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16.4.21

per la stampa ,anche davanti all'evidenza dei fatti non è femmicidio - violenza su una donna . il caso di Maria La pia M5

 niente  d'aggiungere al post ( vedere   sotto )  di Patrizia   io non saprei dirlo meglio  .  Lo so  che potrebbe essere di parte  perchè  la   fonte  da  cui  ho ripreso il post  è  una sua  amica   e per  giunta   dello stesso partito  ,  ma  se  tale  post  si legge  senza preconcetti e pregiudizi   ci si  accorgerà    che :  1) ha ragione  ., 2)  quanto  riportato  è inoppugnabile 3 ) si capisce   che  c'è  ancora molta  strada  da fare  soprattutto  nei media   in ambito  di tali fatti . 4)   che non è  questione  d'essere  femminista  o  lottare    contro   tali fenomeni  .  Ma  ora basta  con il pippone    ed eccovi l'articolo  .  

da  

1 h 
Il 18 dicembre 2018, a Nuoro, una mia amica, viene aggredita da un balordo, nel parcheggio di un supermercato. Lei rimane a terra con un trauma toracico e le costole rotte.Immediatamente la stampa si scatena e così i social, perché la mia amica,
Mara Lapia
, è una deputata della Repubblica, è una donna che non appartiene ai salotti radical chic o massoni in cui si decidono le cose e non frequenta chi conta. È una che lavora con la schiena dritta e dà fastidio a quelli che non lo fanno. Mara viene letteralmente sommersa di fango. Viene accusata di essersi procurata da sola l'aggressione, compaiono testimoni, tanti, a dire che non era manco stata toccata, che lo aveva provocato lei, che era inciampata sui tacchi (non ne aveva, come risulta dai video della sorveglianza). All'interno stesso dei gruppi di lavoro del suo partito, viene costantemente bullizzata da un gruppetto di decerebrati miracolati con battute ossessive sulla vicenda. Oggi sappiamo dai giornali che l'imputato ha chiesto il rito abbreviato. Oibò.Il rito abbreviato consente ad un imputato lo sconto di un terzo della pena, e non prevede che compaiano testimoni in aula. Quindi, il balordo non era proprio certo di essere assolto e i testimoni non c'erano. Ma come? Nonostante la Nuoro bene pronta a parlare, i testimoni, i video della sorveglianza che escludevano la sua responsabilità, le cassiere che probabilmente erano tutte lì quel giorno, il famoso audio farlocco dell'infermiera che raccontava minuto per minuto di essere lì a vedere, l'imputato sceglie di non avvalersi di tutte queste prove, per poi ricorrere, invece, al rito abbreviato? E perché? Dai che ci arriviamo insieme: perché nessuna di quelle prove lanciate allora come verità incontrovertibile è vera. Perché i video hanno dimostrato l'assoluta genuinità della Lapia, perché i testimoni che hanno detto di esserci hanno ritrattato e non ci sono più, perché l'infermiera che aveva fatto diventare virale quell'audio ha ritrattato la sua posizione, e alla fine ieri mattina, in aula, a volere quel processo non poteva essere altro che la vittima, la Lapia, mentre tutti gli altri sono scappati come conigli. A partire dall'imputato che non si è nemmeno presentato in aula. Perché quei testimoni, quell'infermiera, tutti quelli che erano certi, in aula non avrebbero potuto sostenere quelle cose, pena l'essere rinviati a giudizio per falsa testimonianza. Mi aspettavo che almeno oggi i giornalisti avrebbero recuperato almeno un po' di dignità, dopo quanto scritto su questo episodio anni fa. Così come perseguitarono lei allora, millantando, brutalizzando la faccenda, avrebbero potuto riservare lo stesso trattamento all'imputato. "Perché fuggi? Dove sono le prove che dimostravano la tua innocenza? E tutti i testimoni? Perché hai chiesto il rito abbreviato?". Invece niente. Mi sarei aspettata anche che i soloni che avevano linciato una donna per il fatto di avere subito violenza, e che l'avevano linciata perché mai seduta nei loro salotti, avanzassero qualche scusa, se non altro per i modi e i toni con cui l'avevano offesa. Invece niente. Quindi ieri Mara era presente in aula, dopo essersi opposta all'archiviazione, esattamente come tutti quelli che dicono la verità e credono nella Giustizia.Gli altri si sono già dileguati come lepri. Che è la solita storia quando si parla di violenza su una donna. Però che vergogna eh. All'inizio tutti leoni, e poi, coglioni.
*La stampa riporta, ancora oggi,




l'aggressione come una botta alla mano e un cellulare graffiato. Niente, non ce la fanno, neppure davanti agli atti e ai referti. Non sanno leggere nemmeno un processo, figuriamoci scriverlo.

8.12.12

siamo alle solite Londra, suicida l'infermiera dello scherzo telefonico a Kate

 Stamattina leggendo i  giornali  apprendo questa  triste  news  


Gb: suicida infermiera dell'ospedale, 
vittima di uno scherzo su Kate incinta

La donna era stata la prima a ricevere la telefonata della conduttrice di una radio australiana che, fingendosi la Regina, aveva chiesto notizie sulla salute della duchessa di Cambridge. Aveva quindi passato la chiamata all'infermiera-capo che aveva rivelato le informazioni sulla gravidanza in diretta


LONDRA - L'infermiera dell'ospedale di Londra Edward VII (VIDEO), dove era ricoverata Kate Middleton per forti nausee mattutine, è stata trovata morta in quello che sembra un suicidio. Lo riferiscono Sky News e altri media britannici. La donna era finita nella bufera per non aver verificato prima di passare all'infermiera incaricata di occuparsi di Kate, la telefonata di una radio australiana, i cui conduttori si erano spacciati per la regina Elisabetta e il principe Carlo. In questo modo la radio aveva poi trasmesso in diretta un aggiornamento sulla gravidanza della duchessa di Cambridge. Il corpo senza vita della donna è stato trovato poco prima delle 9,30 locali presso un'abitazione poco lontana dall'ospedale dove lavorava, nel quartiere londinese di Marylebone, vicino a Regent's Park. L'infermiera è stata dichiarata subito morta dai medici che hanno tentato invano di rianimarla. Sul posto sono intervenute due ambulanze.




