Carolina Crescentini (Foto: IMDb)ADELINA TATTILO e MRS PLAYMEN hanno inventato L’EROS DELL’ITALIA - YouTube
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
Carolina Crescentini (Foto: IMDb)Noi italiani col sesso abbiamo un problema: invece di rilassarci ci incazziamo», dice Adelina nella serie. Quasi sessant’anni dopo siamo ancora intrappolati nelle stesse contraddizioni. Nello stesso finto moralismo che vede nel sesso e nella sessualità – soprattutto femminile – ancora un tabù.Consola sapere che negli Anni 70 c’era già una donna che si batteva contro tutto questo. Allo stesso tempo, non stupisce che sia finita nel dimenticatoio. La serie di Netflix ci ridà una figura interessante. Per una volta lontana dal ritratto agiografico che è la malattia del nostro cinema biografico. Adelina è sì romanzata, ma resta profondamente umana. Crescentini le dà spessore, contraddizioni, respiro. Filippo Nigro è intrigante e ambiguo al punto giusto. Onore al merito al cast, capace di raccontare, con tantissime sfumature, una stagione e una società profondamente contraddittoria. In questo senso, è bellissimo che l’unico personaggio davvero libero da ipocrisia sia il prete. Le altre istituzioni si nascondono dietro la parola «decenza», mentre si accaniscono contro chi osa mettere in discussione il sistema.Mrs Playmen funziona perché non cerca di fare la predica. Le scene che oggi fanno rabbrividire – come quella del poliziotto che chiede alla vittima di stupro quanti centimetri è stata penetrata, perché se sono pochi non conta, è solo “un atto libidinoso” – lasciano spazio alla riflessione: le domande che si fanno ancora oggi alle vittime di violenza sono davvero così diverse?Le scene migliori sono quelle ambientate in redazione, dove si respira – tra nuvole di fumo di sigaretta – il cuore vero della storia. Lì la scrittura è più precisa, i personaggi più vivi, i conflitti più credibili. La regia propone inquadrature pensate, mai casuali. La scrittura è semplice ma efficace, coinvolge lo spettatore nei dilemmi morali senza appesantire.
Su Netflix c'è una serie italiana che si fa apprezzare per recitazione, approfondimento psicologico e trama di grande attualità. Sto parlando di SARA, LA DONNA NELL’OMBRA, tratta dalla saga letteraria di Maurizio De Giovanni e composta da sei episodi. Un crime ambientato a Napoli, che convince sebbene abbia qualche affinità con le fiction della tv generalista nella quale sono stati trasmessi fction tratte dai romanzo di giovanni e non solo .
La miniserie Netflix è un cocktail di giallo, spy story, thriller e family drama che ha subito conquistato gli abbonati della piattaforma – malgrado l’assenza di un battage pubblicitario anche minimo rispetto ad altre produzioni alcue discutibili – perché un prodotto convincente e ben confezionato. Infati tenere insieme le dcose è molto difficile e sicuramente molto "pericoloso" perchè puà detterminare il flop o il successo effimero e raramete come in questo caso duratuto Paradossalmente, però, è così che la protagonista torna a vivere e a far quello che meglio sa fare. Giustizia.Come dicevo all’inizio, ha affinità con le fiction delle tv generaliste, ma non lo vediamo un demerito se riesce a distinguersi per i suoi indubbi lati positivi. A cominciare dalle interpretazioni di un cast stellare, diretto egregiamente da Carmine Elia, che ha firmato il primo MARE FUORI e da qui ha voluto esportare parte del cast in SARA, LA DONNA NELL’OMBRA. In primis Carmine Recano, che tuttavia non si capisce perché sia sempre uguale nei flashback, seppure siano passati tanti anni. Avestire i panni di Sara, la protagonista dei libri di Maurizio De Giovanni, è Teresa Saponangelo (David di Donatello per “E’ stata la mano di Dio” di Sorrentino), che riesce perfettamente a immedesimarsi nell’ex agente dei servizi segreti ( visto che tra il suo curriculum di film e serie polizieschi ) resa speciale sul lavoro da una dote non comune: leggere il labiale anche a distanza.
