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10.4.24

L’utopia ha l’ onore della pace e l’ onere della guerra di Pierluigi Raccagni

L’ utopia, dixit la Treccani in senso limitativo è un sogno irrealizzabile,in senso positivo è una critica alle cose esistenti senza fine pratico. Ad esempio la pace universale è un’utopia,la pace dopo la guerra e la guerra dopo la pace e’ il corso del mondo.La cultura del nostro tempo passa per l’ omologazione del tutto. Ma non è così.Democrazia  e libertà ad esempio,costruiti nella storia da centinaia di rivoluzioni e guerre di liberazione vs.l’imperialismo fanno parte di una  storia che ha emancipato donne e uomini dalla sofferenza di vivere.La sconfitta del Male Assoluto è costata milioni di morti, la pace di Hitler e Mussolini ha coinciso con le loro tombe,grazie a Dio.Ognuno pensi quello che vuole,perbacco,ma racimolare sentenze salvifiche il proprio tornaconto è lo spirito che giustifica in qualche modo la violenza sugli umili.La pace perpetua di Kant che comporta il rispetto dei vinti,  l’ anarco comunismo solidale,storico,liberatorio e libertario di tradizione secolare, che rifiuta la guerra imperialista aggressiva, rimangono valori di coerenza.L’ autonomia di una  ragione idealistica, che ci possa salvare  dalla merceologia delle  idee e già un passo avanti per non cadere nella pace assoluta solo nei tempi di guerra : la pace,solitamente,ha i suoi onori,gli oneri sono la guerra. ( oggi oltre a Gaza e Ucraina ci sono 56 guerre dimenticate,ad esempio) Anche  una visione umanistica,solidale,non qualunquista, di una parte del volontariato e del terzo settore , di spiritualismo laico o religioso anche trasversale, e’ sempre una certezza di convivenza.Sì,basta che la paura di un senso comune di falsa libertà nella sfera dei consumi,non diventi il miglior modo per un ponzio pilatismo sugli affari correnti, mentre il dogmatismo Komunista a prescindere sa di nostalgia canaglia stalinista.L’utopista narcisista invece è il piccolo borghese qualunquista, che trova giovamento in un  irrealizzabile, che adombra la responsabilità quotidiana verso l’ ingiustizia. Quando con presunzione ci si pone davanti alla storia come fossimo solo noi a interpretarla, ci si traveste da guerrieri quotidiani del pacifismo bellicista( l’ ossimoro è in  voga in questi tempi),nell’ autorefenzialita’ dell’ essere anticonformisti,contro il pensiero unico.Sai quanta gente ogni giorno sceglie con piccoli grandi gesti di umanità , solidarietà, sincerità percorsi di umile utopia senza fanfare filantropiche?Soprattutto quando rifiuti il servilismo verso i potenti,non ti giri dall’ altra parte verso le ingiustizie ,conscio di sapere di non sapere.I desideri di volontà di potenza scambiati per bisogni,il menefreghismo totale sulla complessità della vita, le avversioni  da basso ventre contro i diritti civili: i tifosi dell’ utopia mercantile contro l’ Europa e l’ Occidente del capitale e delle multinazionali, sono la vulgata corrente pure dall’ estrema destra.Non parliamo dell’ antisemitismo di moda,si tifa per la guerriglia degli ultimi,ma solo su Facebook. Alla fine tutto va bene. Pure il generale fascista può  sembrare un antagonista,vs i poteri forti.Perché oggi se vince la sinistra vince il falso progressismo,se vince la destra trionfa la libertà di essere fascisti. Intanto vado al massimo in attesa della rivoluzione…degli altri…


1.12.23

diario di bordo n 22 anno I . oriente ed occidente , fede , femminismo

  <<    al di là delle faglie che hanno prodotto profonde fratture nell’occidente, è possibile un futuro multipolare di “convivenza tra identità diverse”, come auspica Daniele Segre? O “nessun nuovo ordine oggi è possibile”, come conclude pessimisticamente Lucio Caracciolo ?  >> .   secondo me    ancora  risposta non  c'è  .  Almeno     finche  si  continuerà    con questa   ormai  anacronistrica   contrapposizione   fra    oriente   ed  occidente   . Quindi   la     domanda  che   viene  spontanea  dopo   la  lettura     di  quest  articolo      su il Fatto Quotidiano  del  30\11\2023   


.QUANDO I BARBARI. .ERANO ALL’OVEST.

“Buoni” e “cattivi” I conflitti tra Greci e Persiani sono il fondamento narrativo della superiorità occidentale


Oriente e Occidente sono poli opposti nel mondo globale, ma stranamente anche l’america si autodefinisce Occidente e considera l’asia Estremo Oriente. Da dove si è originata tale polarizzazione unidirezionale? Gli Assiri per primi introdussero la distinzione tra Ereb o Irib, terra del sole che 

