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19.11.25
«Gareggio per ricordare mio papà Sarò in auto insieme Miki Biasion» Michela Imperio, figlia di Nicola, a 24anni ritorna a fare rally a Buddusò
9.11.25
Rallista nel nome del padre . Valentina Demurtas in gara per ricordare Silverio: «Orgogliosa di lui»
unioe sarda 9\11\2025
Nel silenzio, a occhi chiusi, sente ancora il respiro di suo padre nell’interfono del casco. Flash di ricordi, veloci, preziosi. Il rombo dei motori, oggi, è la sua colonna sonora preferita. A casa Demurtas la passione per i rally e le auto da corsa è travolgente, le riviste Tuttomotori sono come il vangelo, le vhs raccontano le gesta del pilota Henri Toivonen.
Passione
«Da piccolina, insieme ai miei fratelli maggiori, babbo mi portava a vedere i rally, le cronoscalate, qualsiasi cosa avesse a che fare con le auto – ricorda Valentina Demurtas, 37 anni di Girasole –. Poi un giorno ci ha fatto una sorpresa: ha acquistato una Peugeot 309 per fare le sue gare, il sogno si stava avverando. Esplodevamo di gioia. Forse non l’ho mai detto, ma ero molto orgogliosa di avere un padre così». Da quel momento papà Silverio partecipa alle gare e agli slalom, insieme ai fratelli di Valentina – Luca e Fabio – che gli fanno da navigatore. Ma non sono semplici gare, sono giorni di festa, divertimento e condivisione, il ritrovarsi con vecchi amici. «In queste occasioni era raggiante. Uno dei ricordi più belli che ho è la sua faccia quando usciva di casa per andare a correre. Quel suo sorrisino lo custodisco dentro di me con cura, come il ricordo di quando, nel 2013, mi chiese di fargli da navigatore durante una gara».
Lutto e speranza
A marzo del 2015 Silverio Demurtas, a soli 60 anni, lascia questa vita per un malore improvviso, ma la traccia luminosa della sua grande passione resta in ognuno dei figli. In Valentina l’interesse profondo per i motori nasce grazie a suo padre e, da quando è scomparso, tutto quello che gira intorno alle corse in macchina la fa sentire più vicina a lui, come un filo invisibile e ben stretto. «Dopo quel tragico giorno mi sono ripromessa di tornare a correre e di continuare a coltivare questa passione: è nata con lui, continua per lui e anche per me, perché correre in macchina mi piace da matti. Con i miei fratelli ogni tanto pensavamo di partecipare ad un rally tutti insieme,e poi è successo davvero», racconta.
Emozioni uniche
A ottobre, Luca insieme ad un altro navigatore, e Fabio insieme a Valentina hanno partecipato al Rally Terra Sarda; due auto, l’una sempre dietro l’altra, quasi per proteggersi a vicenda. Un’emozione doppia. «Mi sono guardata intorno: io ero seduta nell’auto, il rombo dei motori mi danzava nelle orecchie ed era fantastico, la gente fuori ci guardava. Ho osservato mio fratello e gli ho detto “Finalmente ci siamo in mezzo anche noi”. Aveva un sorrisino familiare», ricorda Valentina. L’Ogliastra Reacing ogni anno organizza un Memorial dedicato a Silverio Demurtas, un modo per continuare a ricordarlo. Intanto Valentina aspetta il giorno in cui potrà indossare una tuta e correre di nuovo. Chiuderà gli occhi e il respiro di suo fratello nell’interfono del casco si mescolerà a quello di suo padre. Ancora una volta.
17.7.25
L’esperto di look delle auto Ferrari Il sogno realizzato di Pier Paolo Fadda: dai primi modellini alle fuoriserie
La passione per le auto ce l’ha sempre avuta. Quando aveva un anno, non camminava nemmeno, ma guidava e si prendeva cura della sua macchinina giocattolo. Alcune poi le smontava e rimontava. Azione premonitrice: con tenacia, questa passione è diventata il suo lavoro. Ma c’è di più. Pier Paolo Fadda, 35enne pabillonese, è andato oltre. Si occupa della preparazione estetica di bolidi che appartengono a sceicchi, miliardari e case automobilistiche di livello mondiale: Ferrari, Porsche, Lamborghini, Bugatti. Gli inizi
Il primo corso di detailing risale a otto anni fa. Pier Paolo aveva un lavoro come progettista tecnico, poi in un’azienda produttrice di latte e derivati, ma la passione per le auto era troppo grande. Spinto anche dagli amici, decide di mollare il suo impiego e di aprire la sua attività: un inizio titubante frenato dalla pandemia. Ma Pier Paolo non si è arreso. Come un pittore con la sua tela, ha cominciato con umiltà e precisione a prendersi cura di auto sempre più complesse e preziose, affinando la tecnica e lo sguardo. Ogni lucidatura, ogni correzione, ogni trattamento non è mai uguale all’altro: «Ci sono lavori che non si misurano in ore ma in millimetri, in riflessi. Se mi emoziono, mi ritengo soddisfatto del risultato finale».
