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10.7.22

La bambina che ci ha cambiato la vita - di Silvia Nucini



Il perimetro di ciò che è #famiglia è fatto da una linea invisibile che smargina dalle Leggi e smentisce i teoremi delle convenzioni sociali; la geometria euclidea non può dimostrare perché la retta che parte dal piccolo braccio teso di Antonella e arriva fino a Paolo, fa di Paolo un padre. Ma è così.Infatti purtroppo , anche se sempre di meno ma forti dal punto di vista di pressione poolitica , visto che le coppie omogenitoriali o agiscoo sul filo della legalità o sfruttando le maglie che i garbugli legislativi e burocrastici offrono , oppure vanno all'estero . Ed è questa la bellezza ed la particolarita della storia emozoioante di Paolo Pedemonte, Marco Valota e Antonella, raccontata da Silvia Nucini (  autrice nel 2010  del  libro “È la vita che sceglie”, edito da Mondadori  ) per #AltreStorie ovvero La Newsletter di Mario Calabresi


[...] Ma è così, e la spiegazione va cercata altrove. «Quando siamo entrati nella stanza, lei era seduta per terra a giocare, ha studiato me e Marco per un po’, e poi ha fatto quel gesto: voleva solo darmi il suo pennarello. Dentro di me, quello, è stato l’inizio di tutto».Paolo Pedemonte, Marco Valota e Antonella

La storia di Paolo Pedemonte, Marco Valota e Antonella è iniziata il 22 aprile, nemmeno tre mesi fa, quando – era un venerdì mattina, erano le nove – una delle assistenti sociali del Centro Affidi del Comune di Bergamo ha chiamato Marco per dirgli: «È arrivata, venite». Ma, come tutte le storie, era iniziata molto tempo prima, sotto forma di un desiderio.
«Stiamo insieme da sette anni e quasi subito ci siamo raccontati di un sogno che avevamo entrambi: diventare genitori», dice Marco. Continua Paolo: «Abbiamo preso in considerazione diverse ipotesi: la maternità surrogata (ndr, comunemente detta utero in affitto), senza giudicare chi la fa, non rientra nel nostro orizzonte etico. Andare all’estero per adottare era una possibilità. Ma poi ci siamo detti: siamo italiani, facciamo quello che ci permette la Legge italiana. Vediamo fino a dove possiamo arrivare. E così abbiamo cominciato a pensare all’affido. Veniamo entrambi dal mondo dell’associazionismo cattolico, l’idea di fare qualcosa di buono per gli altri è una parte importante delle nostre vite. L’affido ci è sembrato il modo giusto per mettere insieme la gratuità e il nostro egoismo».
Per molto tempo, però, Paolo e Marco non hanno fatto niente, indecisi sulla direzione giusta in cui muoversi, spaventati dalla possibilità di ricevere un no. «Un no che sarebbe stato un giudizio anche su chi siamo. Quindi, molto difficile da accettare». Poi, poco prima della pandemia Marco scrive una mail al Centro Affidi di Bergamo. Due ore dopo arriva la risposta: «Per noi va benissimo, basta che siate idonei, per noi non fa nessuna differenza. Magari sarà difficile, magari ci sarà un po’ di battaglia da fare, ma se voi ve la sentite, noi ci siamo per farla con voi».
Come sarebbe stata la strada, lì al centro non lo sapeva nessuno perché Paolo e Marco erano la prima coppia omogenitoriale della provincia di Bergamo a fare richiesta. Tanti altri come loro, scopriranno poi Paolo e Marco, avevano avuto paura di quel “no”. E invece una pandemia e una decina di colloqui con vari psicologi dopo, l’idoneità è arrivata. Nemmeno il tempo di festeggiarla, che una notizia ancora più bella l’ha superata: «Dieci giorni dopo essere diventati idonei al centro affidi ci hanno detto di prepararci che c’era bisogno di una famiglia affidataria per Antonella, una piccolina di dieci mesi».
L’incontro con la mamma di Antonella, una ragazza molto giovane, è stato uno snodo fondamentale del percorso e non solo perché lei ha dato il suo benestare. «È come se quella prima volta lei, con le sue parole, ci avesse detto: prendetela e abbiatene cura», ricorda Paolo. A quel primo incontro ne seguono e ne seguiranno molti altri: Antonella vede la mamma una volta la settimana. «È come se insieme ad Antonella avessimo in affidamento anche lei, è come se le stessimo dando un pochino più di tempo per attrezzarsi e diventare una brava mamma». Paolo chiama questi incontri tra Antonella e la madre i “bagni di realtà”: «I momenti in cui torno con i piedi per terra e mi ricordo che non è figlia mia. La prima volta che le ho viste insieme dopo sono stato molto scosso, sono crollato in preda ad emozioni che non sapevo nemmeno di avere dentro di me. Ma con il tempo mi sono reso conto che il legame viscerale c’è anche con la mamma di Antonella: mi sto abituando a questo amore condiviso».
La piccola Antonella

