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1.12.23

diario di bordo n 22 anno I . oriente ed occidente , fede , femminismo

  <<    al di là delle faglie che hanno prodotto profonde fratture nell’occidente, è possibile un futuro multipolare di “convivenza tra identità diverse”, come auspica Daniele Segre? O “nessun nuovo ordine oggi è possibile”, come conclude pessimisticamente Lucio Caracciolo ?  >> .   secondo me    ancora  risposta non  c'è  .  Almeno     finche  si  continuerà    con questa   ormai  anacronistrica   contrapposizione   fra    oriente   ed  occidente   . Quindi   la     domanda  che   viene  spontanea  dopo   la  lettura     di  quest  articolo      su il Fatto Quotidiano  del  30\11\2023   


.QUANDO I BARBARI. .ERANO ALL’OVEST.

“Buoni” e “cattivi” I conflitti tra Greci e Persiani sono il fondamento narrativo della superiorità occidentale


Oriente e Occidente sono poli opposti nel mondo globale, ma stranamente anche l’america si autodefinisce Occidente e considera l’asia Estremo Oriente. Da dove si è originata tale polarizzazione unidirezionale? Gli Assiri per primi introdussero la distinzione tra Ereb o Irib, terra del sole che 

scompare dall’orizzonte, e Asia, Asu, “terra del sole che nasce”. Ma era solo un’indicazione di labili confini, non di reali frontiere in un continente che non aveva separazioni naturali. Anche il testo biblico dei Salmi (103, 12.20) si limitava a indicare la vastità del mondo da Oriente a
Occidente come paradigma simbolico dell’immensa misericordia divina. Sono stati per primi i Greci e lo storico Erodoto, in particolare, a chiedersi che cosa divideva l’europa, la terra d’occidente, dai popoli selvaggi e servili dell’est e a inaugurare tale visione asimmetrica e monocentrica con un asse portante privilegiato. La storia millenaria del mondo che noi ci rappresentiamo è stata segnata fin dall’origine dallo scontro di civiltà tra Greci e barbari che ha visto l’occidente rivendicare la sua superiorità sull’oriente. Una superiorità attribuita alla costituzione politica, all’ordine, all’intelligenza, contro l’autocrazia, il disordine e il caos informe dell’‘altro’. La storia dello scontro ideologico tra due sistemi di valori è cominciata e si è snodata sulle rive dell’ellesponto dalla guerra di Troia alle guerre persiane, rappresentate per la prima volta nella tragedia I Persiani di Eschilo. Ed è continuata come perpetua inimicizia nei secoli fino al trionfo di Alessandro e ancora dopo nello scontro che perdura tuttora tra mondo ebraico-cristiano e mondo islamico. Ma la sconfitta di Serse, presentata come vittoria della democrazia contro l’autocrazia, rivelava una lettura pregiudiziale dell’altro. Gli imperatori persiani, tra cui Ciro il grande, rappresentato anche nella Bibbia come liberatore degli Ebrei e tollerante nei confronti dei popoli vinti, e il popolo persiano non potevano essere solo autocrati dominatori su una massa amorfa di schiavi. Le fonti restituite, comprese le iscrizioni, l’arte e le recenti scoperte archeologiche in Iran dello studioso Lloyd Llewellyn-jones potranno aiutare la ricerca della verità e dar corpo a un’autentica “versione persiana” di questo straordinario primo impero dell’antichità.