scompare dall’orizzonte, e Asia, Asu, “terra del sole che nasce”. Ma era solo un’indicazione di labili confini, non di reali frontiere in un continente che non aveva separazioni naturali. Anche il testo biblico dei Salmi (103, 12.20) si limitava a indicare la vastità del mondo da Oriente a
Occidente come paradigma simbolico dell’immensa misericordia divina. Sono stati per primi i Greci e lo storico Erodoto, in particolare, a chiedersi che cosa divideva l’europa, la terra d’occidente, dai popoli selvaggi e servili dell’est e a inaugurare tale visione asimmetrica e monocentrica con un asse portante privilegiato. La storia millenaria del mondo che noi ci rappresentiamo è stata segnata fin dall’origine dallo scontro di civiltà tra Greci e barbari che ha visto l’occidente rivendicare la sua superiorità sull’oriente. Una superiorità attribuita alla costituzione politica, all’ordine, all’intelligenza, contro l’autocrazia, il disordine e il caos informe dell’‘altro’. La storia dello scontro ideologico tra due sistemi di valori è cominciata e si è snodata sulle rive dell’ellesponto dalla guerra di Troia alle guerre persiane, rappresentate per la prima volta nella tragedia I Persiani di Eschilo. Ed è continuata come perpetua inimicizia nei secoli fino al trionfo di Alessandro e ancora dopo nello scontro che perdura tuttora tra mondo ebraico-cristiano e mondo islamico. Ma la sconfitta di Serse, presentata come vittoria della democrazia contro l’autocrazia, rivelava una lettura pregiudiziale dell’altro. Gli imperatori persiani, tra cui Ciro il grande, rappresentato anche nella Bibbia come liberatore degli Ebrei e tollerante nei confronti dei popoli vinti, e il popolo persiano non potevano essere solo autocrati dominatori su una massa amorfa di schiavi. Le fonti restituite, comprese le iscrizioni, l’arte e le recenti scoperte archeologiche in Iran dello studioso Lloyd Llewellyn-jones potranno aiutare la ricerca della verità e dar corpo a un’autentica “versione persiana” di questo straordinario primo impero dell’antichità.

Allargando lo sguardo alla vastità dell’oriente, le coordinate si perdono e la cultura greca, presentata nel corso dell’ottocento come “un miracolo”, non appare più come un unicum. Certamente la filosofia greca diede un contributo importante allo sviluppo del Logos nella storia occidentale, ma che cosa la distingue dalla saggezza orientale? Gli stessi filosofi greci si riconoscevano debitori di una civiltà millenaria più antica. Si può parlare allora di “comune lascito dell’“età assiale” o di “miracolo greco”? Di età assiale ha parlato per primo nel 1949 Karl Jaspers e da qualche decennio se ne discute: un arco di tempo che va dall’800 al 200 a.c., in cui sono sorte contemporaneamente diverse tradizioni religiose e filosofiche: in Cina con Confucio, in India con Buddha, in Iran con Zaratustra, nel contesto ebraico con Geremia, Isaia ed Elia, per non parlare dei greci. Perciò in questo quadro sfaccettato anche la storia non appare diretta linearmente, ma sembra ruotare intorno al medesimo asse. Accanto alla discussione sulla filosofia greca si possono quindi considerare aspetti di questa saggezza orientale, entrata tangenzialmente in Occidente, come gli editti del principe indiano Ashoka, scritti in pracrito, aramaico e greco, ritrovati incisi su pilastri, massi e caverne in Afghanistan, Bangladesh, India, Nepal e Pakistan, precetti ispirati al buddismo. O il manuale sull’arte della guerra o meglio del conflitto di Sunzi, un classico di strategia militare, la più importante opera dell’antichità cinese, che è anche uno dei più raffinati e influenti manuali di strategia politica e sociale, di attualità sconcertante. Ma per lo più quel mondo del “sole che sorge” restava avvolto nella leggenda, alimentando il mito o il pregiudizio dell’autoctonia della città simbolo della Grecia: Atene; un modo per autocelebrarsi e rafforzare la contrapposizione tra se stessi e i barbaroi. E la barbarie era soprattutto rappresentata nell’ethos tragico delle donne, che si manifesta in alcune tragedie di Eschilo e di Euripide.

