Chiara Franco, una giovane di 22 anni originaria di Sapri, stavavpreparando il suo futuro come membro dell’Arma dei Carabinieri, seguendo le orme del padre, comandante della stazione di Torchiara.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
9.12.24
Un sogno di carriera interrotto per scegliere DIO la storia di Chiara Franco
Chiara Franco, una giovane di 22 anni originaria di Sapri, stavavpreparando il suo futuro come membro dell’Arma dei Carabinieri, seguendo le orme del padre, comandante della stazione di Torchiara.
17.7.24
Da Ossi alla serie A: Simone Solinas torna in Sardegna e giocherà nel Tempio
Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Simone Solinas, ex calciatore del Cagliari classe ’96, originario di Ossi, ritorna in patria dopo 15 stagioni lontano dalla Sardegna. L’esordio in serie A con la maglia del Cagliari, dopo aver indossato maglie prestigiose come quella della Triestina, Solinas si prepara a vestire la maglia del Tempio nella prossima stagione. Abbiamo fatto due chiacchiere con lui per scoprire di più sul suo percorso e sui suoi progetti futuri.
Dove ha iniziato a calciare i primi palloni?
“I primi calci al pallone li ricordo sicuramente al mare, con il mio babbo. All’età di 4 anni ho iniziato la scuola calcio nella squadra del mio paese, la Polisportiva Ossese.”
È cresciuto nelle giovanili del Cagliari. Com’è stato crescere lì?
“Ho iniziato con i giovanissimi nazionali per finire con la primavera e l’esordio in Serie A. Sono stati anni che mi hanno dato tanto: conoscenza, competenza, passione, sogni, gioie e anche qualche delusione. È difficile descrivere ciò che è stato in poche parole. Ho imparato il calcio e tutto ciò che lo circonda, per la squadra e insieme alla squadra. Crescere a Cagliari è stata l’esperienza più importante della mia vita, sia dal punto di vista personale che calcistico.”
Ha esordito in Serie A con la maglia del Cagliari contro l’Atalanta. Cosa significa per un calciatore esordire nella massima serie?
“Significa coronare il sogno di ogni calciatore che ama questo sport come lo amo io. Ricorderò per sempre le lacrime di gioia di quel giorno e il battito del mio cuore.”
Come mai poi non ha più calcato quei palcoscenici?
“Il calcio, oltre che di qualità proprie e lavoro sodo, è fatto anche di fortuna, di scelte, di visioni di gioco. Purtroppo non ho sempre avuto questi ultimi fattori dalla mia parte.”
Chi è la persona a cui tiene di più in questo ambiente?
“Tanti dei compagni di squadra e di vita, degli staff che ho conosciuto in tutti questi anni vissuti nel mondo del calcio. E anche chi mi ha dato l’opportunità di vivere un sogno, l’esordio in Serie A, mister Lopez.”
Ha passato tanti anni fuori dalla Sardegna. Racconti la tua esperienza.
“È stata sicuramente dura vivere lontano dalla mia famiglia e dalla mia terra. Tuttavia sono stati anni che mi hanno insegnato tanto. Sono cresciuto come persona, ho avuto modo di confrontarmi con tante persone diverse, in luoghi diversi, e tutto mi ha dato qualcosa che mi porto dentro.”
Quest’anno ha deciso di rientrare in patria. Come mai e perché proprio Tempio?
“Ho deciso di ritornare in patria perché dopo tanti anni fuori casa ho sentito il senso di appartenenza, di portare avanti i miei progetti qui, dove sono nato. Tempio ha una grande storia dietro, presenta una piazza importante, e ce la metterò tutta per onorare la loro maglia.”
Quali sono i programmi per il futuro?
“Attualmente sono in procinto di laurearmi in scienze motorie in modo sinergico al calcio. Il futuro chi lo sa, ciò che è certo è che sarà sempre colorato da ciò che più amo, il pallone.”
2.7.24
chi lo ha detto che i prof siano solo carogne ? Prof muore per un malore improvviso, la classe va sulla sua tomba dopo l'esame di maturità: «Una parte di lei è qui con noi»
LA STRADA-MCR( MODENA CITY RAMBLERS )

Mirella AversanoChe bello!Quando la scuola è abitata di vita, i risultati non possono essere che questi!La vita, oltre la vita e i ricordi monito per conquistare nuove conoscenze e sensibilità![]()
Un malore improvviso subito dopo i colloqui a scuola con genitori e alunni, poi la morte inaspettata a soli 55 anni. Da quando Michela Ferrante, insegante di Italiano e Latino del liceo Jommelli di Aversa, è venuta a mancare un anno e mezzo fa, il 13 dicembre 2022, per i suoi studenti è cominciata una lunga notte. Nessuno tra loro l'ha mai dimenticata, così come non l'hanno fatto i colleghi. E oggi, nei giorni dell'esame di maturità, i ragazzi della quinta F ( foto inizio post ) hanno voluto ribadire quanto la figura della professoressa sia stata per loro fondamentale.