In un comunicato il King Edward Hospital ha confermatola morte dell'infermiera che aveva risposto alla finta telefonata per Kate Middleton. Esprimendo "profondo cordoglio" nella nota si definisce la vicenda "uno shock" e aggiunge che dopo la telefonata finta "lo staff dell'ospedale le era stato vicino sebbene stesse passando un momento difficile". La donna, riferisce il Daily Mail, si chiamava Jacintha Saldanha ed era madre di due figli. Stava lavorando come centralinista quando, alle 5,30 del mattino di martedì, era arrivata la chiamata dei conduttori australiani. Nel comunicato l'ospedale la definisce un'infermiera di prima categoria e non risulta che l'ospedale avesse preso provvedimenti disciplinari nei suoi confronti. Da Buckingham Palace è stato diffuso un comunicato con cui "Il duca e la duchessa di Cambridge esprimono profonda tristezza nell'apprendere della morte di Jacintha Saldanha". 
"Pronto? Sono la Regina, vorrei notizie della salute di mia nuora Kate...": lo scherzo aveva irritato non poco i Windsor. La finta 'regina' aveva interrogato l'infermiera ottenendo un breve rapporto sulle condizioni della moglie di William. Solo che, come si è scoperto dopo, all'altro capo del filo non c'era Sua Maestà, ma una dj di una radio privata australiana, Mel Grieg di 2Day.Fm. "Francamente non pensavo che mi avrebbero fatto parlare con infermiere o medici", aveva poi detto l'autrice dello scherzo. "Credevo che avrebbero riattaccato appena sentito il mio pessimo accento australiano. E invece mi hanno presa sul serio". 
L'immediata reazione dell'ospedale era stata di "vivo rammarico" per aver violato involontariamente la riservatezza della principessa. William e Kate non avevano fatto commenti. E la dj si era detta "dispiaciuta" che lo scherzo avesse avuto buon esito, e aveva poi fatto "i migliori" auguri alla futura madre. Sul sito della radio 2Day.Fm però il video non è stato ancora rimosso e gli utenti stanno lasciando commenti di fuoco nei confronti dei conduttori. 

L'unico  commento  che  mi sento di fare  prima  che cada il silenzio  



è che  i  che gli attuali metodi dei media hanno superato ogni limite. I dee jay della radio australiana ora sono stati sospesi, ma forse andavano sospesi dopo lo scherzo, non dopo il suicidio", perchè va bene  essere  sulla notizia  ma non a  tutti  i costi  . Cosi non solo  hanno contribuito  a dare il colpo di grazia  all'infermiera 

Lo psicologo Ammaniti: "L'onta universale puo' spingere al suicidio"

di ALESSANDRA BADUEL

ROMA - "L'onta universale può spingere fino al suicidio". Per lo psicopatologo Massimo Ammaniti la vicenda dell'infermiera Jacintha Saldanha è emblematica del potere negativo che può avere su una persona il dover portare una vergogna davanti agli occhi del mondo intero, con lo stigma di un fallimento professionale nella tutela della privacy di un paziente, per giunta di Kate Middleton, gestante del futuro erede al trono. Ammaniti, in questi giorni a Londra per un ciclo di conferenze, ha seguito come tutti la vicenda e non si stupisce, mentre tiene anche ad accusare un sistema mediatico che "dovrebbe avere rispetto perlomeno verso la malattia".

Professore, davvero l'errore davanti a una platea universale può schiacciare una persona fino a questo punto? "È come se rispondendo a quella chiamata all'alba la signora Saldanha fosse entrata in una specie di videogioco mondiale in cui si è trovata intrappolata senza sapere come né perché. Certo il senso di annichilimento è enorme, perdi ogni speranza nel futuro. Pensi anche che il nome della tua famiglia, dei tuoi figli, sarà legato per sempre a quel momento. Lo psicoanalista Ronald Laing definisce la malattia mentale una reazione comprensibile rispetto a una situazione incomprensibile. Ecco, io credo che questo suicidio, almeno in base agli elementi noti finora, sia proprio questo. La vergogna è diversa e più potente del senso di colpa. Il senso di colpa è un giudice interno, privato, ma la vergogna è pubblica. Si perde la faccia davanti agli altri, ci si sente giudicati. In questo caso, poi, a giudicare l'infermiera Jacintha Saldanha è stato il mondo intero, appunto, che l'ha conosciuta come colei che non era stata capace di salvaguardare la riservatezza di una paziente. Sarebbe il primo dovere di ogni medico o infermiera". 

E non si trattava di una paziente qualsiasi. "Anche questo aggrava la situazione. La Casa reale è sotto gli occhi di tutti, però ci dovrebbe essere una garanzia di privacy almeno in ospedale, è stato proprio violato un tabernacolo, un momento di malattia e vulnerabilità, per di più su un argomento a sua volta delicato come la gravidanza di colei che darà un erede al trono. La signora Saldanha si è trovata davvero in una pessima posizione, avendo il primo momento di fama della sua vita per aver compiuto un'involontaria incomprensione
e  a far  si che altri paghino per loro  . Infatti  la catena di supermercati 'Coles', sponsor della trasmissione, ha annunciato di aver intimato di ritirare dalla programmazione tutti i propri spot a 2Day Fm.