Ma nella rappresentazione dell’altro come barbaro, forma onomatopeica che mima la balbuzie, c’è una certa arroganza che trascura millenni di civiltà orientale, come quella indiana e cinese, coltivata senza ambizioni di espansione militare. Un mondo che resterà lontano e si aprirà lentamente allo sguardo dell’occidente soprattutto attraverso le vie del commercio di un prodotto raffinatissimo e prezioso come la seta, veicolo di incontri di culture. Un reale incontro tra culture fu invece il risultato del sogno ambizioso di Alessandro Magno, il sogno di unire Oriente e Occidente, risolto rapidamente col taglio del nodo di Gordio, ma diventato realtà duratura soprattutto con la nascita della cultura ellenistica in cui la lingua greca, divenuta koiné, veicolò le varie culture del vicino Oriente. La nuova città Alessandria in Egitto e la sua Biblioteca furono al centro di incontri, ma anche di scontri tra culture e religioni dell’oriente. Fu in quei luoghi che iniziò la traduzione in greco dell’antico Testamento scritto in ebraico, che divenne nota come “Bibbia dei Settanta”; ma Alessandria fu anche teatro del primo pogrom della storia, testimoniato con parole toccanti dall’ebreo Filone. E in Alessandria si consumò il femminicidio di Ipazia, vittima del fanatismo e dell’invidia, di cui ha ricostruito “la vera storia” Silvia Ronchey. Ma le categorie di Oriente e Occidente sono diventate sempre più vaghe e ambivalenti da quando una religione d’oriente come quella cristiana è diventata valore identitario in Occidente. Scontro o incontro? “Che cos’hanno in comune Atene e Gerusalemme?”: a questa domanda provocatoria di Tertulliano risponderanno il cardinale Gianfranco Ravasi e Ivano Dionigi sabato al teatro Carignano nel corso del festival di Torino. La religione cristiana, assimilando anche la cultura greco-romana, si impose in Occidente con Costantino che spostò la capitale dell’impero romano a Costantinopoli, su quelle rive dell’ellesponto che costituivano l’avamposto dell’oriente. E lì, dopo Teodosio e la divisione dell’impero di Roma, si affermò quell’impero romano che sarebbe sopravvissuto mille anni di più dell’impero romano d’occidente. E che avrebbe mantenuto quella raffinata cultura greco-romana, che in Occidente si era perduta e trasformata nei regni romano-germanici fino alla nascita del Sacro romano impero carolingio. Maometto e Carlo Magno era il titolo del libro di Pirenne dedicato alla storia del primo incontro/scontro tra Islam e Impero carolingio. Quell’incontro ebbe momenti di pacifica convivenza, produttiva di risultati culturali importanti, come il ritorno in Occidente del pensiero di Aristotele mediato dalla cultura araba, ma col tempo ripropose il cliché dello scontro di civiltà iniziato con le Crociate. Uno scontro che riuscì anche a rimescolare le carte nei rapporti tra Oriente e Occidente, come quando la quarta crociata, promossa dalla piccola nobiltà franca e da Venezia, fece apparire i crociati come veri barbari agli occhi della coltissima principessa bizantina Anna Comnena. Al punto che si poté dire in seguito, a proposito della successiva caduta di Costantinopoli a opera dei Turchi ottomani: “Meglio il turbante turco che la tiara latina”. Un vero capovolgimento dell’immagine tradizionale dell’oriente e dell’occidente, due categorie ambigue e ambivalenti che riflettono le faglie dell’europa, su cui si interrogheranno nel festival anche politologi e analisti, affrontando il “tema della “deriva dell’occidente”, la prospettiva di “una tempesta perfetta” nello scontro bipolare o quella di “un futuro asiatico”. Ma, al di là delle faglie che hanno prodotto profonde fratture nell’occidente, è possibile un futuro multipolare di “convivenza tra identità diverse”, come auspica Daniele Segre? O “nessun nuovo ordine oggi è possibile”, come conclude pessimisticamente Lucio Caracciolo?


è  arriveremo mai  a  ciò    a  

traduzione  in italiano  di Immagine  di J.lennon  


  proprio la canzone   di Lennon mi      riporta  alla mente una  discussione   avuta   con  un amica   femminista  su  film  Il film, intitolato Il Vangelo secondo Maria, prende spunto dall'omonimo testo di Barbara Alberti, in  cui   secondo  IL  GIORNALE    mi pare  di  martedi  o  mercoledi  : << Sarà una Maria di Nazareth "pagana, ladra, selvaggia e femminista", come la descrive l'Ansa, quella che verrà proiettata al Torino film festival. Una Madonna che non è per niente felice del progetto che Dio ha per Lei e che, quasi provocatoriamente, Gli chiede: "Perché proprio a me?". Come se non volesse accogliere in Sé il Figlio di Dio. Come se quella gravidanza fosse un peso e non un dono per l'umanità intera. Il film, intitolato Il Vangelo secondo Maria, prende spunto dall'omonimo testo di Barbara Alberti, la quale, intervistata dall'Ansa, afferma: "Ho scritto questo libro nel 1979 al solo scopo di far sorridere la Madonna. Viene sempre rappresentata come una serva assoluta che per destino dovrà solo piangere e partorire senza conoscere uomo. Insomma, l'indicazione che veniva data alle donne era piangere. Credo che noi donne possiamo essere qualcosa di più di una figurina del dolore". [...]>>.   

  IO 

da Una Maria di Nazareth pagana, selvaggia e femminista: ecco il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca (unionesarda.it del 26\11\2023 )

Una Maria di Nazareth pagana, selvaggia e femminista: ecco il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca

Ad interpretarla Benedetta Porcaroli: Alessandro Gassman sarà Giuseppe
Una foto di scena del film \"Vangelo secondo Maria\" di Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann (foto Ansa)
Una foto di scena del film "Vangelo secondo Maria" di Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann (foto Ansa)



Piomba sul Torino Film Festival una Maria di Nazareth mai vista prima, pagana, ladra, selvaggia e femminista e soprattutto una donna che non è affatto contenta del suo destino e non manca a dire a Dio in persona: «Perché proprio a me?».
È “Vangelo secondo Maria”, il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann, tratto dall'omonimo romanzo di Barbara Alberti, che lo ha anche sceneggiato assieme a Paolo Zucca e ad Amedeo Pagani. «Ho scritto questo libro nel 1979 al solo scopo di far sorridere la Madonna. Viene sempre rappresentata come una serva assoluta che per destino dovrà solo piangere e partorire senza conoscere uomo. Insomma, l'indicazione che veniva data alle donne era piangere. Credo che noi donne possiamo essere qualcosa di più di una figurina del dolore», spiega oggi Barbara Alberti.Il film Sky Original, prodotto da La Luna, Indigo Film, Vision Distribution, mette in campo una Maria ragazzina a Nazareth dove tutto le è proibito, anche imparare a leggere e scrivere, un vero inferno per lei che sogna di scappare quanto prima su un asino come fanno i profeti per andare alla scoperta del mondo. Dopo aver messo a tappeto ogni pretendente trova in Giuseppe (Alessandro Gassmann) un maestro di saggezza, ma il loro matrimonio è casto, mentre lui segretamente la istruisce, preparandola alla fuga. Ma ecco un ostacolo imprevisto: Maria e Giuseppe si innamorano. Stanno per abbandonarsi alla passione, quando l'angelo dell'annunciazione rovina tutto. [...] 
io  in verde    lei  in bianco  