L’amore condiviso è qualcosa che l’arrivo della bambina ha generato e propagato nelle famiglie, tra gli amici e nei concittadini di Carobbio degli Angeli, dove Paolo e Marco vivono. «Abbiamo passato le prime due settimane dopo l’arrivo della bambina a commuoverci per quello che vedevamo succederci intorno: amici che arrivavano con le macchine cariche di scatoloni con giocattoli e vestitini divisi per taglie e stagioni, associazioni e parrocchie che ci hanno scritto chiedendoci come potevano aiutarci, persone sconosciute che ci mandavano biglietti di auguri e piccoli regalini», dice Marco.
«Una mia amica del liceo, che non vedevo da anni, mi ha spedito un passeggino. Il parroco del nostro paese è venuto a casa a conoscere Antonella e ci ha dato una mano per trovare un posto in un asilo nido», continua Paolo. «Io e Marco non siamo sposati, ma ci sentiamo da sempre famiglia al cento per cento. Non credevamo che anche gli altri ci vedessero così. Abbiamo scoperto una società più aperta e bella di quello che immaginavamo».
Per Paolo che si occupa di pubbliche relazioni e Marco che guida l’azienda di abbigliamento di famiglia, l’arrivo di una bambina così piccola è stato una specie di terremoto. «Abbiamo cambiato tutta la casa, e anche la vita. Siccome al nido andrà a settembre in questi mesi ci stiamo organizzando tra smart working, giornate che passa al lavoro con me e mia madre e altre in cui di lei si occupano tutti i nonni», racconta Marco. Paolo, che è un super appassionato di food, la sera si dedica alla preparazione delle pappe per il giorno successivo.
Antonella non parla ancora, ma tra poco lo farà. Paolo e Marco si sono chiesti che parole userà per loro. «Chi siamo noi? Papà? Zii? Nonni? Le psicologhe ci hanno detto che guiderà lei la scelta. Noi non le stiamo insegnando a chiamarci in nessun modo particolare. Probabilmente ascolterà i nostri nomi e li ripeterà, saremo Paolo e Marco. Se è importante il nome? No, non lo è. È importante che quando i nostri occhi si incrociano i suoi diventano contenti».
Quando Antonella è arrivata le assistenti sociali hanno detto alla coppia che la bambina si addormenta solo in braccio. «Ma io non ero disposto ad andare incontro a questo vizio», racconta Marco «così abbiamo trovato insieme, io e lei, il nostro metodo. Ci sdraiamo nel lettone, lei si mette sulla mia pancia e, mentre si addormenta, mi scivola accanto e io riesco a spostarla nel suo lettino». Paolo li guarda in silenzio «perché sono troppo belli».
Chiedersi quanto durerà è la domanda sbagliata, ma molto umana, che sta dietro ogni affido. Il tempo massimo è due anni, ripetibili fino a tre volte. Se Paolo e Marco hanno capito che quella è la loro strada è stato grazie ai racconti di altre famiglie affidatarie le cui storie, tutte diverse, dicono una cosa soltanto: che l’amore ha mille forme, infiniti intrecci, e nessuna data di scadenza.
«Ci siamo convinti che l’affido fosse un’esperienza meravigliosa la sera che abbiamo conosciuto una coppia di favolosi settantenni: girano sulla loro Harley-Davidson, sono pieni di tatuaggi e in casa hanno sempre una stanza pronta, un letto fatto per il “pronto intervento”. Significa che gli assistenti sociali li possono chiamare all’ultimo momento e dire: sta arrivando un bambino. Hanno già fatto otto affidi e sono disponibili per altri. Una lezione di vita incredibile», dice Paolo che pur nella convinzione totale della strada scelta, conserva un rimasuglio di amarezza. «Io e Marco siamo stati giudicati idonei come genitori affidatari. Idonei a fare un servizio allo Stato. Però di fronte all’eventualità dell’adozione, improvvisamente per la Legge non andiamo più bene. È strano no? Eppure, siamo sempre noi due, Paolo e Marco, proprio noi».