Lo hanno fatto con una richiesta insolita al termine dell'esame: essere accompagnati al cimitero. «Avevano il desiderio di ringraziare la loro prof che non c’è più, ma che hanno sentito vicino tutti i giorni in cui è mancata. Una sensibilità che ripaga di tutto l’impegno profuso in cinque anni di insegnamento», ha raccontato al Corriere della Sera la docente di filosofia e scienze umane Enza Picone. È stata lei ad accompagnare i ragazzi e a condividere su Facebook la foto della visita accompagnata da un messaggio rivolto alla collega, ma che non può lasciare indifferenti anche coloro che non hanno avuto la fortuna di incrociarne i passi.
Al cimitero dopo la maturità
«Certi legami non si spezzano mai. Capita raramente, ma capita che l’amore di e per una persona continui, anche in sua assenza. Ed è così che una classe di ragazze e ragazzi di quinta liceo, decidano, appena conosciuto l’esito dell’esame di maturità, di andare a condividerlo con chi non c’è più, con la loro insegnante di italiano e latino, troppo presto e troppo velocemente andata via», scrive l'insegnante nel lungo post.
La lettera degli studenti
Gli studenti della classe quinta F, al termine del loro percorso di studi, hanno consegnato ai docenti una lettera che conferma l'ottimo lavoro svolto dalle inseganti. Dopo aver ringraziato i professori non hanno potuto fare a meno di rivolgere un pensiero anche a «lei», la prof «che non potremmo mai dimenticare, che con la sua gentilezza e la sua leggerezza illuminava le nostre giornate e che avrebbe fatto il tifo per noi fino alla fine. Ci conforta pensare che una parte di lei sia qui con noi oggi e ci stia ascoltando, anche se da lontano».
22.4.24
Sabreen Erooh, figlia della tragedia: nata dalla madre morente dopo un raid israeliano su Rafah diventa simbolo di speranza per la Striscia ., la storia di Valentina, vittima di truffa sentimentale: "Pensavo fosse amore ma ero diventata il suo bancomat: mi ha portato via tutto. Poi un diario ha cambiato la mia vita"
repubblica 22\4\2024
L’orrore della guerra ha partorito una bambina. I medici di Gaza l’hanno dovuta estrarre dal ventre della mamma morente Sabreen al-Sakani: una giovane donna incinta di 30 settimane quando un attacco aereo israeliano le ha raso al suolo la casa, uccidendone la famiglia: con lei sono infatti morti il marito Shoukri e l’altra figlioletta di tre anni, Malak. La bebé è stata fatta nascere tramite cesareo nell’ospedale kuwaitiano di Rafah da medici che hanno dovuto scegliere in fretta. Ed è stata chiamata, appunto, Sabreen Erooh in onore della donna che non conoscerà mai, perché i due nomi accostati significano “spirito di Sabreen”.

“La madre non aveva speranze, le sue condizioni erano molto critiche, pure il cervello aveva subito lesioni. Pochi istanti e sarebbe morto anche il feto. Abbiamo voluto dare una speranza alla vita, anche in condizioni così difficili” ha raccontato il dottor Ahmad Fawzi al-Muqayyad, parlandone a Sky News. E la neonata è diventata un simbolo di speranza per tutta Gaza.

La piccina è stata poi trasportata nel vicino ospedale saudita dove ci sono ancora incubatrici funzionanti. Ed ora è lì che piange e si dimena da sola. Resterà in quello spazio considerato sicuro per tre o quattro settimane. Poi, sarà affidata a parenti: “Zii e nonni si sono già fatti avanti” racconta un altro medico, Mohammad Salama, direttore sanitario di quel dipartimento. “Ha una famiglia, ma è figlia dalla tragedia, il suo destino di orfana la segnerà tragicamente”. La nonna Mirvat al-Sakani già dice che l’alleverà lei, è tutto ciò che le resta del figlio: “Di lui non hanno ritrovato neanche un brandello di corpo. La bambina è l’unica cosa che si lascia indietro”.

