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8.11.25

«Ho sconfitto il cancro grazie alla ricerca e alle cure sperimentali» L’esperienza di Giovanna Manca, vent’anni, nuorese, testimonial dell’Airc: «Vorrei aiutare chi vede tutto nero»

La lotta contro i.l cancro ed i tumori non ha etàe genere . Questa storia di oggi , una delle tante , lo dimostra . Essa è anche una risposta di come le cure sperimentali non sono solo dannose . Ma soprattuytto è , anzi dovrebbe essere , una risposta a chi vede nella sperimentazioni di cure ( vedi vaccino contro il covid ) solo un qualcosa di negativo . Ma ora basta parlare io . Eccovi la storia in questione  .
                                                Sara marci  unione sarda del 7\11\2025

 «Se oggi sono viva è grazie alla ricerca». La diagnosi a sei anni: quella spietata, che ti porta via la leggerezza dell'infanzia e ti ruba i sorrisi. Intanto iniziano le trasferte da Nuoro al Microcitemico di Cagliari e l'appuntamento con la chemio. I capelli vanno via, ciocca dopo ciocca, ma i risultati non arrivano e portano Giovanna Manca e i suoi genitori a bussare alle porte del Bambin Gesù di Roma.
La svolta nella Capitale è una terapia sperimentale. Funziona. Così come funziona il trapianto di midollo che lei, allora bambina, riceve dalla sua sorellina Sofia, di appena tre anni: «Se oggi posso raccontare la mia storia è grazie ai progressi della medicina, grazie all'Airc e ovviamente a mia sorella». Una testimonianza preziosa, a ridosso dal nuovo appuntamento della Fondazione italiana per la ricerca sul cancro, che dopo la tappa al Quirinale torna in piazza ed entra anche nelle scuole con i cioccolatini della ricerca. Ultimo evento del sessantesimo anniversario e occasione imperdibile per fare in modo che le storie di chi ce l'ha fatta diventino sempre di più.
«So che la mia storia può servire a tante famiglie che oggi affrontano ciò che ha vissuto la mia. Spero possa portare un po' di luce e speranza a chi vede tutto nero». C'è la forza e la consapevolezza della malattia sconfitta, nella voce e nel racconto di Giovanna, vent'anni, nuorese, iscritta al secondo anno di Scienze Politiche. La forza di chi ha sconfitto il cancro e scoperto il gusto più amaro della vita in un'età in cui si è forse troppo piccoli per capire ma probabilmente più forti per non pensare al peggio. «Ho iniziato a star male in prima elementare. Avevo sei anni ma ero sempre triste, stanca, con un colorito grigiastro. All'inizio i medici non capirono, parlarono prima di una cistite poi si arrivò alla diagnosi: leucemia linfoblastica acuta, in una forma per quei tempi molto rara. Il giorno dopo mamma e papà mi portarono al Microcitemico». Era il 2012, la chemio e le cure non danno i risultati sperati. I suoi genitori non si rassegnano: continuano a lottare e a cercar risposte. «Mamma scoprì grazie al sito dell'Airc che erano in corso alcune terapie sperimentali. Si mise in contatto con il professor Locatelli del Bambin Gesù, si prese a cuore il nostro caso. Iniziai le cure e poi mi sottoposero a trapianto di midollo che mi donò mia sorella Sofia, risultata compatibile al cento per cento. L'anno dopo, nel 2013, sono ufficialmente guarita e poco per volta mi sono ripresa la vita messa in pausa dal cancro». Dodici anni dopo è la testimonianza vivente che la ricerca è la cura, anche per il cancro.
Quella ricerca che riporta all'Airc, principale organizzazione non profit per la ricerca oncologica indipendente in Italia, e ai sei decenni in prima linea nel rendere le patologie oncologiche più curabili. Anche grazie alla vendita dei cioccolatini, che domani vedrà impegnati migliaia di volontari in centotrenta comuni sardi, con oltre centottanta piazze, quindici scuole e diciotto plessi, dove con una piccola donazione si potrà contribuire a sposare la nobile causa di chi quotidianamente si prodiga nel cercare risposte concrete per far correre la medicina più veloce della malattia che ancora spaventa e porta a 390mila e cento nuovi casi ogni anno. Con la percentuale d'incidenza più alta del tumore al seno, seguita da quello al colon-retto e al polmone. Altra ragione per sostenere la fondazione Airc, così come ha deciso di fare anche il mondo del calcio. Con la serie A che da oggi a domenica inviterà tifosi e appassionati a sostenere il lavoro dei ricercatori. E poi sarà la volta degli Azzurri, a fianco di Airc nelle sfide con Moldavia e Norvegia per accedere ai Mondiali. E nella partita della vita, fuori campo, contro il cancro.

8.10.25

Il caso della ballerina Maria Miceli, morta di tumore: “Indotta a non curarsi e a seguire diete e riti sciamanici” chi + più idiota lei o loro ?

Leggendo  notizie come quella    riportata  sotto   a caldo mi verrebbero da chiedermi chi e più idiota la vittima che si è lasciata circuire o loro che l'hanno convinta ? Insomma  pensieri da bastard inside .
Ma poi  a freddo  cioè    cercando  risposte   razionali  mi  sono fermato  un attimo a    riflettere  . Infatti  ho fatto,oltre al classico respiro profondo e contare fino 20,un let it be * cioè ho scelto di non commentare  giudicarla per  tale condotta   perché : 1) è già stata punita dalla morte per aver dato retta a tali esseri spregevoli., 2) chi sono io per giudicare le scelte altrui soprattutto in contesti così delicati . pensando al fatto che anch'io per recuperare il mio account fb ho dato retta ad hacker truffatore rimettendoci una barca di soldi  💰.
 E  poi  mentre  cercavo   di riflettere  mi  sono  chiesto  : che  cosa  mi : « [...]  serve da queste vite\ ora che il cielo al centro le ha colpite\ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.[...] cos'altro ti serve da queste vite\ora che il cielo al centro le ha colpite »**.  Ed ho  pensato   che   ha  sofferto abbastanza  e  ne  ha  pagato   il  fio  con la  morte  . Quindi ha prevalso il pensiero a freddo . Non ho niet'altro d'aggiungere se non che considerando che oggi se la diagnosi è fatta in tempo la probabilità di guarire da un tumore al seno supera il 90% direi che morire così è proprio brutto. Fanno bene i genitori a continuare la battaglia legale. Adesso  basta parlare    io   . ecco  la sua vicenda





Il giudice per le indagini preliminari di Milano deve decidere se rinviare a giudizio due donne accusate di aver convinto la ballerina Maria Miceli a non seguire la medicina tradizionale per curare un tumore. La 35enne è deceduta nel maggio del 2023.