Allargando lo sguardo alla vastità dell’oriente, le coordinate si perdono e la cultura greca, presentata nel corso dell’ottocento come “un miracolo”, non appare più come un unicum. Certamente la filosofia greca diede un contributo importante allo sviluppo del Logos nella storia occidentale, ma che cosa la distingue dalla saggezza orientale? Gli stessi filosofi greci si riconoscevano debitori di una civiltà millenaria più antica. Si può parlare allora di “comune lascito dell’“età assiale” o di “miracolo greco”? Di età assiale ha parlato per primo nel 1949 Karl Jaspers e da qualche decennio se ne discute: un arco di tempo che va dall’800 al 200 a.c., in cui sono sorte contemporaneamente diverse tradizioni religiose e filosofiche: in Cina con Confucio, in India con Buddha, in Iran con Zaratustra, nel contesto ebraico con Geremia, Isaia ed Elia, per non parlare dei greci. Perciò in questo quadro sfaccettato anche la storia non appare diretta linearmente, ma sembra ruotare intorno al medesimo asse. Accanto alla discussione sulla filosofia greca si possono quindi considerare aspetti di questa saggezza orientale, entrata tangenzialmente in Occidente, come gli editti del principe indiano Ashoka, scritti in pracrito, aramaico e greco, ritrovati incisi su pilastri, massi e caverne in Afghanistan, Bangladesh, India, Nepal e Pakistan, precetti ispirati al buddismo. O il manuale sull’arte della guerra o meglio del conflitto di Sunzi, un classico di strategia militare, la più importante opera dell’antichità cinese, che è anche uno dei più raffinati e influenti manuali di strategia politica e sociale, di attualità sconcertante. Ma per lo più quel mondo del “sole che sorge” restava avvolto nella leggenda, alimentando il mito o il pregiudizio dell’autoctonia della città simbolo della Grecia: Atene; un modo per autocelebrarsi e rafforzare la contrapposizione tra se stessi e i barbaroi. E la barbarie era soprattutto rappresentata nell’ethos tragico delle donne, che si manifesta in alcune tragedie di Eschilo e di Euripide.

Ma nella rappresentazione dell’altro come barbaro, forma onomatopeica che mima la balbuzie, c’è una certa arroganza che trascura millenni di civiltà orientale, come quella indiana e cinese, coltivata senza ambizioni di espansione militare. Un mondo che resterà lontano e si aprirà lentamente allo sguardo dell’occidente soprattutto attraverso le vie del commercio di un prodotto raffinatissimo e prezioso come la seta, veicolo di incontri di culture. Un reale incontro tra culture fu invece il risultato del sogno ambizioso di Alessandro Magno, il sogno di unire Oriente e Occidente, risolto rapidamente col taglio del nodo di Gordio, ma diventato realtà duratura soprattutto con la nascita della cultura ellenistica in cui la lingua greca, divenuta koiné, veicolò le varie culture del vicino Oriente. La nuova città Alessandria in Egitto e la sua Biblioteca furono al centro di incontri, ma anche di scontri tra culture e religioni dell’oriente. Fu in quei luoghi che iniziò la traduzione in greco dell’antico Testamento scritto in ebraico, che divenne nota come “Bibbia dei Settanta”; ma Alessandria fu anche teatro del primo pogrom della storia, testimoniato con parole toccanti dall’ebreo Filone. E in Alessandria si consumò il femminicidio di Ipazia, vittima del fanatismo e dell’invidia, di cui ha ricostruito “la vera storia” Silvia Ronchey. Ma le categorie di Oriente e Occidente sono diventate sempre più vaghe e ambivalenti da quando una religione d’oriente come quella cristiana è diventata valore identitario in Occidente. Scontro o incontro? “Che cos’hanno in comune Atene e Gerusalemme?”: a questa domanda provocatoria di Tertulliano risponderanno il cardinale Gianfranco Ravasi e Ivano Dionigi sabato al teatro Carignano nel corso del festival di Torino. La religione cristiana, assimilando anche la cultura greco-romana, si impose in Occidente con Costantino che spostò la capitale dell’impero romano a Costantinopoli, su quelle rive dell’ellesponto che costituivano l’avamposto dell’oriente. E lì, dopo Teodosio e la divisione dell’impero di Roma, si affermò quell’impero romano che sarebbe sopravvissuto mille anni di più dell’impero romano d’occidente. E che avrebbe mantenuto quella raffinata cultura greco-romana, che in Occidente si era perduta e trasformata nei regni romano-germanici fino alla nascita del Sacro romano impero carolingio. Maometto e Carlo Magno era il titolo del libro di Pirenne dedicato alla storia del primo incontro/scontro tra Islam e Impero carolingio. Quell’incontro ebbe momenti di pacifica convivenza, produttiva di risultati culturali importanti, come il ritorno in Occidente del pensiero di Aristotele mediato dalla cultura araba, ma col tempo ripropose il cliché dello scontro di civiltà iniziato con le Crociate. Uno scontro che riuscì anche a rimescolare le carte nei rapporti tra Oriente e Occidente, come quando la quarta crociata, promossa dalla piccola nobiltà franca e da Venezia, fece apparire i crociati come veri barbari agli occhi della coltissima principessa bizantina Anna Comnena. Al punto che si poté dire in seguito, a proposito della successiva caduta di Costantinopoli a opera dei Turchi ottomani: “Meglio il turbante turco che la tiara latina”. Un vero capovolgimento dell’immagine tradizionale dell’oriente e dell’occidente, due categorie ambigue e ambivalenti che riflettono le faglie dell’europa, su cui si interrogheranno nel festival anche politologi e analisti, affrontando il “tema della “deriva dell’occidente”, la prospettiva di “una tempesta perfetta” nello scontro bipolare o quella di “un futuro asiatico”. Ma, al di là delle faglie che hanno prodotto profonde fratture nell’occidente, è possibile un futuro multipolare di “convivenza tra identità diverse”, come auspica Daniele Segre? O “nessun nuovo ordine oggi è possibile”, come conclude pessimisticamente Lucio Caracciolo?


