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13.11.21

sensi di colpa e solidarietà -aiuto non pelosa

nel corso della  mia  vita  , fin qui  trascorsa  ,  da  solo     e  nelle  sedute   di psico analisi   ho appreso che il senso di colpa  ed la paura   fanno danno  e  tarponano le  ali  se  non affrontati e  trasformati  \ incanalati nella  giusta maniera  . Infatti , ed  è proprio questo il caso , posso anche  se   affrontati   salvare  le  vite  .

da  https://storiedeglialtri.it/storie/

“Ancora mi capita di non riuscire a dormire per la paura. Mio figlio ora è qui, non so se per fortuna, se qualcuno da lassù ci ha aiutati o semplicemente perché ha funzionato la manovra, so solo che è importante fare il corso di primo soccorso”.


 Lei è Naomi. Ha 25 anni. Vive a Roma. È fidanzata con Daniele, hanno due figli. Giuliano ha 5 anni, Aureliano ha spento da poco due candeline. È marzo, una sera come tante. Naomi è sola davanti al computer, d’improvviso sente la voce del suo compagno. È nella stanza accanto, ripete il nome del figlio, Aureliano. Il tono è preoccupato. Naomi corre, guarda il bambino, respira in modo insolito. Che cosa è successo? Che ha fatto? Il compagno non riesce a capacitarsi. Intanto il bambino

peggiora, le labbra sono socchiuse, boccheggia. Naomi ha un lampo. Ha ingoiato qualcosa! Daniele comincia a urlare. Che facciamo? Naomi prende il figlio, agisce d’istinto, gli infila due dita in gola. Daniele la blocca. Tesoro, tempo fa non avevi imparato le manovre di primo soccorso? Naomi ha gli occhi sbarrati, il cuore in gola. Sono passati tanti anni. Tenta di ricordare. Zero, la sua testa è vuota, annebbiata. Intanto le labbra di suo figlio diventano viola, gli occhietti rotolano all’indietro, si chiudono. Naomi è disparata, si conficca le unghie nel viso. Non è possibile, stiamo perdendo! Sbrigati chiama i soccorsi! Daniele afferra il telefono, ma è nel panico, non ricorda il numero. L’ambulanza sta arrivando, il figlio è diventato bianco come un lenzuolo. Naomi è fuori di sé. Apre la porta di casa, grida, chiede aiuto, intanto spinge con le mani sulla schiena di Aureliano. Erano questi i gesti? Ti prego, fa che siano questi. Non può essere, il suo bambino le sta morendo tra le braccia. D’improvviso sente un colpetto di tosse, sotto i suoi piedi rotola una pallina di legno. In quel momento arriva l’ambulanza. Visitano il piccolo. Sta bene. Naomi e Daniele lo stringono tra le braccia, piangono. È tutto finito. La paura e il senso di colpa li tengono svegli ancora oggi. Si sono iscritti entrambi al corso di primo soccorso. Naomi credeva che certe cose capitassero solo agli altri. Non è così. Sono stati fortunati.


stavo  per  premere  pubblica    quando mi arrivata  la  notifica    di  un aggiornamento  del sito     in questione  ed  ho letto    quest' altra  storia  


Grazie al suo intervento, molto migranti e rifugiati hanno ottenuto un permesso di soggiorno e trovato lavoro. Di recente Daniel ha abbandonato il ruolo di sacerdote, ma continua a vivere in chiesa in mezzo alle persone a cui offre rifugio.

Lui è Daniel. Nasce nel villaggio di Flanders, in Belgio, nel 1944. In famiglia sono in dodici, il padre fa i salti mortali per portare il pane in tavola. Daniel ha 10 anni. Sta giocando nella sua stanza. Bussano alla porta di casa. Si sentono delle urla, poi un pianto disperato. È sua mamma. Daniel corre. Che succede? Suo padre è morto, ha avuto un incidente. Daniel punta subito verso il suo letto, vuole andare a nascondersi sotto le coperte. Non può. Un fratellino si lamenta nella culla, un altro lo chiama per giocare. Ora bisogna pensare a loro. Daniel ingoia lacrime amare, e si rimbocca le maniche. Fa il garzone, il portalettere, aiuta le donne del villaggio a lavare e stendere i panni. Guadagna pochi spiccioli, ma
l’alternativa è la fame. Ogni notte la mamma gli rimbocca le coperte e gli dà un bel bacio. Amore mio, siamo poveri, ma ricordati che una casa grande non vale quanto un cuore grande. Passano gli anni. Daniel riesce anche a studiare, prende la laurea, si trasferisce a Bruxelles e diventa professore di Filosofia. Gli piace stare con i ragazzi, ma gli manca qualcosa. Entra in seminario, dirige la Caritas, non gli piace stare dietro una scrivania. Si fa assegnare una parrocchia e diventa il pastore di una piccola comunità. Daniel si prodiga, è apprezzato, ma è sempre inquieto, non trova pace. Una sera entra in chiesa e per poco non gli prende un colpo. Le navate sono state letteralmente invase da famiglie intere. 