cerco l'originale e poi ne faccio una mia interpretazione . Per il femminismo io distinguo tra femminismo conservatore e femminismo progressista \ pluraree . Ciò no vuole dire che il patriacato non esiste anzi esiste sotto nuove forme Come dice Nando della chiesa su il Fatto Quotidiano d'oggi


Dopo le manifestazioni per Giulia di sabato scorso vale la pena continuare a riflettere su quanto è accaduto. Perché una causa cruciale è certo il patriarcato. Ma ce ne sono anche altre, che la travalicano.Vissi con ammirazione e i dovuti sensi di colpa la rivoluzione femminista, che entrò nella mia giovane casa con dolcezza pari all’intransigenza. Il mondo “progressista” la fece formalmente sua. Ma negli anni Ottanta accadde una cosa che doveva pur allarmare. I settimanali impegnati e progressisti iniziarono a fare a gara a mettere in copertina donne nude, provocanti, ammiccanti, con ogni pretesto. In alcune riunioni di redazione si chiedeva addirittura, come fosse l’asso da poker, “ma abbiamo la f… in copertina?”. Rientrò così dalla finestra la donna-oggetto. Perché “vendeva”. Il fatto non apparve grave ma piuttosto “libertario”. Erano stati o no quei settimanali in prima fila per i diritti della donna, a partire dal divorzio? Con quell’alibi, e la concorrenza delle tivù commerciali appena nate, tornò in forma nuova il vecchio mondo, che l’ingresso delle donne in alcune carriere rendeva meno visibile. Al punto che con Gianni Barbacetto pubblicammo nel 1988 un numero speciale del mensile Società Civile (“Sbatti il nudo in prima pagina”) per denunciare quanto accadeva, ripubblicando pagine e pagine di quelle copertine. Pura testimonianza.PERCHÉ L’ONDATA politico-ideologica successiva restituì piena dignità a quel mondo. Non era solo patriarcato. Era qualcosa di diverso. E il nostro Parlamento nato dalla Costituzione più bella del mondo ne fu invaso. “La Lega ce l’ ha duro” di Bossi alla senatrice Boniver, il “taci gallina” in aula alla senatrice Acciarini, gli insulti irriferibili del suo schieramento alla ministra Prestigiacomo proprio sui diritti. E le ironie su Rosy Bindi “più bella che intelligente”. E le alleanze internazionali nutrite dalla offerta di grazie femminili ai potenti in visita in Italia, come neanche le schiave nell’iliade. Non persone, appunto, ma oggetti. Da anni la donna fa notizia solo se vittima di stupro (quanto siamo indignati) o se sale ai vertici di qualcosa (quanto siamo civili). Le sue fatiche più nobili e dure, la sua stessa storia civile viene ignorata. Decine di migliaia di insegnanti hanno tenuto in piedi non la scuola ma anche le istituzioni nei periodi più duri della storia nazionale, da Palermo a Milano, e non glielo ha mai riconosciuto nessuno.I girotondi dei primi anni duemila furono inventati e alimentati soprattutto da donne ma sono stati raccontati al maschile. Le donne sono da quarant’anni la spina dorsale del movimento antimafia ma, non solo per l’immagine incombente dei grandi eroi, la narrazione che se ne fa le tiene accuratamente sullo sfondo, salve alcune familiari di vittime. La sinistra ha eletto a cuore della sua battaglia per i diritti l’“orientamento sessuale”, quando la questione delle questioni era d ra m m at i c a m e n t e l’“appartenenza di genere”, ossia l’altra metà del cielo. Come una Maria Antonietta repubblicana che sventoli le brioches (il “politicamente corretto”) quando il popolo non ha il pane. Spesso facendo dei celebri asterischi il simulacro della modernità. Incapace di vedere che mentre il numero degli omicidi scendeva a precipizio aumentava invece quello dei femminicidi, quasi che la società avesse gradualmente ma implacabilmente selezionato il bersaglio del suo potenziale di violenza. Non la violenza di una pistola, si badi; ma quella più efferata del coltello, del bastone o dello strangolamento (“Ma lei sa quanto ci vuole per strangolare una persona?”, chiese una volta un collaboratore di giustizia al giudice che lo interrogava).emblematica fu la vicenda di Lea Garofalo. Uccisa, fatta a pezzi, bruciata, sotterramento delle ossa in campagna. Per avere tradito lo speciale patriarcato mafioso, fuggendo con la figlia Denise a cui voleva dare un futuro libero. Ci vollero anni perché il suo processo trovasse ascolto. Quando arrivò il cronista di un grande quotidiano in aula e mi chiese di che cosa si trattasse, avendolo saputo mi rispose “Ah, una mafiata”. Alzò le spalle e se ne andò.Oggi decine di donne del sud sono sotto protezione, in luoghi lontani, addirittura con nome diverso, per la stessa ragione. Non è forse un grande problema sociale? Il fatto è che dietro Giulia c’è un mondo immenso fatto anche della nostra ipocrisia, del nostro narcisismo politico, della irresponsabilità delle istituzioni. Un mondo fatto della nostra indolenza, perché “accorrere a un grido” chiede corsa, ossia fatica. Per questo nel 2007 Marianna Manduca fu uccisa a Palagonia dopo avere denunciato l’ex marito dodici (12!) volte. C’è, se possibile, qualcosa di più grande del patriarcato. La mattanza ha molti padri. E anche qualche madre.