è  arriveremo mai  a  ciò    a  

traduzione  in italiano  di Immagine  di J.lennon  


  proprio la canzone   di Lennon mi      riporta  alla mente una  discussione   avuta   con  un amica   femminista  su  film  Il film, intitolato Il Vangelo secondo Maria, prende spunto dall'omonimo testo di Barbara Alberti, in  cui   secondo  IL  GIORNALE    mi pare  di  martedi  o  mercoledi  : << Sarà una Maria di Nazareth "pagana, ladra, selvaggia e femminista", come la descrive l'Ansa, quella che verrà proiettata al Torino film festival. Una Madonna che non è per niente felice del progetto che Dio ha per Lei e che, quasi provocatoriamente, Gli chiede: "Perché proprio a me?". Come se non volesse accogliere in Sé il Figlio di Dio. Come se quella gravidanza fosse un peso e non un dono per l'umanità intera. Il film, intitolato Il Vangelo secondo Maria, prende spunto dall'omonimo testo di Barbara Alberti, la quale, intervistata dall'Ansa, afferma: "Ho scritto questo libro nel 1979 al solo scopo di far sorridere la Madonna. Viene sempre rappresentata come una serva assoluta che per destino dovrà solo piangere e partorire senza conoscere uomo. Insomma, l'indicazione che veniva data alle donne era piangere. Credo che noi donne possiamo essere qualcosa di più di una figurina del dolore". [...]>>.   

  IO 

da Una Maria di Nazareth pagana, selvaggia e femminista: ecco il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca (unionesarda.it del 26\11\2023 )

Una Maria di Nazareth pagana, selvaggia e femminista: ecco il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca

Ad interpretarla Benedetta Porcaroli: Alessandro Gassman sarà Giuseppe
Una foto di scena del film \"Vangelo secondo Maria\" di Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann (foto Ansa)
Una foto di scena del film "Vangelo secondo Maria" di Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann (foto Ansa)