La serie affronta un tema importante e di stretta attualità, lo sfruttamento politico della paura degli immigrati, scandagliandolo attraverso una trama che potrebbe benissimo essere superata dalla nostra realtà. Gli episodi si divorano grazie a un ritmo incalzante e a personaggi convincenti, ma i difetti :sono una trama complessa (compensano comunque alcune sequenze didascaliche) e l’uso del dialetto napoletano, che certo realismo apporta realismo ma rischia di rendere incomprensibili diversi passaggi e di andare troppo ad intuito . Il mio consiglio è di inserire i sottotitoli. In definitiva, la prova di Netflix e Palomar è superata. Non resta che attendere la seconda stagione. Per colmare , almeno per me che non ho- lettoi romanzi da cui è tratta , il passato di sara come agente dei servi , qui solo eìaccenato e quasi fumoso . Essa è stata una serie italiana è riuscita a distinguersi all’interno del vasto catalogo di Netflix, in mezzo alle tante uscite settimanali che si contendono l’attenzione del grande pubblico. E lo ha fatto senza far leva su campagne pubblicitarie importanti o sfruttando la spinta del clamore. Sentendo gli elogi della serie mi si chiede Ma qual è il segreto di Sara – La donna nell’ombra? Come ha fatto a conquistare tutti?
Uno dei punti di forza della serie italiana è senz’altro come ho già detto la credibilità della sua protagonista, un personaggio silenzioso ma determinato, reso ancor più temibile dalla ferita subita con la morte del figlio. Il resto lo fanno un intreccio avvincente e un’ambientazione carica di tensione. Sara – La donna nell’ombra è girata tra Roma e Napoli, due città che riflettono alla perfezione lo stato d’animo della protagonista, sempre agitato da ombre e luci.
Sara – interpretata da Teresa Saponangelo – è un’ex agente dei servizi segreti che ritorna in scena dopo la misteriosa morte del figlio. La donna cerca risposte a un evento che l’ha spezzata interiormente e sospinta verso un profondo isolamento. Per trovarle si rivolge a Teresa (Claudia Gerini), amica e ex collega. Il mondo dello spionaggio però non fa nulla per nulla.
Ogni favore ricevuto ha un prezzo da pagare. Sara lo sa bene e inizia così un percorso alla ricerca della verità che finisce per sconvolgere tutte le sue certezze, non escluso il passato di suo figlio. Così, tra passato e presente, tra vecchi e nuovi nemici, la strada della donna si intreccia con una serie di eventi che la costringeranno a mobilitare tutte le sue risorse e le sue abilità da agente.
Un thriller avvolgente , pieno di colpi di scena , alcuni prevvedibili ovviament e per conosce le vicende storiche politiche dell'italia che sono il contorno del romanzo e della serie ed usa come analisi il dubbio sule versioni ufficiali e un complottismo critio o o per chi
Uno dei grandi pregi della serie sta nella capacità di abbinare suspense e profondità emotiva. Diversi spettatori hanno definito Sara – La donna nell’ombra come un «thriller calmo ma avvolgente, che cresce episodio dopo episodio». La scrittura della serie, molto coinvolgente, spinge quasi senza accorgersene lo spettatore a “divorarla”. Ben bilanciato anche l’equilibrio tra qualità visiva, tensione psicologica e interpretazione.