29.10.21

riflessioni a tiepido sulla cassazione del decretto zan

 in sottofondo 
Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro, Roberta Pompa - L'amore merita - Testo


 di cosa  stiamo parlando


Inizialmente     avevo lasciato   nel mare  di Facebook       queste  mie    considerazioni    

di  che  ci si stupisce   per  l'affossamento del  decreto #zan  l'italia   è  un  paese    dove  l'#omosessualità  viene  considerato  un #vizio  .  Anziché  con  una  semplice   forma  d' #amore  che merita  .

Ma poi  dopo : 1)  aver  riascoltato  con il testo    la  colonna  sonora     del post   d'oggi l'amore  merita.  Disco d'oro nel 2016 e brano contenuto nel loro primo album “4” uscito il 20 ottobre 2017..

 
2)   


Ieri sera, a “Che tempo che fa”, in poche e semplici parole comprensibili , Piero Angela ha smentito una volta per tutte la bufala dell’omosessualità contronatura.
"Oggi finalmente le coppie omosessuali hanno potuto trovare una liberazione da una repressione terribile” ha esordito.
“Spesso viene vista l’omosessualità come un rapporto fisico, contronatura. In realtà, le coppie omosessuali fanno esattamente lo stesso percorso. Attrazione, innamoramento, gelosia, tradimento, vita di coppia, i figli. Hanno sentimenti, amori, passioni. Esattamente come le coppie eterosessuali. Questo bisogna capirlo bene, perché altrimenti non si capisce questa necessità di esprimersi che hanno e che finalmente hanno conquistato”.
La lucidità, la saggezza, la cultura di questo ragazzino di 92 anni sono commoventi. Clonatelo.
3) queste riflessioni di
Riflessioni a tiepido sul DDL Zan
Riassunto dei concetti principali (per chi non ha tempo di leggere tutto, mi faccio delle domande e mi do delle risposte) 1) Perché era importante avere questa legge? Perché le leggi servono ad avere strumenti di difesa, ma anche e soprattutto, perché possono aiutare a vedere, nominare, riconoscere un fenomeno, e quindi a facilitare il cambiamento culturale. 2) Perché era importante averla nella forma, che tanto ha fatto discutere, in cui si tengono insieme diverse soggettività? Perché rendeva evidente come l’ordine di genere e il patriarcato abbiano una matrice comune. 3) Perché l’aver inserito nel ddl l’identità di genere ha coagulato il dissenso di tuttə ed è stata strumentalizzata da tantə per far fallire la legge? Perché è un concetto rivoluzionario a livello personale, politico e sociale. 4) Perché quando c’è qualcosa di così importante per cui unirsi e combattere ci si divide e si perde? Domanda sbagliata. Perché siamo ancora tuttə fascisti? Domanda giusta, la risposta si trova nel libro di Francesco Filippi che è consigliato leggere. 5) Perché è un’occasione persa, ma, seppur simbolica, è solo una battaglia? Perché è in atto una rivoluzione, inarrestabile.