Piomba sul Torino Film Festival una Maria di Nazareth mai vista prima, pagana, ladra, selvaggia e femminista e soprattutto una donna che non è affatto contenta del suo destino e non manca a dire a Dio in persona: «Perché proprio a me?».
È “Vangelo secondo Maria”, il nuovo film del regista cagliaritano Paolo Zucca con Benedetta Porcaroli e Alessandro Gassmann, tratto dall'omonimo romanzo di Barbara Alberti, che lo ha anche sceneggiato assieme a Paolo Zucca e ad Amedeo Pagani. «Ho scritto questo libro nel 1979 al solo scopo di far sorridere la Madonna. Viene sempre rappresentata come una serva assoluta che per destino dovrà solo piangere e partorire senza conoscere uomo. Insomma, l'indicazione che veniva data alle donne era piangere. Credo che noi donne possiamo essere qualcosa di più di una figurina del dolore», spiega oggi Barbara Alberti.Il film Sky Original, prodotto da La Luna, Indigo Film, Vision Distribution, mette in campo una Maria ragazzina a Nazareth dove tutto le è proibito, anche imparare a leggere e scrivere, un vero inferno per lei che sogna di scappare quanto prima su un asino come fanno i profeti per andare alla scoperta del mondo. Dopo aver messo a tappeto ogni pretendente trova in Giuseppe (Alessandro Gassmann) un maestro di saggezza, ma il loro matrimonio è casto, mentre lui segretamente la istruisce, preparandola alla fuga. Ma ecco un ostacolo imprevisto: Maria e Giuseppe si innamorano. Stanno per abbandonarsi alla passione, quando l'angelo dell'annunciazione rovina tutto. [...] 
io  in verde    lei  in bianco  


cerco l'originale e poi ne faccio una mia interpretazione . Per il femminismo io distinguo tra femminismo conservatore e femminismo progressista \ pluraree . Ciò no vuole dire che il patriacato non esiste anzi esiste sotto nuove forme Come dice Nando della chiesa su il Fatto Quotidiano d'oggi