Donne, uomini, bambini sono stesi per terra, sul pavimento. Daniel acchiappa il diacono e chiede subito una spiegazione. Cosa sta succedendo, che cos’è questo casino? Il ragazzo balbetta. Sono senzatetto, migranti, non sanno dove andare, ho provato a cacciarli. Daniel cammina su e giù, poi si siede a terra, parla, ascolta, osserva. Il suo cuore si riempie di gioia. Distribuisce coperte, vestiti, cibo, non nega un aiuto a nessuno. Restate, questa è casa vostra. Oggi Daniel ha 77 anni, la sua chiesa non è una casa abbastanza grande, ma ha un cuore grande.






23.2.14

L'emozionante storia di una donna di Gesturi che ha dato alla luce una bimba mentre viaggiava verso Caglari per partorire.

in sottofondo  Tiromancino - Imparare Dal Vento

Lo so   che a  voi lettori\ trici    la  vicenda  sembrerà banale ed effettivamente  potrebbe esserlo   . Ma  ( misteri e  imprevidibilità della vita  )  ci sono stati , qui in sardegna    diversi casi  quasi una decina  dal 2002 ,  di bambini\e    che hanno fretta  di nascere  e  nascono  in strada    come in questo caso  .

I PRECEDENTI Il sedile come sala parto: dal 2002 a oggi si sono registrati una decina di casi  Sono tanti i neonati con la fretta di venire al mondo

L'ultima volta, il 17 giugno 2011: Emma viene al mondo in via Bacaredda a Cagliari, davanti al Conservatorio, nel sedile di una Opel Corsa partita da Sestu e diretta in una clinica del capoluogo. Ma la bimba ha troppa fretta di scoprire il mondo e non lascia alla mamma Sonia Nioi, 34 anni, e al padre Emanuele Serci, 37, il tempo di arrivare a destinazione.
Nascere in auto capita. Dal 2002 a oggi è successo tante volte. Due sole però in un veicolo in movimento. Il caso della coppia di Gesturi dunque è particolare, anche se partorire nel sedile di una macchina è sempre, bene o male, un'avventura indimenticabile. Il 19 luglio 2010 nel parcheggio di via San Giorgio a Cagliari, a venti metri dall'ospedale San Giovanni di Dio, il bimbo, figlio di una coppia di tunisini residenti ad Assemini nasce sotto la luce dei lampioni all'una e mezza del mattino grazie a due giovani volontari del 118 che passano proprio in quel momento.
Il 23 giugno dello stesso anno Rachele viene al mondo sul sedile posteriore di una Fiat Marea che da Loceri si dirige all'ospedale di Lanusei: con marito e moglie c'è una zia che si improvvisa ostetrica. Il 23 febbraio 2009 tocca a Quartu e alla piccola Miriam: la mamma Cornelia, una ragazza tedesca al terzo figlio, partorisce in viale Colombo mentre il marito Andrea Krause, sergente maggiore in servizio all'aeroporto militare di Decimomannu, cerca di raggiungere Cagliari. Ma i dolori sono troppi forti ed è costretto a fermarsi. Il 4 agosto 2008 il lieto evento avviene sul ciglio della strada statale 195 poco prima della mezzanotte alle porte di Sarroch. I genitori sono due giovani cagliaritani, la bimba si chiama Asia. Il primo febbraio 2007 una coppia di extracomunitari dà alla luce il figlio sul sedile dell'auto che corre verso Isili. Il 3 febbraio del 2005 la “sala parto” è invece l'incrocio tra la provinciale per Settimo San Pietro e la statale 554 all'altezza di Selargius: alle 19,30 sul sedile posteriore di un'auto nasce il bimbo di una donna di 34 anni di Maracalagonis che, in preda alle doglie, non fa in tempo a raggiungere l'ospedale.
Il 27 agosto 2002 l'episodio più datato di questo piccolo resoconto. Le prime cose che vede Luigi, figlio di Salvatore Testa, 34enne di Quartucciu, e di Silvia Orrù, 32enne di Sinnai, sono il cruscotto dell'auto di papà e il piazzale del distributore di benzina in viale Marconi a Cagliari nel quale l'auto è stata parcheggiata per portare a termine il parto. «È stato facile facile», giura la mamma.
Infatti lo stesso Marco Piga il ginecologo dell'ospedale Santissima Trinità che sempre secondo l'unione sarda << non nasconde nel volto un misto di felicità e soddisfazione. «Non mi era mai capitato prima», dice. «Solitamente, quando lavoravo a Isili, in casi urgenti come questo accompagnavo personalmente le mie pazienti in ospedale. Mi mettevo alla guida per guadagnare tempo, non aspettavo l'arrivo dell'ambulanza». (...) >>
Ed  eccoci ad  oggi   sempre  dal'unione   sarda   del  23\2\2014 
 Primo articolo  