A cura di Fabrizio Capecelatro

Finora tutti, media compresi, hanno sempre pensato che la sua morte fosse stata solo una tragedia. Ma in realtà, secondo quello che Fanpage.it ha potuto apprendere, dietro potrebbe nascondersi una storia molto più complessa, fatta di riti sciamanici, diete, dottori che non sono dottori e, soprattutto, un'organizzazione che rifiuta in toto lo Stato e le istituzioni, medicina compresa. La storia è quella di Maria Miceli, scomparsa all’età di 35 anni a causa di un tumore nel maggio 2023. Era una giovane e talentuosa ballerina bresciana apparsa in diversi programmi tv. Dalla Rai a Mediaset, fino a Sky, aveva portato anche sui palcoscenici più noti al mondo, il suo amore per la danza. Parliamo, dunque, di un volto noto dello spettacolo, tanto che della sua morte avevano parlato tutti i principali media, locali e nazionali.
Quella che però si sta discutendo nelle aule del Tribunale di Milano è una storia più complessa di quello si è raccontato fino a oggi. Maria Miceli, infatti, potrebbe essere stata indotta a non curarsi da due donne che si sarebbero approfittate "dell'infermità e dello stato di minorata capacità psichica" della donna. È tutto scritto in una denuncia presentata mesi fa dai familiari di Maria Miceli e che ha portato a un’inchiesta della Procura di Milano che, è bene dirlo, al momento si è chiusa con la richiesta di archiviazione presentata dal pm, a cui però i familiari stessi si sono opposti tramite l'avvocato Marco Marzari. Al momento, dunque, si è in attesa della decisione del gip il quale potrà archiviare, disporre ulteriori indagini o rinviare a giudizio.
Le due donne che erano in contatto con Maria Miceli sono R. S. e S. P., quest'ultima è anche detta "La Sciamana". Ci sono tanti messaggi e tante mail che, a leggerle, sollevano diversi dubbi. La prima sarebbe stata contattata da Miceli già nel 2018 e in una mail lei si sarebbe presentata come "educatrice, psicologa e psicoterapeuta, consulente nutrizionale", nonostante la donna non risulti essere iscritta né all’Albo dei Biologi né a quello dei Medici né a quello degli Psicologi. Eppure avrebbe indicato a Maria Miceli cure, diagnosi e diete da seguire: ci sono messaggi, oggi al vaglio dei giudici in cui sono riportate vere e proprie terapie con farmaci quantomeno consigliate dalle due. E poi, come detto, c’è la "Sciamana", che avrebbe avuto, secondo la denuncia, "un ruolo attivo nel rafforzare la convinzione di Maria a non seguire le cure ma di affidarsi allo ‘Spirito'", alle forze dell’universo e a presunti riti sciamanici.
Il risultato è una sequela di messaggi in cui sembra che le due donne inducano la Miceli a non seguire le cure tradizionali: "Dovresti evitare la tac, lo sai anche tu. Oltre al fatto che non ti occorre affatto. Occorre ripristinare tutto il tuo assetto ormonale ormai devastato da quello schifo che ti somministravi", si legge in un messaggio. In un altro ancora: "Così ti rimetti in sesto, tutto sempre grazie a quel veleno che ti hanno dato (…) Devi sicuramente mangiare di più e smaltire tutto il veleno che hai assunto in questi anni…", con riferimento verosimilmente alle cure chemioterapiche che la donna aveva inizialmente seguito. Quello che emergerebbe è una sorta di negazione della malattia oncologica, nonostante i tanti messaggi in cui la stessa Miceli chiedeva rassicurazioni.
A titolo di esempio, il 21 agosto 2019 Maria scrive a R. S.: "Oggi mi sento due noduli dei quali uno grande.. cosa cavolo sta succedendo", la risposta è immediata: "Nodulini che spariranno". Pochi giorni dopo altri messaggi: "Mi ha appena chiamata la mia oncologa.. dice che una ripresa di attività nella mammella […] Dice che non è una recidiva ma che c'è una ripresa di attività… Ma secondo te devo farmi operare per togliere tutto?"; "Non penso sia il caso", la risposta laconica. E ancora: "Starò bene, vero? Sospendere questa cosa mi farà stare bene senza danni, vero?"; "Assolutamente si, è questo che ti sta creando danni", la risposta. Di contro, poi, c’era la sensazione che Miceli fosse profondamente legata alla "Sciamana" e alle sue presunte ‘cure': "Noi abbiamo i batteri buoni che ci aiuteranno e loro entrano anche nelle ossa. Noi crediamo negli strumenti che abbiamo a disposizione dall’Universo".
Vedremo come si pronuncerà il gip nei prossimi giorni, fermo restando, come detto, che al momento il pm stesso ha chiesto l’archiviazione. Ma intanto la vicenda, già profondamente drammatica, ha assunto caratteri ancora più surreali. Secondo quello che è emerso negli ultimi mesi – e come racconterà la trasmissione Farwest venerdì sera su Rai3 in un'inchiesta esclusiva realizzata da Carmine Gazzanni – proprio la Sciamana sarebbe legata a un'organizzazione complottista di cui anche Fanpage.it si è occupata in passato. Parliamo di "Noi È Io Sono", che professa il disconoscimento dell’autorità del governo e delle leggi e che firma i documenti con una sorta di inchiostro rosso che secondo alcuni sarebbe addirittura sangue. Nel corso degli ultimi anni di questa organizzazione si è parlato per via di casi di cronaca in cui persone sono state fermate senza patente o assicurazione o magari con una targa artefatta (tra le altre cose l’organizzazione va in giro con un passaporto autoprodotto che a detta loro sostituirebbe tutti i documenti ufficiali che, ovviamente, loro non riconoscono). Alcune persone sono arrivate a perdere la casa perché convinte che il mutuo alla banca doveva pagarlo un presunto "uomo di paglia" e non loro stesse.
Gazzanni è riuscito ad infiltrarsi all'interno dell'organizzazione documentando le tesi bislacche dell'organizzazione che ritiene, tanto per dire, che i principali leader mondiali (da Trump a Putin) siano morti ormai da anni e che al loro posto ci siano dei cloni, che a governare il mondo intero ci sarebbe una cabala extra-terrestre, e che tutti noi non dovremmo più pagare biglietti, mutui, assicurazioni, multe e bollette perché in realtà saremmo creditori già al momento della nascita di milioni di euro che lo Stato – che per loro è un'azienda privata – ci sottrae. Il punto, però, è che all'interno dell'organizzazione molte persone sono convinte che anche la scienza sia un enorme complotto. E dunque che le medicine non servano a nulla, che siano veleno, che i vaccini e la chemio siano un modo con cui “il sistema” vuole farci fuori, che se si è in pace col mondo il cancro non arriva. E non a caso potrebbero essere più d'uno i casi di morti sospette. 

