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20.6.22

Scendono dal Civetta con le informazioni lette sui social e si perdono: coppia di Rovigo chiama il Soccorso Alpino

  fatti come  questi mi danno ragione  e  fncl  a chi    nei miei post  precedenti    in particolare  : << essere all'antica o poco tecnologico non è solo da snob o di nicchia ma ha anche i suoi pregi >>  ho parlato    di  come   molto spesso  i vecchi sistemi  (  carte  topografiche   , mape     ,  bussola  , esperienza e  conoscenza   del territorio  in questo caso    )   ,  danno spesso   risulti migliori  e  più  efficenti  di quelku  telematici 

  da https://www.msn.com/it-it/notizie/italia/

VAL DI ZOLDO - Ieri sera, domenica 19 giugno, verso le 21.15 il Soccorso alpino della Val di Zoldo è stato attivato, per una coppia di escursionisti che aveva perso la traccia del sentiero scendendo dal Civetta. I due, 42 anni lui, 34 lei, di Rovigo, erano saliti in vetta dalla Ferrata degli Alleghesi con l'intenzione di andare al Rifugio Coldai, salvo poi attardarsi e valutare di proseguire in direzione di Malga Grava dopo aver contattato il gestore. Lungo la discesa dalla normale però, già all'altezza dei ghiaioni, la coppia aveva superato l'incrocio con il sentiero, avanzando  fino a ritrovarsi bloccata tra i mughi, 100 metri più sotto. Scattato l'allarme, mentre una squadra si preparava a partire, un soccorritore è salito a Crep e, dopo averne localizzato i segnali luminosi, ha fornito ai due le indicazioni per risalire al sentiero, dove i soccorritori, andati loro incontro, li hanno incrociati. Scesi con loro a Pecol, sono poi stati riaccompagnati a Palafavera dove avevano l'auto. L'intervento si è concluso passata mezzanotte. La coppia, come capita sovente a molti escursionisti, aveva esclusivamente tratto le informazioni su percorsi e orari dai social, senza portare con sé alcuna cartina né approfondire quanto appreso, e si è ritrovata poi a dover fare i conti con notizie insufficienti e tempistiche non adeguate ai propri ritmi. 

Scendono dal Civetta con le informazioni lette sui social e si perdono: coppia di Rovigo chiama il Soccorso Alpino
© AnthologyScendono dal Civetta con le informazioni lette sui social e si perdono: coppia di Rovigo chiama il Soccorso Alpino

L'invito è sempre quello di non limitarsi alle informazioni prese su internet, di non fare totale affidamento sulle tracce Gps scaricate on line, valutare bene le proprie capacità, preparazione ed esperienza.



6.9.12

La nostra Africa storie di ordinario altruismo


da repubblica online
ù



L'anno scorso, alla Mostra di Venezia, le sezioni (cosiddette) minori erano affollate di opere dedicate agli immigrati. Un segno esplicito del cambiamento - sociale e culturale - prodotto dalla presenza degli stranieri fra noi. Una novità, non ancora assorbita, che il cinema ha colto e narrato. Quest'anno è avvenuto lo stesso. Anche se in senso opposto. Attraverso l'osservazione della nostra presenza in terre lontane. Da dove provengono molti immigrati. La prima opera presentata - fuori concorso, il giorno stesso dell'inaugurazione - punta, infatti, l'obiettivo sull'esperienza del CUAMM. Un'Organizzazione Non Governativa, di ispirazione cattolica, che, nella sua storia ormai lunga, ha garantito la presenza di oltre 1300 medici e infermieri volontari in diversi ospedali dell'Africa. Il film-documentario, girato da Carlo Mazzacurati, si intitola, descrittivamente, "Medici con l'Africa".