Serve una legge? Tendenzialmente sarei sempre portata a rispondere di no. Lo ripeto in ogni occasione: è l’educazione culturale quella che serve. Tuttavia, come ha mostrato il caso Mac Kinnon, sappiamo ormai molto bene che una legge può servire a una rivoluzione culturale. Era il 1986 quando la Corte Suprema accolse finalmente la proposta della giurista femminista Catharine Mac Kinnon sulle le molestie sessuali sul lavoro come forma di discriminazione sessuale. Una ricerca condotta nel 1997, quindi dieci anni dopo, rilevò che il 95% delle aziende Usa aveva istituito procedure interne per la denuncia, l’accoglimento o l’ascolto e il 75% aveva introdotto programmi di formazione per spiegare i comportamenti vietati dalla legge. La precedente interdizione di comportamenti discriminatori non riusciva a vedere la discriminazione di genere fino a quando non è stata nominata.
Perché è importante avere una legge di questo tipo, quindi? Partiamo dall’analisi di alcuni dati. Senza produrre sofisticate elaborazioni, la meticolosa raccolta di dati e di informazioni contenuta nel sito
Omofobia.org
converge fondamentalmente verso una principale interpretazione: gli attacchi omotransfobici hanno una precisa e rintracciabile variabilità socio-storica-culturale. Ripercorrendo i dati in modo molto sintetico spicca che: negli ultimi anni sono diminuiti i suicidi, i luoghi pubblici sono gli spazi privilegiati per gli attacchi e la violenza aumenta quando si alimenta un più generale clima di odio.
Più nello specifico, tra il 17 maggio 2020 e il 17 maggio 2021 “solo” le aggressioni denunciate alle Forze dell’ordine (quindi per fatti penalmente rilevanti, in assenza di una specifica legge contro l’omolesbobitransfobia) sono state almeno 190 – da questi dati quindi rimangono fuori tutti i fatti non denunciati corrispondenti a 138 episodi; detto in altri termini si tratta di tre episodi ogni settimana o anche una vittima ogni due giorni.
Se si guardano gli andamenti storici si può notare che nelle estati del 2018 e 2019, le estati delle campagne di odio dei governi giallo-verdi, si registrano dei “picchi” che hanno portato a un tendenziale aumento medio (Un ipotesi potrebbe essere che lo sdoganamento della violenza produce effetti di lungo periodo?) e al ritorno di violenza omicida, che negli anni passati sembrava essere diminuita.
L’analisi più dettagliata mostra anche che è aumentato il numero di vittime di episodi non aggressivi e che è diminuito il numero dei suicidi. Sia il primo dato - denunciare anche fatti diversi dalla violenza fisica, una tendenza che risulta in crescita dal 2017, anno dell’avvio delle unioni civili - sia il secondo - il decremento del numero dei suicidi - suggeriscono che il lavoro culturale fatto in questi anni dalla comunità LGBTQI+ ha prodotto degli effetti reali. Perché il fatto che il ddl coinvolgesse anche l’identità di genere ha raccolto il dissenso di tuttə, dalla destra Dio Patria e Famiglia, a frange storiche del movimento LGBT, fino ad arrivare addirittura ad alcune soggettività appartenenti all’ampio e variegato movimento femminista o degli studi di genere? La mia ipotesi è che le identità conquistate con lotte e faticosi processi di riconoscimento siano ancoraggi difficili da lasciare andare. Se, come hanno spiegato alcuni grandi sociologi, tra gli effetti della stigmatizzazione c’è anche la soggettivazione – semplificando, l’istituzione del soggetto - e l’inversione dello stigma - il processo attraverso il quale una determinata identità fino a quel momento nascosta, o fonte di vergogna, si assume e indossa con orgoglio- è possibile che chi ha tanto faticato per divenire soggetto e rivendicare con orgoglio l’etichetta o lo stigma che ha accompagnato il proprio percorso identitario faccia poi fatica a liberarsene? Sì, ma non c’è solo questo, il genere è un sostegno identitario che per alcune categorie o in alcune fasi diventa anche rifugio, poiché, appreso in modo precoce attraverso la socializzazione, diventa così parte delle fondamenta del sé da far temere gli sconfinamenti o la fluidità dei confini. È questa paura che riesce ad intercettare il movimento Dio Patria Famiglia, richiamando – interessante qui sarebbe usare “facendo reagire” per enfatizzare la relazione con il concetto di “reazionario” - anche altri dispositivi che albergano dentro di noi (per una comprensione articolata di questo fenomeno si devono leggere gli scritti di Massimo Prearo, altrimenti su questo ultimo punto basta anche leggere il libro di Francesco Filippi “Ma perché siamo ancora fascisti?”).Il fatto che l’ordine di genere sia alla base della struttura sociale - e per questo sia importante decostruirlo e disvelarlo - è testimoniato anche dal fatto che oggi in quello che è il più diffuso manuale di sociologia le teorie femministe e queer sono annoverate tra le principali teorie sociologiche (insieme al funzionalismo, al conflitto, all’interazionismo simbolico, per capirci) e che, nel medesimo testo, la disuguaglianza sia affrontata in chiave intersezionale. In questo momento intere coorti di studenti di sociologia stanno formandosi con queste chiavi interpretative. A livello di esperienza personale posso dire che da quando abbiamo ottenuto l’insegnamento di “introduzione agli studi di genere” ogni anno le iscrizioni di studenti che lo scelgono sono aumentate a livello esponenziale; sono studenti provenienti da servizio sociale, giurisprudenza, psicologia, filosofia, scienze dell’educazione e formazione primaria. Quest’anno le tesi che ho seguito sui temi inerenti l'ordine di genere sono state 19. Nel giro di qualche anno questa generazione di studenti sarà attiva nella società. Concludo con un aneddoto. Questo semestre nella prima lezione del corso di sociologia, svolto purtroppo ancora di dad, un ragazzo ha chiesto la parola alzando la mano. Io per dargliela l’ho appellato con il nome femminile che risultava dal suo account. Lui ha acceso la telecamera e davanti a 236 persone connesse ha detto di chiamarsi in un altro modo, con un nome maschile che non risultava perché che era in attesa del riconoscimento della carriera alias. Io mi sono disperata per il mio errore, ma lui mi ha detto che non c’era problema, intanto era stata un’occasione per dirlo. A quel punto altre persone hanno acceso la telecamera e, dopo aver espresso l’ammirazione per il suo gesto, si sono dichiarate non binarie. Il primo giorno di corso, il primo semestre del primo anno, davanti a centinaia di sconosciutə. [...] mi pare chiaro che cosa succederà nei prossimi anni, anzi ciò che già sta accadendo.

