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9.12.23

ora basta parlare ancora di Filippo turretta e giulia chettin ed facciamo silenzio ed lasciamoli in pace

 LEGGI   ANCHE 
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2023/12/quando-finiranno-i-femminicidi-e-non.html


N.B
non sto mettendo     nessun  divieto     e  nessuna  censura  . Ma dopo il necessario, sacrosanto, rumore, i genitori di Giulia ( e delle altre vittime ) meritino adesso di essere lasciati in pace in attesa dell’unica verità che speriamo di poter raccontare senza imbarazzi e ad alta voce: quella processuale.Il resto è voyeurismo gratuito e oscena morbosità ed un pescare nel torbido




Infatti concordo con

Magari sono io, per carità, ma proprio non riesco a cogliere l’utilità giornalistica, informativa e l’opportunità di pubblicare in prima serata - e a social unificati - l’audio di Filippo Turetta mentre esprime giudizi personali e processualmente irrilevanti sulla donna che ha massacrato e accoltellato a morte.Quale altro senso può avere un audio del genere se non quella di stuzzicare l’immonda morbosità di qualcuno che vuole sentire che voce ha un assassino e un femminicida, cercare tracce di quello che farà, frammenti del mostro? Per di più su un passaggio che non dimostra nulla di nulla e che, diciamoci la verità, avrebbe potuto pronunciare chiunque.Sono ben altri i (tantissimi) indizi che dimostrano la maniacale possessività di quell’uomo, senza bisogno di aggiungerne (o, peggio, inventarne) di nuovi.Per quanto mi sforzi, continuo a credere che Gino Cecchettin, la sorella Elena e tutta la famiglia, dopo il necessario, sacrosanto, rumore, meritino adesso di essere lasciati in pace in attesa dell’unica verità che speriamo di poter raccontare senza imbarazzi e ad alta voce: quella processuale.Il resto è voyeurismo gratuito e oscena morbosità.



7.12.23

Assuefazione ai femminicidi

   dopo  ogni  femminicidio o  orripilante delitto    mi  viene    questa    elucubrazione  mentale    la  cui  risposta   la  si  trova  nel vento .  Come  mai   ci s'indigna   della  violenza  di genere  ,  dei femminicidi , degi orrendi  \  macabri delitti    di cronaca  nera  -  Ma  soprattutto per  il modo  morboso    per  come    ne trattano i media . Ma  poi l'odiens  \  indici  d'ascolto di programmi tv  e lettura  dei media  (social  compresi)  dedicati  a tali cronache   è  sempre  alto . non sarà perchè 


voi  come  la  vedete  ?

4.12.23

NEL 1996 IL DELITTO DI VICKY DANJI, GIOVANE MAMMA UNGHERESE ASSASSINATA E DECAPITA DAL FIGLIO DI LUI SU ISTIGAZIONE DELLA EX MOGLIE

le polemiche di cui ho parlato in : << il  femminicidio   e  non solo   di  Giulia Cecchettin nel marketing morboso: dalla vita di Turetta in carcere alle relazioni tossiche trasformate in vanto>> mi hanno riportato alla mente questo fatto di cronaca locale che trovate sotto . Il che dimostra e spiega perchè non sempre i famminicidi o violenza di genere sono   di  tipo  patriarcale . 

DA  GIALLO   SETTIMANALE  
                                                        Di Silvasna  Giaccobini 