 Note a margine  


6.9.25

stranezze della rete di solito i malati di tumore gli insultano . invece a Michele Giraldo, quarantunenne primo cittadino di Brugine nel padovano, che ha annunciato sui social che avrebbe iniziato la chemio non s'aspettava d'essere sommerso da una onda anomala di affetto

come  mi direte  hai  criticato   con indifferenza  sui social   lo  stesso annuncio di  Bianca Baldi mi  dira  qualcuno\a  .  Chiedo scu scusa  per l'equivoco ed  fraintendimento  . Ma  il mi  embeh     era  rivolto al modo  con cui,  in maniera    gossipara  , era  data la notizia.  Polemiche a parte      veniamo  al post  vero e proprio

 da  
Storia di Redazione Tgcom24
 • 
21 ora/e  tramite  msn.it 

Il sindaco annuncia l'inizio della chemio, la Rete lo inonda di affetto

Nemmeno Michele Giraldo, quarantunenne primo cittadino di Brugine nel padovano, si aspettava di venire sommerso da una tale onda anomala di affetto. Lui quel post in cui raccontava di aver iniziato la chemioterapia l'aveva scritto più per dare forza a chi si trovava a lottare contro il suo stesso male, senza sospettare minimamente che le sue parole avrebbero avuto un tale risalto da interessare persino i media più mainstream. E invece eccolo, il giorno dopo, a raccontare sulle pagine del Corriere della Sera quanto
sia carico per affrontare una battaglia che tuttavia non combatte da solo.
Un buon sindaco e forse non solo quello Al giornale Giraldo ha raccontato come si sia accorto di soffrire di un linfoma, un tumore maligno del sangue, che tuttavia non lo ha fermato dal continuare a compiere il suo dovere di amministratore nei limiti del possibile. Michele è ormai al suo terzo mandato da sindaco del paesino di settemila anime ma è anche un apprezzato geometra e, si presume, anche un essere umano meritevole di affetto visto quello che il suo post sui social ha generato.
Una diagnosi complicata da avere Migliaia di messaggi, non solo di concittadini, che gli chiedevano di non lasciarsi andare, di non mollare. Un qualcosa che Giraldo non sembra comunque intenzionato a fare: "Sono carico, carico, carico". Lo ha detto tre volte al suo intervistatore, quasi volesse rimarcare il concetto. Mai avrebbe forse immaginato di vedere la propria vita cambiare per quello che, tra aprile e maggio, sembrava un banale male alla guancia. "All’inizio non ci ho dato troppo peso ma il dolore persisteva. Sono andato dal medico che in un primo momento ha ipotizzato che si trattasse di parotite". Scoprire cosa ci fosse dietro la spia di quel male non è stato facile, nemmeno per lui che era abituato (da bravo donatore) a compiere periodicamente esami del sangue. Prima una ecografia, poi la risonanza magnetica e la tac, fino al responso tanto chiaro quanto inappellabile della biopsia: si trattava di un tumore, l'ospite indesiderato nel corpo di Michele era un linfoma.
Un primo passo in una battaglia in cui ha tanti alleati Il 4 settembre, una volta individuato l'avversario, Giraldo ha iniziato a combatterlo. Uno scontro doloroso, in cui per far male alla malattia bisogna inevitabilmente soffrire in prima persona, ma il nostro non pare disposto ad arretrare, aiutato anche dal reparto di ematologia dell’ospedale di Padova (dove assicura di aver trovato "persone straordinarie").
Il primo passo verso la guarigione è stato compiuto e comunicato attraverso le piattaforme social. Ora il cammino va continuato con fiducia ma Michele, come detto, non sembra tipo da abbattersi. Quel telefono che ha continuato a vibrare e squillare tutto il giorno lo ha preso come un segnale. Era una chiamata alle armi metaforica, lo sprone a non arrendersi, anche solo per non deludere tutti quelli che hanno creduto in lui, al punto da sceglierlo come proprio rappresentante più volte: "Ho capito quanto importante sia avere tante persone al proprio fianco, perché anche un singolo messaggio può fare la differenza e dare una forza straordinaria", spiega. L'intervista termina a quel punto con lui, Michele Giraldo, che per un attimo smette di pensare a sé, alla sua situazione, per lanciare un messaggio di speranza più ampio, che magari verrà letto e colto pure da chi sta facendo più fatica a gestire il proprio destino: "Sì, voglio lanciare un monito a quelle persone che non riescono a vedere luce in fondo al tunnel della malattia. Bisogna crederci sempre, con consapevolezza, certo, ma anche e soprattutto con coraggio. Con una buona dose di ottimismo si possono affrontare e superare anche i momenti più difficili". È questo il manifesto di Michele, sindaco e soprattutto essere umano, che ha solo iniziato a scrivere le prime pagine di quella che lui stesso definisce "la sua seconda vita". Ci sembra quasi pleonastico augurargli un meritato e sentito "in bocca al lupo".


 mentre  finisco     di leggere questa  news    mi   ricordo  di qujesta  intervista   sulla nuova sardegna    di oggi 






2.7.25

DIARIO DI BORDO N 133 ANNO III . il seno di una donna non è solo pornografia ., La morte di una donna vale per la giustizia italiana tre anni di carcere. Probabilmente neanche quelli. ., ginnastisca ritmica uno sport solo femminile ? il caso di ,Samuele Poletto

 qualche tempo   fa  fb  mi rimosso una  foto di  una  donna  a senso nudo .  L'aslgoritmo   o colui   chelo  aggiorna    non  capisce      che  Il seno non è solo un qualcosa di volgare esso è anche lo strumento con il quale le nonne e le madri hanno ( e continuano ) a nutritrei propri figli . Per la donna è sinonimo di femmilita', bellezza, amore. Per noi uomini una delle forma d'attrazione . Infatti

da cronache dellla sardegna di Maria Vittoria Dettoto

Ieri ho incontrato una mia coetanea.Una donna che ho sempre considerato una donna molto in gamba. Ad un certo punto mi rivela con estrema naturalezza, di aver subito l'amputazione di entrambi i seni per un tumore. Mi mostra le cicatrici. Resto scioccata, perché non avrei mai immaginato che le fosse successo nulla di simile.
La vita però le ha permesso comunque di allattare suo figlio, avendo riscontrato il tumore pochi anni dopo.Ora ovviamente non potrà più farlo.E non potrà magari esibire il suo seno, senza vergogna. O forse si?Mi sono occupata di donne che hanno subito una mastectomia anche ad entrambi i seni, le quali con orgoglio si sono fatte fotografare per contest fotografici completamente nude.Fa più effetto un seno nudo con o senza cicatrici? Io dico con. Perché dietro quelle cicatrici c'è tanto dolore.L'amputazione di parte della femmilita' di una donna, che per fortuna non si esplica solo attraverso un seno ma è molto, molto di più. Colgo l'occasione per salutare tutte e tutti coloro che soffrono di questa patologia, che colpisce anche gli uomini. Siete un esempio per tutti.E colgo anche l'occasione per ribadire un concetto: non aspettiamo il presentarsi del problema per fare un controllo. Prevenire è meglio che curare. Sempre.