Infatti mentre finisco di fare copia ed incola del post di Luisa Sagi leggo queste due bellissime notizie



In 10.000 sono scesi in piazza, torce in mano, per il Ddl Zan, per urlare la propria rabbia, per i diritti di tutte e tutti, nessuno escluso.



Un popolo c’è
La più bella risposta possibile, partecipata, pacifica, di piazza, popolare senza essere populista, allo scempio a cui abbiamo assistito ieri in Parlamento. Questa è l’Italia che vogliamo vedere, e prima o dopo sarà degnamente rappresentata anche dove davvero conta. È solo questione di tempo.


Ddl Zan, Elio Vito (FI): "Governo on può essere neutrale, intervenga Draghi con un decreto"
Elio Vito, deputato di Forza Italia (ansa)
L'ex ministro dei Rapporti con il Parlamento si è dimesso da tutti gli incarichi in Forza Italia perchè contesta la linea seguita dal partito: "Tradita la vocazione europeista". "Il premier può estendere la legge Mancino ai reati d'odio a sfondo sessuale e di genere"

11.6.21

ma come si fa a considera malato chi ama una persona dello stesso sesso soprattutto dopo storie etero ?


 Lo  so  che  non  so dovrebbe  fare  un titolo interrogativo ma  è  quello   che  mi chiedo    quando  sento  o leggo   storie  come    quella  di Marika (  non mi dilungo  troppo  perchè  conosciate le sue vicende   ne  abbiamo parlato anche  qui   sul blog )  dal corriere  della sera   d'oggi 

corriere della sera  del 11.6.2021



Ma    posso solo dire  dopo aver letto   l'articolo che  trovate  sotto che    e  riascoltato    la    canzone   di qualche anno fa  ( mi pare   del  2016    #LAMOREMERITA  che   tal  titolo    non è   uno slogan, un appello,  ma un' affermazione, una certezza, una speranza.