Maria Antonietta Roggio riuscì a convincere il figlio e un suo amico, entrambi minorenni, a compiere l’omicidio e ottenne il suo atroce trofeo. Non accettava che il marito l’avesse lasciata per un’altra, da cui aveva avuto un bimbo Una delle tragedie meno conosciute e più cruente scri!e da Shakespeare è “Tito Andronico”, il cui protagonista è un generale romano del tardo impero. Nella fitta trama in cui s’intrecciano tradimenti e assassini all’ombra del potere, spicca la ferocia con cui i due giovani Chirone e Demetrio a!uano la vende!a istigata dalla madre, la regina dei Goti Tamora, nei confronti dell’indifesa Lavinia, la figlia del generale,e la violano e mutilano nel modo più infame e spietato. Nella tragica vicenda il genio letterario inglese descrive il lato bestiale umano che arriva ad azioni così efferate da renderne impossibile la giustificazione, così crudeli da apparire frutto di una fantasia malata. Eppure la realtà può superare l’immaginazione, compresa l’arte visionaria del drammaturgo inglese. È accaduto nel 1996 con il caso che sconvolse l’opinione pubblica non soltanto italiana a causa dell’efferatezza di cui fu vittima una ragazza
ungherese, Vicky Danji, il cui corpo fu violato e oltraggiato, le fu tagliata anche la testa.  
 IL GIALLO DEL BOTTINO DI 400 MILIONI 
Lo sfondo dell’orribile crimine era un residence situato a Platamona, la località balneare a quindici chilometri da Sassari. I colpevoli furono due minorenni, Riccardo Pintus, quindicenne, e Francesco Nuvoli, diciassettenne, istigato al delitto dalla madre, Maria Antonietta Roggio, che voleva vendicarsi di Vicky Danji. Torniamo allora indietro nel tempo, al 1996. Era l’anno del trionfo dei Pink Floyd, Ron vinceva Sanremo con “Vorrei incontrarti tra cent’anni”, a marzo scoppiava la prima guerra cecena, Mel Gibson sbancava l’Oscar con cinque premi al suo “Braveheart”, i principi del Galles Diana e Carlo divorziavano, la Juventus conquistava la seconda Champion League.
Lo sfondo dell’orribile crimine era un residence situato a Platamona, la località balneare a quindici chilometri da Sassari. I colpevoli furono due minorenni, Riccardo Pintus, quindicenne, e Francesco Nuvoli, diciassettenne, istigato al delitto dalla madre, Maria Antonietta Roggio, che voleva vendicarsi di Vicky Danji. Torniamo allora indietro nel tempo, al 1996. Era l’anno del trionfo dei Pink Floyd, Ron vinceva Sanremo con “Vorrei incontrarti tra cent’anni”, a marzo scoppiava la prima guerra cecena, Mel Gibson sbancava l’Oscar con cinque premi al suo “Braveheart”, i principi del Galles Diana e Carlo divorziavano, la Juventus conquistava la seconda Champion League. Vicky Danji era nata in Ungheria e, bella e disperata, aveva scelto l’Italia in cerca di fortuna e per fare un po’ di soldi trovò lavoro come entraineuse in un locale notturno. Lì era cominciata la sua relazione con Michele Nuvoli, un boss pregiudicato per vari reati. L’incontro era stato casuale, ma la conoscenza si era approfondita fino a sbocciare in una relazione sentimentale stabile. La passione li aveva travolti, anche se lui era sposato e padre di due figli. La moglie di Michele Nuvoli si chiamava Maria Antonietta Roggio, era alla soglia dei quaranta anni ed era accecata dalla rabbia e dalla gelosia, obbligata da Michele a condividerlo con la più giovane Vicky.
Quando la ragazza ungherese rimase incinta aveva da poco compiuto vent’anni, era nel pieno della bellezza e della giovinezza. Mise al mondo un bel maschietto e lo chiamò Michele junior, era il nome del padre Michele Nuvoli e la chiara indicazione che sulla paternità non dovevano esserci dubbi. Maria Antonietta Roggio si sentì sfidata e quasi impazzì, inferocita al pensiero che Michele, il suo uomo, trascurasse non solo lei ma anche i loro figli, Barbara,
 quasi coetanea dell’amante del marito, e Francesco, 17 anni. Non aveva importanza che fossero separati per colpa della ragazza, Maria Antonietta non si rassegnava, l’avrebbe sempre potuto riprendere se non ci fosse stata di mezzo l’ungherese. Maria Antonietta Roggio sospettava che Michele volesse abbandonare definitivamente la famiglia per scappare via da Sassari con la madre di Michele junior. Ma non solo. C’era anche una questione di soldi. Tanti soldi. Dove era finito quel mucchio di milioni di lire, ben qua$rocento, che Michele con la sua banda qualche anno prima aveva rapinato al Banco di Sardegna? Di sicuro potevano essere nascosti in mano alla Danji e invece Maria Antonietta era convinta che quei soldi spettassero a lei e ai suoi figli. Il marito li avrebbe dovuti condividere solo con loro. Nel fra$empo il pregiudicato Michele Nuvoli stava scontando una pena in carcere a Badu e Carros, a Nuoro. Così era fuori gioco, non poteva proteggere la madre del neonato, era il momento buono per agire e stanare i milioni. LI LASCIÒ ENTRARE, ERANO DEI RAGAZZINI... Per di più, la Roggio era venuta a sapere che Vicky stava rinnovando i documenti d’identità, forse stava organizzando il ritorno in Ungheria e quindi Michele poteva espatriare per rifarsi una vita con lei e il "glio di sei mesi. Maria Antonietta Roggio era decisa, pianificò l’omicidio di Vicky, si trattava di una questione di vendetta e di denaro, anche se in seguito la donna volle disperatamente, e inutilmente, negare di averlo fatto. Arriviamo così al 14 agosto. Tanti turisti avevano scelto come meta delle vacanze la bellissima Sardegna,






 con tante attrazioni per trascorrere giorni spensierati. Anche Vicky Danji voleva trascorrere il tempo al mare accudendo il piccolo Michelino. Le piaceva Platamona, a pochi chilometri da Sassari, nel golfo dell’Asinara, e aveva scelto come abitazione un residence vicino alla spiaggia con le acque limpide, che adorava. Francesco Nuvoli, il figlio del pregiudicato, il 14 agosto si presentò alla porta dell’apppartamento del residence di Platamona con un amico, il vicino di casa quindicenne Riccardo Pintus. Vicky conosceva Francesco, era il fratello di sangue del suo piccolo che dormiva sereno nella culla, e non ebbe sospetti, l’altro era un adolescente. Li fece entrare. Cominciò una discussione. Francesco l’accusò di volere andare all’estero col padre e i soldi. Lei negò, voleva solo far conoscere il bambino ai parenti ungheresi. Secondo la ricostruzione fatta in seguito da parte della polizia scientifica e basata sulle confessioni dei minorenni, cominciò l’orrore, colmo di dettagli raccapriccianti. Francesco tirò fuori dal giubbotto un coltello affilato. L’aveva portato perché sapeva che gli sarebbe servito. Prese a tirare fendenti a Vicky. Era una donna giovane e forte, ma più forte era Francesco, che era spalleggiato da Riccardo Pintus. Una contro due. Ormai incapace di difendersi, era diventata preda inerme dei complici mentre il piccolo Michelino piangeva disperato. Secondo la ricostruzione dell’inchiesta, Riccardo aveva fatto qualche praticaccia nella macellazione degli animali. Fu lui, Riccardo Pintus, con il coltello insanguinato di Francesco a tagliare la testa a Vicky Danji. Non era facile disarticolare la testa in un mare di sangue e soprattutto richiedeva un’assoluta, crudele, orribile detterminazione. Francesco la mise in un sacco di plastica e la portò alla madre Maria Antonietta Roggio come un macabro trofeo, ma soprattutto come la prova certa che la vendetta era stata compiuta. La testa della povera Vicky sarà ritrovata in un fossato qualche giorno dopo dove l’aveva buttata Francesco. Passeranno sei mesi prima dell’arresto al termine di una complessa indagine delle autorità investigative. Nella tragedia antica di Shakespeare di Tito Andronico i protagonisti erano la personificazione del male, crudeli e spietati nell’infliggere violenza e dolore, nella realtà le grandi spinte del male, l’odio, l’invidia, la gelosia e l’avidità avevano avuto ra￾gione di ogni senso di pietà. Maria Antonietta Roggio è stata condannata all’ergasto￾lo per istigazione all’omicidio e vilipendio di cadavere, Francesco Nuvoli a 19 anni e Riccardo Pintus 8 anni e 6 mesi da scontare in un carcere minorile. La sorella di Francesco, Barbara Nuvoli, 19 anni, aveva testimoniato che era stato proprio Francesco a mostrare la testa della ragazza a sua madre. L’orrore l’aveva provata fsicamente e psicologicamente. Cercò un po’ di pace in un Istituto di suore. Morì giovane nel 2000 nel suo letto per infarto. L’orribile crimine e il suo strascico di dolore avevano fatto un’altra vittima.