Io sono per un femminismo plurale ed aperto Il femminismo almeno quello vecchio stile non è legato al passato mi ero spiegasto male . Però è poco attento ai cambiamenti . Maschio in crisi d'identità ed assueffatto ( salvo alcuni ) alla cultura della donna oggetto vedere articolo di Dalla chiesa Infatti vede solo ( tranne poche ) il femminicidio come frutto \ derivazione del patriarcato , almeno da discorsi che ho sentito ., e non come una sua crisi . Non tiene in considerazione che cin sono anche uomini chge lottano , soffrono ed hanno bisogno d'aiuto per liberarsi di tali cose . ed li esclude Ok sei contro la fecondazione eterologa ed gravidanza per gli altri ( cosa diversa dall'abberrante pratica dell'utero in affitto ) ma manch di rispetto e insulti chi la fa . Io ho sentito ed letto , magari come ti ho già detto mi sto avvicinando a tali tematiche , che si critica solo gli uomini che fi fanno ricorso mentre se sono due donne viene accettatao assa in secondo piano . si considera una donna che sceglie d'essere oggetto la si attacca . vedi  questa  discussione





 qua  per  i commenti  che   essa   ha  suscitato   .  Io   la penso come pina e con aldo . ma visto il post di maria ho seri dubbi e credo che la rimetterò in discussione. Ma  soprattutto  provare   a dialogare   fra   I membri del Cum  (  centri uomini maltrattati )  e  concordare un'azione comune con i centri antiviolenza sulle donne  delle iniziative  contro la  violeza  di genere   e una maggiore apertura al dialogo e l'adozione di punti di vista alternativi capaci di relativizzare la contraddizione esistente fra i due sessi in un'ottica di mutua comprensione. 

29.7.22

Bartolucci chiude bottega, Geppetto si arrende alla crisi: addio al Pinocchio d’autore., L'erede dell'antica arte dei carretti siciliani Michele Ducato è l'ultimo decoratore L'erede dell'antica arte dei carretti siciliani Michele Ducato è l'ultimo decoratore., Alber donati e il cottage letterario in un paese di 180 anime tra le colline della Garfagnana,

Le botteghe di Firenze e Roma erano lì dal 1996 e dal 2002. Nel loro spazio profumato di cirmolo in pieno centro storico sono passate generazioni, tra ricordi e nostalgia di una manifattura fiabesca. Anche Michelle Obama, durante la visita ufficiale a Roma del presidente Barack, accettò che le figlie, con la nonna, andassero a conoscere Pinocchio. Un mese dopo al manager dello store romano arrivò una lettera con il sigillo della Casa Bianca: "Grazie per tutto quello che hai fatto - scriveva Michelle - le mie figlie sono state felici. I ricordi del nostro tempo a Roma resteranno con noi a lungo".
Un pezzo di storia se ne va. I due negozi chiuderanno nel fine settimana, a meno che il curatore fallimentare non disponga una proroga di alcuni giorni. "Mi sono trovato spiazzato - racconta Bartolucci - perché la pandemia ha fermato tutto. Siamo rimasti gli unici a non produrre in Cina sottocosto, facciamo tutto a mano con i nostri operai. Solo così si ottiene l'autenticità di un oggetto, che si sente al tatto, con la levigatura di certe rifiniture".




Dalla vecchia falegnameria del mastro alla fabbrica dei sogni. In mezzo il flusso di ricordi, come la costruzione del Pinocchio per la fiction omonima con Bob Hoskins nei panni di Geppetto, dove al centro del palco c'era il banco con i pochi attrezzi necessari, manuali e originali degli anni '40, un trapano, seghetti e uno scalpello curvo.
"Con la ripresa del pagamento dei mutui la situazione è diventata drammatica - racconta Mariagrazia Stocchi, amministratrice delegata dell'azienda e moglie di Francesco -. Per risollevare il fatturato due anni fa avevamo preso anche un locale in affitto in Corso Vittorio a Roma, ma è stato aperto solo quattro giorni, poi c'è stato il lockdown. Lo avevamo allestito con tanta speranza. Invece sì è rivelato un boomerang".
L'agonia è stata lunga, una trattativa durata un anno con un'azienda cinese interessata all'acquisto non è riuscita a cambiare le sorti. "Ora stiamo pensando di cessare ogni attività nel giro di un paio di settimane: dopo Urbino, toccherà al negozio di Firenze, poi Roma. Anche l'e-commerce è sospeso da giorni. Rimangono alcune giacenze dai nostri rivenditori tra i quali Dubai, Madrid, San Francisco, Malta e Atene", confessa Mariagrazia.