Gesturi 
Il miracolo della vita, la forza di una mamma che ha dato alla luce una bambina sulla Statale 131 e il coraggio di un papà che guidava da Gesturi a Cagliari per portare la moglie all'ospedale SS. Trinità.


Si disegna tra queste immagini la storia di una coppia di Gesturi che ha vissuto la gioia e la tensione del parto in un'auto che viaggiava sulla Carlo Felice. La donna ha parlato al telefono con l'ospedale rimanendo in contatto mentre il parto era in corso. La bambina è sana e i genitori rimane la gioia dopo la grande prova di coraggio .  Un occhio alla strada, l'altro rivolto al sedile alla sua destra, Bruno Lai schiaccia l'acceleratore della Renault Clio infrangendo i limiti di velocità sulla statale 131. La strada è buia, il tempo stringe: l'ospedale Santissima Trinità di Cagliari è ancora lontano, l'auto è appena passata davanti alla Conforama poco oltre Monastir. Sono le 23,30 di venerdì e l'uomo, partito da Gesturi, è in viaggio da circa tre quarti d'ora. D'un tratto sente la moglie al suo fianco avvisare l'interlocutore al telefono: «Ha la testa fuori». Lui si gira, vede qualcosa muoversi e poi torna a guardare davanti a sé. Pochi secondi ancora, il tempo di voltarsi nuovamente a controllare ed è già tutto finito.SALA PARTO In un istante, probabilmente vissuto come una mezza eternità, è appena nato il suo secondo figlio. Anzi: la sua prima figlia. Si chiama Benedetta, è un piccolo fagotto che ora la madre protegge tra le mani mentre, non si sa bene come, continua a parlare al telefono cellulare con chi le ha dato
i protagonisti  
capacità e forza di portare a termine da sola l'impegno più gravoso: partorire. E non in condizioni normali, circondata da medici e infermiere. No: sul sedile anteriore di una macchina che neanche si è fermata al momento del dunque ma si è trasformata in una sala parto improvvisata proseguendo la corsa fino all'arrivo. Un viaggio terminato in una piccola stanza al primo piano del reparto di Ginecologia e Ostetricia, dove Mirella Erbì si è finalmente riposata.
IN OSPEDALE «Non c'era altro da fare». Dodici ore dopo, la neo mamma è seduta sul letto dell'ospedale. In camicia da notte, la bambina dentro una culla a un passo da lei, è serena e contenta. È andato tutto bene, la piccola pesa tre chili e mezzo («nella media», sottolinea il ginecologo Marco Piga) e dorme tranquillamente. «Le contrazioni arrivavano ogni cinque o dieci minuti», ricorda lei, «ormai era l'ora». Mirella, 39 anni, è insegnante precaria alle scuole elementari: ogni anno, da dodici a questa parte, «mi mandano in una sede diversa». Ora è la volta di Villasimius. Un viaggio non da poco, soprattutto per chi non naviga nell'oro. Il marito Bruno, 40 anni, è un operaio di Abbanoa. Lavora all'impianto di potabilizzazione a Isili, ha un contratto a tempo indeterminato. La coppia ha già un figlio di tre anni «e basta così: ci fermiamo», giurano papà e mamma.I DOLORI Tre ore di sonno alle spalle, dopo una notte non esattamente tranquilla, Lai sorride alla moglie e a chiunque gli passi vicino: il momento lo richiede, lo stato d'animo è sull'euforico andante. «Ma soprattutto vorremmo ringraziare tutto il reparto», confida, «e chi ci ha fornito l'assistenza telefonica». Un intervento “moderno”, si potrebbe dire, che ha origine nei primi dolori sentiti dalla donna nel pomeriggio di due giorni fa. «Crescevano, così alle 22,30 abbiamo chiamato il dottor Piga e abbiamo deciso di partire».LA NASCITA Portato l'altro figlio da una cugina, marito e moglie si dirigono verso Cagliari non ipotizzando cosa sarebbe capitato di lì a poco. «Le contrazioni sono aumentate, poi sono diventate fortissime». Bruno Lai suda freddo e accelera mentre Mirella Erbì, scomoda come mai sul sedile anteriore, chiama ancora il ginecologo: «Sento che sta nascendo», gli dice. Il medico cerca di farle mantenere la calma e la fa richiamare dall'ostetrica Barbara Mocci: è lei a guidare la gestante in quei momenti. «La bimba era quasi già nata», ricorda la madre, che poi ha un piccolo buco di memoria e ricorda solo il dopo: «L'ho presa e poggiata sulla pancia, come suggeritomi al telefono, e le ho massaggiato la schiena per farla piangere». Poi l'arrivo in ospedale e la festa. La bambina sarebbe dovuta nascere oggi o domani: la sua fretta di venire al mondo però è stata più forte.