fonti repubblica online 

14.8.12

Politici di PDL, Sel e M5S pagano giornalisti per farsi fare interviste "accomodanti" in TV

ricollegandomi al post precedente ecco le cose importanti a cui mi riferisco . Ora non ricordo la fonte  mi pare  sia http://isegretidellacasta.blogspot.com/ , cose che capitano quando s'invecchia  smiley   si è  iscritto a molte cose per avere una informazione a 360° antidoto ai complottisti e alla disinformazione come afferma il n. 322, bimestrale di Martin Mystere - foto  a destra - ,    Congiura nei cieli ( Soggetto e sceneggiatura: Carlo Recagno- Disegni: Esposito bros - Copertina: Giancarlo Alessandrini )  







Politici di PDL, Sel e M5S pagano giornalisti per farsi fare interviste "accomodanti" in TV

Un tempo i giornalisti avrebbero speso milioni di vecchie lire per un'intervista esclusiva ai politici con la P maiuscola, ma Aldo Moro, Sandro Pertini, Enrico Berlinguer, non avrebbero mai preteso una lira.
Oggi, nel degrado totale della casta politica attuale, i ruoli si sono invertiti: ora sono i politici che sono disposti a pagare migliaia di euro pur di trovare un giornalista disposto ad intervistarlo in modo accomodante.
E' la nuova frontiera del teatrino della politica, dopo lo pseudo-giornalismo scodinzolante dei salotti televisivi alla Bruno Vespa. 
Lo scandalo che ha coinvolto i consiglieri regionali emiliani di Pdl, Sinistra e Libertà, Lega Nord, Movimento 5 Stelle e due emittenti locali "è-tv" e "Gold 7" - è ancor più grave perchè i soldi pagati dai politici non vengono tirati fuori dai loro portafogli ma dalle nostre tasche, per la precisione dai 3,8 milioni annuali che i partiti si prendono dal bilancio regionale e si spartiscono sotto la dicitura "Fondi per il funzionamento dei gruppi consiliari". 
Il tutto con regolare fattura emessa che, in modo truffaldino finisce sotto la voce "Spese di Propaganda": i telespettatori pensano di assistere ad una trasmissione di approfondimento e dibattito politico, in verità si tratta di uno spot propagandistico "camuffato". Lo scandalo è stato denunciato da una consigliera regionale di rifondazione comunista, Monica Donini, che si è vista recapitare per mail un tariffario di prezzi da un'emittente televisiva.

L'Associazione Stampa Emilia-Romagna esprime“indignazione per i comportamenti irrispettosi dei vincoli deontologici e contrattuali tenuti da giornalisti radiotelevisivi del nostro territorio che  si sarebbero prestati a fare interviste a pagamento e a ospitare, in contenitori giornalistici come la rassegna stampa, esponenti politici dietro corresponsione di denaro”.
Il sindacato regionale dei giornalisti invita, quindi, l’Ordine ad aprire “un’inchiesta su di un sistema che, se confermato, non può essere definito solo un malcostume in quanto mina le basi della nostra professione, la deontologia, la credibilità del nostro lavoro nei confronti del pubblico. E' la prima volta che esponenti politici di quasi tutti gli schieramenti ammettono di avere utilizzato soldi pubblici per interviste o «comparsate» in contenitori televisi di chiaro stampo giornalistico”.
“Non altrettanto chiaro per i telespettatori, era il fatto che si trattava di interventi di tipo propagandistico. Sarebbe gravissimo se passasse il messaggio che le dichiarazioni dei politici in tivù e sui giornali sono frutto di accordi mercantili e non di libere scelte della redazione”.
L’Assostampa Emilia Romagna invita, pertanto, "l’Ordine dei giornalisti ad accertare la realtà dei fatti e, in caso di conferma, a prendere provvedimenti disciplinari nei confronti dei direttori delle testate e dei giornalisti che hanno violato le regole della deontologia professionale e del Contratto di lavoro”.



11.7.12

ma che tv è questa ? dove la verità diventa bugia e la bugia verità . le dichiarazioni di schettino

Datemi pure  del  fascista , del moralista , del garantista   a senso unico  , ecc  ma  certe cose  non le  sopporto .  Perchè  come dice il pompiere  corriere della sera


Schettino in esclusiva a Mediaset: «Presi le giuste decisioni»

L'intervista al comandante della Costa su Canale 5 - Rcd




Il comandante Francesco Schettino parla per la prima volta dopo la tragedia. In esclusiva per il programma di Canale 5 "Quinta Colonna"' il comandante della Costa Concordia, naufragata al Giglio il 13 gennaio 2012, racconta quella notte. Nell'anticipazione del Tg5 Schettino si scusa per quanto accaduto ma rivendica le decisioni prese, compresa quella di non lanciare subito l'allarme. Ma il web insorge perché "non c'è rispetto per le vittime" e invita a non guardare la trasmissione.

Visto che ormai io media dettano legge  ,  il caso non è solo Schettino  o chi si vende  \ accetta  simili proposte   ma noi tutti ( sottoscritto  compreso che  a  volte  ci   casca , anche  se   non è mai arrivato  fino al punto o di riprendere   e mettere in rete  con il cellulare  o digitale  eventi drammatici i od andare  , vedere   mio post   d'archivio  sull'eccessiva  e vergognosa  morbosità  della povera  Sara Scazzi    dove  la gente  arrivo a farsi    e  a  fotografare i garage  e l'abitazione dell'evento  )   con il nostro   desiderio di morbosità  e di conoscere tutto  nei minimi dettagli ,  ci può stare   che ( anche   se   la  difesa   si fa  in tribunale )  ma   
 al limite  , ma  con  un  contraddittorio , ma    cazzo  solo  ed  esclusivamente      tramite  un monologo  dove  puoi raccontare  tutte le  balle  che  vuoi    senza  che  nessuno possa replicare   o fartelo notare.


Come riporto da questi di due articoli .Il primo ( http://it.notizie.yahoo.com/schettino-intervista-50-mila-euro.html ) contiene due stralci dell'intervista, che è andata in onda martedì sera:

 il primo sulle vittime, il secondo sull'abbandono della nave da parte di Schettino.

CAVO:
Ma lei si sente di dover chiedere scusa a qualcuno?

