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19.2.25

In Italia c'è patriarcato o no ? il caso Il sistema dei rider va in tilt sulle donne i fatti avvenuti a Torino. Ricevevano ore e consegne fisse, poi i messaggi: “Non capisco perché non me la dai...”

 In  Italia    c'è  patriarcato  o no  ?  

 N.b   per    eventuali  analfabeti  funzionali    o   per chi  si basa  solo sul  titolo     .  leggete  l'articolo perchè  il  titolo soprattutto la  prima  parte   è provocatorio  sarcastico 


Nei  giorni scorsi  dopo  il mio   post  :  Non c'è Festival senza polemica e puntuale come ogni anno in cui non vince una donna ecco che il femminismo militante si riprende la scena ho ricevuto diverse  email  del tipo : <<     bravo finalmente  uno  di  sinistra     che  dice una  cosa   giusta   .,   non se  ne  può  più    sentirti  dire   dalle  nazifemministe   che  pratichi  il patriacarto  per  ogni cosa  critica  che dici sulle  donne    ., ecc  >> .
Oppure     si  confondono i termini  preferendo    usare sessismo e  maschilismo   e ritenendo il termine   patriarcato fazioso    è  ideologico      
Ora   tali termini       

  1. Patriarcato: Il patriarcato è un sistema sociale e politico in cui gli uomini detengono il potere primario e predominano nei ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà. Questo sistema implica una gerarchia di genere in cui gli uomini hanno un ruolo dominante sulle donne.

  2. Sessismo: Il sessismo è una discriminazione basata sul sesso o sul genere. Si manifesta attraverso atteggiamenti, pratiche e istituzioni che perpetuano l'ineguaglianza tra i sessi. Il sessismo può colpire sia uomini che donne, ma storicamente e culturalmente colpisce più frequentemente le donne, rafforzando stereotipi di genere e disuguaglianze.

  3. Maschilismo: Il maschilismo è un insieme di atteggiamenti e comportamenti che valorizzano la superiorità e l'autorità degli uomini sulle donne. Si manifesta attraverso una visione del mondo che esalta la virilità, la forza fisica e l'aggressività come caratteristiche maschili, spesso a discapito delle donne. Il maschilismo è strettamente legato al sessismo, ma si concentra più specificamente sulla promozione di ideali e comportamenti tradizionalmente maschili.

In sintesi, il patriarcato è un sistema di potere che favorisce gli uomini, il sessismo è la discriminazione basata sul genere, e il maschilismo promuove la superiorità maschile attraverso atteggiamenti e comportamenti. Questi concetti   \  termini   nonostante    le   differenze  semantiche  sono interconnessi e  contribuiscono alle disuguaglianze di genere nella società.
Quindi    si in Italia      anche   se     non più come  un tempo (fino a  gli  anni 80  quando fu abolito il    delitto  d'onore   )   dove    il patriarcato era   istituzionalizzato  c'è a  mio   avviso    ancora  . Infatti  esso è  come  un  i fenomeni carsici   che    sembrano  fermi ma   in realtà  continuano . Quindi   fin quando  da  una parte    si  sttovaluterà o s'esalterà  \  rimpiangerà e  dall'altra  a  sovravalutalo   \ vedere   dove   non c'è    ,  l'emergenza   :  sociale  , antropologica \  culturale   deiu femminicii  o vilenza di genere   persisterà   e si raffozerà i più    facendo  si che   fatti  come  questi   riportatoi sotto    aumentino .


 da il Fatto quotidiano del 18\2\2025  


Molestie alle “troie” Il sistema dei rider va in tilt sulle donne

I privilegi I fatti avvenuti a Torino. Ricevevano ore e consegne fisse, poi i messaggi: “Non capisco perché non me la dai...”