  Ognuno è libero di interpretare  l'amore   come meglio lo fa sentire, come meglio riesce ad esprimere il sentimento più vero, quello per eccellenza, quello di cui nessuno può fare a meno: L'AMORE appunto   . IO  dico solo che mi sono sempre ritenuto non mi sento assolutamente infastidito dal tuo orientamento sessuale, ma neanche un po' e mi dispiace che molte lì non lo capiscano.. , ma cosa credono di fare giudicandolo malattia ? " . IO  personalmente la sento addosso questa canzone anche se sono tendenzialmente etero e tante persone mi dicono che non e possibile l amore tra due persone dello stesso sesso io gli dico sempre che non e fatto di sesso e che quando l amore bussa alla porta del cuore tu devi aprire proprio come ha fatto la protagonista dell'articolo sotto riportato


Camilla: "A 50 anni mi sono innamorata per la prima volta di una donna"


Proprio quando aveva iniziato ad apprezzare la sua vita da single e a vivere il sesso con gli uomini in modo libero e non impegnativo, è arrivata Giulia. Tra le due nasce subito una forte attrazione che presto si trasforma in un sentimento d'amore. Ma quanto è comune cambiare il proprio orientamento sessuale dopo i cinquant'anni? "Oltrepassata una certa età ci si può sentire più libere da gabbie interiori e nella libertà si possono fare incontri straordinari", ci ha spiegato Maria Claudia Biscione, sessuologa e psicoterapeuta. "Prima si accetta che si può cambiare anche sotto quel punto di vista, prima si riuscirà ad amarsi e rispettarsi"



“Erano cinque anni che avevo scelto di chiudere il cuore. Non per sofferenza, né per stanchezza. Semplicemente mi ero presa una pausa dalle relazioni. Coscientemente. A 45 anni, uscita incredibilmente vittoriosa da una malattia che mi aveva bloccato a letto per tanti mesi, mi ero guardata allo specchio e mi ero promessa: 'Amati come non hai mai fatto'. E così è stato. Mi sono concessa tutto quello che fino a quel momento avevo sempre rimandato a dopo. 'La vita è adesso', mi ripetevo. E ne ero affamata. Viaggiavo spesso, facevo tanto sesso, ma di storie vere no, non ne volevo. Affettivamente ed emotivamente non volevo farmi coinvolgere. Avevo deciso di essere la protagonista del mio film e scrivere ogni scena, senza dover dar conto a nessuno. Mi bastavo. Ormai ero arrivata a 50 anni e io e la mia singletudine eravamo diventate grandi amiche. Ma come in tutte le migliori sceneggiature, un colpo di scena c’è sempre. E il mio aveva gli occhi verdi e grandi e mi osservava dall’altra parte del tavolo, durante una cena a casa di una cara amica. Uno sguardo bello, limpido, caldo come un abbraccio, che mi ha incuriosito e conquistato. Si chiama Giulia e, man mano che parliamo, sento una forte intesa, come non mi succedeva da tempo. Sono stupita e sgomenta: non avevo mai provato questo tipo di tensione emotiva verso una donna. Ci attraiamo come due calamite. Così, finito di mangiare, ci sediamo vicine sul divano: mi sembra di conoscerla da sempre. Poco dopo mi accorgo che lei sta flirtando con me, come farebbe un uomo. Anzi ci sta proprio provando: 'Sono lesbica, gli uomini non mi sono mai interessati. Tu sei mai stata con una donna?', mi domanda sorridendo. 'Mai', le rispondo. E poi aggiungo: 'Almeno fino ad ora'. Non mi dispiacciono le sue avance, anzi mi fanno star bene. Ovvio sono sorpresa e anche confusa, ma l’euforia è così forte che decido di godermi le sensazioni del momento. A fine serata ci scambiamo il numero di telefono. La mattina mi sveglio con un suo messaggio sul cellulare: 'Andiamo a pranzo assieme?'. Le dico sì. E poi continuo a dire di sì a ogni suo invito: a teatro, all’aperitivo, alla passeggiata in bicicletta, al giro in centro, alla cena a casa sua… Nell’arco di un mese diventiamo inseparabili. Mi conquista pian piano e io mi faccio condurre da lei, affidandomi come non mi accadeva da tempo. Quando per la prima volta mi bacia, sento che è il gesto più naturale del mondo e che lo desideravo tanto anche io. La nostra è una danza armoniosa, un gioco intrigante che ci porta dritte a letto assieme. E tra le sue braccia sento che non è solo curiosità, voglia di sperimentare, di cogliere un’occasione diversa, di far sesso in modo insolito: mi stavo innamorando di nuovo. Sì di una donna, per la prima volta in vita mia. Il mio cuore era tornato ad aprirsi, sentivo che ero disponibile ad amare ancora.Da allora non ci siamo più lasciate: stiamo assieme felicemente da tre anni e conviviamo da uno. Stare con lei è come essere arrivata finalmente a casa. La nostra storia e l’esperienza d’amore che sto vivendo è così nutriente, così piena, rispettosa e travolgente che la domanda che spesso mi fanno – 'Sei lesbica o no?' – io non me la pongo. L’unica cosa che penso è che sono stata veramente fortunata ad aver incontrato una persona meravigliosa come Giulia”.