Dopo le manifestazioni per Giulia di sabato scorso vale la pena continuare a riflettere su quanto è accaduto. Perché una causa cruciale è certo il patriarcato. Ma ce ne sono anche altre, che la travalicano.Vissi con ammirazione e i dovuti sensi di colpa la rivoluzione femminista, che entrò nella mia giovane casa con dolcezza pari all’intransigenza. Il mondo “progressista” la fece formalmente sua. Ma negli anni Ottanta accadde una cosa che doveva pur allarmare. I settimanali impegnati e progressisti iniziarono a fare a gara a mettere in copertina donne nude, provocanti, ammiccanti, con ogni pretesto. In alcune riunioni di redazione si chiedeva addirittura, come fosse l’asso da poker, “ma abbiamo la f… in copertina?”. Rientrò così dalla finestra la donna-oggetto. Perché “vendeva”. Il fatto non apparve grave ma piuttosto “libertario”. Erano stati o no quei settimanali in prima fila per i diritti della donna, a partire dal divorzio? Con quell’alibi, e la concorrenza delle tivù commerciali appena nate, tornò in forma nuova il vecchio mondo, che l’ingresso delle donne in alcune carriere rendeva meno visibile. Al punto che con Gianni Barbacetto pubblicammo nel 1988 un numero speciale del mensile Società Civile (“Sbatti il nudo in prima pagina”) per denunciare quanto accadeva, ripubblicando pagine e pagine di quelle copertine. Pura testimonianza.PERCHÉ L’ONDATA politico-ideologica successiva restituì piena dignità a quel mondo. Non era solo patriarcato. Era qualcosa di diverso. E il nostro Parlamento nato dalla Costituzione più bella del mondo ne fu invaso. “La Lega ce l’ ha duro” di Bossi alla senatrice Boniver, il “taci gallina” in aula alla senatrice Acciarini, gli insulti irriferibili del suo schieramento alla ministra Prestigiacomo proprio sui diritti. E le ironie su Rosy Bindi “più bella che intelligente”. E le alleanze internazionali nutrite dalla offerta di grazie femminili ai potenti in visita in Italia, come neanche le schiave nell’iliade. Non persone, appunto, ma oggetti. Da anni la donna fa notizia solo se vittima di stupro (quanto siamo indignati) o se sale ai vertici di qualcosa (quanto siamo civili). Le sue fatiche più nobili e dure, la sua stessa storia civile viene ignorata. Decine di migliaia di insegnanti hanno tenuto in piedi non la scuola ma anche le istituzioni nei periodi più duri della storia nazionale, da Palermo a Milano, e non glielo ha mai riconosciuto nessuno.I girotondi dei primi anni duemila furono inventati e alimentati soprattutto da donne ma sono stati raccontati al maschile. Le donne sono da quarant’anni la spina dorsale del movimento antimafia ma, non solo per l’immagine incombente dei grandi eroi, la narrazione che se ne fa le tiene accuratamente sullo sfondo, salve alcune familiari di vittime. La sinistra ha eletto a cuore della sua battaglia per i diritti l’“orientamento sessuale”, quando la questione delle questioni era d ra m m at i c a m e n t e l’“appartenenza di genere”, ossia l’altra metà del cielo. Come una Maria Antonietta repubblicana che sventoli le brioches (il “politicamente corretto”) quando il popolo non ha il pane. Spesso facendo dei celebri asterischi il simulacro della modernità. Incapace di vedere che mentre il numero degli omicidi scendeva a precipizio aumentava invece quello dei femminicidi, quasi che la società avesse gradualmente ma implacabilmente selezionato il bersaglio del suo potenziale di violenza. Non la violenza di una pistola, si badi; ma quella più efferata del coltello, del bastone o dello strangolamento (“Ma lei sa quanto ci vuole per strangolare una persona?”, chiese una volta un collaboratore di giustizia al giudice che lo interrogava).emblematica fu la vicenda di Lea Garofalo. Uccisa, fatta a pezzi, bruciata, sotterramento delle ossa in campagna. Per avere tradito lo speciale patriarcato mafioso, fuggendo con la figlia Denise a cui voleva dare un futuro libero. Ci vollero anni perché il suo processo trovasse ascolto. Quando arrivò il cronista di un grande quotidiano in aula e mi chiese di che cosa si trattasse, avendolo saputo mi rispose “Ah, una mafiata”. Alzò le spalle e se ne andò.Oggi decine di donne del sud sono sotto protezione, in luoghi lontani, addirittura con nome diverso, per la stessa ragione. Non è forse un grande problema sociale? Il fatto è che dietro Giulia c’è un mondo immenso fatto anche della nostra ipocrisia, del nostro narcisismo politico, della irresponsabilità delle istituzioni. Un mondo fatto della nostra indolenza, perché “accorrere a un grido” chiede corsa, ossia fatica. Per questo nel 2007 Marianna Manduca fu uccisa a Palagonia dopo avere denunciato l’ex marito dodici (12!) volte. C’è, se possibile, qualcosa di più grande del patriarcato. La mattanza ha molti padri. E anche qualche madre.


Io sono per un femminismo plurale ed aperto Il femminismo almeno quello vecchio stile non è legato al passato mi ero spiegasto male . Però è poco attento ai cambiamenti . Maschio in crisi d'identità ed assueffatto ( salvo alcuni ) alla cultura della donna oggetto vedere articolo di Dalla chiesa Infatti vede solo ( tranne poche ) il femminicidio come frutto \ derivazione del patriarcato , almeno da discorsi che ho sentito ., e non come una sua crisi . Non tiene in considerazione che cin sono anche uomini chge lottano , soffrono ed hanno bisogno d'aiuto per liberarsi di tali cose . ed li esclude Ok sei contro la fecondazione eterologa ed gravidanza per gli altri ( cosa diversa dall'abberrante pratica dell'utero in affitto ) ma manch di rispetto e insulti chi la fa . Io ho sentito ed letto , magari come ti ho già detto mi sto avvicinando a tali tematiche , che si critica solo gli uomini che fi fanno ricorso mentre se sono due donne viene accettatao assa in secondo piano . si considera una donna che sceglie d'essere oggetto la si attacca . vedi  questa  discussione