l confine tra la responsabilità del singolo e quella dell’azienda che crea condizioni di lavoro favorevoli a molestie e offese è molto labile nei casi come quello delle due rider donne di Torino che sono pronte a fare causa alla piattaforma di consegne Glovo, dopo anni incastrate in un meccanismo di avances, sfottò
e molestie verbali. Una modalità viziata dagli algoritmi, dai punteggi necessari per lavorare, dalle corse per non perdere i vantaggi da cui derivava il loro stipendio e anche dalla creazione di una sacca di lavoratori “privilegiati” tutti uomini che distribuivano a loro volta vantaggi ai membri di un gruppo denominato “Veteran”.I FAVORI E LE AVANCES MASCHERATE DA SCHERZI
Chi era nel gruppo – non ammesso nelle policy dell’azienda, ma comunque gestito da un dipendente dell’azienda stessa – godeva di trattamenti di favore: ore e consegne fissate indipendentemente dalle prestazioni e dalle dinamiche dell’algoritmo, una manna dal cielo soprattutto per Erika, madre di due figli, che poteva così garantirsi di lavorare di giorno. Peccato che, per non perdere questo vantaggio, riceveva messaggi e battutine a sfondo sessuale, con riferimenti precisi e fin troppo dettagliati, che evitiamo di riportare per rispetto della lavoratrice. “Guardo il calendario ma non capisco come tu non me l’abbia ancora data” è il più pulito. Parole a cui la donna rispondeva con delle faccine. “Non volevo rischiare di perdere quei vantaggi così importanti per permettermi di avere cura dei miei due figli e di lavorare” ci racconta. “Lo sai che scherzo – le diceva il responsabile che l’aveva inserita da subito nel gruppo di privilegiati – non posso negare che ci sia un fondo di verità, ma sono abbastanza intelligente da scherzarci su”.

UN SISTEMA LUDOPATICO: “SPIA” PER POTERNE USCIRE

“Guido la bici meccanica – ci racconta invece Amelia – lo faccio da decenni, ho iniziato a Londra dove questo lavoro era bellissimo. Speravo di trovare lo stesso in Italia e invece mi sono ritrovata schiava di un algoritmo e di un sistema di punteggi che fa impazzire e che ti rende schiavo quanto la ludopatia, nella speranza di vedere apparire la notifica che ti assegna una consegna per pochi euro”. Amelia entra così nel gruppo dei “Veteran” dopo Erika. “Io lavoravo già per Foodora – ci spiega – e stavo per fare causa all’azienda. Poi Foodora è stata acquisita da Glovo, con cui avevo iniziato a e ho lasciato stare la causa”. Da allora, come una sorta di “premio”, Amelia è stata fatta accedere al gruppo privilegiato e anche esplicitamente le venivano chieste informazioni sulla causa, sui sindacati, sulle piattaforme concorrenti (ma questo avveniva con tutti i veterani) e sulla loro stessa avvocata attuale, Giulia Druetta, che si occupa di diritto del lavoro e che da anni si batte per i rider. “È come se mi avessero chiesto di fare praticamente l’infiltrata”. Era il suo prezzo da pagare per poter uscire da quella folle dinamica che la teneva sveglia di notte a scrollare in cerca degli ordini liberi. Amelia, oggi, dopo anni trascorsi a pedalare a più non posso ha dovuto lasciare quella sella che pure le piaceva dopo una diagnosi di aritmia cardiaca. “Penso ai miei colleghi, mi deridevano perché avevo una bici meccanica invece che i loro scooter o le loro bici con la pedalata assistita: dovevo star loro dietro, avevano un vantaggio competitivo che io non avevo e dovevo pedalare sempre più forte”.

I CRITERI DISCRIMINATORI SU DONNE E STATO DI SALUTE

Un aspetto, quello della salute, che potrebbe trovare spazio ampio nella causa oltre al riconoscimento del lavoro subordinato a tutti gli effetti (le piattaforme ritengono quasi sempre che i loro rider non siano dipendenti a tutti gli effetti), e il fatto che gli algoritmi non abbiano criteri neutri, o meglio che applichino criteri che di fatto non tengono in consilavorare derazione le caratteristiche personali dei rider, dal genere ai carichi di cura alle condizioni fisiche. Al punto che, per garantire dignità di lavoro, nascono sacche di “privilegi” illeciti come il gruppo dei veterani torinesi. E gli stessi veterani, raccontano le due donne, devono tenere ritmi da lavoro dipendente con una media di tre ordini l’ora per almeno otto ore. Una organizzazione, insomma, nei fatti reiterata e strutturata. “Siamo stati nel gruppo per un paio d’anni”, raccontano. Agli altri rider, quelli non privilegiati e ignari, andavano gli ordini che avanzavano dai nostri, contesi sulla base di efficienza e punteggi. Anche in questo caso, le donne sono le più discriminate. Gli ordini maggiori arrivano infatti di sera, racconta Erika, e chi ha figli a carico spesso ha difficoltà ad accettarli. “I primi tempi – dice – quando ho iniziato per arrotondare in cioccolateria, portavo spesso con me i miei figli che si addormentavano in auto”. Ha vissuto anche situazioni pericolose: “Da uomini che mi chiedevano di entrare in casa loro anche insistentemente a consegne in situazioni difficili, al buio e in luoghi poco sicuri”. Da questo punto di vista, avere dei vantaggi le è sembrata una manna dal cielo.