16.10.23

LIBRI Il fuoco dentro. Janis Joplin – Barbara Baraldi

 Esso   è il mio  primo  libro    di barbara  Baraldi  che  leggo. MaXi solito se un libro mi attrae , cime questo , nel giro diuna massimo sue lo finisco . Ma qui ci ho impiegato  un estate. Infatti esso è  scritto magistralmente /  talmente  bene   che   si  legge tutto  d'un  fiato  un   capitolo  dopo  l’altro,  salvo  che  non siate sensibili  ed  impressionabili    alle storie   tristi  da leggerlo  con lentezza  . 
Durante  la lettura     sembra   di  riascoltare  (  a  scoltare  per  chi  non la  conoscesse  o non  la  ricorda  ) la sua voce  della  Joplin    che   esplode in un torrente di colori e sensazioni, è ruvida e levigata allo stesso tempo, possiede la solennità del gospel, la grinta del rock e il dolore del blues. Un romanzo   avvincente  con  punte   di poesia . Sembra   se vogliamo essere  fiscali \  pignoli    nonostante  il genere  sia  diverso , una eccellente  sceneggiatura  cinematografica  del  tipo  di   ray  donovan [ serie  di netflix ]  o    di un una  di  una  storia  dylan  dog  fumetto di cui è curatrice editoriale 
La  sua scrittuta  è  talmente : intensa , realistica  ed  suggestiva  , credo che  prenderò  o  in  biblioteca  o acquisterò   gli altri  suoi  romanzi ,  che  sembra   che fosse  amica  della  stessa  JJ  o  abbia  visto   le  sue  vicende    dal vivo   \  indiretta  o  deve   a ver  gfatto dei sopraluoghi o  reali  o  virtuali   in  california     per  come descrive  i locali  e la  città   .  Un libro  inteso  ed  vissuto    che  rifugge  , o almeno  lo fa   talmente  bene che   non si nota  esplicitamete    nelle  note   a  fine  libro in particolare nelle  ultime  18  rghe   di  pagina  426   e  tutta  427









 ,  da  quel  processo di  revevail  \  santificazione  \ mitizzazione iconoclastica   del personaggio    di certi artisti   e protagonisti   delle generazioni  passate  . Infatti ha evitato ,  se  non  un  lieve  accenno sia  durante  la presetazione  a cui ho assistito  sia   nell'appendice   la  vita  dopo te    in cui   c'è   come   si  fa nelle fitcion    e in certi film  una  discalia   per  spiegare  cosa  hanno  fatto   i personaggi dellla  vicenda  narrata    , per  spiegare  l'importanza e del perchè   JJ  sia    ancora  viva nella storia  del rock 
E'  valsa  la pena  fare il rompiscatole     con amici\che   comuni e  non  ,  conoscienti  ,  estranei   per  avere  un passaggio  per  poi alla  fine  costringere  i miei   a d  accompagnarmi loro    per  vederla     quest'estate  a time  in jazz 



  ( qui in : << chi lo  ha  detto     che il  rock  sia   solo sesso  e  droga   ed  edonismo ?  il caso  del  triller   Il fuoco dentro. Janis Joplin.di Barbara Baraldi >>la  mia  cronaca  con  una mia  foto ripresa  sdal post  e   riportata  qui sopra   ) . La baraldi   con questo  romanzo    conferma   la  frase  Pietro pelù : <<   janis  joplins  faceva la  spola per  noi   tra   lle orte   dell'inferno e le  porte   del paradiso  >>  . Infatti 

<< Non le piacciono i suoi occhi, così piccoli e sperduti nell’ovale del viso. Non le piacciono le sue labbra, sottili come l’orlo di un abito cucito male. Il naso è troppo grosso e l’acne deve essere una punizione divina per essere atea. La sua faccia è un campo di battaglia, ma lei è già stanca di combattere.Eppure  , c'è una  cosa   che le  piace  di se' . La  sua  voce >>  quarta  di  copertina  del  libro  

Seguire la storia della Baraldi, che ha mischiato eventi reali ad altri di pura invenzione lo ha  fatto   cosi   magistralmente  \  talmente  bene     che    chi  non conosce   e  s'avicina  per la  prima  volta    a Janis  Joplin    da  non  riesce   a  distinguerli . Ma  è stato  anche  affascinante ed  catarchico   (   vedere    il mio post  : <<  il mio fuoco dentro e miei sensi di colpa >> )  perchè    mi  ha  anche   spronato  a  conoscere meglio  la  JJ   oltre le  sue  canzoni  . Infatti   e forse quello che mi ha colpito di più è stato scoprire che non solo la Joplin, ma molti degli artisti di quegli anni avevano lo stesso animo distrutto dalla realtà che vivevano. Mi viene da chiedermi se  cio' sia stato perché tutti loro cercavano di colmare un vuoto doloroso (che è quello che li ha resi più grandi e unici) o se siano stati invece il frutto di quegli anni così aggressivi e potenti ed  il  desiderio  di  aprire  le porte  della percezione   . Amici e critici sono d’accordo nel sostenere che Janis Joplin aveva un fuoco dentro quando cantava, che sapeva infiammare le folle. E questa è stata forse una delle cause del suo turbamento: quando scendeva dal palco e l’adrenalina si stemperava, non le restava altro che un grande buco da colmare; tornava la ragazza insicura di sempre. E’ come se la musica che le bruciava dentro l’abbia consumata, lasciandola ogni volta più carica di dolore. Un gran peccato che una voce così straordinaria e una donna così rivoluzionaria siano andate perse nel caos di quegli anni; rimangono le sue canzoni, con la sua voce bassa e graffiante che sembra salti fuori dai vinili per entrarti nel sangue, e questo splendido romanzo della Baraldi, cupo e noir che  ci  ha  fatto     entrare per un po’ nel suo mondo, nel suo dolore, ma anche nel suo paradiso.Un  classico  esempio    di quando un romanzo  è meglio  di  una  biografia  . Sarebbe   ineressante   , e qui  concludo   ,   vederlo   a  fumetti   magari  per  Dylan  Dog  .  Una   artista  rock  (  per  parafrasare  Adriano  Celentano  )  , e  qui   concludo   ,  un autrice   completa  e non  inquadrabile  in  un  solo genere    letterario .  Una  di  quegli autori     che  smonta la  convenzione   che  il noir    debba per  forza  parlare     di  omicidi e  assasini    o  d crimini  . Un libro  fiero  ed indigesto insomma .  Potrei continuare  a parlarne  ancora   ma   :  1)  sarei troppo prolisso    e  noioso   ., 2) rischierei  di essere  scambiato   per   un lachè  . Quindo   mi fermo  qui     .  Con  questo   è tutto   augurandovi  buona lettura  o rilettura     se  lo  avete  già letto 

