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10.4.24

L’utopia ha l’ onore della pace e l’ onere della guerra di Pierluigi Raccagni

L’ utopia, dixit la Treccani in senso limitativo è un sogno irrealizzabile,in senso positivo è una critica alle cose esistenti senza fine pratico. Ad esempio la pace universale è un’utopia,la pace dopo la guerra e la guerra dopo la pace e’ il corso del mondo.La cultura del nostro tempo passa per l’ omologazione del tutto. Ma non è così.Democrazia  e libertà ad esempio,costruiti nella storia da centinaia di rivoluzioni e guerre di liberazione vs.l’imperialismo fanno parte di una  storia che ha emancipato donne e uomini dalla sofferenza di vivere.La sconfitta del Male Assoluto è costata milioni di morti, la pace di Hitler e Mussolini ha coinciso con le loro tombe,grazie a Dio.Ognuno pensi quello che vuole,perbacco,ma racimolare sentenze salvifiche il proprio tornaconto è lo spirito che giustifica in qualche modo la violenza sugli umili.La pace perpetua di Kant che comporta il rispetto dei vinti,  l’ anarco comunismo solidale,storico,liberatorio e libertario di tradizione secolare, che rifiuta la guerra imperialista aggressiva, rimangono valori di coerenza.L’ autonomia di una  ragione idealistica, che ci possa salvare  dalla merceologia delle  idee e già un passo avanti per non cadere nella pace assoluta solo nei tempi di guerra : la pace,solitamente,ha i suoi onori,gli oneri sono la guerra. ( oggi oltre a Gaza e Ucraina ci sono 56 guerre dimenticate,ad esempio) Anche  una visione umanistica,solidale,non qualunquista, di una parte del volontariato e del terzo settore , di spiritualismo laico o religioso anche trasversale, e’ sempre una certezza di convivenza.Sì,basta che la paura di un senso comune di falsa libertà nella sfera dei consumi,non diventi il miglior modo per un ponzio pilatismo sugli affari correnti, mentre il dogmatismo Komunista a prescindere sa di nostalgia canaglia stalinista.L’utopista narcisista invece è il piccolo borghese qualunquista, che trova giovamento in un  irrealizzabile, che adombra la responsabilità quotidiana verso l’ ingiustizia. Quando con presunzione ci si pone davanti alla storia come fossimo solo noi a interpretarla, ci si traveste da guerrieri quotidiani del pacifismo bellicista( l’ ossimoro è in  voga in questi tempi),nell’ autorefenzialita’ dell’ essere anticonformisti,contro il pensiero unico.Sai quanta gente ogni giorno sceglie con piccoli grandi gesti di umanità , solidarietà, sincerità percorsi di umile utopia senza fanfare filantropiche?Soprattutto quando rifiuti il servilismo verso i potenti,non ti giri dall’ altra parte verso le ingiustizie ,conscio di sapere di non sapere.I desideri di volontà di potenza scambiati per bisogni,il menefreghismo totale sulla complessità della vita, le avversioni  da basso ventre contro i diritti civili: i tifosi dell’ utopia mercantile contro l’ Europa e l’ Occidente del capitale e delle multinazionali, sono la vulgata corrente pure dall’ estrema destra.Non parliamo dell’ antisemitismo di moda,si tifa per la guerriglia degli ultimi,ma solo su Facebook. Alla fine tutto va bene. Pure il generale fascista può  sembrare un antagonista,vs i poteri forti.Perché oggi se vince la sinistra vince il falso progressismo,se vince la destra trionfa la libertà di essere fascisti. Intanto vado al massimo in attesa della rivoluzione…degli altri…


10.4.21

uomini e donne che mandano avanti l'italia e resistono tra burocrazia e cattiva politica e alle mafie

Le signore della fornace: vetraie ribelli a Murano
Gli studi all’accademia di Brera e in Australia: ora Chiara infrange la tradizione di un’arte declinata al maschile e lancia la sua produzione. Aiutata solo da donne



di Andrea Lattanzi


I cowboy della Maremma, viaggio tra i nuovi butteri
Sono eredi di un antico mestiere, ma non è folklore: i segreti dell’allevamento allo stato brado attirano anche i giovani. Per il gusto di lavorare immersi nella natura



di Francesco Collina


Condividere e non comprare: la biblioteca delle cose
Tutto è nato dai vicini di casa che si prestavano qualche utensile. Ora hanno aperto due sedi a Palermo. Un’esperienza a metà tra welfare cittadino ed ecologia




di Giorgio Ruta




La rivincita delle donne nella palestra di Scampia Una storia di cambiamento: Cira ha riscoperto il suo corpo grazie al fitness. Ora i suoi corsi sono frequentati da 600 allieve, in una palestra confiscata alla 
camorra  