Eppure Pinocchio ne ha fatta di strada. Da una favola all'altra, da burattino parlante venduto in più di un milione di pezzi a un impero con 150 punti vendita nel mondo. Ma anche un salto dal passato al futuro, dalla falegnameria di Geppetto al marketing esperienziale: negli angoli adibiti a museo era stata ricreata la bottega antica per mostrare ai clienti la sapiente arte dell'intaglio. Anche per questo, una prestigiosa rivista Usa ha inserito l'azienda tra i primi 15 negozi di giocattoli al mondo e le figlie di Walt Disney hanno chiesto alcuni esemplari da esporre nel loro museo di San Francisco.

La chiusura dell'attività è il grande dolore di Bartolucci: "Mi piaceva vedere la gente emozionarsi, era come passare davanti a un forno e sentire l'odore del pane. E poi le notti a lavorare al banco, quando mi sembrava che i burattini mi parlassero. Era come stare in mezzo ai bambini. Quei negozi per me erano figli". C'era una volta un pezzo di legno.








Un Paese dei Balocchi senza giochi

Sul Pinocchio di Collodi a leggerlo c'è da stupirsi perché si sfatano un paio di miti. La prima riguarda il Paese dei Balocchi. Giochi, sì; ma pochissimi i balocchi. Nel meraviglioso elenco collodiano che dipinge a parole un animatissimo Bruegel compaiono delle spade di cartapesta, cerchi, palle, cavallini di legno e poco altro. Per il resto gli abitanti della gaia contrada si azzuffano, si sbeffeggiano, corrono, saltano, ballano e sono in pratica i parossistici balocchi di sé stessi. L'altro mito è proprio quello delle bugie. Pinocchio ne dice pochissime e il naso gli si allunga anche quando non ne dice. La prima volta è quando si accorge che la pentola in cui spera di trovare di che mangiare non è vera ma è dipinta sul muro. La verità è che Pinocchio "resta con un palmo di naso" - naso che appunto gli si allunga - quando si imbarazza e dall'emozione l'animo gli si ingorga sino a sconvolgergli il sembiante.

E ora solo burattini Made in China

La falegnameria dei Pinocchi acquistabili ora chiude e ci si dovrà consolare con esemplari di produzione cinese e di qualità fatalmente inferiore. Quella di Geppetto però resta dov'è, nei primissimi capitoli di un libro che ricordiamo in modo impreciso, poiché lo abbiamo presente più nella fallibile memoria collettiva che sui nostri scaffali. Apriamolo, ritroviamo quegli "occhiacci di legno". La sua voce tornerà subito a canzonarci, ma anche a ridirci chi siamo.



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L'erede dell'antica arte dei carretti siciliani


Michele Ducato è l'ultimo decoratore della bottega fondata dal nonno a Bagheria nel 1895. Storia, rinascita e curiosità di questa lontana tradizione.


una  tradizione    che resiste  ed    ha  avuto  uno  splendido  splendore    come dimostra  quest'altra storia  




.......

Quando


Quando decise di aprire un cottage letterario in un paese di 180 anime tra le colline della Garfagnana, Alba Donati venne presa per pazza. Ma il tempo  ed  il   libro  (  foto  a  sinistra  )  in  cui   racconta  la  sua  vicenda  ovvero     di  Una libreria microscopica in un paesino di180\200 persone sperduto sulle colline toscane, ma portentosa come una scatola del tesoro. Dai bambini che entrano di corsa alle marmellate letterarie, da Emily Dickinson a Pia Pera, le giornate nella Libreria Sopra la Penna sono ricche di calore, di vite e storie, fili di parole che legano per sempre: una stanza piena di libri è l'infinito a portata di mano. E che ha subito un incendio ma grazie al Crowdfunding ha riaperto . il resto della stroria nei diue video sotto








12.1.19

RAINBOW FAMILY, LA COMUNITÀ CHE SI RADUNA NELLA NATURA SENZA CELLULARI E DENAR

DA  https://www.mangiaviviviaggia.com/


RAINBOW FAMILY, LA COMUNITÀ CHE SI RADUNA NELLA NATURA SENZA CELLULARI E DENARO

written by Zaira settembre 14, 2017
“Quando la Terra sarà devastata e gli animali quasi estinti, giungerà sulla terra una nuova tribù di popoli di ogni colore, cultura e fede, e questi, attraverso le loro opere e le loro azioni, renderanno di nuovo verde la Terra. Essi saranno la tribù dei Guerrieri dell’Arcobaleno”
(Antica profezia indigena degli Indiani d’America)
Molte persone li hanno soprannominati semplicemente “i nuovi hippie“, perché la Rainbow Family of Living Light è un movimento che si basa sugli stessi ideali: unisce persone provenienti da ogni parte del Mondo sotto i valori di non-violenzanon-gerarchia e uguaglianza.
La grande differenza è che, rispetto agli hippie, i membri di questo movimento si ispirano alla cultura degli Indiani d’America.
“Ci danno degli hippie – commenta Matteo, psicologo e psicoterapeuta di Milano appartenente alla Rainbow Family – ma lo siamo solo nella misura in cui si pensa all’unione e alla condivisione. Noi non abbiamo nulla a che fare con le esagerazioni di allora”.
I gatherings
Fin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1972, la Rainbow Family si è sviluppata soprattutto attorno aigatherings.
Si tratta di incontri annuali itineranti e gratuiti, che si tengono in svariate località e sono aperti a tutti coloro che desiderano parteciparvi, senza distinzioni.
Per questi incontri si tendono a prediligere i mesi estivi ma soprattutto i luoghi incontaminati, difficili da raggiungere ma ricchi di acqua e legname.
gatherings, in altre parole, sono l’occasione per unire l’uomo alla natura, ritrovando quel contatto andato perduto nella frenetica società odierna.
Solitamente durano un mese e seguono i cicli lunari: iniziano con la luna nuova e terminano con la successiva, condensando il rito più importante durante il plenilunio.