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niente d'aggiungere al titolo ed articolo , anch'esso di del sito \ pagina facebook cronache della sardegna , se non il fatto che a prescindere che la vittimas sia uomo o donna la pena per l'omicidio stradale e no solo è troppo bassa
La morte di una donna vale per la giustizia italiana tre anni di carcere. Probabilmente neanche quelli.
.

La donna che vedete in foto si chiamava Ambra De Dionigi. Aveva 29 anni. Era solare, buona, eccentrica. Amava gli animali, in primis il suo cane ed i viaggi. Il 22 dicembre 2024 dopo aver trascorso una serata con gli amici, era uscita a fare una passeggiata a Nibionno in provincia di Lecco. Camminava sul ciglio della strada, illuminata dai lampioni. Un furgone bianco guidato da un 50enne della provincia di Monza l'ha investita e l'ha uccisa, senza neanche fermarsi a soccorrerla. Lasciata li sola al freddo dell'antivigilia di Natale, quando poi è stata ritrovata esanime.Quando l'investitore è arrivato con il furgone nella ditta per la quale lavorava, non ha saputo giustificare come mai fosse ammaccato.
Le telecamere di sorveglianza della zona dell'investimento, l'hanno però ripreso chiaramente mentre investiva Ambra

I rilievi degli inquirenti sul furgone non hanno lasciato dubbi, anche perché il ciondolo della donna era rimasto incastrato nel parabrezza del furgone. L'uomo che ha sempre dichiarato di non essersi accorto di nulla a febbraio è stato arrestato e messo ai domiciliari. Ha patteggiato la pena e ieri è stato condannato a tre anni di reclusione. Tre anni che probabilmente neanche si farà avendo presentato istanza di revoca della misura cautelare, sulla quale il giudice che sta seguendo il caso si è riservato di decidere. Questa è la giustizia italiana. La morte di una donna vale meno di niente.
Foto: Ambra De Dionigi



......
Capisco che fra uomini e donne ci siano come i tutte le cose delle differenze fisiche e psicologiche . Ma qui si va oltre si sconfina nella disparità e perchè no nella disegualglianza . Qui , come da tag , tale separazione la si può considerare tabù . Infatti se gi uomini e le donne sono uguali pur nella loro diversità perchè un ragazzo ( o viceversa ) puà fare certi sport ed altri no ? Perchè si parlòa tanto di eguaglianza tra uomo e donna , ma un ragazzo no può fare ginastica ritmica , metre una ragazza si ? Il caso di Samuele: talento fuori dal comune, ma la sua disciplina in Italia non è per i maschi: «Ma non ci fermeremo»Il 12enne talento scaligero costretto a emigrare in Spagna per gareggiare: «Da noi la disciplina è chiusa ai maschi: cambiamo rotta»


da https://www.larena.it/argomenti/sport/altri-sport/ del 24 giugno 2025   tramiter google news 

                              Francesca Castagna





Ha dodici anni, un talento fuori dal comune e un sogno: gareggiare ai massimi livelli nella ginnastica ritmica.
Non è solo questione di preparazione, allenamenti e disciplina, però. Perché Samuele Poletto è un maschio, e la disciplina in Italia non prevede competizioni maschili. Comincia tutto da qui.
Dalla volontà di cambiare le cose, che diventa un obiettivo anche per mamma Giulia e per l’allenatrice Silvana Laborde, che al fianco di Samuele vogliono far sentire la loro voce. Alla Libertas Lupatotina, società in cui è tesserato, ha cominciato a otto anni, sotto la guida di Giulia Signorini, e con tenacia è arrivato al livello agonistico. «Stavo cercando uno sport nel periodo di pandemia, ho trovato su YouTube un video di ginnastica ritmica e ho detto a mia mamma “voglio fare questo”. Non mi sono chiesto, all’inizio, se potevo gareggiare», racconta lui.
Che reclama il sacrosanto diritto di poter competere e che di fatto ha già iniziato a farlo. Prima attraverso gare organizzate dagli enti di promozione, rientrando nei ranking femminili, poi approdando in Spagna.



«Serve tempo e che le persone si ribellino. Basta pensare al caso del nuoto sincronizzato. Per me non ci sono limiti, e le sue compagne lo accettano pienamente. Ringrazio la nostra splendida società, e una mamma che nemmeno si è domandata se la ginnastica fosse... per maschi oppure no» continua Silvana Laborde, l’agguerrita allenatrice di Samuele, nonché giudice federale.
La Federginnastica, seguendo la linea internazionale, resta ferma sulle gare femminili. «Abbiamo scritto una lettera al precedente presidente federale Gherardo Tecchi ma ci è stato risposto che non sono interessati a far gareggiare Samuele perché non è previsto dalla federazione internazionale. Ma non ci fermiamo, scriveremo anche al neo presidente Andrea Facci».
Nel frattempo si sono creati i ponti con la Spagna, dove invece le gare maschili sono riconosciute da una decina d’anni. Samuele viene tesserato con la società iberica Club Purpurjna, con cui disputa una prima prova regionale, e in seguito partecipa all’Almerigym, gara internazionale con più di cento ginnasti maschi provenienti da Francia, Spagna, Grecia, Andorra. Si apre un mondo di possibilità ma anche una corsa contro il tempo. «Il punto è che Samuele è ancora piccolo, per essere così bravo. Dobbiamo poter sfruttare la sua età, bisogna intanto andare a farsi vedere e raccogliere premi. Dobbiamo partire da quello che abbiamo, cioè un ginnasta bravo».
Con un programma di livello assoluti, che corrisponde a una Serie C italiana e un mese e mezzo di preparazione serrata, Samuele conquista un primo e due secondi posti con fune, palla e nastro. Nemmeno i suoi attrezzi preferiti. «In più ha potuto allenarsi con Ivàn Fernàndez, diamante della Purpurjna. E abbiamo portato a casa una consapevolezza diversa».
In Spagna si è svolta anche una tavola rotonda da cui è nato un gruppo con l’obiettivo di cambiare le cose. Attraverso il sostegno di sponsor si vuole arrivare a livello internazionale, attraverso istanze legali, per chiedere il rispetto dei diritti umani in termine di partecipazione sportiva. «Noi stessi cerchiamo sponsor per sostenere le spese dei viaggi, in questo momento a carico nostro»