 

2.3.22

Il sacrificio di Giorgio e Toni, morti per amore cambiando la storia del costume d’Italia

da  Profondo Giallo | Fanpage

Il 31 ottobre 1980, sotto le fronde di un albero in un agrumeto di Giarre, a mezzora da Catania, vengono trovati distesi vicini due corpi senza vita. Uno accanto all'altro, con le mani intrecciate ci sono  Giorgio Agatino Giammona, 25 anni, e Antonio Galatola, detto Toni, 15 anni, gli ziti (i fidanzati), come li chiamavano in dialetto catanese, di Giarre. Accanto ai corpi viene trovato un biglietto che riporta poche parole, secondo le quali i ragazzi si sarebbero uccisi perché non potevano vivere liberamente il loro amore.
La storia del delitto di Giarre

Erano passati cinque anni da quando, con il suo martirio, Pier Paolo Pasolini aveva acceso i riflettori sull'odio di cui erano oggetto gli omosessuali. Nonostante la vicenda pubblica e personale di uno dei più grandi poeti del Novecento, a Giarre gli omosessuali erano ancora considerati dei ‘malati', degli individui deviati che nella migliore dell'ipotesi meritavano di essere ignorati e isolati. Nella Sicilia che nulla sapeva di Pasolini, le famiglie Galatola e Giammona avevano provato in tutti i modi a dividere i due ragazzi ma loro, invece di smettere di vedersi, erano rimasti stretti l'uno all'altro, senza paura, senza ridicoli imbarazzi, senza pudori, tra lo scherno e la condanna dei loro paesani, fino al giorno in cui erano stati trovati sdraiati uno di fianco all'altro nell'agrumeto.
Un crimine d'odio
Il ritrovamento di una pistola Bernardelli, calibro 7,65, sepolta sotto poche manciate di terra a pochi passi dall'albero, con tanto di sicura inserita, però, getta a mare la tesi del suicidio. A Giarre, paesello di poche anime tra il gigante Etna e il mare, viene invasa da frotte di giornalisti da tutta Italia. Per la stampa nazionale è chiaro che si tratta di un delitto a sfondo omofobico, un crimine d'odio, come lo chiameremo oggi; per la piccola comunità di Giarre, invece, è solo un fattaccio da dimenticare. "Se la sono cercata", dicono i più indulgenti, mentre per i più accaniti conservatori, tutta quella faccenda getta un'onta imperdonabile sulla reputazione dei cittadini. "Ora penseranno che a Giarre siamo tutti finocchi".
L'assassino di Giorgio e Toni
Il 3 novembre i giornali rivelano l'identità dell'assassino: colui che aveva fatto fuoco a sangue freddo sui due ragazzi, l'aguzzino dei fidanzati, è un bambino di 13 anni, il nipote di Giorgio, Francesco Messina.  "O ci uccidi o ti uccidiamo noi", lo avrebbero minacciato i ragazzi e lui, Francesco, un ragazzino paffutello e lentiginoso che andava a lavorare tutti i giorni con i nonni in campagna, avrebbe premuto il grilletto. In cambio di quel ‘favore' le vittime gli avrebbero regalato un orologio. Una versione poco credibile per tutti, meno che per i carabinieri, che abbracciarono la strada del bambino killer.
E i colpevoli morali
Quando un giornalista de ‘L’Ora' di Palermo avvicina Franco per sentire dalla sua bocca cosa era successo quel giorno, il ragazzo crollò: "Non li ho uccisi io, ho detto così perché mi avevano dato schiaffi, mi sono fatto pure la pipì addosso". Il quotidiano diede la notizia dell'interrogatorio a suon di schiaffoni e minacce. "Dicevano che se non confessavo arrestavano il nonno Francesco "- aggiungerà il piccolo Franco, facendo finire i carabinieri al centro di una tempesta mediatica. Nemmeno il sostituto procuratore di Catania, Giuseppe Foti, a capo dell'inchiesta, credette a quella confessione che non aveva difficoltà a definire ‘estorta' eppure, quando il fascicolo d'indagine arrivò sulla sua scrivania, nonostante i convincimenti dichiarati alla stampa, Foti archiviò il caso. Nessun delitto d'onore a sfondo omosessuale: a Giarre non era successo un bel niente niente.
La memoria di Giorgio e Toni
Da allora, a prescindere da chi avesse premuto il grilletto, la responsabilità morale di quel duplice omicidio si abbatté come un macigno sulla comunità dell'entroterra catanese. Il delitto di Giarre non cambiò il nocciolo duro della società, che della storia dei fidanzati preferì dimenticarsi presto, ma smosse le coscienze più sensibili. Poco dopo nacque a Palermo il primo nucleo di Arcigay, ad opera di don Marco Bisceglie, sacerdote gay, e di un giovanissimo Nichi Vendola. Oggi Franco Messsina vive solo e in condizioni di degrado. A Giarre, dove per Toni e Giorgio non c'è nemmeno una targa, neanche il pino all'ombra del quale furono trovati i fidanzati esiste più. Si dice sia stato incenerito da un fulmine.


