Mocci, Corrado Pinna, Efisio Porta, Giacomo Porta, Simone Porta, Alessio Ortu, Massimiliano Saiu e Marco Francesco Simbula- nell'epigrafe del libro hanno scritto fra l'altro: «I sogni sono la forza della vita umana. Spesso i nostri sogni sono più grandi di noi e allora ci appaiono come irraggiungibili. Spesso arriviamo ad abbandonare i nostri sogni, perdendo così la voglia di vivere. Possiamo però, nella nostra solitudine, accorgerci della solitudine degli altri, avvicinarci e sentirci meno soli. I nostri sogni allora non sembreranno così irraggiungibili, così grandi: possiamo essere grandi davanti ai nostri sogni. I sogni diventano allora obiettivi: obiettivi in cui credere, obiettivi da raggiungere. Possiamo vivere non per dei semplici sogni ma per obiettivi concreti da raggiungere, possiamo credere nei nostri obiettivi, possiamo vivere». Si va avanti. Spiega ulteriormente Alessandro Coni: «Il nostro è un progetto sempre in fieri, il gruppo dei pazienti che ha iniziato sette anni fa ormai ha finito il percorso, tutti si sono reinseriti e d'ora in avanti parteciperanno ai nostri incontri come accompagnatori». Questa è una forma di terapia progettata per pazienti con patologie gravi. «Una terapia eroica, con il coraggio giusto per combattere i fantasmi», incalza Alessandro Coni. «A un certo punto i pazienti arrivano a una condizione nella quale possono affrontare la vita, iniziando dalla loro riacquisita umanità. Non sarebbero arrivati a questo punto se non avessero fatto ciò che hanno fatto. Dal mondo della follia è arrivato un contributo di crescita. Tutti siamo nella stessa barca, o affondiamo o ci salviamo tutti. Quando la follia è stata esclusa sono successe cose terribili: i folli sono stati massacrati o messi nei manicomi. L'omicidio può essere anche quello sociale. O farmacologico, qualche volta». Tace, a questo punto, il dottor Coni. È emozionato, comprensibilmente: ora sa che per i suoi ragazzi è scoccata l'ora giusta per smettere di piangere soli nel buio.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...