TUTTI CONTRO TUTTI “PERCHÉ DENUNCI COME QUELLA TROIA?”

Questo complesso sistema, però, crea volente o nolente il contesto ideale per il proliferare di comportamenti sessisti e molesti. E nutre anche l’omertà di chi per anni, all’ombra di un’azienda che non è chiaro quanto fosse inconsapevole di questi privilegi, ha gestito a piacimento dei lavoratori nei fatti privi di diritti e tutele. Abbiamo scritto un messaggio nel pomeriggio di ieri a un portavoce di Glovo per l’italia, ma al momento in cui andiamo in stampa non abbiamo ancora ricevuto risposta. Certo è che i riferimenti del gruppo “Veteran” sono stati sostituiti con altri più giovani, che hanno azzerato questi privilegi.

Intanto, i messaggi indirizzati in queste ore a Erika sono un esempio del clima generale, come le offese ad Amelia. Dopo il primo articolo pubblicato sull’edizione locale di Repubblica, le due donne hanno ricevuto dai colleghi del gruppo improperi e richieste di spiegazioni sul perché non abbiano tenuto un comportamento omertoso nei confronti di chi non ha fatto altro che “aiutarle” per così tanto tempo. Proprio lei che è “una madre” avrebbe “dovuto capire”: è uno dei concetti dei messaggi. Avrebbe dovuto evitare di parlare delle avances per non mettere in difficoltà chi le ha fatte. Proprio lei, che non sarebbe come “quella troia” di Amelia.



16.2.25

Se i femminicidi non sono una emergenza per il governo delle emergenze .... allora cosa sono ?

 Lo  so  che   tali affernazioni   proveng ono  da  una esponente  del  Pd   e qui potrebbero essere considerati da molti di parte, ma   purtroppo   , descrivono  benissimo la  situazone  attuale  in amboto a tali situazioni . 