16.1.22

l'uomo delle castagne di netflix

N.B
ho usato tramite i codici html la funzione dello spoiler , perchè anche se la serie di netflix è uscita a settembre  2021 qualcuno\a potrebbe non averla vista o la guarda solo ora e quindi non vuole sapere niente sul finale . Comunque per chi volesse saperlo può cliccare il tasto mostra
Dopo questa premessa veniamo al post vero e proprio

In questi  giorni     su suggerimento di  un amico  ho visto  su  Netflix  l'adattamento de L'uomo delle castagne  il romanzo d'esordio dello scrittore danese Søren Sveistrup, noto come sceneggiatore della serie tv The Killing. Esso  è un  buon noir gotico pieno di suspense e di colpi di scena . Avvincente a tal punto che vista una non si resiste a vederne la puntata successiva come  si vede  anche  nel  trailer   .


In questi  giorni     su suggerimento di  un amico  ho visto  su  Netflix  l'adattamento de L'uomo delle castagne  il romanzo d'esordio dello scrittore danese Søren Sveistrup, noto come sceneggiatore della serie tv The Killing. Esso  è un  buon noir gotico pieno di suspense e di colpi di scena . Avvincente a tal punto che vista una non si resiste a vederne la puntata successiva .
Infatti per per bruciarmelo tutto subito e gustarmelo meglio me lo sono visto a poco a poco . L'autore dev'essersi ispirato, almeno io ci ho ritrovato le stesse atmosfere, alla  serie  cult  degli anni  1990\2000  twin peaks 
D'appassionato    reputo  non è necessaria una seconda stagione  de L'uomo  delle  castagne    visto  che  

soprattutto per chi legge o vede gialli e noir con assidua frequenza e si fa la propria indagine personale mentre li segue ed  è per  questo  che  gli eventuali misteri   o dubbi  lasciati  irrisolti  come  esempio :
 Ma poco importa visto la trepidazione avvincente che lo caratterizza e 
Ottimo uso delle fattore delle coincidenze e della casualità. Anche  se  è breve  rispetto  alle  altre   serie  , infatti ha soli sei episodi, ma  con  una trama che farebbe invidia anche ai migliori sceneggiatori in circolazione e una capacità di tenere incollati allo schermo senza precedenti. L'uomo delle castagne è una piccola produzione danese e una vera e propria gemma della piattaforma di streaming. Sarà per la storia accattivante e ben scritta, che tra flashback e flashforeward mette insieme, puntata dopo puntata, piccoli pezzi di un puzzle che mostra la sua immagine solo nell'ultimo episodio, sarà per il fascino delle tradizioni dei Paesi del Nord, diverse dalle nostre, che ci permettono di scoprire e imparare qualcosa di nuovo sul mondo o sarà per la sua impeccabile regia ma questa serie rientra, senza dubbio, secondo https://www.today.it/media  e  d'amanti  - appassionati  di noir    e triller    si apprezzano moltissimo, soprattutto se paragonata ad altre serie dello stesso genere narrativo che troppo spesso sfruttano i soliti trucchetti del crime oltre  che il fattore  amoroso  per accattivarsi il pubblico lontano    dal    noir  . L'uomo delle castagne no, è una spanna sopra gli altri perché è una serie scritta con intelligenza, sensibilità e girata da un occhio che mostra, con delle inquadrature affascinanti e decisamente originali, la continua evoluzione degli stati d'animo dei personaggi. Rientra nel genere crime/thriller ma ha dentro di sé un'indagine psicologica che ne allarga il territorio d'azione, sfrutta  certo gli espedienti di questi generi di racconto ma si apre a qualcosa di ulteriore, racconta un arco temporale disteso ma lo fa senza essere mai prolissa  e  noiosa .
Inoltre c'è un altro aspetto molto interessante di questa serie TV, il fatto che potrebbe giocarsi la carta della "storia d'amore" tra  i due  protagonisti  ma non lo fa, fino
  cosi    come  spesso avviene   in altri film    generalmente  dello  stesso genere  

14.12.21

Primi regali di Natale 20021 Murder Ballads di Micole Arianna Beltramini e Daniele Serra

lo  so che  non si dovrebbero aprire  i  regali di natale   . Ma  in questo  caso si tratta    di un  desiderata   ovvero uno di quelli che  ,  come    si faceva    da  bambino  si  chiedevano  con le   lettere  a  babbo  natale  \  Gesù bambino  . 
E  poi la  curiosità   che mi ha spinto ad aprirlo e divorarlo subito  è  stata  tanta   visto  che :  1)   avevo    già assistito  (  ne  trovate sotto  delle  foto  da me  scattate     )     a fine  ottobre , il 28 ottobre per essere più precisi ,    alla presentazione con gli autori  a tempio Pausania  organizzata  dalla  libreria  Ubix  ex  Max88  .  2)   avevo letto le  ottimi recensioni     e  visto interessanti servizi  in  tv  in particolare  quello della  trasmissione  letteraria   Petrarca di rai  tre  .



 




In esso si respira la stessa atmosfera di From Hell di Alan Moore. Forse perché la realtà, quando diventa incubo, è la cosa più potente che si possa raccontare. Fa paura, come è giusto che sia. Inquieta, come a volte ne abbiamo bisogno. Bellissimo. IL libro anzi meglio il graphic  novel    in questione  è    Murder Ballads, una antologia di racconti scritti da Micol Arianna Beltramini (  secondo me  Last Goodbye. Un tributo a Jeff Buckley  ) e disegnati da Daniele Serra (Seraphim’s Hellraiser Anthology, Fidati è amore).L'approccio di questo volume italiano è molto interessante per la notevole cura che il progetto rivela sotto ogni aspetto. Infatti   ad  ogni ballad  c'è   un  breve    ma molto  dettagliato testo introduttivo   che  ne  anticipa lo sviluppo .I due autori, con colori intensi e atmosfere suggestive, reinterpretano racconti narrati nelle cosiddette “murder ballad”, brani di un sottogenere della ballata basati su fatti di cronaca particolarmente cruenti, che restano impressi nella memoria collettiva anche grazie al loro adattamento musicale o letterario/cinematografico 