Nello stesso giorno un altro raid ha colpito una casa dove c’erano 17 bambini e due donne, figli e nipoti di Saqr Abdel Aal: “La mia intera identità è stata cancellata con loro. Anche se sono vivo, vado anche io via con mia moglie, i miei figli i miei nipoti. Non ho più nulla per cui piangere, non o più nulla in cui credere. Quale sentimento mi guiderà d’ora in poi?” ha detto all’Associated Press mentre copriva i resti dei suoi figli col sudario. “Hanno ucciso donne incinte e bambini. Qual è la loro colpa? Sono forse terroristi anche loro?” piangeva invece forte Umm Kareem, altra parente.

Sono almeno 14mila i bambini morti a Gaza fino ad ora e i feriti sono oltre 10mila. Gli orfani sono anche di più: almeno 19mila secondo dati dell’Unicef. “Li incontri ovunque, non solo negli ospedali, ma per strada, nei rifugi di fortuna, mentre cercano di sopravvivere proprio come gli adulti” ha raccontato Tess Ingram, portavoce dell’organizzazione, pochi giorni fa, subito dopo aver visitato la Striscia: “Una situazione disperata. Dobbiamo intervenire. Subito”
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la storia di Valentina, vittima di truffa sentimentale: "Pensavo fosse amore ma ero diventata il suo bancomat: mi ha portato via tutto. Poi un diario ha cambiato la mia vita"
27.3.24
Pontedera, studente confessa di essere gay: i genitori lo cacciano da casa, lo ospita un prof
da leggo.it e da Il Tirreno del 24\3\2024
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Ha solo 18 anni ed è rimasto in città perché un suo insegnante si è offerto di ospitarlo fino alla Maturità
22.9.23
il caso di Romina Marceca “Mi ha stuprata nel mio letto. Non ho paura di mostrarmi, è lui che deve nascondersi”: il racconto della prima vittima del netturbino Stefania Loizzi, ex banconista di una gelateria, racconta la notte in cui fu violentata. Ha denunciato Ubaldo Manuali: “Metto la mia faccia sul giornale per tutte le altre come me”
repubblica
IL coraggio di Stefania Loizzi ( foto a destra ) che sta cercando di scalare la montagna della paura. È sopraffatta, non riesce a dormire al buio, a
camminare da sola in strada la sera. «Tutta colpa di quell’uomo maledetto che si chiama Ubaldo Manuali . Ha rovinato la mia vita in meno di un anno», racconta.Il netturbino che ha drogato e stuprato almeno altre due donne è ai domiciliari perché Stefania Loizzi, ex banconista di una gelateria, prima vittima del netturbino romano, non ha perso tempo. «L’ho denunciato subito e metto la mia faccia sul giornale per tutte quelle donne vittime come me. Non dobbiamo avere paura dei nostri “No”. Dobbiamo mostrarci perché siamo le vittime, non i carnefici. Loro devono nascondersi».
Come vi siete conosciuti?
«Mi ha chiesto l’amicizia su Facebook a fine 2020. Ho visto che in comune avevamo un’amica. Sono una persona molto diffidente e ho chiesto informazioni a lei. La mia amica mi ha detto che era una persona tranquilla, simpatica».
Poi?
«Abbiamo cominciato parlare e ci siamo scambiati i numeri di cellulare. Lui mi parlava della figlia, della sua frequentazione in chiesa, del suo padre spirituale. Era separato, mi ha detto. Lo ammiravo come padre».
La prima volta che vi siete visti?
«Mi ha portato dei rosari e dei santini. Ci vedevamo ma sempre fuori. Lui faceva sempre foto, io non volevo. Poi mi ha detto che gli interessavo come persona e gli ho risposto che potevamo essere solo amici, lui ha accettato. Sono passati dei mesi senza vederci».
La sera del 14 gennaio 2023 l’ha drogata e violentata
«Quella sera mi ha chiamato, avevo un braccio ingessato per una frattura, avevo perso da poco mia mamma. Era un brutto periodo. Prima mi ha detto che passava a prendermi e che cenavo a casa sua. Non volevo, non mi andava, poi ho accettato».
Lui ha preparato una trappola
«Sì, mi ha richiamata dicendo che portava la cena a casa mia: dall’antipasto al dolce, fino al vino. Ero giù, ho accettato. Una volta a casa mia ha aperto il prosecco per fare un brindisi. Ho bevuto e mi ricordo solo che ero andata in cucina a prendere le patate. Poi, il buio».
Al risveglio?
«Mi sono svegliata di notte, stavo malissimo. Non riuscivo a vedere bene. Ho trovato una sua mano sulla faccia, ho reagito male e gli ho detto: “Schifoso, che fai nel mio letto?”. Lui mi ha risposto che mi ero sentita male e che non voleva lasciarmi sola. Ho avuto la forza di voltarmi e ho visto che era senza pantaloni ma sono crollata».