Infatti Sara – La donna nell’ombra punta molto sull’atmosfera e sull’evoluzione del personaggio. È una serie che riesce a conquistare silenziosamente gli spettatori e che per essere potente non ha bisogno di correre e imprimere ritmi frenetici agli eventi. La presenza di Teresa al fianco di Sara aggiunge poi ulteriori sfumature e accenti a una dinamica mai banale tra le due donne. In sintesi, la serie diretta da Carmine Elia è un crime sofisticato che non parla solo di noir ma anche di dolore, memoria, identità, amicizie spezzate e ferite mai rimarginate.Un noir interiore tra silenzi e memorie: così appare Sara-La donna nell'ombra. La serie segna l'ingresso televisivo di un personaggio davvero particolare: non una detective tradizionale, ma una donna segnata dal dolore che usa le sue competenze professionali per una ricerca personale di verità e giustizia.Inoltre L'adattamento della saga letteraria di Maurizio de Giovanni vede Teresa Saponangelo in una grande interpretazione. La forza della serie, infatti, sta nella sua capacità di esplorare il lutto materno attraverso la sottrazione. È pacata, in controllo, quasi dimessa. Ci fa dimenticare i detective geniali e fuori dalle righe tutto genio e sregolatezza. Qui di genio ce n'è tanto, ma non è necessario strafare per mostrarlo. Gli altri personaggi non possono che rispondere alla recitazione di Saponangelo: nulla, così, risulta mai eccessivo.
Oltre a Teresa Saponangelo (Sara) e Claudia Gerini (Teresa), nel cast troviamo Flavio Furno (Pardo), Chiara Celotto (Viola), Carmine Recano (Massimiliano), Massimo Popolizio (Corrado Lembo) e Antonio Gerardi (Tarallo).Beh, il finale di Sara – la donna nell’ombra sembra per chi ha letto i romanzi che non ha lasciato nulla in sospeso, quindi è probabile che una seconda stagione dipenda dall’accoglienza dello show su Netflix.
E stata incerta se fare un post di spiegazione e speriamo che lo leggano e capiscano tutti o Non dire niente, così tantissime persone andranno a vedere il film convinti si tratti della serie . E quindi usare lo stesso trucco di checco Zalone per promuovere il film Tolo Tolo .Come si può notare facendo un giro su i social e non solo tra i commentatori, però, non ci sono solo i “confusi”. Come la tradizione di internet vuole, ci sono anche quelli arrabbiati, indignati, contrariati. Perché? Perché Netflix non avrebbe richiamato i doppiatori della serie anime del 1982, in particolare Cinzia de Carolis, la voce italiana originale di Oscar. Infine, ci sono gli ultraconservatori, quelli che proprio non accettano che di Lady Oscar possa esistere una versione nuova, diversa da quella che hanno visto da bambini o ragazzini. Diversi, infatti, i commenti che sottolineano che la “vera” Lady Oscar non è questa ma quella che si trova disponibile su Prime Video, abbonandosi al servizio Anime Generation. Quella che arriverà su Netflix sarebbe addirittura una «versione fake», si legge in alcuni avvelenatissimi commenti.In realtà, Le rose di Versailles da quel che s'intravede dal promo o gli appassionati di manga e anime pare che sia un ottimo film, diretto da una brava regista (Ai Yoshimura), scritto da una veterana degli adattamenti (Tomoko Konparu) e animato da uno dei migliori studi giapponesi (MAPPA). Non fatevi anzi facciamo ingannare dalla nostalgia e vedetelo prima di parlare a vanghera Io farò cosi lo vedrò ( o meglio rivedrò nel mio caso visto che dal trailer
mi sembra a prima vistsa una copia dell'originale cambia solo la grafica della vecchia ) , se ci riesco , la serie con mia nipote lei per la prima volta non conosce l'originale e io conoscendo l'originale .
