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29.7.25

Per chi suona la campana di © Daniela Tuscano


Nessun appello, nessuna riprovazione per i 40 e più assassinati (9 i bambini) a colpi di mitra e di machete in una chiesa di Komanda, nella Repubblica Democratica del Congo. Sì, machete. Squartati come vitelli. Va avanti così da decenni, in un crescendo di odio ed efferatezza. Ma non ne troverete cenni o quasi. Pochi trafiletti, rari e brevi filmati, zero volti. Le scarse immagini a disposizione sono d'archivio, le vittime non hanno identità, sono massa indistinta di brandelli umani (?) in un'Africa spettrale, in cui si aggirano torvi personaggi armati fino ai denti degni d'un «mondomovie». Ma questo non è un film. È una carneficina ad opera di gruppi jihadisti ai danni di cristiani di diverse confessioni che, ripetiamo, si protrae da tempo in Nigeria, Niger - dove è iniziato l'esodo di intere comunità -,
Burkina Faso, Somalia, Eritrea, Sudan, alle quali si aggiunge ora il Congo. Non una campana è risuonata per loro, né unedimeno o gretine o cantanti scosciate hanno sventolato sul palco bandiere che non saprebbero neppure collocare esattamente su una carta geografica. Chi si è data pena per Leah Sharibu e le studentesse di Chibok, tuttora nelle mani dei loro aguzzini? Eppure sono nere, oppresse da un patriarcato feroce; dovrebbero suscitare empatia, solidarietà. Come Maria Joseph e Janada Markus, giovanissime nigeriane riuscite a sfuggire a Boko Haram e ricevute poi a palazzo Chigi in occasione della giornata internazionale della donna. Ma nessuno ha mai udito i loro nomi o, quando li ha sentiti, se ne è strafregato/a.
Insomma, se cristiani, i non-occidentali non interessano più agli occidentali anti-Occidente. Diventano non-occidentali della concorrenza; il «patriarkato» viene esecrato solamente come l'arma dei «bianchi» sfruttatori colonialisti; altrove, è «tradizione» da rispettare. Nessuna campana per le donne e gli uomini d'Africa, altrimenti bisognerebbe riconoscere che i cristiani/e sono i più perseguitati al mondo (365 milioni secondo World Watch List 2024), che non si tratta solo di «bianchi», che le «altre tradizioni» sono tutt'altro che pacifiche e dialoganti. E non limitiamoci al Continente nero: dal Medio Oriente i cristiani rischiano di sparire, cosa che dovrebbe turbarci un pochino se solo ricordassimo che la culla di quella religione si trova laggiù. Il bombardamento della parrocchia «Sacra Famiglia» di Gaza ha suscitato in Italia miserandi battibecchi da bottega e reazioni anti-israeliane. Il tutto insopportabilmente pretestuoso, la solidarietà alle vittime è stata la grande assente dell'intero «dibattito». Né ci fu per l'uccisione di Shirin Abu Akleh a Jenin nel 2022, o per Nahda Khalil Anton e sua figlia Samar, sempre della comunità «Sacra Famiglia», colpite da un cecchino israeliano. Non s'è avvertita la scorsa settimana e appena ieri, quando i coloni del fascista Netanyahu hanno assaltato il villaggio di Taybeh, l'antica Efraim, ultimo avamposto cristiano in Cisgiordania, al grido di «Cacciamo gli arabi»; men che meno è giunta per i fedeli delle chiese di Sant'Elia a Damasco e di San Michele ad As-Sura, martirizzati dai pro-Isis con la minaccia: «Torneremo». Ma sappiamo che per gli «indignados» di casa nostra il fanatismo islamista non esiste. 
L'eccidio di Komanda, le sue morti senza nome, hanno almeno smascherato l'ipocrisia e la malafede. Con o senza campane.


© Daniela Tuscano

20.10.22

«Ho visto la guerra, ora realizzo il mio sogno» Nella sua piccola bottega vende gli ingredienti per cucinare piatti africani

 unione  sara  del  20\10\2022


 «Ho visto la guerra, ora realizzo il mio sogno» Nella sua piccola bottega vende gli ingredienti per cucinare piatti africani
Il suo sogno di una vita migliore è stato più forte della, della povertà, delle lunghe traversate nel deserto e in mare. Una speranza diventata realtà che Joy Ekhaise, 30 anni nata e cresciuta in Nigeria, coltiva giorno dopo giorno nella sua piccola bottega in via Riva Villasanta a Pirri aperta a settembre scorso.

L’arrivo in città

Joy accoglie le persone sorridente, un lungo foulard grigio floreale avvolge il capo, una lunga giacca in jeans copre un abito bianco e nero: mostra con orgoglio la sua attività, dove abbondano prodotti locali del suo paese. «Sono venuta in Sardegna nel 2017, aspettavo il mio secondo bambino che adesso ha cinque anni», racconta. Nel parlare della sua storia emerge emozione e orgoglio, mai vittimismo e rassegnazione. «Prima di raggiungere la Sardegna sono stata in Libia per circa un anno, dove svolgevo il mio mestiere di parrucchiera professione per cui ho ottenuto il diploma che purtroppo qui non è valido. Spero di poter racimolare denaro a sufficienza per poter fare la scuola di parrucchiera, così da poter ricominciare».
L’insidia Boko Haram
La sua è una famiglia numerosa, in totale sono sette tra fratelli e sorelle. «Vivere la guerra è stato chiaramente terribile», aggiunge. «In Nigeria il gruppo terroristico Boko Haram è spietato, in Libia ho vissuto in pieno la seconda guerra civile che si è fatta ancora più cruenta con l’avvento dell’Isis. Lì era impossibile uscire e avere una vita normale ma non mi sono mai persa d’animo perché i miracoli accadono». E il miracolo di Joy si nutre di sacrificio, talento e tante passioni. «Nella mia bottega ci sono tutti i prodotti necessari per cucinare i piatti tipici nigeriani», prosegue. «Le persone sono curiosissime: cucino l’efo riro ovvero una zuppa di verdure miste, l’egusi uno stufato di carne e peperoncino rosso, immancabile il fufu che è una sorta di polenta speziata. Ma ho anche il vino di palma, che è molto leggero e gustoso»

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...