 UNITA.IT   TRAMITE  MSN.IT 
  Storia di Eleonora Mattia  

Negli ultimi giorni, l’Italia ha tristemente registrato una concentrazione di femminicidi, con tre nuove vittime in meno di 72 ore, che portano il totale a cinque dall’inizio dell’anno. Nel 2024 si sono verificati circa 100 femminicidi, molti dei quali all’interno delle mura domestiche, evidenziando un ciclo di violenza sistematica che richiede un’attenzione immediata, con particolare cura anche verso la
cosiddetta “violenza assistita” e gli orfani di femminicidio, un dramma nel dramma che colpisce le bambine e i bambini delle nostre famiglie. Questi eventi tragici non sono semplici statistiche ma rappresentano una realtà allarmante che continua a ripetersi nel tempo. 💣💥Ogni femminicidio è allo stesso tempo un grido di dolore e una chiamata all’azione. Le storie di donne come Cinzia D’Aries, Eliza Stefania Feru, e molte altre, devono rimanere vive nella nostra memoria collettiva. Ognuna di queste vittime aveva sogni, aspirazioni e una vita interrotta brutalmente. Non possiamo permettere che il loro ricordo venga offuscato da una cultura che tende a minimizzare il dolore e a normalizzare la violenza. Il patriarcato culturale è una piaga che si manifesta ogni volta che una donna subisce maltrattamenti o abusi. Questo fenomeno, pur consumandosi soprattutto tra le mura domestiche e all’interno della relazione di coppia, non è affatto un affare privato: sia perché si estende a tutti gli ambiti della vita, dal lavoro alla sfera pubblica, ma soprattutto perché è frutto di un problema sociale che si declina, condizionandoli, all’interno dei rapporti tra i generi.La violenza sulle donne non è quindi solo un problema delle vittime e delle loro famiglie ma è innanzitutto una questione politica che coinvolge l’intera società, a partire dalle Istituzioni che hanno il mandato di dare corpo e linfa vitale ai processi democratici e alla tutela dei diritti. È una questione politica ogni volta che ci troviamo davanti ad una relazione tra un uomo e una donna in cui i rapporti di forza sono sbilanciati ai danni di una delle parti, e le statistiche ci dicono che le donne sono quasi sempre la parte più svantaggiata, dal punto di vista economico, che si tratti del ricatto di “violenza economica” o di disparità salariale, fino ad arrivare alla subordinazione fisica o psicologica, tant’è vero che secondo l’Accademia della Crusca, il femminicidio consiste nel “provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima”. È essenziale che ci uniamo, dalle Istituzioni alle università, dalla politica al mondo cattolico fino al Terzo Settore e al giornalismo e comunicazione, creando una grande alleanza per affrontare e combattere questa cultura della sopraffazione di genere, soprattutto in un momento storico in cui in cui alcuni leader politici, come il nuovo presidente argentino, Javier Milei, propongono di abolire il reato di femminicidio. In un simile contesto globale in cui ci sono Paesi dove rischiamo di regredire sulle conquiste faticosamente acquisite, è cruciale che l’Italia faccia scelte politiche che tutelino i diritti delle donne, rimanendo fedele alla stella polare tracciata dalle normative internazionali progressiste, quali ad esempio la Convenzione di Istanbul. Non possiamo permettere che la violenza di genere venga minimizzata o ignorata. È una questione di dignità e giustizia, anche dal punto di vista del diritto internazionale.
Mettere il femminicidio al centro dell’agenda governativa è quindi un passo fondamentale. È giunto il momento di dire basta alla violenza di genere, assumendosene la responsabilità collettiva. Dobbiamo pretendere rispetto e parità, assicurando che ogni donna possa vivere in un ambiente sicuro e dignitoso. La formazione e il cambiamento culturale sono essenziali, ma l’urgenza della situazione richiede azioni immediate. Ogni giorno rappresenta un’opportunità per spezzare il ciclo di violenza e costruire un futuro in cui ogni vita sia rispettata e valorizzata. È nostro compito ascoltare, educare e agire, affinché il dolore non diventi una consuetudine. La vita delle donne deve essere una priorità. Non possiamo più tollerare che il femminicidio rimanga una tragedia silenziosa.
È tempo di promuovere politiche concrete e un cambiamento reale. La lotta contro la violenza di genere deve essere affrontata con serietà e urgenza. La parola “femminicidio” non deve mai sparire dall’agenda pubblica del governo Meloni. Dobbiamo continuare a discutere, a denunciare e a combattere, in tutte le sedi possibili, dalle piazze ai tavoli nazionali e internazionali, affinché ogni donna possa vivere senza paura. Solo così possiamo sperare in un futuro di rispetto e sicurezza per tutte.

*Consigliera regionale Pd del Lazio e membro della Commissione Pari Opportunità

7.12.23

Assuefazione ai femminicidi

   dopo  ogni  femminicidio o  orripilante delitto    mi  viene    questa    elucubrazione  mentale    la  cui  risposta   la  si  trova  nel vento .  Come  mai   ci s'indigna   della  violenza  di genere  ,  dei femminicidi , degi orrendi  \  macabri delitti    di cronaca  nera  -  Ma  soprattutto per  il modo  morboso    per  come    ne trattano i media . Ma  poi l'odiens  \  indici  d'ascolto di programmi tv  e lettura  dei media  (social  compresi)  dedicati  a tali cronache   è  sempre  alto . non sarà perchè 


voi  come  la  vedete  ?

13.9.23

DIArio di bordo 9 -I il commento imbelle di Pilon su Zaki ., nei femminicidi un colpevole molti responsabili ( anche se noi ci crediamo assolti siamo empre coinvolti )

 Lo  so  che    non si  può   sempre   ad ascoltare   ed  leggere  chiunque ha un tiramento? Ovvio, il medico  ed  i miei   mi  dicono  "sei depresso"nemmeno dentro al cesso possiedo un mio momento  (  parafrasi Gucciniana  ),  ed   non curarmi  di certi  putribondi  figuri    . Ma   certe  .......  proprio  non le  sopporto  e  mi  fanno  vergognare  .

