Spara all'amante per non farla suicidare
Il giudice lo condanna a 3 anni di carcere
unione sarda Mercoledì 18 giugno 2014 15:01
.
Protagonista della vicenda un 31enne pugliese, che ferì la sua amante nel tentativo di dissuaderla dal togliersi la vita.
Come Romeo e Giulietta avevano deciso di suicidarsi, perché il loro amore non aveva futuro. Ma lui ebbe un
ripensamento all'ultimo momento. E, nel tentativo di far cambiare idea anche alla sua amante, la ferì con un colpo di pistola. Oggi, dopo un processo durato tre anni, è stato condannato a tre anni di reclusione. I protagonisti della vicenda sono Giacomo Stea, 31 anni, e Lucia Antonia Bisceglie, 29, entrambi della provincia di Bari. I fatti risalgono all'8 aprile 2011. Stando alla versione dei fatti fornita dall'imputato, in parte condivisa dal giudice, quel colpo al petto della 29enne sarebbe partito accidentalmente mentre i due discutevano. Stea ha raccontato che quel giorno i due si erano incontrati con l'intenzione di togliersi la vita, dal momento che lei era sposata e per questo la loro relazione non poteva trovare coronamento. Giunti con l'auto in un luogo appartato, i due avrebbero discusso perché il 31enne aveva cambiato idea sulla decisione di farla finita. Quindi avrebbe sparato un colpo fuori dall'auto per farla spaventare e farle capire la stupidaggine che stavano per commettere. Lei a quel punto avrebbe preso l'arma per spararsi e lui, nel tentativo di fermarla, le avrebbe tolto di mano l'arma, facendo partire accidentalmente un colpo. Stea, difeso dall'avvocato Nicola Quaranta, è stato processato con rito abbreviato per i reati di tentato omicidio (derubricato dal gup in lesioni), porto e detenzione di arma clandestina.
se io fossi stato, ma : << (... ) non mi aspettavo un vostro errore \uomini e donne di tribunale \se fossi stato al vostro posto\ma al vostro posto non ci so stare \se fossi stato al vostro posto\ma al vostro posto non ci sono stare. (...) citazione lo avrei condannato solo per porto e detenzione d'arma clandestina .
CRONACA
Il pm d’aula del processo Tortora diventa assessore alla legalità a Pompei
Le scelte sbagliate del neo sindaco Nando Uliano
di Dimitri Buffa - 17 giugno 2014 18:39
A volte ritornano. Anzi purtroppo non se ne sono mai andati. Come Diego Marmo. L’ex pm d’aula del processo di primo grado contro Enzo Tortora, l’uomo che osò parlare dell’innocente presentatore come di “un cinico mercante di morte”. Marmo, dopo una carriera in magistratura che lo ha visto arrivare fino al ruolo
di procuratore capo di Torre Annunziata, adesso è stato scelto come “assessore alla legalità”. Dal neo eletto sindaco Nando Uliano, divenuto primo cittadino a Pompei cinque giorni fa con una lista civica dopo avere militato per anni nel Pd.
Non vi è chi non veda il paradosso di nominare un controverso magistrato, uno di quelli che fece un grave
errore, senza mai pagarlo, nel valutare la posizione di Enzo Tortora, determinandone anche la condanna in primo grado in uno degli episodi più tragici della malagiustizia italiana dal dopoguerra a oggi, a un ruolo così simbolico.
La malagiustizia e la legalità infatti non vanno di certo d’accordo.
Molti forse non ricorderanno la figura di certo non particolarmente simpatica di Diego Marmo.
Che era stato anche procuratore aggiunto di Napoli, prima di assumere la titolarità di quella di Torre Annunziata.
Per fortuna che di recente, da un annetto a questa parte, ci ha pensato il docufilm di Ambrogio Crespi, “Enzo Tortora, una ferita italiana” – proiettato in mezza Italia e in almeno due o tre sedi europee (tra cui l’Europarlamento nella sala dedicata a Altiero Spinelli, dove anche Tortora sedette come deputato nel lontano 1984 eletto nelle liste del Partito radicale con oltre 500 mila voti) - a rinfrescare la memorie e a smuovere le coscienze di chi era troppo giovane o troppo distratto per ricordare i tristi episodi di quegli anni.
E nel docufilm in questione, nelle prime scene, ci stanno i filmati di epoca in cui è ritratto proprio Diego Marmo durante la sua requisitoria al processo di primo grado mentre chiedeva la condanna del presentatore. Con quei toni retorici e apocalittici e con quella frase infelice su citata. Forse il sindaco di Pompei avrebbe fatto bene a vedersi quel docufilm prima di nominare Diego Marmo assessore alla legalità.
.