10.10.24

«Mi rimanevano 3 anni da vivere a causa di un tumore terminale, ma una nuova passione mi ha rimesso al mondo»

 Un tumore terminale che le lasciava tre anni di vita: «Pensavo che la mia vita fosse finita», ricorda la giovane mamma con angoscia. Poi qualcosa è cambiato e una nuova passione le ha permesso di rinascere, di riprendere in mano il suo futuro e combattere per rimanere il più a lungo

possibile con la sua famiglia, per veder crescere i suoi figli e trovare la felicità, giorno dopo giorno. Ora Michelle sogna di diventare un'atleta e partecipare al triathlon, nonostante non sapesse né nuotare né andare in bici, e questo obiettivo le ha dato modo di esplorare una nuova prospettiva: «Il cancro non mi definisce».

Il viaggio di Michelle

Michelle Hughes aveva 34 anni quando, dopo la nascita del suo terzo figlio, è collassata in casa. Non ci è voluto molto per la diagnosi: numerosi tumori ai polmoni e 15 cisti al fegato. Inoperabili. I dottori le hanno detto che le rimanevano tre anni. La prima reazione è stata terribile: «Improvvisamente ho perso la vita che avevo immaginato per me e la mia famiglia». Poi un sogno l'ha fatta uscire dal tunnel e ha iniziato un percorso per diventare una triatleta, pur non essendosi mai dedicata né alla corsa né al nuoto. Eppure da allora ha preso parte a 12 eventi podistici, tra cui una mezza maratona. Ad agosto ha completato un mezzo triathlon - come riporta il DailyMail - ripercorrendo il tragitto dall'ospedale dove ha ricevuto la diagnosi fino alla sua casa estiva. Proprio quest'impresa è stata trasformata in un breve documentario. Sui social scrive: «Tenevo in braccio il mio bebè di tre settimane ed ero seduta accanto a mio marito quando l'oncologo ha detto che mi restavano cinque anni di vita, probabilmente tre. Le mie bambine avevano cinque e due anni all'epoca». La consapevolezza di non avere molto tempo a sua disposizione l'ha spinta a vivere il più intensamente possibile: «Non avevo capito, allora, che la mia vita era appena iniziata. Mi era stato fatto il dono di sapere che sarebbe stata più breve di quella di molti altri, e dovevo smettere di stare seduta ad aspettare la morte». Alla Michelle è stato diagnosticato un raro sarcoma chiamato emangioendotelioma epitelioide (EHE), che ha origine nelle cellule che rivestono i vasi sanguigni, più comune tra i giovani, gli adulti di mezza età e le donne.Oggi ha 37 anni, sono passati tre anni dalla diagnosi, e ha realizzato il suo sogno: «A tutti i miei compagni che lottano contro il cancro, ai ai sopravvissuti, ai vincitori e a quelli che il cancro ha rubato, lo faccio per voi. Per noi. Ora sono una triatleta».

18.1.23

in una regione in cui la sanità pubblica e ormai in mano ai privati Una notizia bella, da un ospedale sardo…

 da   Maria Giuseppina Careddu 


Il casco refrigerante per chi fa chemioterapia e permette di non perdere i capelli…… due pazienti sulle tante , potranno usufruirne: grazie a contributi pubblici e privati! Elogio e plauso a chi ha permesso questa opportunità. Con l’augurio che diventino di più e che tutte le donne possano usufruirne


In realtà perdere i capelli è nulla , di fronte al rischio di perdere la vita…
Ma è un trauma, perché rende visibile la fragilità della malattia a tutti…
Un trauma, pur sapendo che poi i capelli ricrescono…
🌺
Esiste ancora la generosa comprensione!
❤️❤️❤️👏🏽👏🏽👏🏽❤️❤️❤️

24.12.22

la storia di Annalisa sanna Sconfigge il tumore e riprende a cavalcare l’abbraccio ai medici dalla sella di Macrusa

 Sassari «Sono qui per dimostrare alle pazienti del reparto di Oncologia che c’è sempre un domani dopo la malattia». Si asciuga le lacrime che per l’emozione le scendono sul viso Annalisa, poi con dolcezza bacia e riempie di carezze sulla criniera la sua Macrusa, la cavalla purosangue inglese che ha avuto un ruolo da protagonista nel suo viaggio di ritorno verso una vita normale, dopo l’incubo del tumore, la chemioterapia e l’intervento al seno. Ha voluto regalare a tutti un messaggio di speranza e di incoraggiamento ieri mattina Annalisa Sanna, sassarese di 41 anni, operata nel 2017 per un tumore alla

mammella dai medici del reparto di Oncologia del “Santissima Annunziata” di Sassari e ora tornata a sorridere e a cavalcare dopo la grande paura. A metà mattina insieme a tre amici della scuola di equitazione “Associazione Ippica il Monello” di Sant’Orsola la 41enne ha indossato un costume da elfo e si è diretta al trotto verso l’ingresso dell’ospedale di via De Nicola per portare un piccolo dono a chi sta affrontando le cure alle quali lei si era sottoposta cinque anni fa. Scortati dagli agenti della polizia locale i tre elfi e babbo natale a cavallo sono partiti dalla chiesa di San Pietro in Silki e hanno raggiunto al trotto - tra lo stupore de passanti - l’ingresso dell’ospedale. Ad accoglierli il direttore del reparto di Oncologia Medica Antonio Pazzona, il presidente dell’associazione “Mariangela Pinna Onlus” Antonio Contu e tutti i medici, gli infermieri e il personale del reparto. «Ho attraversato un periodo di grande difficoltà e di paura - racconta Annalisa - eppure qui in ospedale ho trovato non solo ottimi medici che mi hanno curata e che ancora seguono il mio percorso terapeutico, ma una grandissima umanità e tantissime persone speciali. Per questo - aggiunge - ho voluto riabbracciare chi mi ha restituito la speranza e dire a chi sta lottando con il tumore che c’è sempre un domani e che non bisogna mai arrendersi». Appassionata di cavalli sin da bambina, Annalisa ha vissuto un periodo della sua vita in Inghilterra e anche lì ha continuato a cavalcare. Quando nel 2017 ha scoperto di avere un tumore è stato naturale per lei cercare un supporto, anche psicologico, nel mondo dell’equitazione. «È stato proprio nell’associazione Ippica il Monello - racconta - che ho incontrato la mia Macrusa, una splendida cavalla di 17 anni che è stata sempre al mio fianco anche durante la malattia. Due mesi fa ho subito un secondo intervento per la sostituzione della protesi - spiega la donna - e anche se i medici non erano proprio favorevoli ad accelerare i tempi, dopo un mese ho ripreso ad andare a cavallo, che è un cosa che mi fa sentire bene. E anche grazie a Macrusa - aggiunge accarezzandola con amore - se oggi ho ripreso a sorridere».  Inoltre  