 
  


Continuano ad accendere luci e proiettare film. A Catania due gestori affrontano con difficoltà al lockdown mentre un giovane regista si attiva per dare una mano

1.1.16

Castellania, trovata la bici dell’ultima corsa di Coppi Scoperta da un appassionato a Milano, esposta durante le celebrazioni di sabato. Realizzata da Fiorello Masi nel 1959, usata dal Campionissimo al Trofeo Baracchi

 Mi  sa  che   de  Gregori quando   ha  ripreso  dal fratello   questa  canzone


pensasse    a    storie  come     questa   del ritrovamento  della  famosa    che  il grande   Fausto  Coppi   uso  nella  sua ultima corsa  .
La news   è    riportata     da http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca del 30 dicembre 2015.  Una  storia   bellissima   che  dimostra    che  anche  come  sembra  volerci dire     lo stesso  De  Gregori  in  la  storia  , è la passione ti fa fare delle scoperte storiche . 
 come quella  riportata  sotto  





CASTELLANIA
 Il Campionissimo: un mito che non muore, anzi che si rilancia grazie a una sorprendente scoperta. E’ stata, infatti, ritrovata a Milano e sarà esposta nei prossimi giorni, a Castellania, la mitica bicicletta, con la quale Fausto Coppi gareggiò nell'ultimo anno di attività agonistica.
Il prossimo due gennaio, in occasione delle annuali manifestazioni commemorative per l’anniversario della morte del campionissimo, sarà presentata ed esposta al pubblico la “Fiorelli Coppi” con la quale l’Airone gareggio nella squadra della Tricofilina Coppi.
Nella giornata in cui tutti gli appassionati di ciclismo si danno appuntamento per ricordare il grande ciclista tortonese, il Comitato Colli di Coppi, organizzatore de “La Mitica” ciclostorica, ha donato agli appassionati, un’occasione in più per ritornare a Castellania. L’ultima mitica bicicletta che il grande Fausto usò nel 1959, sarà presentata alla stampa ed al pubblico.
«E’ stata ritrovata a Milano grazie alle ricerche di un appassionato di ciclismo, Giampaolo Bovone – dichiara il presidente del Comitato Pietro Cordelli - E’ una Fiorelli Coppi che il grande Faliero Masi costruì all’inizio del 1959 per la squadra “Tricofilina Coppi” capitanata dal Campionissimo».
Una bicicletta davvero bella che Fausto Coppi fece realizzare da uno dei migliori telaisti italiani dell’epoca e che accompagnò Fausto nella sua ultima impresa agonistica, il “Trofeo Baracchi” del 4 novembre 1959, disputato in coppia con il campione francese Louison Bobet».
La bicicletta, perfettamente conservata, è dal punto di vista della ciclistica, come indicano gli esperti,un raro esempio di stile ed eleganza e porta ancora il nastro del manubrio di quell’ultima corsa di Fausto Coppi.
Acquisita recentemente dal figlio Faustino Coppi, sarà esposta nella sala consiliare del Comune di Castellania dove farà bella mostra insieme ad un’altra bicicletta gemella, da pista, con identiche misure di telaio, 58 ½ x 57 cm.
L’invito naturalmente, che avanza il Comitato, è quello ad intervenire numerosi per commemorare Fausto Coppi, ammirare la mitica Fiorelli Coppi. Resta anche vivo l’invito per firmare la petizione a sostegno della candidatura della “Bicicletta” al Premio Nobel
per la Pace 2016 “Bike the Nobel” promossa dalla trasmissione “Caterpillar” di Radio 2». Sempre sabato 2 gennaio alle ore 10.30, nel mausoleo di Castellania, si terrà la tradizionale consegna del premio “Welcome Castellania” a due noti giornalisti sportivi.