Nella musica contemporanea un esempio del genere sta nell’album Murder Ballads di Nick Cave & The Bad Seeds, noto in particolare per la canzone Where The Wild Roses Grow, interpretata insieme a Kylie Minogue.   Ne  cinema il film  Small  town Murder  song   del 2011  o  Yara  film di Marco Tullio Giordana uscito al cinema il 18 ottobre 2021, prodotto da Taodue e distribuito da Netflix da  novembre  .  Ma  non divaghiamo  , ritorniamo   all'opera  in questione  . Essa  è  un  volume  \    libro  bellissimo    intenso ,  molto onirico e  gotico  . Infatti gli adattamenti a fumetti raccolti in questo volume non si limitano a raccontare gli eventi narrati nelle ballad  scelte  , ma li trasformano in storie intrecciate che giocano tra passato e futuro, caso e destino, azioni malvagie e orribili conseguenze delle stesse. Infatti  concordo con quanto  dice   su  https://www.amazon.it/Murder-ballads-Micol-Arianna-Beltramini/dp/8804742100


Emanuela A. Imineo

5,0 su 5 stelle Dal blog Il mondo di sopra Recensito in Italia il 26 ottobre 2021
[...] cosa si può dire di un qualcosa di così immenso e allo stesso tempo così tagliente come una lama che affonda nella carne?
Murder Ballads è una graphic novel che racconta storie fredde e abissali; storie che sfiorano la leggenda su episodi realmente accaduti dove l'oscurità non aleggia soltanto nell'aria ma nella stessa anima.
Oscar Ink della Mondadori trascina il lettore in un vortice di dolore e sangue dove le storie diventano cicatrici sulla pelle, dove il dolore si vive completamente e dove le immagini rimangono impresse nella mente sia per i colori cupi, sia per quella matita così minuziosamente dettagliata.
Le storie di Murder Ballards si vivono e non si leggono soltanto. Gli autori rendono completamente viva l'opera dove, questa creatura mostruosa, non lascerà andare il lettore se non arrivati alla parola fine.
Ogni storia così ricca di dettagli, incanta con la morte e scaraventa il lettore fuori dalla propria comfort zone lasciando immobili davanti non soltanto alla cruda realtà ma alla stessa delicatezza con cui gli autori riescono ad affrontare il tutto.
Una graphic novel che toglie il fiato; una graphic novel che respira e, allo stesso tempo, non lascia scampo.


Andiamo adesso ad  analizzarlo    sviscerarlo storia   per  storia  


La prima, 
"Babes in the woods",Bambini nel bosco, nasce come filastrocca per bambini e si trasforma in disturbante ninna nanna; è fonte di ispirazione per Hansel e Gretel è il nome di archivio di quattro omicidi che hanno come comun denominatore i bambini e il bosco.



La  meno   sanguinolenta   dal punto di  vista  esplicito ma  non per  questo   essente  da   atmosfere gotiche  e noir    come  si vede anche  nei  disegni     sublimi di  Daniele      che  sembrano uscita  da  una  fiaba   \  racconto   dell'est  Europa  in particolare   della  ex  Urss. Infatti   essa   è un racconto tradizionale per bambini di fine '500, secondo un diffuso archetipo della fiaba che ritorna in numerosissime fiabe: i bambini abbandonati nel bosco da un esecutore che non si decide a ucciderli.
Tale  storia resa particolarmente angosciante dal tema infantile, è resa tramite il disegno a matita, in un bianco e nero sfumato di grande potenza evocativa, perfetto a rendere l'essenza di una foresta immersa in brume inquietanti. La storia procede per grandi splash pages, su cui domina l'intrico degli alberi della foresta, in un groviglio di segni impeccabile, volutamente soffocante, fino alla cupa chiusura che collega la leggenda originaria ad altri casi purtroppo reali, e chiude con l'inserimento a colori di una macchia di sangue rosso che va a sporcare l'ultima tavola.

la seconda storia, Giù al fiume, contiene l’adattamento delle ballad Knoxville Girl e Omie Wise, entrambe basate su femminicidi: giovani donne massacrate e gettate nel fiume dai loro seduttori, che non volendo sposarle decidono di sbarazzarsi dei loro corpi. Un killer che sembra rappresentare hannibal del il silenzio degli innocenti .
Proprio  co essa  ci si sposta   su un campo sempre di tragica attualità, il femminicidio, purtroppo un tema molto diffuso nelle Murder Ballads, narrato a partire dalla rielaborazione dei fatti di Knoxville Girl
da https://www.drcommodore.it/


(e altre ballate), risalenti al 1683.  « La scelta è --  come fa  notare  questa  bellissima   recensione    da  cui  ho preso  le  foto  eccetto la seconda e la  quarta    scattate  da me    di  https://fumettismi.blogspot.com/-- quella di inserire qui il colore, nelle modalità di un acquerello che parte dai toni seppiati delle sequenze iniziali per approdare al blu acquoso delle scene cruciali, dove - anche qui - il rosso del sangue viene a trionfare. L'acquerello qui è assolutamente dominante, non limitato in alcun modo dalla linea di contorno, all'opposto della storia precedente dove spiccava invece segno a matita spiccava per l'assenza dell'usuale ripasso a china e del colore.»
Infatti   ogni storia, di qui in poi, avrà la particolarità di una diversa scelta rispetto alle tecniche di colorazione e disegno, che pare affatto casuale ma invece , ogni volta perfettamente congeniale alla narrazione di quel preciso ambito delittuoso.
E poi non rimase nessuno, la terza storia, è la trasposizione quasi filmica di uno dei massacri più terrificanti dello scorso millennio: Charles Lawson, padre di sei figli, porta la sua famiglia in città a comprare vestiti nuovi e a fare una foto; il giorno di Natale li massacra tutti tranne uno, e poi si spara in testa. 
Bellissima la scelta stilistica e grafica e quindi ancora una differente modalità visiva.
 Qui da quel poco che so , non avendo fatto studi artistici  ma un semplice esame di storia dell'arte , Il disegno m'appare nel più consueto bianco e nero chinato, con un riempimento con un singolo tono di grigio per un risultato che pare rimandare sia alle vecchie fotografie, al vecchio cinema, che funziona nuovamente bene con questa storia con cui ci spostiamo, in modo centrale, verso una narrazione relativamente "più moderna" ( negli altri casi, benché la storia principale fungesse da spunto per inserire poi altre ballad simili, a dimostrare la ricorrenza di questi archetipi nella realtà e nell'immaginario, si partiva da ballad antiche, con radici medioevali, quando questo immaginario si consolida). Infatti La terribile vicenda della famiglia Lawson ci porta invece agli anni '30 del Novecento, in quella disperante campagna statunitense da American Gothic su cui si sta per abbattere la Grande Depressione narrata da Steinbeck