15.11.22

Mamma sta per morire di tumore e implora l'infermiera: «Prenditi cura di mio figlio». Così Wesley trova una nuova famiglia

 da  https://www.ilmessaggero.it/mondo/  Lunedì 14 Novembre 2022, 19:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 06:42

La donna ha esaudito l'ultimo desiderio della sua paziente e ha dato a Wesley la famiglia che la madre aveva sempre desiderato per lui




Perde la madre per un cancro ma viene adottato dall'infermiera. Capita spesso che, nei reparti dove si trovano pazienti terminali, alcuni di loro allaccino rapporti umani molto intensi con gli infermeri che si prendono cura di loro. Questo è quello che è capitato nel 2014 a Tricia Seaman, un'infermiera di oncologia, la quale è arrivata a creare un legame molto intenso con una donna malata di cancro, Tish Somers, 45 anni.
Tish, disperata, sapendo a cosa sarebbe andata incontro, ha deciso di affidare la cosa più preziosa che aveva al mondo (Wesley, il figlio di 8 anni) all'amore di quell'infermiera con cui aveva costruito un rapporto d'amicizia così vitale: «Voglio che ti prenda cura di mio figlio quando morirò».Oggi sulle pagine del giornale americano "People", Tricia ha deciso di raccontare questa incredibile storia, accaduta 8 anni fa presso l'UPMC Community Osteopathic Hospital di Harrisburg, in Pennsylvania (Stati Uniti). Dopo tutti questi anni, Tricia e suo marito Dan considerano ormai Wesley loro figlio. La famiglia è riuscita ufficialmente a ottenerne l'adozione nel luglio 2020, sei anni dopo la perdita della madre da parte del piccolo. Wesley oggi ha 16 anni: «Non riesco nemmeno a descrivere quanto sia stato fortunato. Sono grato per essere stato accolto in questa casa ogni giorno. I miei genitori adottivi per me significano tutto».

Tricia ricorda commossa: «Per me e mio marito è stato subito chiaro che prendere il bambino con noi era la cosa giusta da fare. Sono incredibilmente orgogliosa di lui e grata per essere diventata parte della sua vita, mi prenderò cura di fino alla fine dei miei giordi» conclude emozionata.


3.11.22

Trentaseienne sopravvive a 12 tumori diversi | I medici: "Non riusciamo a capire come" La notizia è stata pubblicata sulla rivista "Science Advances" dai ricercatori del Centro nazionale di ricerca oncologica (Cnio) in Spagna

Parlare di Cristianità e di Mondo di questi tempi significa esporsi, non solo alla muta e feroce ostilità dei fanatici, specialmente quelli converti sulla via di damasco che hanno gettato alle ortiche ciò in cui credeva prima o sono passato da una spiritualità laica credente a una fede reazionaria .Ma anche rischiare il fuoco dei cecchini “laici” o sedicenti tali.Ma davanti a fatti come quello che legge sotto , per parafrasare Benedetto Croce che non fu certo un credente, né tantomeno un intellettuale “progressista” come oggi usa direbbe : Antonio Gramsci acutamente lo qualificava (insieme a Giustino Fortunato) come il “reazionario più operoso della penisola“, uomo “di grandissima cultura e intelligenza….legato alla cultura europea e quindi mondiale….ha distaccato gli intellettuali del mezzogiorno dalle masse contadine….e li ha fatti assorbire dalla borghesia nazionale“(cit. da “Alcuni temi della questione meridionale” – 1926) : Perché non possiamo non dirci "cristiani" titolo di un breve saggio scritto dallo stesso nel 1942 .

da https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/   del 02 NOVEMBRE 2022 21:51




"Ancora non riusciamo a capire come questa persona possa essersi sviluppata durante la fase embrionale, né come sia riuscita a superare tutte le sue malattie".
Commenta così il biologo Marcos Malumbres del Centro nazionale di ricerca oncologica (Cnio) in Spagna la vicenda clinica di una 36enne sopravvissuta fin dalla nascita a 12 tumori diversi, di cui 5 mortali, scaturiti da un mix di mutazioni genetiche ereditarie che finora era ritenuto incompatibile con la vita. Si tratta, dunque, di un caso eccezionale riferito sulla rivista Science Advances dagli stessi ricercatori del Cnio.
Lo studio sulla storia della 36enne sopravvissuta a 12 tumori potrebbe aprire la strada a nuove tecniche di diagnosi precoce e a nuove terapie per risvegliare il sistema immunitario contro il cancro. La paziente, che ha lasciato a bocca aperta i ricercatori, ha sviluppato il suo primo tumore già nell'infanzia: a questo ne sono poi seguiti diversi a distanza di qualche anno uno dall'altro.
In meno di 40 anni di vita, gliene sono stati diagnosticati 12 differenti in varie parti del corpo: cinque quelli maligni. Una situazione complessa in un quadro altrettanto complicato: la donna presenta infatti altre alterazioni come macchie cutanee e microcefalia.
Una volta giunta al Centro di ricerca Cnio, la donna è stata sottoposta al sequenziamento dei geni che sono solitamente coinvolti nelle forme ereditarie di tumore, ma non è stata trovata alcuna mutazione. Si è dunque passati a sequenziare l'intero genoma ed è così che sono emerse anomalie in un gene cruciale per la divisione delle cellule: si tratta del gene MAD1L1, la cui mutazione comporta l'alterazione del numero di cromosomi ereditati dalle cellule figlie (una condizione tipica di molti tumori).
La paziente aveva mutata sia la copia del gene ricevuta dalla madre sia quella trasmessa dal padre: una condizione mai riscontrata al mondo e che, riprodotta negli animali di laboratorio, ha determinato la morte già nella fase embrionale. "Da un punto di vista accademico non possiamo parlare di una nuova malattia perché siamo di fronte alla descrizione di un singolo caso, ma da un punto di vista biologico lo è", afferma un altro autore dello studio, Miguel Urioste.
Uno degli aspetti che ha maggiormente sorpreso i ricercatori è che i cinque tumori maligni sono scomparsi in modo relativamente facile. L'ipotesi è che "la continua produzione di cellule alterate abbia generato nella paziente una risposta di difesa cronica contro queste cellule, che alla fine ha aiutato i tumori a sparire", spiega Malumbres.
La scoperta che il sistema immunitario è in grado di scatenare una difesa contro le cellule con un numero alterato di cromosomi "è uno degli aspetti più importanti di questo studio, che potrebbe aprire nuove opzioni terapeutiche per il futuro", considerando che il 70% dei tumori presenta anomalie nel numero di cromosomi.
Per studiare la donna e i suoi famigliari (molti dei quali hanno mutazioni nel gene MAD1L1, ma solo in una delle due copie ereditate dai genitori), i ricercatori spagnoli hanno usato una tecnologia che permette di analizzare migliaia di cellule del sangue singolarmente, una per una, per valutare i geni accesi. Questa tecnica ha permesso di individuare la rapida proliferazione di cellule che potrebbe già segnalare lo sviluppo iniziale di un tumore, prima ancora della comparsa di sintomi o alterazioni negli esami clinici.

