Visualizzazione post con etichetta carlo bellisai. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta carlo bellisai. Mostra tutti i post

20.6.24

Saccargia: Sardegna contro vento

 non   avendo poturo   partecipare  per motivi di salute   alla manifestazione del 15  c.m  ,  riporto qui  questo  Interessantissimo l'articolo Molto chiaro ed efficace

da 
 - 

Saccargia: Sardegna contro vento

Manifestazione "è Vento" davanti alla chiesa della Santissima Trinità di Saccargia (SS)

Diverse migliaia di persone hanno preso parte, nella giornata del 15 giugno, alla manifestazione contro l’assalto speculativo alle fonti rinnovabili in Sardegna. Il Coordinamento dei comitati sardi contro la speculazione energetica ha organizzato un raduno nello spiazzo antistante la basilica romanica di Saccargia, cui la popolazione ha risposta con un’importante partecipazione: autobus e automobili, provenienti da tutte le parti dell’isola, hanno riempito fin da mezzogiorno il parcheggio di fortuna, allestito da giorni grazie al lavoro dei volontari.L’organizzazione è stata impeccabile: c’erano i gazebo informativi dei comitati, gli spazi attrezzati per la ristorazione, i servizi, perfino un piccolo parco giochi per i bambini. La televisione locale Videolina ha proposto una lunga diretta dell’evento.
Sul palco, agli interventi dei portavoce dei comitati e di alcuni esperti, si sono alternati i contributi artistici di diversi gruppi musicali. In un’atmosfera festosa, ma anche carica di rabbia, i partecipanti hanno voluto gridare il proprio no ad ogni forma di speculazione energetica sul territorio dell’isola. La parola chiave è quella: speculazione. Perché le industrie multinazionali dell’energia stanno lanciando un vero e proprio assalto alla Sardegna, vista come un’isola poco densamente popolata, ricca di sole e percorsa dai venti, ma soprattutto economicamente depressa e quindi “comprabile” a bassi costi. Il passato storico non lascia molti dubbi: chi è riuscito ad installare sull’isola industrie altamente inquinanti, come quelle estrattive e petrolchimiche, a depredare vasti territori con le servitù militari, a costruire fabbriche di armamenti bellici, continua a ritenere quest’isola come una terra di nessuno, in cui sperimentare ogni nefandezza.

L’assalto all’eolico in Sardegna promette grandi guadagni agli speculatori: non sarà neppure necessario mettere in funzione gli impianti, in quanto gli incentivi, statali ed europei, arrivano con la sola installazione. I progetti fin qui arrivati raggiungerebbero una somma di ben 58 GW di potenza. Tenuto conto che la Sardegna oggi ne produce già 13 e che consuma appena 8 GW, dove andrebbe tutto questo surplus energetico? C’è una palese sproporzione tra la produzione prevista per altre regioni italiane, ben più densamente popolate e dai consumi altamente energivori. Inoltre i progetti presentati (e in parte già approvati) prevedono installazioni di “parchi eolici” in zone di alto valore paesaggistico, archeologico e culturale, come nelle vicinanze del villaggio nuragico di Barumini, sul Monte Corrasi, perfino nella zona della basilica di Saccargia, presso la quale si è svolta la protesta di sabato. Come può accadere impunemente questo saccheggio? Molti interventi hanno posto questa domanda, mettendo in evidenza il malgoverno delle destre, ma anche l’inerzia e la sudditanza delle istituzioni regionali, i cui partiti oggi in Consiglio avevano basato la campagna elettorale proprio sull’opposizione all’assalto energetico selvaggio. L’alternativa alla speculazione ed allo scempio esiste. Occorre costruire dal basso, dove possibile con l’appoggio delle istituzioni locali, una transizione verso le fonti energetiche rinnovabili che coinvolga le comunità e che permetta un ciclo breve di produzione/consumo, con un minimo impatto ambientale e con il consenso dei territori.Il 15 giugno a Saccargia le sarde e i sardi l’hanno detto e cantato chiaro: resisteremo con tutti i mezzi a questo ignobile assalto alla nostra terra.

 e  per  concludere   quest altro articolo   dal  fatto quotidiano  del  19\6\2024



1.1.24

Quale anno nuovo? di Carlo Bellisai

Dopo la riflessione   dell'amico Cristian Porcino eccone  un  altra  altrettanto profonda   e  sìdi spessore     . Si tratta       di  quella   di  

 

Carlo Bellisai
Sono nato e vivo in Sardegna. Da oltre trent’anni lavoro come maestro di scuola elementare. Dagli anni Novanta dello scorso secolo mi occupo di nonviolenza e di gestione costruttiva dei conflitti. Faccio parte del Movimento Nonviolento, col ruolo di portavoce del centro territoriale sardo, oltre che membro del Comitato di Coordinamento. Ho pubblicato: “Animalandia” (filastrocche per far ridere e riflettere su temi importanti) Punto di Fuga Editrice 2008 – esaurito; “Non so come sia da voi ma da noi è così” (un percorso didattico per gli alunni dagli 8 ai 12 anni, ispirato al metodo dell’equivalenza di Pat Patfoort), Infinito Edizioni 2017; “Sulle rive di un mare di plastica” (un libro di racconti, per grandi e piccoli, sui temi dell’ambiente e dei rifiuti), Edizioni La città degli dei 2018.