SCHETTINO:
Ma sicuramente io non posso essere felice per quello che è successo, il mio cordoglio, il mio affetto più sincero va alle persone che purtroppo non ci sono più.

Il danno economico sicuramente ci sta, i danni  sono per le perdite, per le persone che sono state colpite nei loro affetti e alla fine sicuramente per l’azienda e per il comandante della nave che poi è stato vittima di tutto questo sistema, questa cosa che è successa che è un sentimento indescrivibile, è ben minore dell’ affetto di una madre che perde una bimba sicuramente, è incommensurabile

Però la perdita della nave per un comandante è qualcosa…non esiste un metro di dolore.


CAVO:
Lei dice il mio cordoglio…il cordoglio non equivale alle scuse, le ho chiesto se lei pensa di dover chiedere scusa?

SCHETTINO:
Certamente, perché io non pensavo mai potesse accadere una cosa del genere, va al di là di ogni intenzione di voler fare qualcosa del genere.

Nell’incidente non solo viene identificata la nave, l’azienda, viene identificato il comandante e quindi è normale che io debba chiedere scusa, quindi è normale che io debba chiedere scusa, proprio come rappresentante di questo sistema a tutti.

CAVO:
Lei ha parlato di una madre e di una bimba, lei come ha preso la notizia della morte della piccola Daiana Arlotti?

SCHETTINO:
Preferirei evitare non vorrei parlarne…perché già mi fa star male

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CAVO:
Il  punto comandante è che ci sono dei suoi ufficiali che si sono buttati in acqua e altri che hanno provato a raccogliere quei passeggeri che erano in acqua tra la nave e lo scoglio, lei non ha avuto la tentazione di ributtarsi in acqua di dare una mano ai passeggeri?

SCHETTINO:
Quello che ho visto io è che c’erano già 5 o 6 che venivano verso lo scoglio, cioè non ho visto persone che stavano affogando in acqua onestamente.



CAVO:
Quando capisce comandante che ci sono delle vittime?

SCHETTINO:
Mi sembra,  il comandante della Capitaneria, De Falco, mi disse ci sono già delle vittime, ma non so se era un dato esatto se realmente ci fossero delle vittime, il primo che me l’ ha detto è stato lui.

Speravo sempre non fosse vero, poteva essere anche una persona che era svenuta, che poi si sarebbe ripresa.


CAVO:
Le viene chiesto ad un certo punto di risalire a bordo, lo fa De Falco in una telefonata molto famosa che ha fatto il giro del mondo perché lei non sale a bordo e cosa ha provato a risentire quella telefonata?


SCHETTINO:
Ascoltare quella telefonata non mi ha fatto nessun effetto perché io mi sono messo nei panni dell’ interlocutore, generalmente quando si gestiscono i soccorsi a distanza, bisogna avere l’attenzione della persona che in quel momento rappresenta i tuoi occhi e capire lo scenario in cui si sta svolgendo la circostanza.

Io da comandante non ho mai dato un ordine che non possa essere eseguito, cioè lui ha richiamato  un dovere senza capire che non poteva essere fatto .

Il discorso è che non aveva considerato che la nave sul lato dritto era affondata, dovevo fare 300m a nuoto, cioè buttarmi in acqua fare il giro della prora, vedere la biscaggina, col cellulare da preservare , perché nel frattempo dovevo parlare con l’unità di crisi, facevo una cosa molto più seria

il secondo  da  http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/   di  Mercoledì 11 Luglio 2012 - 16:46


Torna agli onori della cronaca il discusso e bersaglio di invettive, che hanno finito per coinvolgere anche "gli italiani" più in generale, Francesco Schettino, il comandante della nave Costa Concordia naufragata nei pressi dell’Isola del Giglio il 13 gennaio 2012. Nel disastro, roba da Guinness dei Primati trattandosi della nave con il maggior tonnellaggio mai naufragata, sono morte 30 persone e 2 risultano ancora i dispersi. Da poche settimane sono iniziati i lavori di rimozione del relitto, un'operazione che richiederà almeno altri 12 mesi e non è stata mai tentata prima.L’ex ufficiale, ritenuto da molti il responsabile del disastro, è appena tornato in libertà. Gli arresti domiciliari gli sono stati revocati e lui aveva immediatamente chiarito quale sarebbe stata la natura dei suoi futuri rapporti con i media, gli stessi che lo hanno etichettato come il principale colpevole della sciagura. Per Schettino l’obiettivo sarà quello del massimo ricavo economico possibile. D'altra parte i soldi potrebbero rivelarsi molto utili, soprattutto qualora dovesse essere riconosciuto responsabile i risarcimenti in sede civile potrebbero essere particolarmente esosi per lui e superare la copertura assicurativa garantita ai dipendenti della Costa Crociere.Anche la sua azienda potrebbe voltargli le spalle, ovviamente se venisse dimostrato che il suo comportamento ha violato le regole imposte dalla compagnia. Schettino, tramite i suoi avvocati, ha fatto sapere che l’esclusiva della sua intervista sarà a vantaggio dei vincitori di una vera e propria asta e il cachet di partenza è di 50 mila euro. Le parole del suo legale, Bruno Leporatti, sono chiare: "Inutile correre fino a Meta di Sorrento: Schettino non uscirà di casa e non parlerà. Chiunque andrà, rimarrà davanti alla porta". Ovviamente, precisa l’avvocato, il lauto pagamento sarà a garanzia del mantenimento di un’esclusiva, concessa solo a due gruppi editoriali, uno televisivo e uno per la carta stampata. L’idea è ottimizzare al massimo l’esclusività facendo uscire le due interviste in contemporanea. Nelle dichiarazioni l’ex capitano non solo si auto assolve, ma si dipinge come una sorta di eroe, un uomo con l’istinto del capitano che, protetto da una mano divina, ha potuto salvare molte vite. Parlando della della manovra che ha condotto al contatto con lo scoglio Schettino dice: "C'è chi, a verbale, ha dichiarato che l'impatto con la poppa è stato causato da una mia allucinazione, un'allucinazione che mi avrebbe fatto virare a destra provocando la scodata verso sinistra... Altro che allucinazione! Piuttosto è stato il mio fiuto, il mestiere, il saper riconoscere il mare a farmi fare quella sterzata repentina a dritta".