La sinistra molla Zaki dopo aver scoperto che il ragazzo ha profittato della ritrovata libertà per sposarsi con una normale donna, oltretutto celebrando le nozze con rito cristiano in una normale chiesa.
Mi sembra di sentirli: "e che diamine", si saranno detti i sinistrati, "dopo tutto quello che abbiamo fatto per lui, avrebbe potuto mostrare un pò di gratitudine, che so, unendosi civilmente con un
uomo che si autopercepisce aspirapolvere, oppure facendosi arrestare con un trans in auto e 200 kg di cannabis nel bagagliaio, o - se proprio era così orribilmente cisgender - dichiarando almeno che il matrimonio è patriarcale e limitato. E invece niente. Sposa una bella ragazza, in una bella chiesa, come una persona normale. E ha anche l'ardire di sorridere, e di baciare la sposa.Che fascismo.Abbattete le statue!"
Interessante il suo “ragionamento”, (ex) senatore. In pratica Patrick Zaki si sposa in chiesa con una donna. Si aspetta che la cosiddetta “sinistra” ragioni come farebbe un Pillon qualsiasi dall’altra parte, ovvero viva la cosa come un’onta, un tradimento, un peccato originale. Ma, siccome nessuno dice nulla, anzi in tantissimi a prescendere  ( salvo rari  casi  )  dall'appartenenza politica \ideologia   partecipano di questo momento di gioia, decide di attribuire arbitrariamente reazioni e inesistenti proteste con una serie di sciocchezze da bar. Lo ammette pure: “Mi sembra di sentirli”, nel senso che non ne ha letto e sentito mezzo, anche il commento di un poveretto qualsiasi sarebbe bastato per costruirci un post, invece nulla. Proprio non ce la fa a concepire l’idea che tutelare i diritti di una minoranza non significhi imporre un pensiero ma riconoscerne la legittimità e la dignità che qualcuno vorrebbe negarle.  << Scusi, ha ragione, è un concetto troppo difficile per il livello medio di questa pagina. Saluti. >>(  Lorenzo Tosa  )  Un post da antologia per una definizione di ANALFABETISMO FUNZIONALE.Egli Proprio non capisce o fa finta di non voler capire cosa significhi amore per il concetto di libertà, di tutti, pure di un violento ( solo a parole fortunatamente 😂😁😉, ma già basta ) limitato come lei.

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a volte certe cose come è il caso di questo video



ti tolgono le parole di bocca e riescono a dire meglio di te certe cose . Infatti pesso dietro le tragedie dei femminicidi e violenza digenere , compiuta e portata a termine o solo tentata , non c'è solo un colpevole\i ( come nei casi di Palermo e Caivano ) ... ma alcune volte, la legge non tutela agendo in prevenzione. Questo non significa che esistono altri colpevoli ma se fosse possibile prevenire anzichè curare, alcune situazioni potrebbero avere un altra via di risoluzione... . Infatti non basta dare solo la colpa alla cultura tossica , all'ambiente familiare ( tale padre tale figlio .... ecc ) , alla pessima educazione , allo scarso ( se non assente ) controllo \ sorveglianza almeno fino alla maggiore età d degli adolescienti , ecc . Perchè ( e mi riferisco anche a me , pur non avendo assistito a cose del genere ) anche se proviamo a crederci assolti siamo per sempre coinvolti ( parafrasi De Andreiana )


25.9.21

come parlare della violenza sulle donne ? il caso Come bisogna parlare di violenza sulle donne? IL «CASO PALOMBELLI» RIPROPONE IL TEMADEL VOCABOLARIO GIUSTO PER AFFRONTARE FEMMINICIDI E NON SOLO