La passione
Negli anni ha frequentato workshop con formatori internazionali imparando i segreti del car detailing professionale. Ha trattato auto storiche da concorso, sportive da collezione e hypercar del valore di milioni di euro. Ogni volta, la stessa concentrazione. Sono tante le manifestazioni a cui Fadda ha partecipato: dal 2020 collabora in Costa Smeralda al concorso di eleganza Poltu Quatu Classic, al Fuori Concorso di Como, dove supercar antiche e moderne vengono messe in vetrina, fino alla collaborazione con la Bugatti insieme a un gruppo di colleghi.
La svolta
Poi è arrivata la chiamata che cambia tutto. Era il 2023. «La prima volta che mi ha contattato Ferrari pensavo fosse uno scherzo – racconta – per qualche secondo ho disconnesso il cervello. Mi sono occupato della cura dei modelli impegnati nel tour promozionale in Sardegna. È stato il mio primo contatto diretto con Maranello». Quella chiamata si è trasformata in una collaborazione continuativa con un’azienda che fornisce servizi di detailing agli eventi ufficiali Ferrari. Da allora, Fadda ha lavorato su diversi modelli prima ancora che venissero mostrati al pubblico: «Sono stato la prima persona a mettere mano su una macchina pronta ad uscire, preparandola ai servizi fotografici per TG, blog, riviste».Tutto avviene nel massimo riserbo. «Durante il lavoro vengono apposti sigilli alle fotocamere, per regolamento aziendale. È giusto così. Mi tengo le emozioni per me». Nessuna foto da postare, nessun dettaglio da mostrare di quel che bolle in pentola nella casa del Cavallino. E, nel mentre, quando rientra in Sardegna, continua a prendersi cura delle auto che arrivano a farsi belle nella sua attività a Villacidro.
22.7.23
Riccardo Serra, 17 anni e un sogno «La vita affascinante del fachiro» Dai primi spettacoli casalinghi da bambino ai numeri nelle piazze di fronte alle famiglie
Olbia
Forse in cuor suo lo sa, quando mette davanti quel largo sorriso candido, che ha fatto una scelta anacronistica ma anche tremendamente romantica. Riccardo Serra ha 17 anni, è originario di Arzachena, viene dalla minuscola frazione di Monticanaglia, e alla voce “sogni per il futuro” è deciso: «voglio fare il circo». In realtà è già un artista circense a tutto tondo.
Da qualche anno, infatti, ha conosciuto la famiglia di Priamo Casu, ultimi eredi della dinastia del circo sardo, e ha chiesto di diventarne allievo. Oggi, Riccardo è il fachiro della piccola carovana che gira le piazze dell’isola La fascinazione per i numeri in scena nasce da piccolo, quando Riccardo era uno dei tanti bambini che sedevano di fronte al tappeto rosso e alla scenografia di strada degli spettacoli di Priamo, della moglie Paola e della figlia Shamira. Rimaneva incantato ogni volta, poi tornava a casa, si vestiva con colori accesi e provava a imitare i suoi idoli davanti ai genitori. Da qui la decisione di passare dall’altra parte, dalla platea al buio al centro della scena illuminato dai fari. «Ho conosciuto Priamo e la sua famiglia quattro anni fa – racconta Riccardo divertito –. Volevo mi insegnassero qualcosa». Affare fatto: diventaa tutti gli effetti un allievo del circo sardo, comincia come assistente del clown, che poi era il capofamiglia col nome di “Pompelmo”. Chiedete ai bambini di oggi e di ieri, riconosceranno subito il divertente personaggio. Aspirante fachiro «Purtroppo o per fortuna, imparare l’arte circense richiede disciplina e volontà – dice Casu – ma Riccardo in questo è un caso eccezionale». Sì, il giovane ora è praticamente il jolly del gruppo, che si è arricchito anche della presenza di Eric, fidanzato di Shamira. «Da piccolo osservavo i numeri da mangiafuoco di Paola ed è una delle prime cose che ho voluto imparare. Ora ci riesco: passo il fuoco sulla pelle, in bocca, è una tecnica che va allenata». Niente trucchi con aghi, carboni ardenti o altre prove di resistenza: è pur sempre un circo che allieta i più piccoli. «Che bella vita» Nelle espressioni e nella voce di Riccardo, mentre si racconta, c’è incredibile garbo, entusiasmo, purezza d’animo.Di sicuro, è una personalità che colpisce subito, a primo impatto. Prima faceva avanti indietro da casa per andare a lezione dalla famiglia circense, che vive a Olbia nella frazione di Putzolu. Ora passa molto più tempo da loro, il suo alloggio è una roulotte e Priamo e Paola li chiama «zii».