Nell'intervista esclusiva mandata in onda da Canale 5, il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, ha detto «bugie imbarazzanti». Questo il giudizio del procuratore capo di Grosseto,Francesco Verusio, che in una dichiarazione riportata da La Stampa si è detto «sconcertato e imbarazzato» per la versione dell'incidente fornita in tv da Schettino, il comandante della Costa Concordia naufragata all'Isola del Giglio il 13 gennaio scorso con oltre 4mila persone a bordo. L'incidente costò la vita a 32 persone (due non sono mai state ritrovate).
Procuratore: tutto dimostra le sue reponsabilità. «Lui - ha dichiarato Verusio - conosce bene la verità, perché gli atti, depositati dal gip, sono anche nelle sue mani. Testimonianze, registrazione di ciò che avvenne in plancia: tutto dimostra quali sono le sue responsabilità. Ed è tutto a sua conoscenza. E poi, suvvia, all'indomani dell'arresto ammise "d'aver fatto una cazzata" e ora si dipinge come il comandante perfetto che non è pentito di nulla. Da non crederci!».
Erano scattate ieri le polemiche per la prima intervista tv concessa da Francesco Schettino, andata in onda in prima serata su Canale 5 a "Quinta Colonna". Una intervista che secondo alcune voci sarebbe stata pagata 50mila euro (57mila secondo la blogger Selvaggia Lucarelli). Su Twitter è partito anche un boicottaggio della trasmissione condotta da Salvo Sottile ed è stato lanciato l'hashtag "#iononguardoschettino", diventato subito popolarissimo. 


Sottile smentisce, Mediaset non commenta. Il giornalista su Twitter ha negato più volte di aver pagato Schettino, in risposta alle richieste di chiarmento, affermando: «Noi non paghiamo nessuno». Mediaset invece non commenta, ma ricorda che in pasato spesso e volentieri tutti hanno pagato per interviste in esclusiva quando c'erano in ballo grossi personaggi.
L'intervista. «Non avrei mai pensato potesse accadere una cosa del genere, va al di là di ogni intenzione provocare una cosa così perché alla fine, nell'incidente, non solo viene identificata la nave e un'azienda, viene identificato il comandante quindi è normale che io debba chiedere scusa a tutti come rappresentante di questo sistema», dice Schettino.
«Il mio cordoglio, il mio affetto più sincero va alle persone che purtroppo non ci sono più - continua Schettino -. Il danno economico sicuramente ci sta, i danni sono per le perdite, per le persone che sono state colpite nei loro affetti e alla fine sicuramente per l'azienda e per il comandante della nave, che poi è stato vittima di tutto questo sistema, questa cosa che è successa, che è un sentimento indescrivibile, è ben minore dell'affetto di una madre che perde una bimba. Sicuramente, è incommensurabile. Però la perdita della nave per un comandante è qualcosa per cui non esiste un metro di dolore». Quando gli viene chiesto della morte della piccola Daiana Arlotti, Schettino risponde che preferisce non parlarne: «Questa è una domanda che mi distrugge, è terribile».
Quanto alla scelta di non aver dato subito l'allarme generale Schettino afferma: «Non mi sono pentito di non aver dato subito l'allarme. Sarebbe stata quella un'imprudenza. Far fermare la nave per mettere a mare le scialuppe, per evitare danni alle scialuppe in un fondale di 100 metri dove la nave sarebbe poi purtroppo sicuramente affondata. Se siamo qui oggia discutere è proprio perché io ho fatto delle scelte da comandante».
«Questo è un incidente banale nel quale la fatalità ha trovato breccia proprio nell'interagire tra esseri umani. Si è creato credo, di base, un malinteso e proprio per questo c'è la rabbia. È come se tutte le teste, compresi gli strumenti, fossero andati in black-out», osserva poi Schettino, ricostruendo i frangenti del naufragio. «In quel momento lì io sono salito sul ponte - racconta Schettino - ho ordinato la navigazione manuale e non avevo io il comando, la direzione della navigazione era dell'ufficiale». Poi aggiunge «mi faccio la colpa di essere stato distratto e che quella distanza come di routine doveva essere riportata, perché chiunque osservi al radar una situazione di eccessiva vicinanza deve per forza farlo presente». «La mano divina - continua Schettino citando il proprio memoriale - è proprio per dire ci stava un'ostruzione, il fiuto, l'osservazione di vedere, l'essere attenti, mi ha fatto intuire un qualche cosa da compiere che era importante», tanto che «alla fine sono riuscito ad evitare l'impatto frontale».
La sera del naufragio Schettino cenò con la giovane moldava Domnica Cemortan, ma fra i due c'è solo amicizia, ha poi detto Schettino. «È normale che ci sia stato gossip - ha detto sottolineato -. È sicuramente una persona socievole, simpatica e un po' amica di tutti, non necessariamente doveva essere qualcosa di più».
Quando gli viene chiesto se al momento dell'inchino Domnica fosse in plancia, Schettino risponde che «stava aspettando fuori dove sta la tenda e aspettava la cabina libera, la chiave che gli avrebbe poi fornito», perché «lei era una mia amica e del capo commissario, una persona che voleva fare una crociera con le sue amiche a bordo, voleva comprare un biglietto in Russia, disse che nelle agenzie russe non era riuscita a trovare un posto sulla nave e quindi l'aiutammo a trovare regolarmente una cabina e un regolare biglietto di viaggio». Riguardo quella sera, Domnica «è stata a cena con me - racconta Schettino - è stata assieme anche al capo commissario perché alla fine ripeto ci sono delle persone con cui vale la pena farsi due risate, nient'altro».
Poi, parlando ancora dell'inchino, Schettino nega chE sia stato fatto per dimostrare le sue capacità a Domnica Cemortan: «C'è una differenza tra un inchino e un passaggio, quello doveva essere un passaggio ravvicinato all'isola, perché in caso di inchino noi, generalmente, si riduce la velocità, si va a distanza ravvicinata, si scelgono le carte giuste per fare l'inchino ad una certa distanza dalla terra: se fosse stato programmato un vero e proprio inchino, non sarebbe successo perfettamente niente».
Le polemiche. «È assurdo che per rilasciare l'intervista di questa sera, in onda su Canale 5 al programma Quinta Colonna, l'ex comandante della Costa Concordia - al quale sono stati revocati gli arresti domiciliari, ma gli è stato vietato di allontanarsi da Meta, provincia di Sorrento - riceverà 50.000 euro», dichiara, in una nota, Massimiliano Dona, Segretario generale dell'Unione Nazionale Consumatori (Unc), aggiungendo: «Soprattutto se paragonati ai soli 14.000 euro di risarcimento per i passeggeri che hanno rischiato la vita». «L'Unc lancia su Twitter l'hashtag #BoicottaQuintaColonna - conclude Dona - per dare voce ad una protesta importante: non può diventare una star, per giunta pagato più del risarcimento dei passeggeri, chi non solo ha contribuito al disastro della Costa Concordia, ma ha anche abbandonato la nave».
Il lavoro che non c'è più, spese legali da affrontare. Per la famiglia Schettino è un momento difficile anche dal punto di vista economico. Secondo quanto si apprende da ambienti vicini al comandante, questo aveva determinato il silenzio di Schettino fino a ora, dopo la revoca degli arresti domiciliari. Dietro la decisione di aspettare a parlare, dice l'agenzia Ansa, ci sarebbe infatti stata la scelta di optare per interviste in esclusiva e, dunque, a pagamento.