Ritrovare il contatto con la natura e con gli altri

Partecipare ad un gathering rappresenta un’esperienza intensa e aperta a tutti. Offre la possibilità dientrare in contatto con se stessi, la natura e gli altri, sperimentando uno stile di vita più semplice e puro.
Un rigenerante ritorno al passato.
Sugli inviti elargiti in occasione del primo Rainbow Gathering, si leggeva questo messaggio che chiarisce bene il forte sentimento di pace e fratellanza che i membri desiderano diffondere:
“Noi, che siamo fratelli e sorelle, figli di Dio, famiglie della vita sulla terra, amici della natura e di tutti i popoli, figli dell’umanità e che ci chiamiamo Tribù della Famiglia dell’Arcobaleno, umilmente invitiamo:
tutte le razze, i popoli, le tribù, le comunità, gli uomini, le donne, i bambini, gli individui a unirsi a noi per ritrovarci insieme allo scopo di esprimere il nostro sincero desiderio che ci sia pace sulla terra e armonia fra tutti i popoli.
Per svolgere culti aperti, preghiere, canti e qualsiasi cosa si voglia e si desideri. Perché vi sia un silenzio meditativo, contemplativo, in cui noi, il popolo del mondo invitato, possiamo avere considerazione e rendere onore e rispetto a chiunque e a qualsiasi cosa sia stato d’aiuto per l’evoluzione positiva dell’umanità e della natura qui, sul nostro amatissimo e splendido mondo”.

Una comunità basata su uguaglianza, rispetto e amore per la vita

Durante i gathering si forma una vera e propria comunità temporanea priva di leader, in cui ognuno offre agli altri ciò che desidera condividere.
Ovviamente vigono anche alcune regole importanti, volte a tenere forte l’ideale alla base del movimento e soprattutto a garantire il massimo rispetto della natura e dei partecipanti.
HIPPIE TRAIL, IL LEGGENDARIO PERCORSO DEGLI HIPPIE PER SCOPRIRE L’ORIENTE
È infatti vietato introdurre alcooldroghearmifarmaci (eccetto i salvavita).
Ma non solo: considerando che lo scopo è ritrovare il contatto con se stessi, la natura e gli altri, non sono ammessi nemmeno gli apparecchi metallici, compresi orologi e cellulari.
Fanno parte della «Famiglia Arcobaleno» anche medici e infermieri, ma l’approccio è quasi esclusivamente olistico: il raduno è considerato curativo di per sé, perché si ritiene che sia la natura a regalare il miglior benessere psico-fisico possibile.

L’importanza della condivisione

Due volte al giorno i bambini passano tra i partecipanti reggendo il cosiddetto «cappello magico» per raccogliere le offerte necessarie ad acquistare gli alimenti per i pasti in comunione.
Questa è l’unica circostanza in cui si accetta denaro, a meno che i partecipanti non decidano di donare direttamente del cibo.
Ciò che conta è che ognuno porti un personale contributo alla comunità: c’è chi prepara la legna, chi i pranzi, chi regala massaggi o corsi di yoga, botanica, meditazione e persino chi elargisce abbracci.
La musica viene suonata unicamente dal vivo e la lingua usata è l’inglese, oltre al sorriso.

Un fenomeno globale

Anche in Italia questo fenomeno sta prendendo piede.
Il primo gathering è avvenuto nel 2002 mentre nel luglio del 2017 se ne è tenuto un secondo in Friuli Venezia Giulia, a Tramonti di Sopra, nel Pordenonese.
È terminato il 21 agosto 2017 e ha visto la partecipazione di più di 3000 persone di tutte le età, compresi numerosi bambini, anziani e famiglie, tutte con zaino in spalla, tende e un forte sentimento di amore verso la natura e il genere umano.
TAYLOR CAMP: IL SOGNO INFRANTO DI UN VILLAGGIO HIPPIE IMMERSO NEL VERDE DELLE HAWAII
Il raduno è stato ben accolto e sostenuto anche dagli abitanti del luogo e dalle organizzazioni comunali, che hanno dichiarato gli appartenenti alla Rainbow Light Family delle persone tranquille e pacifiche che credono ancora nella fratellanza.
La radura di Tramonti di Sopra era raggiungibile in quattro ore di camminata in salita e all’arrivo tutti venivano accolti da un grande cartello che riassume in poche parole lo spirito di questa comunità:
Benvenuto: chiunque tu sia, questa è casa tua!

