Anna Frank, una mostra per ricordareInaugurata nel Museo ebraico di Genova, in via Bertora 6, accanto alla Sinagoga, la mostra "Anna Frank, una storia attuale", dedicata alla giovanissima ebrea tedesca, divenuta simbolo della Shoah. Ideata e realizzata dalla Fondazione Anna Frank di Amsterdam, l'esposizione è stata tradotta in oltre 20 lingue e ha già viaggiato in più di 100 Paesi del mondo, dando il via a riflessioni, dibattiti, corsi di formazione per gli insegnanti e progetti didattici per gli studenti. La mostra resterà aperta fino al 14 marzo. Sarà visitabile tre giorni a settimana: la domenica dalle 11 alle 18, martedì e giovedì dalle 10 alle 17. L'ingresso è libero. Il percorso dell'esposizione si snoda attraverso 34 pannelli disposti cronologicamente: fotografie, lettere, immagini e citazioni del celebre Diario. Nel video di Fabrizio Cerignale, l'intervento del rabbino Giuseppe Momigliano
Teresa è nata a Budapest il 21 marzo 1924. Poco dopo viene battezzata a Esztergom, «cristiana cattolica romana», come ama definirsi. È figlia unica di Placido Dal Cont, originario di Pordenone all’epoca emigrato in Ungheria dove faceva il cameriere, e di Francesca Corosset. La coppia si conobbe ad Amsterdam, dove l’uomo si era trasferito per lavoro. «Persi mamma a 4 anni, papà quando ne avevo 10», ricorda spiegando che il primo conflitto mondiale, la miseria e la salute non erano state dalla parte della famiglia.
«Poco prima che venisse a mancare mamma venni mandata in Italia, dai nonni e dalla zia, che abitavano in zona Cappuccini, a Pordenone. Sarei stata custodita e allevata da loro, negli anni successivi. Infatti, poco dopo si ammalò anche papà, che venne a mancare prematuramente. E capii perché mi avevano allontanata da Amsterdam».
A lenire il dolore di una Teresa ancora bambina erano, dunque, i congiunti del padre. «Mi volevano tanto bene. Mi fecero studiare alle scuole delle suore. Una sorta di collegio». Erano anni duri, di miseria. Teresa dava una mano in alcune famiglie. «Feci anche la crocerossina volontaria», esclama guardando la copertina del libro del Diario.
I destini di Teresa e Anna si incrociano sebbene da lontano. Teresa era già in Italia quando la cugina collaterale viveva gli ultimi anni della sua giovane vita. Anna Frank era nata il 12 giugno 1929 a Francoforte quando la sorella Margot aveva tre anni e mezzo. La crisi economica, la salita al potere di Hitler e i sentimenti antisemitici impongono alla famiglia di lasciare la Germania. Otto Frank e la moglie Edith si spostano ad Amsterdam. La guerra sta per scoppiare, la famiglia Frank tenta, invano, di emigrare negli Usa e in Inghilterra. La Germania invade la Polonia, poi l’Olanda, che viene occupata
La libertà degli ebrei è sempre più limitata, Otto ed Edith Frank decidono di nascondersi. Per due anni vivranno nell’alloggio segreto, dove Anna appunta le giornate che daranno vita al Diario che ha commosso il mondo.
Teresa Del Cont è in Italia. Di questi fatti verrà a conoscenza dopo la seconda guerra mondiale. «Mica c’erano i mezzi di comunicazione di oggi. Dove ci si poteva scrivere? Non sapevamo nemmeno dov’erano i nostri congiunti».
Il padre di Teresa, Placido, era figlio di Valentino Del Cont e di Teresina Frank, «legata alla famiglia di Anna». La quale «è cugina collaterale», come annota nella sua ricerca don Matteo Pasut e conferma l’anziana pordenonese.
«Anna era una ragazzina diligente e vivace: mi dicevano sempre che avevamo gli occhi uguali», dice oggi Teresa. «Così come mi dicevano che assomigliavo a Otto», l’unico dei “clandestini” a sopravvivere alla guerra: sarebbe morto nel 1980. Gli arresti erano scattati il 4 agosto 1944.
Durante il suo viaggio di ritorno in Olanda Otto Frank apprese la notizia del destino della moglie. Delle due figlie non sapeva che erano morte di malattia e di stenti a Bergen-Belsen.
Anche Teresa, durante la guerra, dovette lasciare Pordenone. Venne ospitata in una casa di contadini a Pasiano, che al termine del conflitto emigrarono per sempre negli Stati Uniti.
«Appresi dell’epilogo della famiglia Frank alla fine della guerra, in Italia – ricorda Teresa –. Per molti anni non parlai dei miei legami con loro. Me lo consigliarono i parenti, perché c’era un clima di paura. Temevano di finire nei guai». Una pausa: «Zia era una bravissima donna, mi voleva tanto bene, e proprio per questo temeva ripercussioni sulla nostra vita. La guerra aveva provocato già abbastanza sofferenze». Di Anna e di Margot, le raccontarono i parenti. «Del resto all’epoca eravamo piccoli: ogni tanto tornavo ad Amsterdam», ma i ricordi si sono affievoliti con il tempo. «Ho letto il Diario molte volte, ho visto e rivisto i film sull’Olocausto, su Anna Frank. Mi commuovono sempre».
I contatti con Otto Frank non si interruppero. «In tempo di guerra non era possibile, ma dopo ci siamo sentiti diverse volte e mi mandò a salutare».
Anna

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IL mese scorso, in una curva dello Stadio Olimpico di Roma sono stati ritrovati degli adesivi con la foto di Anna Frank con la maglia della Roma, inserita con un fotomontaggio. Gli adesivi erano stati attaccati dagli ultras. Teresa Del Cont ascolta e scuote il capo: «Pensi che quando abitavo ai Cappuccini dalla mia finestra vedevo lo stadio. Non sono tifosa, ma le partite della domenica mi tenevano compagnia e mi mettevano allegria. Ora sento queste cose e mi deludono e rattristano.Di calcio, a maggior ragione, non ne voglio più sapere». Il destino ha diviso Anna e Teresa. Quest’ultima guarda e poi domanda: «Non mi crede? È tutto vero.
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Di calcio, a maggior ragione, non ne voglio più sapere». Il destino ha diviso Anna e Teresa. Quest’ultima guarda e poi domanda: «Non mi crede? È tutto vero. Questa è la mia storia, quella di Anna è nota a tutto il mondo. E se un giorno vorrà tornare a trovarmi, mi farà piacere ascoltare anche la sua, perché tutti abbiamo una storia».
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