                                 Paola Dellagiovanna

27.12.13

Il carabiniere del Pci che salvò Emilio Lussu


In Sardegna. Per punizione. Colpa di un ritardo dopo una libera uscita. Giovanni Chabert, sottufficiale dei Carabinieri reali, fu spedito ad Armungia nel '17 con una missione ufficiale e un'altra più riservata: inaugurare la caserma in quel paese del Gerrei e controllare un intellettuale che aveva fatto parlare di sé, Emilio Lussu. Arrivò da solo in sella a una bici, requisì una stalla, la elevò al rango di sede dell'Arma e si accorse che lì l'italiano era lingua straniera. Riuscì a ricevere a stento la prima denuncia: mi è sparito un paiolo di rame, forse me l'hanno rubato i Lussu . Niente male come battesimo: una perquisizione nella casa della famiglia più in vista di Armungia.Chabert non trovò la preziosa pentola, era una calunnia. Il suo sguardo incrociò quello di Maria, vedova del fratello di Emilio Lussu, Peppino, morto di tisi in un campo di prigionia. Fu amore. Il maresciallo che doveva controllare il fondatore del Psd'Az ne divenne parente, amico, complice: gli fece persino arrivare denaro durante la latitanza parigina.Questa storia d'amore e politica non compare sui libri di storia. Fa bella mostra nei ricordi di una famiglia che ancora oggi ha una casa in pietra ad Armungia. Sì, proprio quella costruita dal maresciallo piemontese che arrivò nel Gerrei per punizione e ci rimase per sempre. Così benvoluto che alla caduta del fascismo fu nominato sindaco pro tempore in quota Partito comunista.

4.11.12

si al ricordo del 4 novembre no alla festa delel forze armate

ecco perchè  non mi piace  il 4 novembre   e preferisco il ricordo  alla celebrazione 


.  Perchè  succede sempre  cosi   gli alti papaveri   scaricano le  loro  resposabilità anche  gravi   su  i loro  subordinati  come del caso sotto riportato  

  dall'unione sarda  del 3\11\2012

 
































Paolo Gaspari ha ricostruito la verità grazie alle memorie di 16 mila prigionieri Le bugie di Caporetto.
Sconfitta,non vile disfatta «Cadorna scaricò le colpe sull’esercito travolto» Il toponimo Caporetto è entrato nella lingua italiana come sinonimo di disfatta, ritirata in massa. Come Waterloo per i francesi,per gli italiani la cittadina oggi slovena è diventata il simbolo della più tragica sconfitta della Prima Guerra mondiale che vide l’esercito austro-ungarico e tedesco sfondare le  linee alpine sull’Isonzo e riversarsi nella pianura veneta.L’Italia fu a un passo da perdere la guerra. Ma da quella battaglia durata due settimane scaturì la reazione che portò alla riscossa sul Piave e alla vittoria.
 Quella vittoria, che si celebra domani con la ricorrenza della fine della Grande Guerra,nasce dagli eventi di Caporetto.

 Scusate  l'interruzione ma  è più forte  di me ,   certi colegamenti mi  vengono all'improvviso  e  cerco di bloccarli  . Per una riflessione su tutte le guerre. Una intensa canzone del grande e indimenticabile Fabrizio de André con le straordinarie foto di Lisa Bernardini.