Alla domanda su che vita stia vivendo, risponde pronto: «affascinante. Ci vuole tempo e fatica per imparare a fare tutto, però poi quando vai in scena e la gente ti applaude, è la sensazione più bella di tutte». La storia e il futuro La storia del circo sardo, più che una storia, è un’epopea. Nato negli anni ’50 del secolo scorso dalla famiglia di Priamo Casu, il padre Piero varcò i confini isolani e finì persino in tv sulla Rai. In tempi recenti, la compagnia famigliare ha vissuto tra alti e bassi, questi ultimi acuiti nel periodo del covid e dello stop agli spettacoli dal vivo. Questa estate è fitta di appuntamenti, ma anche qui spicca l’episodio di lunedì scorso, quando i circensi sono stati mandati via dalla piazza di San Pantaleo dai vigili e con i bambini già seduti che si sono messi a piangere. Parentesi meno bella, ma anche questa è vita da circo.
imitava. In particolare Shamira con gli hul hoop – così lei – e nella tavernetta ci chiamava per assistere ai suoi spettacoli». Ora i genitori sono quasi sempre in prima fila. «Ieri sera hanno fatto tappa a Cugnana, attorno a me la gente non sapeva chi fossimo eppure i commenti erano bellissimi. Che emozione». I genitori ci tengono al futuro: «vediamo grandi cose per lui, ma prima di tutto non deve mollare la scuola. Lo sosteniamo e siamo pronti a sostenerlo anche se volesse andare a studiare fuori, in una grande scuola di circo». Per ora il pubblico di locali e turisti in giro per il nord dell’isola sta imparando a conoscerlo, tra una fiammata che esce dalle labbra e un numero di musica
15.1.23
sara deiana la signora delle monete
Applausi, sorrisi, strette di mano. Lei al centro della sala, gli occhi di tutti puntati addosso e uno sguardo più importante degli altri, quello di mamma Rosalba, carico di orgoglio e approvazione. È in quel momento che Sandra Deiana capisce che la sua strada è tracciata, non ci sono più dubbi. È il 2016, Sandra ha 26 anni ed è a Dublino alla cerimonia organizzata dalla Central Bank of Ireland per presentare la moneta d’argento da 10 euro realizzata per commemorare Eileen Gray, designer e
19.11.22
Martina Bernile: "Ero direttrice alle poste, ho lasciato tutto per l'Europeo
L'italiana contro la francese Lallemand. Il sogno inseguito a costo di sacrificare il posto fisso ("Ferie e permessi a New York per fare esperienza"), la nuova vita ("Ho aperto una palestra"), l'amore per gli animali. Il match in diretta sul nostro sito a partire dalle 20,30
L’impiego alle Poste. L’immaginario collettivo, sensazione giusta o sbagliata che sia, lo associa a una vita tranquilla, magari senza picchi ma stabile. E se poi si diventa addirittura direttrice di una filiale, che volere di più dalla vita? “Nel mio caso ci si è messa di mezzo la boxe e allora ho mollato tutto per inseguire il mio sogno”. Martina Bernile, 34 anni, novarese (“Genitori napoletani, sennò mio padre chi lo sente”), stasera combatte il match più importante della carriera. Titolo europeo dei pesi mosca contro la francese Justine Lallemand, diretta live streaming su Repubblica.it a partire dalle 20.30.Se non ci fosse tanto altro (“Amo tutti i cani del mondo, ho due amstaff, Kora e Chavez, li porto anche sui pantaloncini quando combatto”), verrebbe da dire una vita tra ring e uffici postali: “Concorso a 20 anni, entro, lavoro tanto tempo al centro di smistamento. Mi permetteva di fare il turno di notte, così di giorno potevo allenarmi. Peccato che ogni tanto dovessi anche dormire…”. Poi la decisione fi cambiare tutto: “E’ stata una scelta forte ma con delle basi sotto. Mi sono sposata e sono andata in Sicilia, con mio marito, un ex della kickboxing, e abbiamo aperto una palestra a Mazara del Vallo. E’ stato un successo, sei anni intensissimi a formare ragazzi. Poi dopo la pandemia siamo tornati a Milano per un’altra