 qua  per  i commenti  che   essa   ha  suscitato   .  Io   la penso come pina e con aldo . ma visto il post di maria ho seri dubbi e credo che la rimetterò in discussione. Ma  soprattutto  provare   a dialogare   fra   I membri del Cum  (  centri uomini maltrattati )  e  concordare un'azione comune con i centri antiviolenza sulle donne  delle iniziative  contro la  violeza  di genere   e una maggiore apertura al dialogo e l'adozione di punti di vista alternativi capaci di relativizzare la contraddizione esistente fra i due sessi in un'ottica di mutua comprensione. 

29.10.21

riflessioni a tiepido sulla cassazione del decretto zan

 in sottofondo 
Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa - L'amore merita - Testo


 di cosa  stiamo parlando


Inizialmente     avevo lasciato   nel mare  di Facebook       queste  mie    considerazioni    

di  che  ci si stupisce   per  l'affossamento del  decreto #zan  l'italia   è  un  paese    dove  l'#omosessualità  viene  considerato  un #vizio  .  Anziché  con  una  semplice   forma  d' #amore  che merita  .

Ma poi  dopo : 1)  aver  riascoltato  con il testo    la  colonna  sonora     del post   d'oggi l'amore  merita.  Disco d'oro nel 2016 e brano contenuto nel loro primo album “4” uscito il 20 ottobre 2017..

 
2)   


Ieri sera, a “Che tempo che fa”, in poche e semplici parole comprensibili , Piero Angela ha smentito una volta per tutte la bufala dell’omosessualità contronatura.
"Oggi finalmente le coppie omosessuali hanno potuto trovare una liberazione da una repressione terribile” ha esordito.
“Spesso viene vista l’omosessualità come un rapporto fisico, contronatura. In realtà, le coppie omosessuali fanno esattamente lo stesso percorso. Attrazione, innamoramento, gelosia, tradimento, vita di coppia, i figli. Hanno sentimenti, amori, passioni. Esattamente come le coppie eterosessuali. Questo bisogna capirlo bene, perché altrimenti non si capisce questa necessità di esprimersi che hanno e che finalmente hanno conquistato”.
La lucidità, la saggezza, la cultura di questo ragazzino di 92 anni sono commoventi. Clonatelo.
3) queste riflessioni di
Riflessioni a tiepido sul DDL Zan
Riassunto dei concetti principali (per chi non ha tempo di leggere tutto, mi faccio delle domande e mi do delle risposte) 1) Perché era importante avere questa legge? Perché le leggi servono ad avere strumenti di difesa, ma anche e soprattutto, perché possono aiutare a vedere, nominare, riconoscere un fenomeno, e quindi a facilitare il cambiamento culturale. 2) Perché era importante averla nella forma, che tanto ha fatto discutere, in cui si tengono insieme diverse soggettività? Perché rendeva evidente come l’ordine di genere e il patriarcato abbiano una matrice comune. 3) Perché l’aver inserito nel ddl l’identità di genere ha coagulato il dissenso di tuttə ed è stata strumentalizzata da tantə per far fallire la legge? Perché è un concetto rivoluzionario a livello personale, politico e sociale. 4) Perché quando c’è qualcosa di così importante per cui unirsi e combattere ci si divide e si perde? Domanda sbagliata. Perché siamo ancora tuttə fascisti? Domanda giusta, la risposta si trova nel libro di Francesco Filippi che è consigliato leggere. 5) Perché è un’occasione persa, ma, seppur simbolica, è solo una battaglia? Perché è in atto una rivoluzione, inarrestabile.