a  voi  ogni ulteriore  commento 

24.6.12

povera italia dai fascisti \ nazisti ai razzisti\xenofobi

vedendo   questo  cortometraggio d'Ettore  scola  






in cui  descrive  di come  l'Italia  sia passata  Dai nazisti ai razzisti. '"43/'97", un corto inedito di Ettore Scola regalato a l'Unità che fa da "testimonial" al festival itinerante "Libero cinema in libera terra". Pochi folgoranti minuti in cui l'autore di "Una giornata particolare" ci dice di come il cinema possa mettere in salvo da ogni razzismo, violenza e sopraffazione. Con citazioni da  vari  film ovvero  capolavori  italiani.
canticchio  chiedo scusa , a chi mi segue  fin dal mio esordio  in rete  nel  lontano  2004 ,   se mi ripeto  , ma  certe  cose la gente  ottusa non le capisce  e  (  ma  chi se ne frega io continuò ad andare avanti e a non curarmi di loro  )  mi giudica  comunista  ,  questa canzone più attuale  che mai  , perchè mi sembra  giusto ed  opportuno passare  dal piangere  e piangersi ( vedere  sotto   il video di Battiato povera patria  a cercare una  nuova patria   , vedere il video   della  Guzzanti da  0.55  in poi  ) senza  però scordarci il passato  ( vedere  il secondo video della guzzanti  ) 










e  mi  rattristo  di  come siamo caduti in basso  hanno ragione  sia  De gregori e  Battiato  con queste due  canzoni ormai entrate nel  nostro Dna   panorama  culturale musicale italiano 











 ma allora tutti sottovalutammo e consideravamo i primi rigurgiti come nostalgici del fascismo e del nazismo e credevamo fossero solo 4 gatti

sia  Guido Crainz (  foto  a  sinistra e qui la  sua  bibliografia )    l'autore  de Il paese mancato  Dal miracolo onomico agli anni ottanta (  copertina   sotto  a  destra  )  . Il libro  è la storia dell’Italia dagli anni Sessanta ai primi anni Ottanta, la storia – sapientemente descritta e raccontata – di un Paese che avrebbe potuto essere altro da quello che è diventato e che è tuttora, un Paese mancato appunto, e che in quel lasso di tempo ha attraversato una delle congiunture sociali e politiche più eccezionali e irrepetibili che possa venire a determinarsi nel percorso di vita di uno Stato e una nazione.  Sempre secondo la  sezione  recensioni  de  il sito http://www.brigaterosse.org   ( sito non più aggiornato  dal  2007 che  a  causa  della mentalità bacata  di  digos  e  polizia  postale  ,  ma  anche  della cultura  di  stato  vedere   il post  di Matteo tassinari     che racconta  come   uno spirito libero come de  andrè  venne  scambiato  come fiancheggiatore  delle  Br  , la stessa cosa  è successa  a  questo sito reo solo di pubblicare   come  documentazione storica i comunicati delle  Br  ) 

Tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta non c’è stato nessun aspetto del nostro vivere civile che non sia stato attraversato da sommovimenti profondi, capaci di alterare nelle fondamenta modi di viveri sedimentati e condivisi. Quello che in questa sede interessa, però, è un altro aspetto fondamentale del libro: la capacità, cioè, di descrivere e spiegare con assoluta efficacia le premesse di una stagione di rivolta, i motivi per cui “improvvisamente” una parte della società italiana decide di provare a cambiare la struttura profonda del paese, le regole del vivere comune, i codici di comportamento, i modi di pensare e concepire i rapporti sociali, sia del pubblico che del privato. Per fare questo, Il Paese mancato ci spiega l’Italia degli anni Sessanta al di là e oltre la facile formula del “miracolo economico” che pure si verificò davvero, ma che da solo non basta a descrivere una società complessa e contraddittoria e sull’orlo di una rivolta generazionale. L’Italia dell’esperimento riformista e della congiuntura, della crisi delle due Chiese, quella cattolica e quella comunista, delle tragedie di Avola e delle morti bianche. Fino allo scoppio del biennio ’68- ’69, l’autunno caldo, gli anni furibondi della strategia della tensione e dell’eversione.