scommesse di questo tipo, per la precisione a Cassano d’Adda”.In Italia la boxe femminile sta costantemente guadagnandosi spazio: “Ma non siamo in America, dove c’è una spinta importante, anche mediatica. Lo possodire con cognizione di causa, per tre anni le mie ferie erano per andare a New York e fare esperienza sul ring”. Una crescita del movimento andata a braccetto con Martina: “Da piccolina ero una bambina frenetica, dovevo scaricare tanta energia. Ho provato tantissimi sport ma non ce n’era uno che mi catturasse. Poi mio padre mi ha portato in palestra e ho sbroccato”. Talmente giovane da dover pazientare: “Avevo 15 anni, e si parla di un’epoca in cui le atlete erano pochissime. Purtroppo non potevo fare la boxe perché ero minorenne, quindi praticavo anche altri sport di combattimento”.
Insomma, una sorta di suffragetta, con un match talismano tra i dilettanti: “Ho affrontato la grandissima Simona Galassi (super campionessa della boxe italiana, ndr), una signora dentro e fuori dal ring. E ovviamente ci ho perso. Ma che esperienza eccezionale”. Piedi ben piantati per terra, metaforicamente (“Ma sognare non costa nulla, e sarebbe bello fare un match con il pubblico che va a vedere Katie Taylor”), e pugilisticamente: “Il mio alias, ‘Little Tank’, me lo ha dato mio marito. Sono piccolina, compatta. Tendo ad andare a cercare le mie avversarie, ma se occorre so anche girare al largo. La mia avversaria è più alta di me, ci completiamo per fare un grande match”. Tradotto: la andrà a cercare, Justine è avvertita.
12.11.22
«Libera grazie allo sport ai ragazzi dico: provateci» Silvia Salis, atleta olimpica del lancio del martello e vicepresidente Coni Il suo libro contro gli stereotipi di genere ha vinto il premio “Gianni Mura”
a prescindere dal doping imposto e dal doping spontaneo , dalle violenze psicolgiche che certi allenatrori o dirigenti fanno sugli atleti vedi recenti scandali L’attività sportiva è << uno strumento sempre più importante per favorire l’emancipazione femminile >> ma soprattutto ed è ricca di passioni e sogni .
da la nuova Sardergna
importa se si viene etichettati come “strani” o “stravaganti”: chi se ne importa dei giudizi altrui, le strade meno sicure sono quelle che possono dare soddisfazioni enormi. Io facevo salto in lungo ma il martello era una calamita. Avevo un fisico esile per quel tipo di attività, ma il mio allenatore Walter Superina ha visto qualcosa in me. È stata una folgorazione, una svolta, ero nel mio mondo. Ai bambini dico “provateci” , inseguite la strada che sentite vostra». Lo sport per affermarsi La favola nella favola, nella storia di Stella-Silvia, è quella di una bambina che non ha grandi mezzi eppure supera ogni ostacolo. «Ero la figlia del custode del campo di atletica – ricorda Silvia – la mia casa era lì dentro. E questa è stata la mia fortuna più grande perché grazie allo sport sono riuscita a ottenere rinoscimenti altrimenti impossibili». Non solo le medaglie, la gloria dei tanti titoli conquistati in giro per il mondo «ma una vera e propria emancipazione: senza lo sport non sarei qui, non sarei stata scelta per ricoprire un ruolo così importante nel Coni. Lo sport è fondamentale nella consapevolezza femminile e nello sviluppo dell’indipendenza, nell’affermazione di sè. Io sento di essere profondamente debitrice verso lo sport, anche per questo cerco di restituire quello che ho avuto». Le donazioni Silvia Salis ha un rapporto speciale con l’ospedale Gaslini. «È una eccellenza della mia città e della sanità italiana, che è doveroso sostenere». Già due anni fa Silvia e il marito, il regista Fausto Brizzi, hanno aperto in occasione del matrimonio una raccolta fondi su GoFundMe a favore del Gaslini e il regista ha devoluto all’ospedale il cachet per lo spot della Liguria. Non solo: la storia di Stella, bambina