http://messaggeroveneto.gelocal.it/tempo-libero/2017/11/25
Anna Frank e io, dal Friuli la storia di due cugine divise dal destino
Vive a Pordenone una parente del simbolo dell'Olocausto:Teresa Del Cont, 93 anni. «Per molto tempo dovetti tacere per paura.» L’anziana pordenonese racconta quei mesi. Della sorte degli illustri familiari venne a sapere solo dopo la fine della guerra
di Enri Lisetto
Teresa Del Cont sfoglia ripetutamente il Diario. Lo apre a caso, legge qualche passo. Lo chiude, guarda la fotografia di copertina in bianco e nero, scuote la testa e ripete: «Povera Anna, povera Anna. Avevamo gli occhi uguali». Teresa Del Cont si rivela «cugina collaterale» della vittima dell’Olocausto più conosciuta al mondo, attraverso la famiglia della madre.Teresa abita a Pordenone. Ha 93 anni («sono molti, ma ho buona memoria») e nonostante sia passato tanto tempo, non ha mai dimenticato i legami e i fatti: né i giorni della seconda guerra mondiale, con i suoi tanti drammi e i mai sopiti dolori, né la sua grande famiglia, dalla quale troppo presto ha dovuto separarsi e che annovera una componente che divenne il simbolo delle vittime innocenti di quegli anni, ovvero Anna Frank.A tramandare e supportare i suoi ricordi, che il tempo non ha cancellato, ma solo un po’ offuscato, sono un sacerdote – don Matteo Pasut, colui che accompagnò le popolazioni di Erto e Casso dopo la tragedia del Vajont – e una professionista pordenonese che era a stretto contatto con i familiari della donna. Un legame che Teresa Del Cont, che trascorre molte ore in sala lettura, ama raccontare anche al personale della struttura per anziani dove soggiorna.
di Enri Lisetto
Teresa Del Cont sfoglia ripetutamente il Diario. Lo apre a caso, legge qualche passo. Lo chiude, guarda la fotografia di copertina in bianco e nero, scuote la testa e ripete: «Povera Anna, povera Anna. Avevamo gli occhi uguali». Teresa Del Cont si rivela «cugina collaterale» della vittima dell’Olocausto più conosciuta al mondo, attraverso la famiglia della madre.Teresa abita a Pordenone. Ha 93 anni («sono molti, ma ho buona memoria») e nonostante sia passato tanto tempo, non ha mai dimenticato i legami e i fatti: né i giorni della seconda guerra mondiale, con i suoi tanti drammi e i mai sopiti dolori, né la sua grande famiglia, dalla quale troppo presto ha dovuto separarsi e che annovera una componente che divenne il simbolo delle vittime innocenti di quegli anni, ovvero Anna Frank.A tramandare e supportare i suoi ricordi, che il tempo non ha cancellato, ma solo un po’ offuscato, sono un sacerdote – don Matteo Pasut, colui che accompagnò le popolazioni di Erto e Casso dopo la tragedia del Vajont – e una professionista pordenonese che era a stretto contatto con i familiari della donna. Un legame che Teresa Del Cont, che trascorre molte ore in sala lettura, ama raccontare anche al personale della struttura per anziani dove soggiorna.
«Poco prima che venisse a mancare mamma venni mandata in Italia, dai nonni e dalla zia, che abitavano in zona Cappuccini, a Pordenone. Sarei stata custodita e allevata da loro, negli anni successivi. Infatti, poco dopo si ammalò anche papà, che venne a mancare prematuramente. E capii perché mi avevano allontanata da Amsterdam».
A lenire il dolore di una Teresa ancora bambina erano, dunque, i congiunti del padre. «Mi volevano tanto bene. Mi fecero studiare alle scuole delle suore. Una sorta di collegio». Erano anni duri, di miseria. Teresa dava una mano in alcune famiglie. «Feci anche la crocerossina volontaria», esclama guardando la copertina del libro del Diario.
