Diciotto anni, nata in America, padre statunitense e madre cinese, studia a Stanford, fisico da modella e volto perfetto per le riviste patinate, tre anni fa scelse di dire addio al Team Usa e di gareggiare per Pechino. Scelta che l'ha trasformata in una specie di eroina nazionale Una medaglia d'oro olimpica nel freestyle, specialità Big air, conquistata con un’acrobazia mai eseguita prima in gara. Ma Eileen Gu, padre americano e madre cinese, non è solo una campionessa dello sci acrobatico, in cui punta a vincere in altre due discipline, l'halfpipe e lo slopestyle, in questi Giochi invernali. È anche una studentessa modello e un’icona giovanile da più di un milione di follower in Cina.
PECHINO
Festeggerà con una barretta che si è portata dalla sua San
Francisco della mitica cioccolateria Ghirardelli e dice che si rilasserà suonando il pianoforte in attesa di ritornare ad allenarsi e vincere un'altra medaglia. Eileen Gu, la "principessa delle nevi", il primo storico oro se l'è portato a casa stamattina nel big air freestyle, sullo sfondo dei vecchi altiforni di Shougang, l'ex acciaieria di Stato trasformata nel tempio delle acrobazie con gli sci (con la tennista Peng Shuai sugli spalti a fare il tifo per lei). Ma l'oro di oggi, probabilmente, non sarà l'ultimo. Eileen, anzi Ailing come la chiamano qui, è la superstar di casa. Diciotto anni, nata in America, padre statunitense e madre cinese (ex istruttrice di sci a Lake Tahoe, figlia di un funzionario, emigrata negli Usa 30 anni fa), studia a Stanford, fisico da modella e volto perfetto per le riviste patinate, tre anni fa scelse di dire addio al Team Usa e di gareggiare per la Cina. Scelta che qui l'ha trasformata in una specie di eroina nazionale. "Voglio essere di ispirazione per migliaia di giovani, qui nella terra dove è nata mia madre", scriveva all'epoca della scelta su Instagram.
Su Weibo, il Twitter cinese, ha tre milioni di follower. Più di 500mila su Instagram (che però in Cina è bloccato), dove posta storie con la bandiera americana, quella cinese e un cuoricino. I cartelloni pubblicitari a Pechino delle grandi aziende cinesi la mostrano sempre sorridente. È stata ed è il volto delle pubblicità della Bank of China e della China Mobile, delle caffetterie Luckin, del marchio sportivo Anta, sponsor ufficiale dei Giochi, e del gigante dell'e-commerce Jd. Ma anche di brand occidentali come Louis Vuitton, Tiffany, Estee Lauder, Victoria's Secret e Cadillac.
La stampa di Stato le dedica servizi da giorni: fortissima, bellissima e motivo di orgoglio massimo visto che ha abbandonato la bandiera a stelle e strisce per scegliere quella rossa a cinque stelle della Repubblica popolare.
Alcuni giornali statunitensi, in risposta, fanno notare le contraddizioni di Eileen: gareggiare per la Cina ma continuare a vivere e studiare negli Usa. Fox News l'ha addirittura apostrofata come "la figlia ingrata d'America". Così, giusto per abbassare la tensione. Lei ha sempre tagliato corto, anche stamattina dopo la gara: "Sono cresciuta spendendo il 30% del mio tempo in Cina. Parlo mandarino e inglese. Mi sento sia cinese che americana. La mia missione è quella di creare un ponte tra i due Paesi, una connessione. E non una divisione". Da quando è nata, tutti gli anni, la mamma la porta infatti a passare le vacanze qui in Cina.
Sui social e nelle rare interviste evita accuratamente di farsi invischiare in polemiche politiche: un equilibrismo difficile tanto quanto i salti meravigliosi che fa in pista. L'ultima polemica è quella sul suo passaporto: quale ha? Nessuno lo sa. La Cina non permette la doppia nazionalità. Dunque ha dovuto buttare nel cestino quello americano? Lei non ne parla mai, dà sempre risposte evasive. Stessa cosa il comitato olimpico cinese e pure il ministero degli esteri. Una "cinese d'oltremare", come vengono definiti: anche loro fanno parte della nazione e del sogno cinese immaginato dal presidente Xi.
Le sue vittorie parlano da sole: ad appena 18 anni ha già vinto tre medaglie a Losanna nel 2020 alle Olimpiadi giovanili, altre tre agli X Games ad Aspen l'anno successivo e due ori al mondiale, sempre nel 2021.
Gu "dovrebbe essere un idolo per tutto il mondo", scriveva qualche giorno fa il Global Times, tabloid in lingua inglese affiliato al Partito. "Una volta la gente voleva essere americana, quindi perché non accettare ora che la gente voglia essere cinese?".