Serve una legge? Tendenzialmente sarei sempre portata a rispondere di no. Lo ripeto in ogni occasione: è l’educazione culturale quella che serve. Tuttavia, come ha mostrato il caso Mac Kinnon, sappiamo ormai molto bene che una legge può servire a una rivoluzione culturale. Era il 1986 quando la Corte Suprema accolse finalmente la proposta della giurista femminista Catharine Mac Kinnon sulle le molestie sessuali sul lavoro come forma di discriminazione sessuale. Una ricerca condotta nel 1997, quindi dieci anni dopo, rilevò che il 95% delle aziende Usa aveva istituito procedure interne per la denuncia, l’accoglimento o l’ascolto e il 75% aveva introdotto programmi di formazione per spiegare i comportamenti vietati dalla legge. La precedente interdizione di comportamenti discriminatori non riusciva a vedere la discriminazione di genere fino a quando non è stata nominata.
Perché è importante avere una legge di questo tipo, quindi? Partiamo dall’analisi di alcuni dati. Senza produrre sofisticate elaborazioni, la meticolosa raccolta di dati e di informazioni contenuta nel sito
Omofobia.org
converge fondamentalmente verso una principale interpretazione: gli attacchi omotransfobici hanno una precisa e rintracciabile variabilità socio-storica-culturale. Ripercorrendo i dati in modo molto sintetico spicca che: negli ultimi anni sono diminuiti i suicidi, i luoghi pubblici sono gli spazi privilegiati per gli attacchi e la violenza aumenta quando si alimenta un più generale clima di odio.
Più nello specifico, tra il 17 maggio 2020 e il 17 maggio 2021 “solo” le aggressioni denunciate alle Forze dell’ordine (quindi per fatti penalmente rilevanti, in assenza di una specifica legge contro l’omolesbobitransfobia) sono state almeno 190 – da questi dati quindi rimangono fuori tutti i fatti non denunciati corrispondenti a 138 episodi; detto in altri termini si tratta di tre episodi ogni settimana o anche una vittima ogni due giorni.
Se si guardano gli andamenti storici si può notare che nelle estati del 2018 e 2019, le estati delle campagne di odio dei governi giallo-verdi, si registrano dei “picchi” che hanno portato a un tendenziale aumento medio (Un ipotesi potrebbe essere che lo sdoganamento della violenza produce effetti di lungo periodo?) e al ritorno di violenza omicida, che negli anni passati sembrava essere diminuita.
L’analisi più dettagliata mostra anche che è aumentato il numero di vittime di episodi non aggressivi e che è diminuito il numero dei suicidi. Sia il primo dato - denunciare anche fatti diversi dalla violenza fisica, una tendenza che risulta in crescita dal 2017, anno dell’avvio delle unioni civili - sia il secondo - il decremento del numero dei suicidi - suggeriscono che il lavoro culturale fatto in questi anni dalla comunità LGBTQI+ ha prodotto degli effetti reali. Perché il fatto che il ddl coinvolgesse anche l’identità di genere ha raccolto il dissenso di tuttə, dalla destra Dio Patria e Famiglia, a frange storiche del movimento LGBT, fino ad arrivare addirittura ad alcune soggettività appartenenti all’ampio e variegato movimento femminista o degli studi di genere? La mia ipotesi è che le identità conquistate con lotte e faticosi processi di riconoscimento siano ancoraggi difficili da lasciare andare. Se, come hanno spiegato alcuni grandi sociologi, tra gli effetti della stigmatizzazione c’è anche la soggettivazione – semplificando, l’istituzione del soggetto - e l’inversione dello stigma - il processo attraverso il quale una determinata identità fino a quel momento nascosta, o fonte di vergogna, si assume e indossa con orgoglio- è possibile che chi ha tanto faticato per divenire soggetto e rivendicare con orgoglio l’etichetta o lo stigma che ha accompagnato il proprio percorso identitario faccia poi fatica a liberarsene? Sì, ma