 La televisione  nonostante   sia  sorpassata  dalla  rete    come mezzo   è un posto infido. Ti ascoltano e  leggono   moltissime persone, e spesso ti credono solo per il fatto che parli   seduto dentro casa loro.Per questo, le parole dette in televisione pesano persino più di quelle scritte. La giornalista Barbara Palombelli a Lo Sportello di Forum, introducendo una lite coniugale, ha detto: «A volte è lecito domandarsi se questi uomini erano completamente fuori di testa  se c’è stato un comportamento esasperante, aggressivo, anche dall’altra parte».Il giorno dopo, nella bufera, la stessa giornalista è stata costretta a prendere le distanze da sé stessa: «Non sono quella persona lì», e il giorno dopo ancora ha annunciato querele per diffamazione. Penso che fosse stanca, che fosse distratta, è sempre stata molto vigile sulla violenza contro le donne. Ma quella domanda resta. << E occorre, concordo con Antonella Boralevi scrittrice , io credo,dimostrare perché è sbagliata. Gli uomini che uccidono le donne non sono “fuori di testa”. Sono lucidamente convinti che quella donna lì, la loro,sia un oggettodi loro proprietà. Infatti, questi assassini uccidono quando lei si ribella, quando li lascia. Questo è un fatto. >>E i fatti non si espongono mettendoci dopo un punto interrogativo. La frase di Palombelli, su  cui non mi dilungo ulteriormente  ne  ho  già parlato qui e   qui  nel  blog  , credo, non è una domanda . Ma è una trappola  semantica  . Infatti  contiene ( senza alcuna intenzione  ed  in maniera  involontaria in questo caso   ) uno strumento di giustificazione agli assassini. Fornisce loro un format di comportamento: «L’ho uccisa sì, ma è stata colpa sua». Tanto più adesso, che nella società monta  senza    risulti  concreti   l’insofferenza per un racconto giudicato eccessivo dei femminicidi. Teniamo alta la guardia. Ma sopratutto  agiamo   e  non  limitiamoci solo a parlare  . Perchè di strada ne  bisogna  fare ancora   molto visto che  :



Redazione ANSA TARANTO13 luglio 202015:05
Foto sexy candidata, polemiche  Foto sexy candidata, polemiche E' bufera su scelta comunicazione elettorale candidata in Comune





(ANSA) - TARANTO, 13 LUG - Quel generoso décolleté sul manifesto elettorale e la scritta "contattami, cerco te" fanno ancora discutere. E' bufera sulla scelta di comunicazione elettorale di Caterina Zilio, candidata al consiglio comunale di Laterza (Taranto), nominata il 13 giugno scorso coordinatrice cittadina dei dipartimenti di "Puglia Popolare".
Nel pomeriggio dell'1 luglio scorso, Zilio - che lavora come operatrice socio sanitaria - ha postato su Facebook il manifesto elettorale che la ritrae in décolleté, accostata al logo di Puglia Popolare, con il messaggio "Cerco te! Se hai voglia di cambiare, contattami. Insieme si può" e in minuscolo il suo nome: Caterina. Nel post ha "taggato" Massimiliano Stellato, presidente provinciale del partito guidato dal senatore Massimo Cassano. Il manifesto "sexy" ha scatenato polemiche e reazioni sui social network con battute sessiste da parte degli uomini e aspre critiche soprattutto da parte del mondo femminile. E' una strategia di comunicazione studiata a tavolino? "Personalmente - scrive una donna commentando il post della Zilio - penso che lei abbia fatto un manifesto elettorale sessista, una specie di autogol per se stessa e per tutte le donne che combattono quotidianamente per accedere a qualifiche decisionali per le loro capacità. L'immagine da lei scelta unita peraltro a un linguaggio in linea è sessista, si 'autooggettifica', usa il richiamo sessuale in modo poco equivocabile per invitare a essere votata. Donne evitiamo di farci autogol".