Infattti Finisce la tradizione del Dragone di pescare rigorosamente dal bacino interno. Per non fare brutta figura il partito ha aperto a sciatori e giocatori di hockey cresciuti negli Stati Uniti, in Canada e in Russia. Oltre che nella regione occupata da Pechino
PECHINO — Posano sulla copertina di Vogue, sono cresciuti in case frequentate da rockstar (americane). Oppure sono scesi dalle montagne del Tibet, allargando la geografia degli sport invernali. È una nazionale patchwork, quella cinese che si prepara ad affrontare le Olimpiadi invernali in casa. Accanto alle cinque stelle della bandiera rossa c'è una pennellata di star and stripes, foglia d'acero e addirittura di tricolore russo. Non c'è stata solo rigida selezione nell'immenso bacino cinese, sacrifici spesso disumani per raggiungere l'eccellenza tra giovani pescati in tutte le province. Non sarebbe bastata, per mettere insieme una squadra degna di questo nome nell'hockey su ghiaccio. Il Cio e la federazione internazionale si sono chiesti a lungo se la nazionale di casa fosse in grado di presentarsi ai Giochi senza rimediare figure barbine. Alla fine è arrivato il via libera. Ma a quali condizioni?
I Chelios sono una famiglia di origine greca che negli States sono ormai identificati con l'hockey. Il padre Chris fa parte della Hall of Hame, e nella storia olimpica vanta un record: nessuno aveva mai giocato due tornei a distanza di ventidue anni, tra Sarajevo 1984 e Torino 2006. La maglia col suo nome è apparsa in qualche sit-com, riflesso di una fama che va oltre il ghiaccio. Chelios vanta amici famosi: attori come John Cusack, rockstar come Kid Rock, Eddie Vedder dei Pearl Jam, Billy Corgan degli Smashing Pumpkins. In questo ambiente è cresciuto suo figlio Jake, anche lui giocatore, non ai livelli del padre, ma capace comunque di arrivare ai Detroit Red Wings. Fino a quando è scaduto il contratto, e si sono fatti avanti i Kunlun Red Star.
Una squadra cinese, affiliata però alla lega russa KHL. Per affrontare avversari competitivi, formandosi verso Pechino 2022. Con scarsi risultati: le Ali Rosse giacciono a fondo classifica. Ma intanto il suo roster ha dato la linfa a questa nazionale cinese che debutterà proprio contro gli Stati Uniti il 10 febbraio al National Indoor Stadium. Le sue star? Oltre a Chelios junior, Jeremy Smith, preso da Nashville nel draft 2007, e l'altro americano Cory Kane. Poi i canadesi: Brandon Yip, che ha origini cinesi, più altri nove. E un russo, che nell'hockey fa sempre comodo: fa il difensore e si chiama Denis Osipov. I nati sui territorio cinese sono 8 su 25. Ma è tutto regolare: la federazione internazionale permette di rappresentare una nazione se ci si trasferisce in un suo club per almeno due anni.
Ben diversa è la storia di Eileen-Ailing Gu, acrobata dello sci freestyle, amatissima dai cinesi che la chiamano "la principessa ranocchia" per il suo casco verde. Nonostante sia cresciuta negli Stati Uniti e incarni alla perfezione il modello della ragazza copertina made in Usa. Apparsa come modella su Vogue (edizione cinese), Cosmopolitan, Harper's Bazaar, icona della Red Bull. Prima donna ad atterrare un salto quadruplo chiamato Double Cork 1440, idolatrata dai fan americani ma molto decisa, quando nel giugno 2019 ha scelto di rappresentare la Cina in onore della madre. Della lingua mandarina che scandisce perfettamente, con accento di Pechino dicono gli esperti. La sua decisione shock ha scatenato anche minacce di morte sui social, ma questo è il momento di non guardare indietro e "ispirare milioni di giovani cinesi", uno dei suoi obiettivi dichiarati.
Cosa resta della Cina programmatrice dei suoi talenti, che inventa dal nulla prodigi partiti da posti che fatichi a trovare sulla cartina? Continua a lavorare per creare una super squadra voluta dal partito per gli sport invernali. E se non otterrà magari medaglie in questa edizione, a livello di immagine può vantare già i primi qualificati del Tibet alle Olimpiadi invernali. Si chiamano Yongqinglamu, una snowboarder di 17 anni, e Cirenzhandui, fondista di 18. La prima giocava a calcio, il secondo era mezzofondista. Ai tempi dell'Olimpiade di PyeongChang 2018 non avevano la più pallida idea di quel che li aspettava. Sono cresciuti all'interno della gloriosa squadra di arrampicatori tibetani, l'unica struttura sportiva di alto livello, un tempo, sulle montagne che ora vengono chiamate regione autonoma dello Xizang. Quattordici anni fa il Tibet era motivo di scontri e proteste per le strade al passaggio della torcia olimpica di Pechino 2008. Ora è una nuova frontiera del gigantesco progetto del turismo invernale cinese.