I destini di Teresa e Anna si incrociano sebbene da lontano. Teresa era già in Italia quando la cugina collaterale viveva gli ultimi anni della sua giovane vita. Anna Frank era nata il 12 giugno 1929 a Francoforte quando la sorella Margot aveva tre anni e mezzo. La crisi economica, la salita al potere di Hitler e i sentimenti antisemitici impongono alla famiglia di lasciare la Germania. Otto Frank e la moglie Edith si spostano ad Amsterdam. La guerra sta per scoppiare, la famiglia Frank tenta, invano, di emigrare negli Usa e in Inghilterra. La Germania invade la Polonia, poi l’Olanda, che viene occupata
La libertà degli ebrei è sempre più limitata, Otto ed Edith Frank decidono di nascondersi. Per due anni vivranno nell’alloggio segreto, dove Anna appunta le giornate che daranno vita al Diario che ha commosso il mondo.
Teresa Del Cont è in Italia. Di questi fatti verrà a conoscenza dopo la seconda guerra mondiale. «Mica c’erano i mezzi di comunicazione di oggi. Dove ci si poteva scrivere? Non sapevamo nemmeno dov’erano i nostri congiunti».
Il padre di Teresa, Placido, era figlio di Valentino Del Cont e di Teresina Frank, «legata alla famiglia di Anna». La quale «è cugina collaterale», come annota nella sua ricerca don Matteo Pasut e conferma l’anziana pordenonese.
«Anna era una ragazzina diligente e vivace: mi dicevano sempre che avevamo gli occhi uguali», dice oggi Teresa. «Così come mi dicevano che assomigliavo a Otto», l’unico dei “clandestini” a sopravvivere alla guerra: sarebbe morto nel 1980. Gli arresti erano scattati il 4 agosto 1944.
Durante il suo viaggio di ritorno in Olanda Otto Frank apprese la notizia del destino della moglie. Delle due figlie non sapeva che erano morte di malattia e di stenti a Bergen-Belsen.
Anche Teresa, durante la guerra, dovette lasciare Pordenone. Venne ospitata in una casa di contadini a Pasiano, che al termine del conflitto emigrarono per sempre negli Stati Uniti.
«Appresi dell’epilogo della famiglia Frank alla fine della guerra, in Italia – ricorda Teresa –. Per molti anni non parlai dei miei legami con loro. Me lo consigliarono i parenti, perché c’era un clima di paura. Temevano di finire nei guai». Una pausa: «Zia era una bravissima donna, mi voleva tanto bene, e proprio per questo temeva ripercussioni sulla nostra vita. La guerra aveva provocato già abbastanza sofferenze». Di Anna e di Margot, le raccontarono i parenti. «Del resto all’epoca eravamo piccoli: ogni tanto tornavo ad Amsterdam», ma i ricordi si sono affievoliti con il tempo. «Ho letto il Diario molte volte, ho visto e rivisto i film sull’Olocausto, su Anna Frank. Mi commuovono sempre».
I contatti con Otto Frank non si interruppero. «In tempo di guerra non era possibile, ma dopo ci siamo sentiti diverse volte e mi mandò a salutare».
LEGGI ANCHE:
Caso Anna Frank, tra gli ultrà un tredicenne
Condanna unanime del mondo politico e della società civile. Ma gli Irriducibili insistono: "Lo scherno non è reato". Lotito in Sinagoga: "Ogni anno porteremo tifosi ad Auschwitz". Identificati quindici responsabili dalle telecamere: tra loro due minorenni
IL mese scorso, in una curva dello Stadio Olimpico di Roma sono stati ritrovati degli adesivi con la foto di Anna Frank con la maglia della Roma, inserita con un fotomontaggio. Gli adesivi erano stati attaccati dagli ultras. Teresa Del Cont ascolta e scuote il capo: «Pensi che quando abitavo ai Cappuccini dalla mia finestra vedevo lo stadio. Non sono tifosa, ma le partite della domenica mi tenevano compagnia e mi mettevano allegria. Ora sento queste cose e mi deludono e rattristano.Di calcio, a maggior ragione, non ne voglio più sapere». Il destino ha diviso Anna e Teresa. Quest’ultima guarda e poi domanda: «Non mi crede? È tutto vero.
Di calcio, a maggior ragione, non ne voglio più sapere». Il destino ha diviso Anna e Teresa. Quest’ultima guarda e poi domanda: «Non mi crede? È tutto vero. Questa è la mia storia, quella di Anna è nota a tutto il mondo. E se un giorno vorrà tornare a trovarmi, mi farà piacere ascoltare anche la sua, perché tutti abbiamo una storia».