A rigor di logica, non si vede motivo per cui il nuovo anno non debba essere che la continuazione del vecchio. Tuttavia, milioni di differenti motivi irrazionali ci spingono a voler chiudere la porta dell’anno andato, per archiviare magicamente quanto ha portato in termini di dolore, orrore, violenza; altrettanto magicamente ci piace adoperarci all’immaginazione di un anno migliore, con tanto di propositi personali.Non mi sottrarrò comunque a questo rito collettivo, non foss’altro perché potrebbe rivelarsi una delle ultime occasioni, prima che l’intelligenza artificiale trasformi i nostri sentimenti in algoritmi.Quest’altro vecchio anno finisce, ma non è davvero probabile che con esso abbiano fine i sempre più gravi problemi di un pianeta che ci si ostina a trattare come una torta da divorare.Addio all’anno più caldo di sempre, come temperature medie stagionali, che accende un pensierino anche ai più “spensierati” circa il problema del surriscaldamento globale e delle catastrofi climatiche. Ma questa evidenza non basta a fermare i potentati delle energie fossili, che decidono sì di dare un limite al petrolio, ma addirittura nel 2050! Il che significa oltre un quarto di secolo ancora con il carbone, il petrolio, il gas e le altre fonti altamente inquinanti. Semplicemente, assolutamente catastrofico.Addio ad un anno di guerre. A quella in Ucraina e a quelle nell’Africa sub-sahariana, s’è aggiunta la deflagrazione violenta di una guerra che dura da almeno settantacinque anni, il conflitto fra Israele e i palestinesi. Ci dicono che Israele si scrive maiuscolo, perché è uno Stato, i palestinesi minuscolo perché solo un popolo. Siamo davanti ad una strage continua di civili inermi, sotto le bombe, per la fame e gli stenti: un crimine contro l’umanità, di cui Netanyahu e Israele sono i principali responsabili. Le popolazioni nel mondo chiedono la fine del massacro, ma gli Stati Uniti mettono il veto all’ONU: corresponsabili. Pietanza condita con sanguinolenti e ricchi fatturati per le industrie di armamenti.Addio ad un anno in cui tanti uomini possessivi e violenti hanno molestata, perseguitata, picchiata, stuprata, umiliata, uccisa, quella che consideravano la propria proprietà: la “loro” donna. Mettendo così in evidenza non solo il retaggio della società patriarcale, con i suoi ruoli rigidi e i suoi vecchi stereotipi, ma anche la più semplice incapacità d’amare. La violenza familiare è innanzi tutto violenza contro i bambini, diretta, o assistita, vista, subita nell’impotenza a reagire.Addio ad un anno che ha portato tante vittime, nei naufragi di migranti nel Mediterraneo, che ha visto incrementata l’indifferenza, ma anche la xenofobia e il razzismo. Il sistema italiano di accoglienza dei naufraghi appare sempre più simile a quello carcerario. Continua a mancare una visione reale del problema, che è globale: le migrazioni possono riequilibrare la discrepanza di popolazione in Europa fra pochi giovani e molti anziani, portando nuovi cittadini e lavoratori nel ciclo economico e contributivo. Le migrazioni potrebbero essere gestite con intelligenza e con il rispetto dei diritti umani. Ma così non avviene.Ho solo citato quattro evidenze nel calendario del 2023 che ci apprestiamo a buttare. Non mi sono soffermato su tanti altri gravi problemi, spesso connessi ai precedenti: l’enorme sperequazione economica, lo sfruttamento sul lavoro, le violenze sui minori, la corruzione, la “cultura” maschilista e militaresca, l’emarginazione dei disabili, degli anziani, dei senza dimora, dei nomadi, la deforestazione, la depredazione sistematica degli altri animali e della flora…Nel passare agli auspici per l’anno 2024, la mente vacilla, la penna trema. Tanto sembra lontana oggi la fine delle guerre in corso! Se ne paventa semmai il rischio di allargamento. Così come sembra distante anni luce una vera riconversione ecologica.Provare allora con auspici più limitati, desideri più piccoli?Ma certo: provare a superare il conflitto con una collega sul lavoro, o con un compagno nelle lotte sociali, dedicare più tempo alla compagna, o compagno, ai figli, ai nipoti, diffondere ovunque sia possibile una cultura nonviolenta, a partire dai bambini e i ragazzi, tentare di mettere insieme in Sardegna un coordinamento per la pace ed il disarmo…So bene che saranno difficili da realizzare anche i piccoli propositi, perché viviamo in una società umana basata sul sistema Maggiore-minore e non sull’equivalenza fra le persone. Occorrerebbe uscire dallo schema violento, ricercare il rapporto paritario e il confronto, trasformare il conflitto in dialogo.Le armi, che al dialogo mai sono servite, dovrebbero essere eliminate e mai più prodotte. Buon 2024 e scusate l’utopia. Ma, come diceva Luther King, non bisogna mai spegnere la luce delle nostre idee.