3.10.22

Scopre di essere incinta e di avere un tumore nello stesso giorno. Nasce la bimba, lei muore a 36 anni

 in sottofondo 
wise  one -   gli anelli del potere  Stagione 1 

 dalla  èagi.na F acebook    La sensibilità dell'anima  appendice  di https://lasensibilitadellanima.blogspot.com/

È una storia d’amore e di speranza quella di Elisabetta e di suo marito Matteo. Lei è morta di tumore lo scorso luglio a 36 anni, lui ha deciso di raccontare la loro storia per dire “a chi sta combattendo la stessa guerra di non arrendersi”. A raccogliere il racconto di Matteo Grotti è il quotidiano Ravenna Today.
Matteo Grotti, 35enne originario di Rontagnano, nel Cesenate, vive a San Zaccaria. Il 31 luglio scorso ha vissuto il giorno più brutto della sua vita: sua moglie, la 36enne ravennate Elisabetta Socci, è morta a causa di un tumore che le era stato diagnosticato un anno e 5 mesi prima. Elisabetta muore lasciando sua figlia Cecilia, di soli 10 mesi. Elisabetta – Elisa per suo marito – e Matteo si erano conosciuti nel 2015 al matrimonio di un amico in comune: si innamorano e dopo un anno e mezzo vanno a vivere insieme. Poi, nel 2018, il matrimonio. La loro era una vita tranquilla: lei lavorava come architetto a Cervia, lui come magazziniere a Pievesestina. Provano ad avere un figlio, che inizialmente non arriva. Poi nel giorno del suo compleanno, nel 2021, Elisabetta si accorge di avere un nodulo al seno. È un tumore maligno. "Ci è caduto il mondo addosso – ha raccontato Matteo – In ospedale a Forlì le hanno prescritto alcuni esami e le hanno detto di fare prima un test di gravidanza per accertarsi che non fosse incinta. Figurati, ci avevamo provato per due anni…". E invece, quello stesso giorno in cui scopre di avere un tumore, la giovane donna fa il test di gravidanza che dà esito positivo. Elisabetta viene subito operata per cercare di rimuovere il tumore. "Non ha mai vacillato un attimo, era convinta che la gravidanza fosse la luce in questo periodo di tenebre e, nonostante tutto, ha scelto di portarla a termine e di curarsi, seppur parzialmente, con terapie che non danneggiassero una creatura così intensamente desiderata. Prima dell'operazione ci hanno fatto vedere la bambina, anche se essendo a una settimana di gravidanza era appena un puntino, perché ci hanno detto che c'era la possibilità di perderla. E invece così non è stato. I medici sono stati bravissimi a trovare una soluzione per operare mia moglie salvando al contempo nostra figlia”. Ma purtroppo l’intervento non basta, il tumore c’è ancora e lei, al terzo mese di gravidanza, inizia la chemioterapia. A otto mesi nasce la piccola e poco dopo subisce la mastectomia totale. “Ma al primo esame scopriamo che la malattia era migrata: il tumore si era esteso al fegato. Ogni volta che facevamo un esame e andava male lei diceva ‘Andrà meglio il prossimo, non può sempre andare male’. Quindi abbiamo sempre vissuto nella speranza, perché si può sperare e continuare a vivere anche se poi il finale è brutto. E lei ha fatto così, sempre godendosi il presente, tutti sapevano che era malata ma ci ha fatto vivere il periodo della sua malattia come se non fosse nulla, è stata una guerriera. Elisa ha continuato con le terapie, ma il cancro non si è mai fermato. Fino a quando il 31 luglio scorso, dopo un anno e 5 mesi dalla diagnosi, si è spenta”, il racconto del marito.

Che ora si ritrova a crescere senza la sua compagna la loro bambina tanto desiderata. “A 35 anni non bisognerebbe mai vedere la morte della propria moglie, crescere una figlia da soli e sapere che non potrà mai davvero sentire l'affetto di sua madre”, le parole del giovane papà, che ha detto di voler crescere sua figlia ricordandole “sempre della madre fantastica che ha avuto e soprattutto dire al mondo intero quanto fosse speciale”.
E se oggi Matteo ha deciso di raccontare la loro storia è perché spera di aiutare le persone che stanno vivendo una situazione simile. "Non voglio raccontare tutto questo per ricevere compassione o pietà, ma solo per dire a chi sta combattendo la stessa guerra di non arrendersi. Combattete come ha fatto Elisa. Si può vivere felici anche nella malattia, provando ogni tanto a dimenticarsela, a stare bene e a fare cose normali”.

da repubblica online

RAVENNA - Una storia d'amore e di morte, di malattia e coraggio. Di speranza, nonostante tutto. E' la storia di Elisabetta Socci, morta di tumore lo scorso luglio a 36 anni, e di suo marito Matteo Grotti che ha deciso di raccontarla. Non per ricevere compassione, non per muovere a pietà. "A 35 anni non bisognerebbe mai vedere la morte della propria moglie, crescere una figlia da soli e sapere che non potrà mai davvero sentire l'affetto di sua madre - dice - Ma voglio dire  a chi sta combattendo la stessa guerra di non arrendersi. Combattete come ha fatto Elisabetta. Si può vivere felici anche nella malattia, provando ogni tanto a dimenticarsela, a stare bene e a fare cose normali. Pensare: forse questa cosa non potrò farla domani, e allora facciamola oggi". 