Cosa ha fatto dopo?
«La mattina seguente sono andata dal medico curante, che ringrazio dal profondo del mio cuore, e gli ho detto cosa era accaduto. Lui mi ha detto “Oddio, mi stai sconvolgendo” e mi ha consegnato un foglio urgente per il pronto soccorso. Nel mio sangue i medici hanno trovato la droga dello stupro. Pensavo che mi avesse drogata per derubarmi. Invece mi ha violentata in casa mia. Provo troppo schifo».
Ha anche filmato
«Purtroppo sì. Ho visto alcune foto ma c’è anche un video che ha girato ai suoi amici del calcetto. Si faceva grande con i suoi amici che mi fanno schifo tanto quanto lui perché avrebbero dovuto denunciare. L’ho fatto io, invece, lo stesso giorno della visita. E se tornassi indietro lo rifarei di nuovo».
Lui ha ripulito tutto
«Sì ma il suo Dna c’era in casa mia, la scientifica ha portato via tutto. È stato uno schifoso, ha bivaccato in casa mia».
La figlia difende il papà
«Ha rilasciato un’intervista in cui dice che noi donne lo cercavamo. Io so solo che un giorno mi inviò le foto di sua figlia che nel camerino stava provando biancheria intima. Spero si faccia chiarezza anche su questo».
Lei è una delle tre vittime di quest’uomo. Tante altre sono le violenze con la droga dello stupro
«Abbiamo una dignità da salvare, se è “no” deve essere “no”. Evidentemente il mio rifiuto lo ha stuzzicato ancora di più e ha aspettato il momento giusto. I poliziotti mi sono ancora vicini a distanza di tempo, non sono rimasta sola».
Ha incontrato le altre due donne?
«No, vorrei tanto conoscerle. Vorrei capire come lo hanno incontrato. Come è iniziata la loro storia con lui».
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Maturità 2023, padre si diploma con la figlia: “Ho ripreso gli studi per farle vedere che le cose si possono fare a qualsiasi età”
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Una storia toccante quella che arriva da Pontedera, nel pisano, dove un padre, 52enne magazziniere, ha svolto l’orale di maturità lo stesso giorno della figlia, 19enne, lo scorso 26 giugno. A riportarlo La Repubblica. Ecco cosa ha detto e quali sono le motivazioni che lo hanno spinto a riprendere gli studi.
“Ho riscoperto il piacere dello studio
“Non potevo rimanere il ciuchino di famiglia. Domani torno a lavorare, con un peso in meno e una soddisfazione in più”, ha detto. Per quasi dieci mesi ha staccato da lavoro alle 18.30 e poco dopo si è messo tra i banchi dei corsi serali di meccatronica a scuola, dal lunedì al venerdì. “Ho lasciato i banchi a 3 mesi dalla fine della quinta, poi ho iniziato a lavorare. Però mi sentivo qualcosa, tipo un debito coi miei genitori che avevano fatto di tutto per farmi studiare. Perciò ho ripreso, anche per far vedere a mia figlia che le cose si possono fare a qualsiasi età”, ha spiegato. I due hanno anche svolto, si dà il caso, la stessa traccia alla prima prova scritta dell’esame: “Non lo abbiamo fatto apposta, ma abbiamo scelto pure la medesima traccia alla prima prova, ovvero l’elogio dell’attesa nell’era di Whatsapp”. “Ero più emozionato per quello di mia figlia che per il mio – afferma il genitore -, ma devo dire che lei se l’è cavata alla grandissima, d’altronde è brava. Io diciamo che me la sono cavicchiata, qualcosa ho detto, dai! Battute a parte mi hanno tenuto dentro un’ora e un quarto, nessuno c’è stato quanto me, ma io sono un chiacchierone”.“Non capita tutti i giorni che padre e figlia facciano l’esame insieme, no? Il nostro caso ha impressionato tutti. Avevo paura di prendere di più di lei, ma è impossibile, è molto brava. Ho riscoperto il piacere dello studio. Ho voluto dimostrare che per certe cose non è mai troppo tardi, è la forza di volontà a muoverci”, ha concluso.