Ogni volta che viene uccisa una donna ( madre , sosa , convivente , ecc ) Insieme allo sconcerto, però, sifa strada l’indignazione per come i media ( a prescindere dalll'orientamento politico culturale ) riportano i fatti, guardandosene bene (salvo rarissime eccezioni!) dall’usare il termine preciso per parlarne e questo termine, piaccia o no, è “femminicidio”. È come se non si riuscisse a far venir fuori dalla gola (o dalla tastiera) questa parola, morsi dal timore inconscio di infrangere qualcosa di malsanamente radicato nella nostra società. Evidentemente, nominando il fatto non come femminicidio bensì come un generico caso di omicidio-suicidio, o un ancor più generico dramma famigliare, ci si mette al riparo dall’ eventualità che il mandante si senta, forse, offeso? Smascherato? E chi è mai questo mandante, se non il patriarcato imperante che governa a piene mani la nostra società che insiste nel considerare le donne come esseri subalterni agli uomini? Ebbene, il termine “femminicidio” lo afferma; tutto il resto sono parole per fare un titolo che una volta ancora neghi l’esistenza di un fenomeno orribile, da curare e da prevenire.
La parola femminicidio non è stata inventata da poche ore. Sulla “Treccani” si legge tra l’ altro che femminicidio “…è un termine forte ma che rende l’idea: è l’olocausto patito dalle donne che subiscono violenza: da Nord a Sud, per aggressioni domestiche o fuori di casa, finendo all’ospedale quando non al cimitero. Per mano di famigliari, compagni, congiunti, per lo più”. Come riporta anche l’Accademia della Crusca, “con femminicidio s’intende non solo l’uccisione di una donna o di una ragazza, ma anche qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.
I giornalisti e le persone in genere fanno una scelta etica, buona o cattiva, quando comunicano e quando
decidono di tacere, censurare, di non servire la verità dei fatti. E comunque, anche quando tacciono, comunicano - se non altro la loro scarsa aderenza alla verità.Oppure sono intrisechi , salvo rarissime eccezioni , di una detterminata cultura ( vedere foto a sinistra ) . Ecco un estratto da ’articolo a firma di Marina Corradi del 22 maggio 2018 dal titolo “L’ultima battaglia di un uomo” perché descrive il duplice femminicidio avvenuto a Francavilla in modo distorto, santificando l'omicida come un eroe e, per questo, fornendo un’informazione gravemente pericolosa per l’idea di totale mancanza di discredito sociale verso un’azione tanto deprecabile, ma anche perché lo stesso è in aperto contrasto col Manifesto di Venezia e col documento della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) a proposito di violenza sulle donne, elaborato nel solco della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993.
Bisogna  attirare  sempre  , scrivendo lettere   al  giornale  , all'ordine del  giornalisti  , non  comprando  o abbonarsi più a quel giornale  ,  l’attenzione sull’uso di una terminologia vecchia, fuorviante e ingiusta nei confronti delle vittime. È necessario portare un cambiamento nel lessico perché le parole contano, le parole hanno un peso. Basta parlare di “dramma”, “raptus di gelosia”, “omicidio passionale” ed  menate  varie come il titolo riportato sotto   


Per risolvere un problema, per sradicarlo dalla nostra società, bisogna prima nominarlo e riconoscerlo, definirlo. Altrimenti come lo si può combattere e prevenire?
A proposito delle responsabilità dei media, Francesco Pellegrinelli sul Corriere del Ticino del 29 marzo 2021, cita Alessia Di Dio del Collettivo “Io l’8 ogni giorno”, secondo cui “femminicidio” è un termine che costringe a guardare l’accaduto oltre il singolo episodio, inquadrando la violenza di genere come un fenomeno strutturale; in questo caso, sul banco degli imputati ci sarebbe tutta la società con i suoi retaggi culturali e non solamente il carnefice e questo inevitabilmente fa paura.
Potrebbe essere l’inizio della volontà di prevenzione chiedersi infine se il femminicidio sia conseguenza solo del patriarcato, oppure anche di altri fenomeni come un certo maschilismo arrogante, la cattiva educazione, il “machismo”, come una "cultura" nutrita solo di violenza e prevaricazione, come l'immaturità di certi uomini (si può chiamarli così?) che si illudono di imporre la forza e invece smascherano la propria incapacità di controllare i propri sentimenti e le proprie azioni.
Usiamole, le parole che conducono ad un principio di cambiamento. Smettiamola di tentennare per non infastidire, perché la società intera è colpevole di omertà, non facendolo. E in primis i media.
Non solo negli articoli  ma  anche in certe pubblicita da  

https://www.change.org/p/giuseppe-conte-femminicidio-sociale-0a29ae86-96c0-4f94-a53a-b2b32cecb132



Sud Protagonista ha lanciato questa petizione e l'ha diretta a Mario Draghi (Presidente del Consiglio dei Ministri) e a 2 altri/altre


C’è un problema di utilizzo umiliante del genere femminile, che preferirei allargare al genere umano, perché anche gli uomini teoricamente destinatari del messaggio vengono trattati da incivili. Occorre porre dei limiti all’uso del corpo della donna nella comunicazione. A poco poi serve punire i responsabili. Sono proprio questi tipi di pubblicità che contribuiscono a “creare il mostro”. Queste violenze indirette e subdole promuovono una mentalità deviante. La pubblicità, apparsa in questi giorni su un cartellone pubblicitario, che propone di usare la lavatrice a 90 gradi nel giorno di San Valentino con chiari riferimenti sessisti, va vietata cosi come ogni forma di violenza, travestita anche da messaggio pubblicitario.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...