20.10.18

non sapevo che smontare i miti e fare politica e non politika fosse una vergogna

 canzone     suggerità  e  colonna  sonora  del post




il monologo di  Vincenzo Salemme  preso  da   un recente  post  condivisdo  sulla mia bacheca  di  facebook   capita  a proposito  per  raccontarvi  due  post   avvenuti  su facebook  : 
 il primo privato   ,  il secondo  di  una mia  amica  ma che  rappresenta il mio modo di pensare ed  mi permette  di spiegare meglio , anch e se  è  e già presente  nelle FAQ  la  differenza  tra politika  ( scritta    volutamente  con la  k  per  indicare  i politicanti  ed  i politici di professione  )  ed  politica ( politica  della  gente     , politica  dal  basso ed  apartitica   ) .
Ma  andiamo  con ordine   . IL primo è un litigio  con la  mia  vecchia  amica  e  compagna di  viaggio e  di strada    ventennale  conosciuta    sul news  groups  ( NG  )  ormai scomparso  it.discussioni.censura       Antonella Serafini    di www.censurati.it
Il  litigio è  avvenuto coem potete  notare  dala  discussione    su fb  e  poi su wtzap     per  un motivo  banale   e  se   vogliamo     ridicolo  secondo  me    ma   in realtà    divergenza  di vedute     capita     su    quello  che  inmedia  embed      e  la  volgata  comune  considera    un eroe  antimafia   facdendo passare    il  secondo  piano    le  sue  ambiguità       nel   arrivare  alla  lotta  al crimine   e  alla  giustizia . 


Giuseppe Scano
19 h
YouTube
 · strano che il capitano ultimo ( Antonella Serafini ) lo abbia ossannato

Antonella Serafini VergognatiGestireMi piace




Rispondi17 h

Giuseppe Scano Antonella Serafini perché solo perché ho espresso un dubbio?!
Gestire


Rispondi17 h

Antonella Serafini Giuseppe Scano per la mancanza di rispetto verso il generale Dalla Chiesa
Gestire


Rispondi17 h

Giuseppe Scano Antonella Serafini mettere indiscussione  e smontare i miti lo é  ? 
Gestire


Rispondi17 hModificato

poi  la  discussione   è  continuata   fino a  suo  blocco su wtzp 
[23:25, 19/10/2018] Redbeppeulisse: Di cosa mi devo vergognare ?!  Dolo d'aver espresso un dubbio . Non su ultimo ma sulla dalla chiesa e di come ultimo ne mostri solo un lato e non a 360 gradi
[23:26, 19/10/2018] Antonella Serafini: Il generale è un eroe su cui hai buttato fango
[23:26, 19/10/2018] Antonella Serafini: Morto ammazzato anche per te
[23:26, 19/10/2018] Antonella Serafini: Sacrificio inutile, vedo
[23:27, 19/10/2018] Redbeppeulisse: Mah . Un eroe ambiguo . Se lo analizzi a 360 gradi
[23:27, 19/10/2018] Antonella Serafini: Ripeto: vergognati
[23:28, 19/10/2018] Redbeppeulisse: Per aver mostrato l'altro lato della 🏅  e dell'eroe 
  e qui  mi  ha  bloccatto  
[23:31, 19/10/2018] Redbeppeulisse: Nessun sacrificio é inutile di chi lotta contro le mafie. Sia che sia professionista dell'antimafia sia che sia onesto e puro come Falcone e Borsellino
[23:32, 19/10/2018] Redbeppeulisse: Notte
[07:34, 20/10/2018] Redbeppeulisse: Credevo che gli amici  ventennali  potessetero  avere divergenze  d'opinioni  evidentemnente  mi sbagliavo 


qui non si parlava di ultimo in se. Ma del suo elogiare persone poi diventate eroi e simboli ma che in realtà sono stati ambigui . Ecco perché ho litigato con vostra sorella che ha un carattere pepato almeno da quel modo che ho avuto di conoscerla e frequentarla anche se solo virtualmente. Ma pazienza speriamo di niuovo un giorno di rincontrarla lungo la strada



 perchè certe amicizie ti rimangono dentro e dificilmente si dimenticano visto che sono una parte di te e ti hanno dato molto e contribuito ad essere quello che sono . 


IL  secondo  è  un risposta   alla becera  ed  ignorante  proposta di    Salvini    quella   è politika      la  seconda  è politica  
Io faccio politica in classe, sì.
Faccio politica ogni volta che spiego la storia, ogni volta che condanno il fascismo, ogni volta che mi rifaccio alla Costituzione, ogni volta che racconto le luride azioni di Hitler, Mussolini e Stalin, ogni volta che in letteratura scelgo Primo Levi e leggo passi di "Se questo è un uomo", ogni volta che insegno ai miei alunni l'uguaglianza e l'integrazione degli stranieri, ogni volta che affermo che sulla terra esiste una sola razza: quella umana.
"Politica" deriva da polítēs e significa cittadino. 
Faccio politica in classe ogni volta che insegno l'educazione civica, la convivenza pacifica, le regole del vivere civile, la capacità di far valere i propri diritti e ottemperare nei doveri.
Che venga pure ad arrestarmi Salvini, ma che prima trovi qualcuno che gli spieghi con parole molto elementari che quella vietata in classe è la propaganda elettorale e non "la politica".
Perché se un ministro non conosce questa differenza basilare, chi dovrebbe cambiare mestiere è proprio lui.

TECNICADELLASCUOLA.IT
Un insegnante che fa politica in classe deve cambiare mestiere: lo ha detto il vicepremier Matteo Salvini, commentando l’assegnazione di un tema in un liceo di Crotone, nel quale sarebbe stato fatto un parallelismo tra le leggi razziali del 1938 e il “recente decreto in discussione al Parlamento...








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