Camilla, 53 anni di Torino


Quando il sentimento è inatteso: la parola all'esperta

Ritrovarsi a vivere una storia d’amore con un’altra donna dopo i 50 anni è più comune di quanto si possa sospettare. Anni fa la ricercatrice Christan Moran, della Southern Connecticut State University negli Stati Uniti, ha condotto uno studio a riguardo. Intervistando più di 200 donne etero, di cui 30 sposate con uomini, ha scoperto che molte di loro avevano provato un’attrazione per altre donne in età adulta. Per molte è una vera rivelazione, che porta un netto cambiamento nell’orientamento sessuale: le late-blooming lesbians o lesbiche tardive. Altre invece non voglio autodefinirsi e darsi etichette, perché si scoprono innamorate di una donna e solo di lei, così come è successo a Camilla. Per capire meglio questo fenomeno di fluidità sessuale femminile, che coinvolge donne che alle spalle hanno avuto matrimoni e relazioni sempre e solo etero, abbiamo dialogato con Maria Claudia Biscione, sessuologa e psicoterapeuta.

 

Perché dopo tante storie eterosessuali, alcune donne scelgono di vivere relazioni lesbiche?

“Semplicemente perché si innamorano o si sentono attratte da un'altra donna. Spesso è una scoperta completamente inaspettata, che non ha a che fare con lo svelamento di un diverso orientamento sessuale latente, ma con un'esperienza emotiva legata esclusivamente a quella persona e a nessun’altra. Molte ricerche scientifiche evidenziano, poi, come le donne siano più predisposte a una sessualità 'fluida' e cangiante, forse perché i ruoli sono meno rigidi, forse perché nel tempo la sessualità cambia, ma è un fatto che le relazioni tra donne aumentano sempre più”.

 

Quali sono i cambiamenti emotivi che si vivono?

“Dipende. Partirei dal presupposto che non c'è necessariamente che il prima fosse fatto di infelicità o di censura di desideri nascosti. Semplicemente può capitare che, improvvisamente, si vedono e sentono le cose in modo differente rispetto al passato. Tante e diverse sono le strade personali che portano ad approdare a scelte di questo genere. A volte sono percorsi di disillusione verso il maschile, in altri casi c'è chi si lascia alle spalle un passato da eterosessuale di grande appagamento ma semplicemente esaurito. Altre volte invece c'è una diversa natura da scoprire o, ancora, si 'inciampa' involontariamente in un sentimento inatteso. Quello che conta è la capacità di ascolto e la fiducia in sé stesse di saper cogliere una nuova occasione di benessere e felicità”.

Le preferenze sessuali possono cambiare con l’età o l’omosessualità è stata latente?

“Non è assolutamente detto che ci sia un'omosessualità latente. Spesso questa esperienza è nel 'qui e ora' di un incontro speciale e non è detto che sia né ripetibile né portatrice di un nuovo orientamento. Quello che cambia sicuramente è la maturità sessuale. Ci si trova con più esperienza ad affrontare le altre persone. C'è da una parte forse un maggior disincanto ma anche più coraggio e predisposizione a entrare in rapporto senza filtri, senza schemi preordinati. Maturando ci sta che cambino quindi le fantasie e le prospettive, anche nella sessualità. Insomma, a 50 anni ci si può sentire più libere da gabbie interiori e nella libertà si possono fare incontri straordinari!”.

