Quale anno nuovo? di Carlo Bellisai

Dopo la riflessione   dell'amico Cristian Porcino eccone  un  altra  altrettanto profonda   e  sìdi spessore     . Si tratta       di  quella   di  

 

Carlo Bellisai
Sono nato e vivo in Sardegna. Da oltre trent’anni lavoro come maestro di scuola elementare. Dagli anni Novanta dello scorso secolo mi occupo di nonviolenza e di gestione costruttiva dei conflitti. Faccio parte del Movimento Nonviolento, col ruolo di portavoce del centro territoriale sardo, oltre che membro del Comitato di Coordinamento. Ho pubblicato: “Animalandia” (filastrocche per far ridere e riflettere su temi importanti) Punto di Fuga Editrice 2008 – esaurito; “Non so come sia da voi ma da noi è così” (un percorso didattico per gli alunni dagli 8 ai 12 anni, ispirato al metodo dell’equivalenza di Pat Patfoort), Infinito Edizioni 2017; “Sulle rive di un mare di plastica” (un libro di racconti, per grandi e piccoli, sui temi dell’ambiente e dei rifiuti), Edizioni La città degli dei 2018.


A rigor di logica, non si vede motivo per cui il nuovo anno non debba essere che la continuazione del vecchio. Tuttavia, milioni di differenti motivi irrazionali ci spingono a voler chiudere la porta dell’anno andato, per archiviare magicamente quanto ha portato in termini di dolore, orrore, violenza; altrettanto magicamente ci piace adoperarci all’immaginazione di un anno migliore, con tanto di propositi personali.Non mi sottrarrò comunque a questo rito collettivo, non foss’altro perché potrebbe rivelarsi una delle ultime occasioni, prima che l’intelligenza artificiale trasformi i nostri sentimenti in algoritmi.Quest’altro vecchio anno finisce, ma non è davvero probabile che con esso abbiano fine i sempre più gravi problemi di un pianeta che ci si ostina a trattare come una torta da divorare.Addio all’anno più caldo di sempre, come temperature medie stagionali, che accende un pensierino anche ai più “spensierati” circa il problema del surriscaldamento globale e delle catastrofi climatiche. Ma questa evidenza non basta a fermare i potentati delle energie fossili, che decidono sì di dare un limite al petrolio, ma addirittura nel 2050! Il che significa oltre un quarto di secolo ancora con il carbone, il petrolio, il gas e le altre fonti altamente inquinanti. Semplicemente, assolutamente catastrofico.Addio ad un anno di guerre. A quella in Ucraina e a quelle nell’Africa sub-sahariana, s’è aggiunta la deflagrazione violenta di una guerra che dura da almeno settantacinque anni, il conflitto fra Israele e i palestinesi. Ci dicono che Israele si scrive maiuscolo, perché è uno Stato, i palestinesi minuscolo perché solo un popolo. Siamo davanti ad una strage continua di civili inermi, sotto le bombe, per la fame e gli stenti: un crimine contro l’umanità, di cui Netanyahu e Israele sono i principali responsabili. Le popolazioni nel mondo chiedono la fine del massacro, ma gli Stati Uniti mettono il veto all’ONU: corresponsabili. Pietanza condita con sanguinolenti e ricchi fatturati per le industrie di armamenti.Addio ad un anno in cui tanti uomini possessivi e violenti hanno molestata, perseguitata, picchiata, stuprata, umiliata, uccisa, quella che consideravano la propria proprietà: la “loro” donna. Mettendo così in evidenza non solo il retaggio della società patriarcale, con i suoi ruoli rigidi e i suoi vecchi stereotipi, ma anche la più semplice incapacità d’amare. La violenza familiare è innanzi tutto violenza contro i bambini, diretta, o assistita, vista, subita nell’impotenza a reagire.Addio ad un anno che ha portato tante vittime, nei naufragi di migranti nel Mediterraneo, che ha visto incrementata l’indifferenza, ma anche la xenofobia e il razzismo. Il sistema italiano di accoglienza dei naufraghi appare sempre più simile a quello carcerario. Continua a mancare una visione reale del problema, che è globale: le migrazioni possono riequilibrare la discrepanza di popolazione in Europa fra pochi giovani e molti anziani, portando nuovi cittadini e lavoratori nel ciclo economico e contributivo. Le migrazioni potrebbero essere gestite con intelligenza e con il rispetto dei diritti umani. Ma così non avviene.Ho solo citato quattro evidenze nel calendario del 2023 che ci apprestiamo a buttare. Non mi sono soffermato su tanti altri gravi problemi, spesso connessi ai precedenti: l’enorme sperequazione economica, lo sfruttamento sul lavoro, le violenze sui minori, la corruzione, la “cultura” maschilista e militaresca, l’emarginazione dei disabili, degli anziani, dei senza dimora, dei nomadi, la deforestazione, la depredazione sistematica degli altri animali e della flora…Nel passare agli auspici per l’anno 2024, la mente vacilla, la penna trema. Tanto sembra lontana oggi la fine delle guerre in corso! Se ne paventa semmai il rischio di allargamento. Così come sembra distante anni luce una vera riconversione ecologica.Provare allora con auspici più limitati, desideri più piccoli?Ma certo: provare a superare il conflitto con una collega sul lavoro, o con un compagno nelle lotte sociali, dedicare più tempo alla compagna, o compagno, ai figli, ai nipoti, diffondere ovunque sia possibile una cultura nonviolenta, a partire dai bambini e i ragazzi, tentare di mettere insieme in Sardegna un coordinamento per la pace ed il disarmo…So bene che saranno difficili da realizzare anche i piccoli propositi, perché viviamo in una società umana basata sul sistema Maggiore-minore e non sull’equivalenza fra le persone. Occorrerebbe uscire dallo schema violento, ricercare il rapporto paritario e il confronto, trasformare il conflitto in dialogo.Le armi, che al dialogo mai sono servite, dovrebbero essere eliminate e mai più prodotte. Buon 2024 e scusate l’utopia. Ma, come diceva Luther King, non bisogna mai spegnere la luce delle nostre idee.

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