È a questo punto, in questo momento, che Il paese mancato diventa un libro necessario, anche nell’ambito di

17.11.08

scontata 30 anni di carcere e poi scoprono che è innocente

Spesso sui giornali  regionali  si leggono news   che    o non   vengono trattati dai media nazionali  ( o se   vengano trattat  lo è solo  in brevissimei trafiletti )   .   Ecco  una  dei  casi  più gravi   tratto  dalla  nuova sardegna del 16\11\2008


dall’inviato Piero Mannironi
Riconosciuto innocente dopo 30 anni di carcere
Il calvario dell’orunese Melchiorre Contena accusato del sequestro-omicidio Ostini
Assolto in primo e secondo grado fu condannato nel terzo processo disposto dalla Corte di Cassazione



*SIENA. **
L’inferno può essere fatto di sbarre che sembrano imprigionare perfino il cielo, di muri spessi e grigi e di cancelli di ferro che rinchiudono in uno spazio immobile e claustrofobico anche i sogni e il dolore. Ma l’inferno è soprattutto nella lucida consapevolezza di essere vittima del furto più atroce, quello della libertà. E di vivere l’interminabile divenire di giorni grigi, sempre uguali, al posto di qualcun altro. Questa è la storia del calvario di un uomo che ha vissuto trent’anni all’inferno prima di vedersi restituiti, in nome del popolo italiano, la dignità e l’onore. Ma è anche la storia di una donna, sua moglie, che gli ha sempre creduto e che ha combattuto con una forza sovrumana una battaglia che sembrava impossibile.
* Questa è la storia di Melchiorre Contena, pastore di Orune, e di sua moglie Miracolosa Goddi.
Il 18 luglio scorso la corte d’assise d’appello di Ancona ha messo fine a un incubo durato trent’anni, spazzando via l’accusa terribile di sequestro di persona e omicidio che aveva sprofondato Melchiorre Contena nel buio universo chiuso del carcere. E’ l’epilogo di una complicata e contradditoria storia giudiziaria che ha visto pronunciarsi per quattro volte i giudici di merito e per due quelli di legittimità. Senza contare due pronunce in risposta alla richiesta di revisione del processo. La sentenza finale, quella che stabilisce che Melchiorre Contena è innocente, arriva però quando l’orologio del tempo ha scandito anche l’ultimo giorno della pena.


*IL RAPIMENTO. * Tutto comincia alle 22,30 del 31 gennaio 1977. Marzio Ostini, imprenditore milanese di 38 anni, sposato e padre di un bambino di sei, torna nella sua villa “Le Querce”, nella tenuta di Armatello, a San Casciano Bagni, nel Senese. Con lui c’è il suo amministratore, Giuseppe Miscio. In casa lo attendono tre uomini armati e mascherati. Modi spicci, ruvidi, e poche parole in un inconfondibile accento sardo. Prima di andare via con l’imprenditore milanese dicono a Miscio: «Vogliamo cinque miliardi (poco meno di due milioni e mezzo di euro). E non avverta la polizia, altrimenti il riscatto raddoppia». Marzio Ostini svanisce nel buio insieme ai suoi carcerieri. Per lui comincia il tragico viaggio verso il nulla.
Il 4 febbraio il primo contatto telefonico con il padre di Marzio, il cavalier Carlo Ostini. E una nuova richiesta di riscatto: due miliardi di lire. Poi le lettere. In quella del 16 febbraio, la prova che l’ostaggio è vivo. I tempi del sequestro si bruciano con inconsueta rapidità e si raggiunge l’accordo per un riscatto di un miliardo e duecento milioni.
Il 20 febbraio il cavalier Ostini parte con una borsa piena di banconote da 50 e 100 mila lire. Ma l’appuntamento con i banditi non va in porto. Il contatto avviene il giorno dopo, alle 15,30, vicino al paese di San Quirico d’Orcia, nel Senese. Il patto è che l’ostaggio sarà liberato nelle 48 ore successive. Ma Marzio Ostini non tornerà mai a casa e il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Le indagini si orientano subito verso gli ambienti dei pastori sardi. Inevitabile: la cadenza dei banditi era inconfondibile e poi quelli sono gli anni terribili nei quali l’Anonima sequestri ha esportato nelle dolci campagne toscane la sua feroce e cupa ossessione per il furto di uomini, seminando spore di paura. In quel clima sociale, il solo essere sardi sembra quasi essere una colpa.
Il 25 marzo del 1977, quella che risulterà la svolta nelle indagini: un giovane servo pastore di Fonni, Andrea Curreli, viene trovato in possesso di due targhe appartenenti a un’auto rubata alcuni mesi prima. Il suo comportamento alimenta molti sospetti nei carabinieri, che cominciano a pensare di avere messo le mani su uno dei componenti della banda che ha rapito Marzio Ostini.
A fine aprile, i giornali pubblicano un messaggio della famiglia del rapito che dice di essere disposta a pagare 300 milioni di lire a chiunque sia in grado di fornire informazioni utili alla liberazione di Marzio. Dopo qualche giorno, Curreli si presenta spontaneamente alla stazione dei carabinieri di Montefiascone e racconta di essere stato invitato, nell’ottobre del 1976, nel podere di Melchiorre Contena, a una riunione nella quale si era pianificato il sequestro di Carlo Ostini, il padre di Marzio. E fa i nomi di tutti i partecipanti a quel summit: Melchiorre, Bernardino e Battista Contena, Marco Montalto, Giacomino Baragliu e Pasquale Delogu. Di più: dice che successivamente Baragliu e Battista Contena, ubriachi, gli avrebbero confidato di aver ucciso Marzio Ostini.
I Contena, Baragliu, Delogu e Montalto finiscono in carcere e, poco dopo, vengono arrestati anche altri due sardi: Pietro Paolo De Murtas e Gianfranco Pirrone. Sconcertante il comportamento di Curreli che, con due lettere in due occasioni diverse, ritratta tutto, ma poi davanti al giudice istruttore reitera le accuse.
Non basta: le sue versioni altalenanti vengono smentite da molte verifiche degli investigatori ed emerge che Curreli in passato era stato servo-pastore dai Contena che poi lo avevano allontanato perché inaffidabile sul lavoro. E il giovane servo pastore non aveva mai nascosto il suo rancore per i tre fratelli di Orune.