 Rprendiamo  con articolo 

La storia della ritirata è stata finalmente riscritta grazie alla scoperta di una mole enorme di documenti negli archivi militari, non perché tenuti segreti per nascondere la "vergogna"del nostro esercito,ma solo perché  volutamente ignorati dagli storici. Oggi è possibile sapere la verità e restituire l’onore a quelle migliaia di ufficiali, sottufficiali e truppa che combatterono eroicamente, molti morirono e in 300 mila furono fatti
prigionieri, per fermare l’enorme offensiva messa in atto dagli austroungarici. Su di loro fu fatta cadere la colpa della sconfitta: gli eroi si ritrovarono ad essere indicati come i codardi che fuggirono in massa apren-
do le porte dell’Italia all’invasore e la loro memoria è stata tramandata con l’ignominia della  disfatta.
NUOVA VERITÀ. La realtà della sconfitta è ben diversa da come è stata sinora raccontata. Fu determinata non dalla viltà dei soldati (se non in pochi casi),ma dall’impari entità delle forze in campo, da un esercito
stremato dalle 12 battaglie dell’Isonzo e da tre anni di trincea,dall’impossibilità in quelle condizioni di tenere un fronte lungo 20 chilometri davanti al massiccio sfondamento.Ma soprattutto fu causata dalle gravissime responsabilità strategiche del comandante in capo generale Luigi Cadorna e dei suoi diretti collaboratori, i quali immediatamente scaricarono i loro plateali errori sui reparti in  ritirata. Da qui nacque la leggenda nera di Caporetto,rafforzata dal fascismo per esaltare la riscossa del Piave e per altre  ragioni sostenuta
nel secondo dopoguerra.
da http://www.gasparieditore.it/
IL LIBRO. La nuova verità emerge grazie al poderoso studio dello storico friulano Paolo Gaspari. Un volu-
mone di 600 pagine edito dallo stesso studioso che a Udine guida una importante casa editrice specializzata nei libri sulla Prima  Guerra, apre la  strada a ricerche  inedite e a una  nuova interpretazione di quei  giorni. Certo, ci vorranno  anni prima che questa verità trovi spa zio nei manuali  scolastici e nelle  università dove è sempre lungo e  difficile cambiare  la tradizione degli studi, ma un solco è stato tracciato.
Paolo Gaspari,che vive a contatto con i luoghi e i ricordi della Grande guerra,insieme ad una pattuglia di esperti si occupa della storia  militare del ’15-’18. Tra i numerosi volumi sinora pubblicati anche tre di dieci dedicati interamente alla Brigata Sassari. 
«Seguendo il corso dei nostri studi, abbiamo messo assieme
le tessere di un complicato mosaico. Ed è venuta fuori un’im-
magine ben diversa di quella che abbiamo sempre visto su
Caporetto», spiega Gaspari.
IL BOLLETTINO. Tutto comincia con quel famigerato bollettino  del 27 ottobre 1917 firmato a  Roma dal generale Cadorna (che poi verrà sostituito con il
generale Armando Diaz): «Alcuni reparti del IV Corpo abbandonarono il 25 ottobre posizioni importantissime senza difenderle. Circa 10 reggimenti arresisi in massa senza combattere. Vedo delinearsi un disastro, contro il quale combatterò sino all’ultimo...la mancata resistenza di reparti della 2 Armata vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico… L’esercito cade non sotto i colpi del nemico esterno, ma sotto i colpi del nemico interno per combattere il quale ho inviato al governo quattro lettere che non hanno ricevuto risposta».Come si vede Cadorna scarica sul basso e anche sopra di lui.
I MEMORIALI. La verità esce  dallo studio di 16 mila memoriali scoperti negli archivi dell’Esercito che conservano le dichiarazioni raccolte a caldo dagli ufficiali catturati dai tedeschi e rientrati dalla prigionia. Si tratta delle testimonianze in diretta dei quattro quinti dei graduati che si ritrovarono coinvolti a Caporetto.«In questi memoriali gli ufficiali, dal generale al diciannovenne sottotenente,dovettero raccontare quanto era accaduto e quanto avevano visto dal 24 ottobre al giorno della cattura. Solo poche centinaia di giovani scrissero un paio di stringate paginette,la gran parte lasciò mezza dozzina di fogli protocollo e alcuni 40-50
fogli con gli schizzi delle posizioni,facendo i nomi dei sottufficiali e dei soldati coinvolti nella loro vicenda personale».
Inoltre Gaspari ha potuto esaminare 400 interrogatori fatti ai militari sopravvissuti.
Gli ci sono voluti tre anni per fotocopiare circa 7mila di questi memoriali, tutti quelli riguardanti i reparti della 2a Armata accusata di viltà da Cadorna. «Come si può immagi nare si tratta del più grande archivio italiano di diaristica: il fatto che sia legato alla storia militare è senz’altro una delle ragioni per cui la cultura italiana non l’aveva preso in considerazione.
Mi sono emozionato nel trovare testimonianze di fatti rimasti sconosciuti,di vere battaglie ignorate dalla storiografia italiana (Cividale, Udine,Codroipo, solo per citare le maggiori). La storia raccontata dagli ufficiali di prima linea mi ha consentito,attraverso lo studio incrociato delle testimonianze, di ricostruire quasi tutti i combattimenti  I vinti di Ca-poretto diventano di colpo coloro che ci svelano ciò che altri hanno mascherato o taciuto».
Cosa accadde, allora? In  estrema sintesi: è fuori di dubbio che la tattica, l’addestramento e l’armamento dei tedeschi a Caporetto erano superiori. Alcuni reparti "imperiali", meglio preparati e freschi,compirono autentiche imprese nell’occupare posizioni decisive.Il Bollettino di Cadorna parla di reparti in fuga, ma i reparti sono costituiti dai battaglioni di  poche centinaia di uomini e  non da migliaia di soldati delle divisioni.«Le cose andarono di-versamente», conclude Gaspari: «Attaccati e circondati da forze fresche e prepoderanti gli italiani combatterono sino a morire o ad essere catturati in 300 mila. 
Un numero enorme,di cui non si seppe nulla sino a guerra finita.Furono interrotte le comunicazioni e il comando di Cadorna incapace e disorganizzato,questo sì,per ordinare una reazione, scaricò le colpe della disfatta sui soldati».
                                                    Carlo Figari


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...