coraggiosa, è stata presentata in anteprima lì e il ricavato delle vendite del libro alimenta la ricerca e le cure per altri bambini.Silvia Salis è nata a Genova il 17 settembre del 1985. Suo padre Eugenio, originario di Sorso, era il custode del campo di atletica Villa Gentile. È lì che Silvia ha iniziato a praticare attività sportiva, sino a diventare campionessa di lancio del martello, vincitrice di 22 titoli italiani (9 seniores, 3 universitari e 10 giovanili). Ha iniziato a praticare atletica leggera nel 1993, a 8 anni. Ha provato un po' tutte le specialità e si stava specializzando nel salto in lungo (a 9 anni saltava 3,70 metri): poi verso i 13 anni ha provato i lanci con il martello ottenendo risultati eccezionali con il supporto di Valter Superina, ex martellista che l'ha allenata per molti anni. Ha partecipato alle Olimpiadi in Cina nel 2008 e a Londra nel 2012 e detiene 2 delle 20 migliori prestazioni italiane femminili all time nel lancio del martello, lerestanti se le ripartiscono la primatista italiana Ester Balassini (10) e Clarissa Claretti (8). A 30 anni ha lasciato poco prima delle Olimpiadi in seguito a un infortunio. ] Il 6 novembre 2016 è stata eletta nel Consiglio Federale della Fidal, Federazione italiana atletica leggera. Nel 2017 è stata eletta nel Consiglio nazionale del CONI, il Comitato Olimpico Italiano e nel 2021 è stata eletta vicepresidente vicario. Nel novembre del 2020 – in piena pandemia – Silvia Salis ha sposato in Campidoglio il regista romano Fausto Brizzi. «La bambina più forte del mondo», pubblicato nel gennaio 2002, è il suo primo libro
28.11.21
Il fabbro-musicista che ama i Beatles e i Rolling Stones «In laboratorio le mie passioni: jam session tra morse e saldatrici»
da https://www.unionesarda.it/carta/
Nel cuore della Marina, in via Dettori, spunta il laboratorio di Giovanni Polla, uno degli ultimi fabbri rimasti a Cagliari. Infanzia trascorsa a Laconi sino ai 12 anni, da trent'anni è uno dei volti riconoscibili del rione anche perché è un musicista. Il suo laboratorio è illuminato da una luce fioca, contraddistinto da due archi a mattoni e in pietra, oltre che da un soffitto in legno costituito da tronchi di zinnibiri. Tutto parla del suo mestiere e al suo interno sembra che il tempo si sia fermato: trapani a colonna, ercoline per
Il lavoro
«Realizzo scale a chiocciola, cancelli, grate, mensole, tettoie, porte, ringhiere, balconi. Mediamente per realizzare un cancello impiego 15 giorni mentre le grandi multinazionali due ma il ferro che io uso è più spesso, circa due millimetri, quindi più resistente. C’è una cura maggiore». Occhiali in volto, ventaglio in pelle per proteggersi dalle scintille della forgia e dai raggi della saldatrice, non manca l’occasione per dare spazio al proprio estro. «Creo anche lampadari con decorazioni naturali, dove si gioca con i dettagli realizzando geometrie perfette. Oppure soli a specchio, pavoncelle per bastoni da tenda, insomma la fantasia non manca».
Dalle pinze alla chitarra
Fantasia che riversa nell’altra sua grande passione, la musica. «Suono la chitarra e il basso, sono cresciuto ascoltando Jimmy Hendrix, i Beatles, i Rolling Stones. Tra una pausa e un’altra scrivo canzoni, mi raggiunge qualche amico con cui suono e diamo vita a jam sessions. Negli anni Settanta formai una band chiamata “I Diavoli Rossi” con cui abbiamo girato la Sardegna suonando in vari locali e feste». Marito, padre di due figli e nonno di quattro nipoti, come conciliare i suoi due grandi amori? «Lavorare il ferro e suonare sono due aspetti complementari della mia vita», conclude. «Non c’è differenza: in entrambi i contesti faccio uscire la poesia che ho dentro di me. Non sono né un poeta né voglio essere ritenuto un esempio ma un uomo semplice che affronta la quotidianità con il sorriso».