 Alcuni studi legano questo cambio di orientamento sessuale in età adulta alla menopausa: può dipendere anche da questo?

“Ci sono ricerche che sostengono che si tratti di un adattamento evolutivo, in cui una volta terminata la capacità riproduttiva, il sesso del partner non è più così importante e ci si apra più facilmente a entrambi i sessi. A mio avviso in un'età più adulta vi è una maggiore consapevolezza e confidenza con sé stesse, con il proprio corpo, con la propria emotività, con i propri gusti e bisogni. Questo può dare la possibilità non solo di ritrovare passione e piacere, ma anche di sperimentare nuove vie e strade sconosciute e mai contemplate. Quindi, credo che, più che orientare la sessualità, la menopausa coincida con un periodo di vita di cambiamenti, evoluzioni, crescita e, spesso, di una modalità di porsi agli altri un po' più scevra dalla sessualità intesa come 'conquista' e 'selezione', ma più attenta anche ad altri fattori di intimità e relazione”.

 Non tutte le donne che amano altre donne si sentono lesbiche o bisessuali…

“Vero. Questo dipende dal fatto che le donne sono potenzialmente più aperte e disponibili a 'lasciarsi andare', hanno più sfumature e una maggiore familiarità fisica ed emotiva ad aprirsi alle altre donne. Per cui l'attrazione quando è libera di esprimersi non è necessariamente legata al genere sessuale ma, piuttosto, a una persona che con le sue esclusive qualità può conquistare il cuore. La sessualità è un contenitore ricco e in evoluzione: se si è disponibili ad ascoltare, i propri desideri possono davvero stupire”.

 Quali sono i tabù e le paure che si possono innescare quando si vive una relazione lesbica?

“Molte donne fanno fatica a comprendere questa propria scelta, si criticano, si giudicano perché non si riconoscono più. Il fatto è che tutti lottiamo quotidianamente per affermare la nostra identità e spesso capita che se qualcuno o qualcosa la mette in discussione, la nostra sicurezza vacilla. Provare sentimenti e attrazione per una persona dello stesso sesso, può far sentire destabilizzate, perché si esce bruscamente da una comfort zone erotica, sessuale, relazionale per intraprendere un viaggio nuovo che, per quanto sorprendente, può spaventare. Molte donne che si ritrovano in una relazione tutta al femminile si arrovellano nel dubbio di aver finto per anni o cercano disperatamente un'etichetta al loro diverso modo di vivere la sessualità. E poi c'è il timore di non essere accolte e capite da parenti o amici, oppure di dover spiegare questa 'novità' magari ai propri figli. Prima si accetta che si può cambiare anche nell'orientamento sessuale, prima si riuscirà ad amarsi, rispettarsi e accudire questa nuova relazione”. 

Vivere una storia d’amore con un’altra donna cosa può far scoprire di sé stessa?

“Moltissime cose. Accogliere questa nuova esperienza significa che si è in grado di ascoltare e non censurare le proprie emozioni e questo è sempre un aspetto assai arricchente. Inoltre, aprirsi a una sessualità nuova e a una diversa forma di rapporto può insegnare differenti modi di vivere le relazioni. È un’immagine che si rimanda a sé stesse ricca e consapevole e anche coraggiosa direi, ma soprattutto libera. E la libertà mi piace pensarla sempre come una competenza, oltre che un diritto, di saper usare i propri desideri, i propri moti dell'anima in una modalità scevra da pregiudizi e tabù. Significa essere e sentirsi centrate, coerenti con i propri bisogni, curiosità e motivazioni. Decidere di seguire un istinto diverso, una nuova forma di attrazione può insegnare ad accogliere altre sfaccettature di sé che le precedenti esperienze di vita magari hanno limitato o omesso. Cambiare rotta, seppur non definitivamente, significa rimettersi in gioco per affrontare con fiducia quello che la vita ha di bello da offrire”.

  concludo augurandole  ogni  bene    perchè 

Non sarà solo una bandiera a portare il colore\ A raccontare di un'altra libertà che muore\ Perché l'amore non vuole né legge, né pretesa\Perché chiamarci amanti è una condanna accesa    

  dall'amore   merita  vidi video 





emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...