 A questo scorcio di inquietudini note, qui declinate in una chiave particolarmente cupa, si aggiunge qui il tema della spettacolarizzazione dell'orrore, un elemento tipico della modernità novecentesca. Anche qui, permane la scelta dell'inserto rosso su uno sfondo monocromatico
(o su una scelta di campiture di colore uniformi, come nel blu della seconda storia), secondo una tecnica che è frequente nel cinema e nel fumetto (la Sin City di Miller) ma che qui, in modo interessante, viene applicata in modo differente su ogni storia, stante la differente scelta coloristica di partenza. A farne da colonna sonora è la bellissima canzone di cui trovate sotto il video ( in realtà è un salmo ed è davvero la citazione di questo salmo che c'è sulla tomba dei lawson come testimonia la foto che riporto   sopra  a sinistra lasciatami dall'autrice in un commento sulla mia bacheca di Facebook ) nel finale del racconto


                                                        

Un  Racconto   triste  ma allo stesso tempo pieno     di speranza  per tutte le  donne in fuga  ( reale  o immaginaria   ) dai femminicidi o da  un amore   malato 

La quarta storia, "Brigantesse si muore", si  passa a un puro bianco e nero con netti contrasti, ma l'elemento del rosso interviene in un modo ancora diverso, come si vede nella tavola sopra, mescolandosi all'inchiostro nero quando si deve sottolineare, come al solito, l'elemento cruento tipico di questo tipo di opera. Il focus in questo caso è italiano, sul brigantaggio meridionale postunitario, e in particolare, questa volta, sulle figure di brigantesse, spesso anch'esse al centro di ballate popolari di fine sfortunata come i loro omologhi maschili. L'oppressione della repressione dello stato unitario si unisce qui alla marginalità ottocentesca (e ancora attuale, purtroppo😢🙄) della figura femminile, con una maggiore coerenza tematica con l'argomento di fondo del volume, che pur includendo anche vittime maschili si focalizza soprattutto su una femminilità schiacciata e oppressa, di cui le Ballads si fanno voce dolente nel sentire popolare. In essa s'affronta il tema del brigantaggio in Italia dal punto di vista delle compagne dei briganti: libere, indomabili, capaci di atti di amore e di vendetta atroci. Senza dimenticare, poi, tutte quelle donne di modesta estrazione sociale che, per sfuggire ad una vita grama, di stenti e di inenarrabili patimenti fisici e morali, presero la risoluzione di seguire i loro uomini, ma  anche  non  , dandosi alla macchia e mettendosi, di fatto, nel bel mezzo di una strada pericolosa e, il più delle volte, senza ritorno. Inoltre  secondo  https://www.cdsconlus.it/index.php/2016/09/30/le-brigantesse-drude-o-eroine/

Molte di esse, poi, non furono brigantesse ma soltanto mogli, compagne, amanti di uomini che avevano deciso di combattere gli ‘invasori’ nordisti. Un dramma nel dramma, dunque, consumatosi nell’indifferenza, nel silenzio e nel disprezzo. La storia, infatti, come sempre scritta dai vincitori, con un’energica sbianchettata, ha cancellato quasi completamente queste tragiche e dolorose vicende, limitandosi a fare di tutta l’erba un fascio. E così quelle tante donne sono diventate ‘drude’, ossia prostituite, concubine, femmine di malaffare e da bordello, additate al pubblico ludibrio e alla più feroce esecrazione.

Infatti  la narrazione   di  questo  graphic novel   smonta     tale  preconcetto    .  Una delle  mie  preferite  soprattutto  per il finale   e per  il modo     con  cui  Daniele  serra    ritrae  Michelina De Cesare, 



una delle pochissime "brigantesse" uccise in combattimento:  di  cui la  foto   sotto   al centro    presa  da http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Briganti/Brigantesse4.htm


da http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Briganti/Brigantesse4.htm


scattatale dopo la morte, mette in evidenza lo scempio fatto sul suo cadavere. Nelle macabre fattezze di Michelina, sconvolte dalla violenza,  rappresentate in maniera  sublime     dal  disegno  di Serra      vedi sopra   si può leggere,  allo stessa  maniera  dell'originale  ,  tutto il dramma e le sofferenze dei contadini del Mezzogiorno .                                    

 La quinta    ed  ultima  (   peccato     mi ci stavo  affezionando 😢🤣 )  storia, Solo un giorno come le rose, reinterpreta la canzone di marinella   di De Andrè    senza la  classica  retorica  della  mitizzazione e santificazione   agiografica   che caratterizza  la stessa  figura    di   de  Andrè  e  i  Cantautori   degli anni 60\70 con preziose illustrazioni che ricordano  le fiabe russe  ma  anche  le  classiche incisioni   miniate   dei monasteri medievali   La canzone di Marinella di De André, affiancandola alla storia della vera Marinella: Mary Pirimpò, giovane prostituta milanese assassinata e gettata nel fiume   forse   perché sapeva troppo o   per   un  rapporto con un cliente  sadico    finito male  .

Il   ritorno     di  Daniele   a un bianco e nero a mezza tinta (che torna a richiamare l'elemento fotografico, o forse di fotogramma filmico  o meglio  da  giornale      rosa     \  da  parrucchieri come  dice    Faber  in una storia sbagliata  ), squarciato però da ampi riquadri in splash page, come miniature medioevali che contrappuntano con la storia del sogno romanzesco la storia prosaica della realtà, quella trasposta da De André in Marinella: Mary Pirimpò, giovane prostituta milanese assassinata e gettata nel fiume. Il rosso non appare questa volta inserito nelle tavole in bianco e nero, perché è presente, in mezzo agli altri colori, nelle grandi tavole colorate di gusto gotico, o forse ancora meglio romanticamente neogotico. Da notare  inoltre  , in modo metanarrativo, la giovane prostituta legge avidamente i fotoromanzi (i fumetti fotografici esplosi negli anni '40 / '50) che offrivano un sogno di evasione in quella dura Italia dell'immediato secondo dopoguerra, leggendo le vicende romanzate dei Promessi Sposi, così lontane dalle sue ben più prosaiche, realistiche e terribili. Alla minaccia di Don Rodrigo - o del Griso, su cui fantastica Mary - non si oppone in questo caso una Divina Provvidenza che la salvi come la purissima, astratta Lucia Mondella.