27.10.21
Medici di strada: un tampone per i clochard ., Il paese guardiano del bosco: lo difende fin dal medioevo., Il mago delle Ducati ora le restaura online ed altre storie
Medici di strada: un tampone per i clochard
Aldo Morrone, dirigente del San Gallicano di Roma, ha organizzato una rete che effettua test Covid alle persone senza dimora. Ma nessuno voleva ospitare i positivi
di Francesco Giovannetti
Il paese guardiano del bosco: lo difende fin dal medioevo
Se Luxottica ha adottato un’area boschiva veneta dopo la tempesta Vaia, a Trino Vercellese è la gente del posto a curare gli alberi. Con regole secolari
di Giulia Destefanis
Il mago delle Ducati ora le restaura online
Enea era garzone d’officina nel mantovano, ma la sua passione era ridare vita alle moto d’epoca. E il direttore tecnico dello storico brand ha notato i suoi lavori
Sanremo, la dura vita del cacciatore d'autografi
In 28 anni di appostamenti Max ha raccolto 11 faldoni di firme delle star del Festival. I più sfuggenti? Achille Lauro e Bobby Solo. Ma nel 2021 il bottino è stato magro
di Giulia Destefanis
26.7.19
Giovanna ha 23 anni e restaura vecchie Fiat 500 per passione: "Ho imparato su Youtube"
non si è però fermata davanti alle difficoltà anagrafiche. Così - informandosi nelle diverse comunità di appassionati - è iniziata la sua avventura nel mondo del restauro. "Guardando su internet - spiega Giovanna - ho capito che forse sarei stata in grado di farlo anche io: posterò i miei progressi del restauro su Youtube sperando possa essere d'aiuto a qualcuno". Negli spazi di Officine Zero, a Roma, Giovanna ha trovato un posto per portare avanti il suo hobby e continuare così l'avventura nel mondo del restauro delle auto d'epoca. Ora Tutti gli appassionati di Fiat 500 in rete la conoscono già e hanno già visto i video di Giovanna Parascandolo, della sua officina Nanna’s Garage, e delle fasi del restauro della sua Cinquecento e già molti hanno espresso commenti favorevoli o contrari. Infatti viene da chiedersi Si tratta di una giovane e intraprendente appassionata restauratrice o di una mera trovata pubblicitaria di quello che potrebbe essere una trasmissione sul restauro delle auto d’epoca in stile “Affari a quattro ruote“?Io , da profano ( ho rapporto particolare d'odio e di amore con le auto e i mezzi a motore ma questa è un'altra storia che prima o poi racconterò ) posso dire che quando c'è la passione c'è tutto . e che anche questa è arte .
E non avendo ne passione , infatti quando qualcuno ( amici , conoscenti , familiari ecc ) parla di cavalli \ cilindrate me ne esco con una battuta : << ma dove li metti tutti sti cavalli , spendi un capitale in biada per dargli da mangiare . Vi lascio a questi tre video
di cui l'ultimo è preso dall suo account fb ufficiale e mi trova d'accordo con dice : << “Sono cresciuta con l’idea di non essere adatta a capire determinate cose. Poi mi sono resa conto che è talmente divertente che è impossibile che non piaccia a nessuna ragazza” >>Giovanna Parascandolo ha scoperto la passione per la meccanica quando pur di avere una 500 d'epoca, ha deciso di ripararne una completamente da sola. Sul suo canale YouTube documenta tutti i passaggi del restauro per avvicinare le donne al mondo delle auto, che non è solo “roba da maschi”
27.9.18
Aldo Fraoni, Lamiere e passione: il carrozziere di Laerru che fa rivivere vecchie Ferrari, Alfa e Maserati



26.6.17
Bari, l'ex agente di commercio cambia vita con l'orto sociale: "Aiuto i deboli e sono felice" e Da bioingegnere a sacerdote, la scelta di don Alessandro
Bari, l'ex agente di commercio cambia vita con l'orto sociale: "Aiuto i deboli e sono felice"
Quartiere Japigia, periferia di Bari. Angelo, 34 anni, tre anni fa ha deciso di cambiare vita. "Facevo l'agente di commercio per una grossa azienda che produce arredamento, percorrevo 80mila chilometri l'anno, avevo uno stipendio cospicuo, ma non ero felice. Così ho deciso di seguire seguire il mio cuore e ho realizzato un orto sociale". Dopo aver avuto le certificazioni per la produzione biologica, nel suo orto metropolitano Angelo ha intrapreso una serie di progetti di inclusione sociale. "Non mi importa di essere ricco, so che un giorno tutto il mio lavoro porterà i suoi frutti - afferma - Ma aiutare ragazzi inviati dai tribunali minorili e persone con handicap di vario tipo mi rende felice" (di Lorenzo Scaraggi)
Da bioingegnere a sacerdote, la scelta di don Alessandro
Da domenica la Chiesa udinese ha un nuovo pastore, ha 29 anni ed è nato in Belgio. Appassionato di orticoltura, parla cinque lingue. Sabato prossimo celebrerà la prima messa
di Monika Pascolo
UDINE. Di origine belga, ma cresciuto tra Bruxelles (dove erano emigrati i suoi nonni) e il Friuli (è stato battezzato a San Daniele), in tasca una laurea in Bioingegneria, da ieri il 29enne Alessandro Fontaine è un nuovo sacerdote della Chiesa udinese.