Non è mai troppo tardi
La storia rimarca, per certi versi, quella della donna di 90 anni che ha svolto la maturità quest’anno, con il sogno di diventare una maestra. “Lo studio, il sapere e il desiderio di conoscere non hanno età ed io ne sono la dimostrazione. Avanti ragazzi ora non si scherza più. Dopo il diploma anche la laurea? Chissà perché no?”, ha detto l’anziana.“Senza sacrificio non si ottiene nulla nella vita ed a questa età ho deciso di rimettermi in gioco ed affrontare questo esame, un obiettivo che ho rincorso da sempre ma che per varie ragioni, familiari e di lavoro mi è sfuggito. Ora sono qui e grazie all’aiuto della mia famiglia inizio il percorso di prove, che spero, mi condurranno ad ottenere il diploma. Li abbraccio tutti questi bellissimi giovani che oggi qui con me ed in tutta Italia sono pronti a superare gli ostacoli degli esami”, ha aggiunto, prima di sostenere la prova.
Proprio mentre sto finendo di fare cute paste (copia e incolla ) leggo su Google news più precisamente su https://www.tecnicadellascuola.it/ 29/06/2023 questa bellissima storia d'amicizia e solidarietà collegata agli esami di maturità.
hanno preso il suo posto e hanno svolto l’esame orale a turno davanti alla commissione e un banco vuoto con sopra il diploma di Pasquale.
22.4.23
Una lettera chiusa in una bottiglia racconta la storia di Franco Cesana 13 anni il più giovane partigiano nella lotta di Liberazione
In risposta ad Ignazio la Russa ed ai suoi seguaci che dicono chhe la costituzione italiana è antifascista : “I giovani non sanno abbastanza per essere prudenti, e quindi tentano l'impossibile e lo ottengono, generazione dopo generazione”
Liliana Picciotto, che è responsabile per la ricerca storica del CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), ha appena presentato una nuova parte della sua ricerca, fatta di storie e podcast, da cui condivido una parte del racconto su Franco Cesana, che era nato a Mantova il 20 settembre del 1931, si era trasferito con la famiglia a Bologna ed era rimasto orfano del padre quando aveva otto anni. All’inizio del 1944, il fratello maggiore Lelio si era arruolato con i partigiani nella formazione Scarabelli, creata in provincia di Modena, e Franco sognava di raggiungerlo come racconterà la mamma Ada Basevi: «Era parecchio tempo che questo benedetto bambino mi chiedeva sempre, alla sera: “Mamma, lasciami andare, voglio andare con i partigiani, dammi il permesso”. Gli rispondevo sempre di no: “Sei troppo piccolo, lascia fare a tuo fratello che è più grande”». Il primo aprile Franco fugge e riesce a trovare i partigiani, ma per poter essere accettato mente sulla sua età, dichiarando di avere 16 anni, e così gli viene affidato il compito di staffetta portaordini con il nome di battaglia di “Balilla”. La madre per lunghe settimane non saprà nulla del destino del figlio, anche se lo conosceva come un ragazzino responsabile e più maturo della sua età: «Mio figlio, era molto indipendente, non si lasciava sottomettere dalla paura dei castighi ed era molto religioso, tanto che studiava da rabbino». Finalmente, il 7 giugno 1944, a casa arriva una lettera rassicurante, scritta con una calligrafia da bambino. “Carissima mamma, dopo la mia scappata non ho potuto darti mie notizie per motivi che tu immagini. Ti do ora un dettagliato resoconto della mia avventura: partii così all’improvviso senza sapere io stesso che cosa stavo facendo. Camminai finché potevo poi mi fermai a dormire in un fienile in località Osteria Matteazzi. Al mattino, svegliandomi con la fame, ripresi a camminare in direzione di Gombola, sfamandomi con le more. Arrivai a Gombola verso le nove e di lì cercai i partigiani, deciso a entrare a far parte di qualche formazione. Riuscii a trovare patrioti che mi insegnarono la strada per andare al Comando che si trovava a Maranello di Gombola. Arrivai nella detta località stanco morto, ma mi feci coraggio e mi presentai. Dopo un po’ mi si presentò l’occasione di entrare a far parte della formazione Marcello. Sei contenta? Presentandomi a Marcello, fui assunto e siccome ho studiato, fui dislocato al Comando e attualmente mi trovo stabile relativamente sicuro in una località sopra a Gombola. Così non ti devi impensierirti per me che sto da re. La salute è ottima; solo un po’ precario il dormire. Per chiarire un increscioso incidente, ti avverto che non ho detto quella cosa che mi hai fatto giurare. Così, chiudo questa mia, raccomandandoti alto il morale, che ormai abbiamo finito. Affettuosamente ti bacia e ti pensa il tuo tesoro. Ti raccomando, appena ricevi la mia bruciala. Ancora ti saluto e ti abbraccio”.
emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello
Apro l'email e tovo queste "lettere " di alcuni haters \odiatori , tralasciando gli insulti e le solite litanie ...

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