Concludo  questa  mia recensione  condividendo in pieno quella del già citato https://fumettismi.blogspot.com/



 [...] Ci è parso utile mettere in evidenza soprattutto questa raffinata costruzione simbolica, che usa ottimamente lo specifico del fumetto (in questo caso, le scelte del colore, e l'uso di un colore simbolico come leitmotiv) in modo originale e brillante.
Naturalmente, è giusto rimarcare ulteriormente, come dicevamo all'inizio, la particolare riuscita dell'opera nel suo complesso, grazie a un affiatamento artistico che si intuisce particolarmente riuscito tra i due autori.
I testi di Beltramini sono essenziali, come si confà all'evocazione dell'essenzialità della parola lirica della ballata, ma intagliati con particolare cura e perfettamente inseriti nell'ideazione della narrazione per immagini. Al contempo, lasciano pienamente spazio alla interpretazione visiva di Serra, la cui abilità magistrale viene bene messa in luce dal gioco di variazioni che abbiamo detto (le quali, tuttavia, come abbiamo cercato di evidenziare, non sono un mero esercizio di stile ma ben congegnate per esaltare lo specifico di ogni storia).
In ogni caso, l'autrice rende ulteriormente ragione delle scelte in brevi testi introduttivi di una pagina, in cui offre al lettore possibili chiavi di lettura, una sintetica contestualizzazione storica, rimandi ad altre ballad o a riletture musicali di quella centrale. [...] 


Insomma, un'opera cupa e neo romantica  \  decadentista  , che ci fa gettare uno sguardo a storie dimenticate dal tempo che è però bene continuare a ricordare, per la loro capacità di parlare all'oggi o anche solo, forse, per intrattenerci melanconicamente e offrire a quelle figure sbiadite l'omaggio del ricordo alvandole  dalla polvere  e dall'oblio  del tempo e della storia  . Storie  che per l'italiano  medio   \  l'opinione pubblica  , sono,   quelle che    i media   chiamano  nazional popolare   sfruttano  per riempire i loro spazi vuoti o nascondere fatti importanti   sono   come  

E' una storia da dimenticare
e' una storia da non raccontare
e' una storia un po' complicata

  In fondo, questo è forse lo scopo delle ballate, e l'incarnazione in fumetto come questo   testimonia la testarda longevità di questa forma di narrazione autenticamente popolare  ripresa  dal duo  Micol -Serra  . Speriamo   di rivederli di  nuovo all'opera   in muder ballads   2 o  qualcosa  di simile 







4.12.21

Ombretta, una donna che amava troppo. Lui, lei, l'amante di lui: il delitto Nigrisoli, celebre caso di cronaca nella Bologna degli anni 60




dal venerdi di repubblica  del  3\12\2021


Ombretta non sta bene. Non dorme più, non mangia più, ha i nervi a pezzi. Sempre triste, nessuno si ricorda più l'ultima volta che l'abbiano vista sorridere. Ha sposato un dottore che viene da una famiglia di luminari della medicina, vive in un appartamento sopra la loro clinica, una delle più note di Bologna, farsi visitare è un attimo, e infatti il medico di famiglia conclude che è depressa, ma niente di grave. Basta un calmante, allora si chiamavano così, siamo agli inizi degli anni Sessanta, nel febbraio del 1963.
Ombretta Galeffi e Carlo Nigrisoli il giorno delle nozze.
 Lui è stato condannato per l’omicidio della moglie.
 
GiacominofoTO / fotogramma 

Il marito, però, non è d'accordo. È medico anche lui e pensa che la situazione sia più grave, ci vuole qualcosa di più forte, un sedativo in fiale, una iniezione al giorno, ci pensa lui, è medico, no? Famiglia di luminari, eccetera eccetera.
Poi, nella notte tra il 14 e il 15 marzo, Ombretta si sente male davvero. Non respira più, e per quanto sia già in una clinica, i medici di turno non riescono a salvarla. Accanto, sul comodino, ha la siringa e la fiala di tutti i giorni, ma dentro non c'è il sedativo, c'è un'altra cosa che si chiama sincurarina, e che è a base di curaro, uno dei veleni più potenti.Si è suicidata, dice il marito dottore, era depressa, non stava bene, ma non ci crede nessuno. Ombretta era depressa perché il marito la tradiva. La tradiva da sempre, e lei lo sapeva, ma da un po' di tempo si era innamorato di una ragazza bella come un'attrice del cinema, che aveva la metà dei suoi anni e lo faceva impazzire.
Ombretta sapeva anche questo, anzi, era andata a parlarle, perché la ragazza aveva deciso di troncare la relazione, e lei l'aveva supplicatadi non farlo, perché lui sarebbe stato troppo male e lei non sopportava di vederlo soffrire. Lo amava troppo, diceva, e troppo, a questo punto, diventaun termine in grado di suggerire una dolorosa e tormentata complessità.
O lei o la moglie, insiste la ragazza col medico, e la situazione si fa così tesa che gli amici di Ombretta le suggeriscono di andarsene, ma lei non vuole. Lo ama troppo.
Poi, siringa, sincurarina e Ombretta muore. Il processo a carico del dottor Carlo Nigrisoli si apre nel 1964, e dopo una serie di indizi e di testimonianze, tra cui quella del suo stesso padre, che lo indicano come l'assassino della moglie, il medico viene condannato prima all'ergastolo e poi, in appello a ventiquattro anni di carcere. Da quando lo hanno arrestato fino al giorno della sua morte, nel 2005, ha continuato a proclamarsi innocente.


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...