Elisabetta Socci e Matteo Grotti il giorno del matrimonio (da Facebook) 

La storia è stata raccolta da Chiara Tadini di Ravenna Today. Lei architetto a Cervia, lui magazziniere originario di Rontagnano, nel Cesenate. Si conoscono a un matrimonio di un amico comune, si innamorano. Una volta sposati vanno a vivere San Zaccaria nel comune di Ravenna. Sono felici, hanno la vita davanti. Poi arriva il giorno nero: la diagnosi di tumore che Elisabetta riceve nello stesso giorno in cui scopre di essere incinta. Da lì comincia la sua battaglia che combatte facendo, lei, coraggio a tutti. Al terzo mese di gravidanza inizia la chemioterapia e a otto mesi dà alla luce una bellissima bambina. Racconta Matteo a Ravenna Today: "Non ha mai vaccilato un attimo, era convinta che la gravidanza fosse la luce in questo periodo di tenebre e, nonostante tutto, ha scelto di portarla a termine e di curarsi, seppur parzialmente, con terapie che non danneggiassero una creatura così intensamente desiderata".Dopo un anno e cinque mesi, quando la piccola ha 10 mesi, Elisabetta non ce la fa. E Matteo, a 35 anni, si ritrova a dover crescere sua figlia da solo. "La crescerò raccontandole quanto sua madre fosse speciale. Abbiamo sempre vissuto nella speranza, perchè si può sperare e continuare a vivere anche se poi il finale è brutto. E lei ha fatto così, sempre godendosi il presente, tutti sapevano che era malata ma ci ha fatto vivere il periodo della sua malattia come se non fosse nulla, è stata una guerriera". Il messaggio che ora Matteo vuole dare: non arrendersi.



7.7.22

Muore a 37 anni e lascia al figlio un libro per ogni compleanno

  Quella  che oggi vi propongo  è una storia   simile  a quella dell'Americano  Bailey Sellers e  di Elisa Girotto la cui viceda è stata raccontata nel magistrale e 18 regali  film italiano del 2020 diretto da Francesco Amato  ma  anche ora che ci penso ache da My Life-Questa mia vita film drammatico del 1993, scritto e diretto da Bruce Joel Rubin, regista  anche  di  Ghost- Fantasma .
 
Quella di Laura Lonzi e suo figlio Tommaso è una storia d’amore di lancinante bellezza, capace di andare oltre anche la morte stessa . La trovo un gesto di una bellezza commovente, in mezzo a un tale dolore.Un atto d’amore unico da parte di una madre a un figlio, attraverso la cultura e i libri. Solo una donna straordinaria poteva concepire una cosa del genere. Che la terra ti sia lievissima, Laura.
Ecco a Voi  la  sua   storia  


  da repubblica    7\7\2022  



                         di Chiarastella Foschini
"Gli ha lasciato un libro per ogni futuro compleanno fino a quando sarà grande. Nostro figlio crescerà nel ricordo di sua madre anche se non ha ancora compiuto tre anni". Laura Lonzi è morta ad appena 37 anni per un
tumore raro, strappata a suo marito, Antonio Salerno, e al loro figlio Tommaso, da un carcinoma che in otto mesi non le ha lasciato scampo. Il 16 agosto avrebbe compiuto 38 anni. Nata e cresciuta a Firenze, faceva la maestra elementare a Carraia, frazione di Calenzano.
Il marito: “Ad aprile aveva capito che non ce l’avrebbe fatta”

Laura Lonzi 

"Abbiamo scoperto il carcinoma a settembre. Nei mesi precedenti aveva delle bollicine che la dermatologa curava con il cortisone. Poi il suo viso ha iniziato a gonfiarsi e il medico ha prescritto l'esame delle urine che ha rivelato dove cercare" racconta il marito. "A ottobre l'operazione a Careggi e poi le chemio, prima lì e poi a Ponte a Niccheri. 

  immagine  del film 18 regali di Francesco Amato 


Abbiamo visto medici in tutta Italia. Siamo andati fino in Germania per provare una nuova cura e inviato gli esami diagnostici anche negli Stati Uniti. Il dottor Emanuele Gori, direttore sanitario della Asl centro, vecchio amico di famiglia, e il dottor Stelvio Sestini di Prato, non ci hanno mai lasciato soli, così come l'associazione File" dice Antonio.


Bailey Sellers e suo padre, foto Twitter 




"Ad aprile Laura aveva capito che non c'era più nulla da fare da prima che lo dicessero i medici. Ha iniziato a scrivere lettere per noi, per non lasciarci soli. Faceva finta di passeggiare, arrivava fino all'ulivo e sotto l'albero, poi ho scoperto, girava i video per me e Tommaso, per quando non ci sarebbe stata più. Ha scritto una lettera per quando nostro figlio andrà in prima media e per accompagnarlo nei giorni più importanti della sua vita".
Laura Lonzi viene descritta dalle persone che la conoscevano come una donna solare, gioiosa, forte e amante dell'organizzazione. "Non aveva un difetto a parte la testardaggine, bisognava fare come diceva lei- ricorda Antonio-. E poi pianificava ogni cosa. La sua migliore amica, Eleonora Rossi, conserva i regali futuri per Tommaso e ha avuto il compito di organizzargli la prima comunione. Erano inseparabili".
Alla sua amica Alessia Della Luna Maggio ha chiesto di far raccontare la sua storia dalle colonne del giornale. Il 7 giugno Laura e Antonio si sono sposati. Si erano conosciuti al Papeete a Milano Marittima otto anni fa: "Bastava un suo sorriso per illuminare la stanza, è di quello che mi sono innamorato quando l'ho incontrata".
Laura ha voluto addormentarsi nel suo letto. Martedì si è spenta in casa sua, con i suoi familiari, la sua mamma, Loretta Grassi, il babbo Roberto e suo fratello Marco non l'hanno lasciata un istante. "Mi ha chiesto di sorridere tutti i giorni per nostro figlio. Un paio di giorni fa Tommaso piangeva disperato, voleva la sua mamma. Gli ho spiegato che adesso è diventata una stella. L'altra notte all'una e mezza è venuto a svegliarmi, mi ha portato in giardino per guardare le stelle".
Il 30 giugno al funerale di Laura Lonzi nella chiesa dell'Antella di Bagno a Ripoli, i suoi alunni hanno fatto volare in cielo palloncini bianchi e rosa e hanno letto poesie e frasi per la loro amata insegnante. Nella chiesa gremita di amici e familiari c'erano anche le divise della Misericordia di Campo di Marte, dove Laura Lonzi aveva fatto la volontaria per 13 anni. Per il funerale ha deciso tutto lei, abito, palloncini, rito. Ha lasciato una lettera che suo marito ha letto davanti a centinaia di persone: "Sono felice della vita che ho vissuto, mi sono divertita tanto. Ricordatevi di colmare i vuoti di Tommaso con magiche parole d'amore" ha scritto Laura.
Oggi la sua salma sarà cremata e da domani riposerà per sempre al cimitero dell'Antella.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...