8.10.23

Una via giuridica contro la tracotanza delle armi - Carlo Bellisai

da https://www.pressenza.com/it/2023/10/

 

La lotta per la dismissione dei poligoni militari in terra sarda, che da decenni caratterizza le attività dei movimenti antimilitaristi, disarmisti e ambientalisti presenti sul territorio, si svolge sempre di più anche nelle aule di giustizia. Aule penali, come quella del tribunale di Cagliari, dove il giudice Giuseppe Pintori ha in carico il processo che vede imputati i vertici militari dello Stato, nientemeno che per disastro ambientale, causato dalle ricorrenti e perduranti esercitazioni a fuoco nel poligono di Capo Teulada. Aule amministrative, come quella del TAR Sardegna, dove il prossimo 8 novembre verrà discusso il ricorso sull’illegittimità del decreto del Ministero della difesa che autorizza le esercitazioni belliche, nonostante la totale assenza di una valutazione di impatto ambientale.Il ricorso, presentato materialmente dall’avvocato Carlo Augusto Melis Costa, per conto dell’associazione ambientalista Gruppo d’Iniziativa Giuridica, è stato fortemente voluto dall’organizzazione assembleare di “A FORAS”, attiva nell’ultimo decennio, assieme ad altri gruppi e movimenti contrari alle basi di guerra sull’isola. A Foras, in un suo comunicato ci informa che “l’avvocato ha ritenuto fondate le nostre motivazioni e ha scritto un ricorso che è stato depositato al TAR di Cagliari, con richiesta di sospensiva immediata delle attività addestrative (ricorso n. 692/2023). Il ricorso è stato firmato dal Gruppo di Intervento Giuridico, per ragioni di legittimità”.All’interno dei territori concessi alle installazioni militari, nonché nei territori immediatamente adiacenti, sono situate diverse zone SIC (Siti di Importanza Comunitaria) che per legge dovrebbero essere salvaguardati da qualunque forma di inquinamento. Ad esempio l’Isola Rossa a Capo Teulada (riserva dell’avifauna) o la spiaggia di Murtas, nel poligono di Quirra, solo per citarne alcune. La tutela di questi siti è compatibile con le esplosioni che rilasciano torio, cesio, uranio impoverito, sostanze altamente inquinanti e cancerogene?L’impressione è che il mondo militare e quello delle armi siano protetti non solo dai reticolati, ma anche da un muro invisibile che li rende in qualche modo ingiudicabili. Come se le leggi della Repubblica non valessero anche per loro, casta privilegiata, al di fuori del popolo. Dietro il mito della difesa della patria prosperano gli intricati legami fra generali ed amministratori delegati delle industrie di armamenti, in rapidi giri di poltrone.Ne è riprova la decisione del ministro Crosetto di festeggiare il 4 novembre la “festa delle forze armate” in Sardegna. Forse gli farà da spalla il presidente della repubblica Mattarella. Il tutto solo quattro giorni prima dell’udienza del TAR che dovrà pronunciarsi sulla legittimità o meno delle esercitazioni. Indebita influenza? Abuso di potere?“Storie d’ordinaria follia”, direbbe Charles Bukowsky. Se non fosse che in questo conflitto tra istituzioni e cittadini sono questi ultimi a soffrirne le conseguenze. Perché la distruzione sistematica dell’ambiente naturale (vedi Penisola Delta a Capo Teulada, giudicata “non bonificabile” dagli stessi militari) incide inevitabilmente sulla salute di tutti gli esseri viventi. Ma di questo chi si occupa di preparare la guerra e la morte, certo non può curarsi.Il compito della cura del territorio, della salute, del benessere collettivo, in assenza spesso delle istituzioni delegate, spetta ai cittadini attivi, ai movimenti, alla società civile. Diventa inutile parlare ancora di pace, senza venire qui a capire cosa significhi la devastazione del preparare la guerra. Ma non so se il ministro Crosetto abbia i lineamenti ideali per capirlo.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...