Attraverso il suo operato sarà uno dei protagonisti di quello che l’arcivescovo, monsignor Andrea Bruno Mazzocato – che ieri ha
22.6.17
Buja: Non può comprare la Lamborghini: la costruisce con il compensato . dopo cinque anni di lavoro William Covasso ha realizzato a casa la propria auto di lusso. Dalla passione per la falegnameria alla realizzazione di un prototipo con pannelli di legno . Realizzando
da http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2017/06/22/
Il sogno di William si avvera: chiamato dalla Lamborghini .
Il 43enne invitato nella sede della casa automobilistica. Aveva realizzato una riproduzione dell’auto in compensato
di Piero Cargnelutti

BUJA. Dalla Lamborghini realizzata in compensato con le proprie mani, alla possibilità di visitare la sede centrale della nota casa produttrice dell’auto di lusso. Un sogno si avvera per William Covasso, 43 anni di Buja, che negli ultimi cinque anni ha realizzato nel casolare della sua casa in località di Tomba una Lamborghini in formato originale.
22.2.17
ed io che credevo che tali storie fossero solo opere letterarie ed artistiche
Il vero padre era l'amico di famiglia: modenesi chiedono maxi risarcimento
Un medico facoltoso rivela al figlio di un amico poco prima di morire di essere il vero padre. Dopo il test del dna anche un fratello scopre la nuova paternità. I due avviano una causa civile per disconoscere il vecchio cognome e intanto fanno una seconda causa per ottenere il nuovo cognome e chiedono un risarcimento da 2 milioni di euro ciascuno alla erede. Ma i giudici li fermano: prima va riconosciuta e cambiata la vecchia paternità
di Carlo Gregori

MODENA. Un modenese ha scoperto di essere figlio di un facoltoso medico quando questi glielo ha confessato a pochi giorni dalla morte. La perizia del Dna ha accertato che lui e un fratello erano davvero suoi figli biologici, ma i due non hanno però potuto accedere alla cospicua eredità, anche se il padre naturale aveva confidato al primo di volerlo riconoscere. Per chiedere quanto spetterebbe loro - compreso un risarcimento di 2 milioni di euro a testa che chiedono all'erede - hanno intentato una causa civile per disconoscere il loro cognome ufficiale, quello che per decenni ha fissato la loro identità. La causa non è ancora terminata. Nel frattempo hanno già avviato una seconda causa per ottenere il riconoscimento della nuova paternità. Ma il Tribunale civile di Modena l'ha chiusa condannandoli a risarcire le spese. Li ha fermati ricordando che era prematura: prima devono cancellare il vecchio cognome.
Gli sposi e lo studente. Dietro questo importante caso in corso c'è una storia uscita da un romanzo d'altri tempi. Nel 2015 Roberto (i nomi sono di fantasia) avvia un'azione legale al Tribunale civile contro Paola, erede di un facoltoso medico da poco deceduto. Roberto chiede al giudice che venga riconosciuto che il suo vero padre è il defunto, e non più il marito di sua madre come si era sempre creduto e come risulta all'anagrafe.