per chi ha fretta e non vuole leggersi tutto l'articolo ecco una sintesi della recensione dell'opera
le foto sono tratte da
BOIGOTAGGIO SAN REMO 2005 GIORNO III ° TUTTI CANTANO E PARLANO DI SAN REMO pPER FORTUNA CHE C'E' NETFLIX . - PARTENOPHE DI SORRENTINO
Esso è uno dei migliori i Sorrentino Se da un lato c'è : << un'inebriante riflessione sul mondo, in cui le persone e i luoghi sono visti e vedono se stessi». come ha detto Siddhant Adlakha di Variety c'è anche ed innnegabile : << l'auto-parodia di se stesso» e il film come «uno spot di due ore per un profumo davvero troppo costoso».Peter Bradshaw di The Guardian ha assegnato al film due stelle su cinque. E' vero che ci sono degli echi Felliniani ma la recensione di : Eric Neuhoff del quotidiano francese Le Figaro: «All'improvviso, bellezza. Colpisce come un fulmine. Con un movimento di macchina Paolo Sorrentino spazza via la trivialità del mondo». Egli riprende un motivo suggerito anche da altri critici: «C’era una volta il binomio Fellini-Roma. Napoli ha trovato il suo equivalente grazie a Sorrentino». Mi sembra troppo esagerata . Cosi come la Meno entusiasta l'opinione di Jacques Morice di Télérama, il quale afferma che il progetto risulta «lontano da Roma-Fellini, il binomio Napoli-Sorrentino non è altro che una somma di graziosi luoghi comuni». Cosi come quella Didier Péron di Libération descrive il film come « un porno da cui sono state sistematicamente tagliate le scene hard» contestualizzate all'interno di «un enorme macchinario sulla vita dei ricchi e dei potenti, che ha l'estetica della pubblicità ed è cofinanziato da un grande marchio della moda; Sorrentino prova a convincerci che anche i milionari hanno un'anima». S'avvicina più al
vero invece qiuella di Boris Sollazzo di The Hollywood Reporter Roma afferma che con Parthenope il regista si sia «disunito e ricomposto» assimilandolo a François Truffaut e Bernardo Bertolucci, apprezzando la fotografia «certosina e vibrante» di D'Antonio, le musiche «accordate a scenografie» di Marchitelli e i costumi di Poggioli, definendo il progetto nel complesso «un album di archetipi antropologici e di interpreti sopraffini». C'è come fa notare Valerio Sammarco di Cinematografo che assegna i n maniera esagerata al film quattro stelle su cinque, scrivendo che Sorrentino «ritrova l'astrazione e la seduzione ammaliante de La grande bellezza», trovando il film «continuamente sospeso tra la tensione al sublime e la caduta nel baratro, popolato di fantasmi malinconici». Allo stesso tempo lo evidenzia bene Gabriele Maccauro, per Quarta Parete, scrive che «Parthenope è una pagina bianca, un film i cui dialoghi – e ce ne sono di eccezionali – appaiono totalmente superflui e dove tutti i personaggi non fanno che oscillare tra miseria e redenzione.» Comunque non era male perchè : «Il film nasce dall'idea che l'avventura del passaggio del tempo nella vita di un individuo è qualcosa di epico, qualcosa di maestoso, di selvaggio, di doloroso e meraviglioso.»(Paolo Sorrentino) e riesce anche se fra alti e bassi , tra ampollossità e prolissità ad evidenziarlo . Un buon film . Ma troppo pesante . Infatti Il film inizialmente si sarebbe dovuto intitolare come il romanzo che aveva scritto Jep Gambardella ne La grande bellezza, L'apparato umano, perché la vita di Parthenope, a detta di Sorrentino, «è costellata da una miriade di incontri di varia natura: familiare, sentimentale, sessuale, professionale o a volte paterna senza che la figura di riferimento fosse il padre. E questa costellazione di esseri umani che attraversavano la vita di Parthenope volevano essere una rappresentazione di molte anime della città, non di tutte ovviamente, talmente tante da rappresentare un apparato di un'umanità napoletana». Il regista ha anche dichiarato di aver abbandonato l'idea in quanto trovava «orribile» citare se stesso.Ma è come se lo avesse fatto . voto 6.5non esiste la storia muta . per quanto le diano fuoco . per quanto la frantumini , per quanto la falsifichino , la storia umana si rifiuta di tacere
Eduardo Galeano
per chi volesse farsi un ulteriore idea ecco alcune delle recensioni ottenute
basta non guardarlo, al consumatore è rimasto questo potere ... a giudicare dalla foto, le stoffe, la copertina del bimbo... anche i costumi sono di qualità "verosimile" :) ... non merita, si presenta come polpettone/soap
nel finale visto lo svilupparsi e svolgersi della trama \ vicenda

da cinematographe.it)![]() |
| idem |
dopo a morte di Maurizio Fercioni ( foto sotto a centro ) , fondatore del Teatro Parenti a Milano e primo tatuatore d’Italia Gia...