Ambientato dentro e intorno a un ospedale del Mozambico, è una storia che intreccia molte storie. Storie di medici italiani, che provengono da contesti diversi. Con specialità diverse, motivazioni diverse. Alcuni mossi da "spirito rivoluzionario", hanno seguito i luoghi dei movimenti di liberazione, fino ad arrivare lì, in quel luogo lontano da noi. A dare se stessi agli altri. Alcuni - i più - mossi da spirito solidarista. Cattolici e laici. Il docu-film racconta storie e drammi quotidiani. Il dolore dei bimbi e delle madri, in un'area dove la maternità è spesso dolore. E morte, invece che gioia. Racconta, ancora, il dolore dei malati, in un mondo dove mancano medicine e attrezzature. Mazzacurati affronta queste storie ponendosi, come sua abitudine, alla "giusta distanza". Senza pietismo. Semmai con grande pìetas. L'Africa che emerge dal film è diversa da quella proposta da altri racconti e da altri film. Sicuramente non c'è nulla di esotico, nella rappresentazione. Ma neppure di patetico.

L'Africa: una realtà lontana eppure vicina. Anche perché le storie dei medici e dei pazienti sono legate da un filo che unisce i due mondi. Noi e l'Africa. Storie riassunte e cucite insieme dalla storia del CUAMM e di chi lo conduce. Di chi l'ha immaginato e fondato, oltre 60 anni fa. Un prete, don Luigi Mazzucato. Un "imprenditore del Bene Comune". Che ancora oggi, a più di 80 anni, passa la sua vita tra l'Italia - il centro: a Padova - e gli ospedali dell'Africa. E poi, al telefono. A chiamare o richiamare medici, disponibili a spostarsi, per un periodo più o meno lungo, in Mozambico. Oppure nel Sud Sudan. E ancora: in Tanzania oppure in Angola. O in Sierra Leone. Molti medici, pronti a partire e a ri-partire alla chiamata di don Luigi - e dei volontari del CUAMM.

Pronti a muoversi in fretta. Oggi stesso. Perché nell'Africa profonda c'è un ospedale rimasto senza medici. Questa storia di storie è sorprendente. Stupisce. Spiazza. Perché spesso noi siamo abituati a rappresentarci cinici ed egoisti. Non senza ragione. Vediamo e valutiamo la nostra società: amorale e qualunquista. E consumista fino all'estremo eccesso. L'accostamento con l'Africa, d'altronde, è devastante. In grado di denunciare, più di ogni discorso, quanto la nostra economia e la nostra vita siano fondate sul mercato e sul "consumo" dell'inutile. Sullo spreco in-giustificato. Eppure, "Medici con l'Africa" mostra, con altrettanta evidenza, come qui, in questa stessa società, vi siano enormi "riserve di altruismo". Una disponibilità estesa di persone e gruppi rivolti al "bene comune". Impensabile, per chi non è abituato a guardare oltre la superficie. Oltre il senso comune. Che considera l'altruismo un optional. Ma il "bene comune" è un "Bene ostinato", come ha raccontato Paolo Rumiz, in un bel libro (pubblicato nel 2011 da Feltrinelli), dedicato anch'esso alle "missioni" del CUAMM in Africa. (Missioni intese come vocazione e impegno. Perché gli uomini del CUAMM, non sono missionari e svolgono la loro missione negli ospedali civili dell'Africa.) "Ostinato", perché si impone contro ogni giudizio e pregiudizio. Tanto più perché, non per caso, nasce nel Nordest. Nella terra degli egoismi, secondo i luoghi comuni. Dove, invece, per riprendere le parole di Rumiz, incontriamo "il nucleo di un altruismo" altrettanto ostinato.

Perché il "bene comune" non è un consumo voluttuario ma un bene di prima necessità. Per spiegarlo Mazzacurati si serve delle parole di una dottoressa che, da molti anni, continua a recarsi in Mozambico. "Non lo faccio per loro, gli ammalati, i poveri" - recito a memoria - "Non solo per loro. Lo faccio per me. Soprattutto per me. Perché ne sento e ne ho bisogno. Senza l'Africa, senza di loro: non riuscirei a vivere". Senza l'Africa, i suoi ospedali, i suoi ammalati: i medici impegnati nel e dal CUAMM si sentirebbero e sarebbero sicuramente più poveri. Perché fare bene fa stare bene. Perché senza gli altri: noi stessi non esisteremmo.

(06 settembre 2012)

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

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