*IL PENTITO. *Dopo qualche mese finisce in carcere anche il pastore di Paulilatino Antonio Soru, trovato con alcune banconote provenienti dal sequestro Ostini.
Andrea Curreli, dunque, è l’unico vero pilastro dell’accusa. Per dire la verità, si rivela subito un pilastro molto fragile. Tanto che, nel corso del processo, celebratosi davanti alla corte d’assise di Siena, la sua versione frana clamorosamente. La difesa porta in udienza l’impressionante curriculum del “super accusatore”: 35 denunce per falsa testimonianza, simulazione di reato e furto. Melchiorre Contena e gli altri imputati il primo marzo del 1979 vengono assolti.
La corte d’assise d’appello di Firenze, il 21 febbraio del 1980, arriva alle stesse conclusioni: Curreli, che si è addirittura autoaccusato dicendo di essere stato il vivandiere della banda, è inattendibile e l’assoluzione per Melchiorre Contena viene confermata.
Sembra tutto finito. E invece la Cassazione riapre i giochi: accogliendo il ricorso della procura generale, rinvia il processo alla corte d’assise d’appello di Bologna che, senza neppure riaprire l’istruttoria dibattimentale, ribalta le sentenze di Siena e Firenze. Per Melchiorre Contena la condanna è a trent’anni di carcere.
In estrema sintesi, i giudici di Bologna giudicano Curreli attendibile. Eppure sulla sua credibilità ha sempre avuto fortissimi dubbi perfino il suo avvocato, Fabio Dean, diventato famoso come difensore del sulfureo gran maestro della loggia massonica P2, Licio Gelli. Nel marzo del 1985, Dean spedisce una lettera in carcere a Contena. «Ho personalmente convincimento della vostra innocenza - scrive Dean -, maturata da impressioni derivate dal palese risentimento che Curreli manifestava apertamente nei vostri confronti». E ancora: «Mi riserbo di ribadire questa mia convinzione nelle sedi più opportune, sottolineando la natura assolutamente disinteressata di questo intervento che risolve solo un mio problema di coscienza».

*L’ALTRA INCHIESTA. *Curreli, uscito di galera subito dopo il processo, sarà assassinato poco tempo dopo alla periferia di Roma.
Ma il caso Ostini si evolve anche in un processo parallelo. Antonio Soru di Paulilatino, Pietrino Mongile di Ghilarza e Lussorio Salaris di Borore sono sospettati fin dall’inizio di essere coinvolti nel rapimento. Nel luglio del 1986, Salaris viene ucciso nel suo podere di San Donnino, al confine delle province di Perugia e Terni. In un macabro rituale, gli assassini gli mozzano le mani. Come dire: sei stato punito perché hai rubato. Per questo delitto, il 5 dicembre 1989, vengono condannati Soru e Mongile a 27 anni e sei mesi. Secondo la corte d’assise d’appello di Perugia, Salaris sarebbe stato punito perché avrebbe tenuto per sè parte del riscatto proveniente da un sequestro di persona compiuto dai tre e avrebbe poi cercato di “vendere” i suoi due complici ai carabinieri. Che si tratti del rapimento di Marzio Ostini è confermato dal procuratore generale di Perugia Di Marco nell’inaugurazione dell’anno giudiziario del 1988.
Conferme clamorose arrivano prima da Antonio Soru nel 1993 e poi da Mongile tre anni dopo. I due raccontano infatti che il sequestro era stato organizzato da loro e da Salaris e che quest’ultimo aveva ucciso l’ostaggio con un colpo di piccone in testa perché aveva paura di essere scoperto. Soru e Mongile dicono anche che loro non erano d’accordo sulla soppressione dell’ostaggio e che avevano eliminato Salaris perché questi si era tenuto parte del riscatto e li aveva poi traditi. Le loro confessioni sono suffragate da robusti riscontri.
Si arriva così a due sentenze radicalmente contradditorie, a due verità insanabilmente incongruenti. E’ quello che giuridicamente viene definito conflitto di giudicati. Eppure quella della revisione del processo per Melchiorre Contena è una strada ancora lunga. Infatti, sei anni fa la corte d’assise d’appello di Ancona dice no alla riapertura del processo. Ma nel maggio del 2004 la Cassazione interviene e trasmette gli atti del processo alla corte d’assise d’appello dell’Aquila che, nel luglio scorso, dice che Melchiorre Contena è innocente.

*«RISTORO MORALE». *L’avvocato romano Pasquale Bartolo, che ha difeso con passione il pastore orunese, è avaro di parole. Per lui l’importante è che sia stata restituita la dignità a Melchiorre Contena e alla sua famiglia: «Con un’epressione un po’ brutta dico che Contena e quella donna straordinaria che è sua moglie hanno diritto a un “ristoro morale”. Sulla vicenda giudiziaria non voglio fare commenti perché non è mio costume farli, anche se è impossibile non fare alcune valutazioni. La prima è che i sistemi giudiziari sono ragionevolmente garantisti quando si vive il processo in maniera diretta, mentre è molto facile sbagliare quando si giudica solo sulle carte. Devo anche riconoscere alla magistratura di essere capace di censurare i propri errori. E questo, fino a qualche anno fa, era impensabile».
Ora, anche per gli altri sette imputati, si apre la porta della riabilitazione. Dopo trenta lunghissimi anni.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...