Fin dall'infanzia Roberto aveva vissuto coi genitori e quattro fratelli senza che mai un sospetto lo turbasse. Poi nel febbraio 2015 incontra il medico, amico di famiglia, e questi, ormai vecchio e prossimo a spegnersi, gli confida una rivelazione sconvolgente: non è figlio di suo padre ma suo. Era un giovane studente universitario arrivato dal Sud Italia a Modena per studiare medicina, quando è stato accolto a casa dei suoi genitori. Ma tra lui e la donna che lo ospitava è nata una relazione passionale. La madre è rimasta incinta di Roberto. Per non destare scandali, la relazione è rimasta nascosta e la gestazione è proseguita come se il bimbo fosse stato del marito. Ma il marito sapeva del tradimento in corso e ha deciso di riconoscere ugualmente il neonato come suo figlio e lo ha iscritto col suo cognome allo Stato Civile. In quella famiglia nulla poteva fare insorgere sospetti. Infatti il rapporto clandestino è andato avanti mentre lo studente di medicina ha fatto da padrino al bimbo sapendo che era suo figlio. E ha continuato a frequentare la famiglia anche quando è diventato un importante e facoltoso medico.
La sconcertante verità. La confessione ha sconvolto Roberto. Ancora più impressionante è stato però il motivo della confessione fatta dopo tanti anni a un figlio segreto adulto: il medico gli aveva rivelato la verità per riconoscerlo come figlio a tutti gli effetti. Un atto riparatore che però non ha potuto portare a termine: è morto pochi giorni dopo. Roberto racconta, nel suo atto presentato ai giudici della Seconda Sezione Civile, di aver parlato di questa rivelazione sconcertante anche con Paola, la figlia del medico, mentre andavano nel Sud per trasportare le ceneri e dare l'addio a quell'uomo che li univa in modo così inatteso.
La svolta arriva però dalla decisione di Roberto di sottoporsi a una perizia genetica. Nel settembre 2015 lo farà con i quattro fratelli utilizzando campioni prelevati dalla salma del medico. La conferma arriva: è figlio naturale del medico. Subito dopo il colpo di scena: anche uno dei fratelli risulta figlio del medico. Con Paola però non arrivano a un accordo e parte la causa civile intentata da Roberto. Chiede ai giudici di cancellare il cognome dell'uomo che ha creduto suo padre per tanti anni: allo Stato Civile deve risultare il suo “nuovo” vero padre, il medico. A lui si unisce il fratello di sangue: anche lui fa causa.
La causa prematura. I fascicoli sono unificati e la causa risulta ancora in corso. Nel frattempo, però, i due fratelli avviano una seconda causa sempre contro Paola per far sì che il Tribunale riconosca con una dichiarazione giudiziale che sono figli effettivi del medico. Il Secondo Collegio del Tribunale Civile ha però giudicato inammissibile questa richiesta condannando i due fratelli a pagare 2.500 di euro per le spese. Il motivo è che, scrivono i giudici, un individuo non può essere figlio di due padri. In altre parole non può risultare contemporaneamente figlio di una coppia e anche figlio biologico di un terzo. Prima i due fratelli devono eliminare l'ostacolo giuridico, il fatto di risultare nati nel matrimonio, e quindi la prima causa deve concludersi a loro favore. Se ci sarà una dichiarazione giudiziale che è venuto meno il loro stato di figli nati dal matrimonio, potranno
essere riconosciuti figli naturali del medico, si farà l'importante variazione allo Stato Civile del Comune di Modena e alla fine godranno dei benefici. Compresa l'eredità. E potranno anche chiedere ed eventualmente ottenere il risarcimento dei danni quantificati in 2 milioni a testa.
17.6.16
Ritrovata la spider della "Dolce Vita" di Fellini, la Triumph acquistata da un collezzionista - appassionato di auto d'epoca per caso
da
Ritrovata la spider della "Dolce Vita" di Fellini, la Triumph acquistata per caso
1.1.16
Castellania, trovata la bici dell’ultima corsa di Coppi Scoperta da un appassionato a Milano, esposta durante le celebrazioni di sabato. Realizzata da Fiorello Masi nel 1959, usata dal Campionissimo al Trofeo Baracchi
La news è riportata da http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca del 30 dicembre 2015. Una storia bellissima che dimostra che anche come sembra volerci dire lo stesso De Gregori in la storia , è la passione ti fa fare delle scoperte storiche .

Paola Dellagiovanna
2.9.13
CHI LO HA DETTO CHE BISOGNA TIFARE PER LA SQUADRA CHE TIFANO I GENITORI ?
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Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO
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