non c’è solo questo, il genere è un sostegno identitario che per alcune categorie o in alcune fasi diventa anche rifugio, poiché, appreso in modo precoce attraverso la socializzazione, diventa così parte delle fondamenta del sé da far temere gli sconfinamenti o la fluidità dei confini. È questa paura che riesce ad intercettare il movimento Dio Patria Famiglia, richiamando – interessante qui sarebbe usare “facendo reagire” per enfatizzare la relazione con il concetto di “reazionario” - anche altri dispositivi che albergano dentro di noi (per una comprensione articolata di questo fenomeno si devono leggere gli scritti di Massimo Prearo, altrimenti su questo ultimo punto basta anche leggere il libro di Francesco Filippi “Ma perché siamo ancora fascisti?”).Il fatto che l’ordine di genere sia alla base della struttura sociale - e per questo sia importante decostruirlo e disvelarlo - è testimoniato anche dal fatto che oggi in quello che è il più diffuso manuale di sociologia le teorie femministe e queer sono annoverate tra le principali teorie sociologiche (insieme al funzionalismo, al conflitto, all’interazionismo simbolico, per capirci) e che, nel medesimo testo, la disuguaglianza sia affrontata in chiave intersezionale. In questo momento intere coorti di studenti di sociologia stanno formandosi con queste chiavi interpretative. A livello di esperienza personale posso dire che da quando abbiamo ottenuto l’insegnamento di “introduzione agli studi di genere” ogni anno le iscrizioni di studenti che lo scelgono sono aumentate a livello esponenziale; sono studenti provenienti da servizio sociale, giurisprudenza, psicologia, filosofia, scienze dell’educazione e formazione primaria. Quest’anno le tesi che ho seguito sui temi inerenti l'ordine di genere sono state 19. Nel giro di qualche anno questa generazione di studenti sarà attiva nella società. Concludo con un aneddoto. Questo semestre nella prima lezione del corso di sociologia, svolto purtroppo ancora di dad, un ragazzo ha chiesto la parola alzando la mano. Io per dargliela l’ho appellato con il nome femminile che risultava dal suo account. Lui ha acceso la telecamera e davanti a 236 persone connesse ha detto di chiamarsi in un altro modo, con un nome maschile che non risultava perché che era in attesa del riconoscimento della carriera alias. Io mi sono disperata per il mio errore, ma lui mi ha detto che non c’era problema, intanto era stata un’occasione per dirlo. A quel punto altre persone hanno acceso la telecamera e, dopo aver espresso l’ammirazione per il suo gesto, si sono dichiarate non binarie. Il primo giorno di corso, il primo semestre del primo anno, davanti a centinaia di sconosciutə. [...] mi pare chiaro che cosa succederà nei prossimi anni, anzi ciò che già sta accadendo.

Infatti mentre finisco di fare copia ed incola del post di Luisa Sagi leggo queste due bellissime notizie



In 10.000 sono scesi in piazza, torce in mano, per il Ddl Zan, per urlare la propria rabbia, per i diritti di tutte e tutti, nessuno escluso.



Un popolo c’è
La più bella risposta possibile, partecipata, pacifica, di piazza, popolare senza essere populista, allo scempio a cui abbiamo assistito ieri in Parlamento. Questa è l’Italia che vogliamo vedere, e prima o dopo sarà degnamente rappresentata anche dove davvero conta. È solo questione di tempo.


Ddl Zan, Elio Vito (FI): "Governo on può essere neutrale, intervenga Draghi con un decreto"
Elio Vito, deputato di Forza Italia (ansa)
L'ex ministro dei Rapporti con il Parlamento si è dimesso da tutti gli incarichi in Forza Italia perchè contesta la linea seguita dal partito: "Tradita la vocazione europeista". "Il premier può estendere la legge Mancino ai reati d'odio a sfondo sessuale e di genere"

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...