                              Andrea Manunza







il  secondo 

La nascita in diretta telefonica con l'ostetrica

Il telefono del reparto squilla per la prima volta alle dieci e mezza della sera, quando Bruno e Mirella sono ancora nella loro casa di Gesturi. Dall'altro capo del filo, primo piano dell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari, il ginecologo Marco Piga si raccomanda: «Venite immediatamente in ospedale». Detto e fatto: la coppia sale in auto e parte.
Quando la Clio è all'altezza di Villagrande il telefono squilla di nuovo: «Mia moglie sente la testa del bambino, sta uscendo». Piede sempre schiacciato sull'acceleratore e mani ferme sul volante, Bruno Lai segue ancora una volta le indicazioni del medico, poi il telefono passa velocemente nelle mani dell'ostetrica, Barbara Mocci, che con voce ferma prende in mano la situazione: «Signora, tenga le gambe allargate il più possibile e quando si presenta una nuova contrazione spinga forte. Continui così sino a quella decisiva». Dopo circa un quarto d'ora il primo vagito della piccola Benedetta si fa sentire, anche al telefono. La gioia dilaga, dell'abitacolo e in tutto l'ospedale. «Porti il bambino a contatto con la sua pelle ma faccia attenzione, non tiri troppo forte per non strappare il cordone». L'ostetrica resta ancora in linea: «Signora copra bene la bambina». Il borsone con tutto il necessario per il ricovero è pronto sul sedile. La mamma prende gli asciugamani e avvolge la piccola. Ora è al caldo, sta bene. Mariella e Bruno, mamma e papà per la seconda volta, arrivano un pochino più sollevati in via Is Mirrionis. Davanti al cancello dell'ospedale, in festa, li accolgono primario, ostetrica, infermieri e tanta, tantissima emozione.

                                    Veronica Nedrini



21.10.13

l'amicizia oltre la morte [post notturno ]

musica  consigliata







 nel traferire   i file   dal vecchio cellulare  un nokia navigator 67100  (  sotto  a sinistra   ) al nuovo  smartphone   il samsung  gt-s6500 galaxy mini 2 (  sotto  a  destra  )  fra  le  foto    ho trovato questa   che  riporto sotto  e    che  ha   dato origine al post in questione   . 
Ora  molti mi diranno , chi era lo  conoscevi  ?  perchè hai  fotografato  un momento privato  ? 

 Come  ho risposto   ad  un commento     sul mio Facebook :  non lo  so  in quanto la  foto  risale  ad  uno \  due anni fa . E poi  che  importanza   ha  se  lo conoscevo  o meno . 
Sinceramente  non so  chi sia  . Ricordo  solo   che leggendo  i necrologi   mi colpi  molto il contenuto  , spontaneo ,  fresco e diretto  e   poco  retorico  e  standard  che si usa  di solito in tali occasioni  e  senza   chiedermi  se  stavo  facendo bene  o male   scattato . I necrologi sono pubblici  non vedo  dove  sia la  violazione di qualche legge  . Posso   solo dire   che    anche   se  nella vita   ci si perde  di vista   è  con la morte che  ci si ritrova . Quindi  in culo a  chi   rappresenta  la morte   solo ed  esclusivamente   come qualcosa  di negativo  e di terribile   rappresentata  fin dal medioevo   da uno scheletro con la falce  . Ma   venga vista  come la fine dell'inizio  e  non    solo  come  l'inizio della fine   . Proprio morfeo  , mi  sta  rapendo   ho trovato ,  sulla mia  home , questo post  di  Alexandra Zambà .






































che  descrive   e riassume  quando detto fin'ora in questo post





Spesso penso alla morte
al modo in cui dirò addio alla vita
a come avrò la bocca in quell'istante
le mani il corpo.
Vorrei morire mi dico
senza saperlo
a tradimento
in un momento
in cui non me l'aspetto.
Ma ecco che l'alba
riaffiora assurda
e la vita ridiventa
l'incontenibile gioco.

                                                  Salvatore Toma (1951 – 1987 )

 Proprio mentre  termino di  copiare  questa poesia mi ritorna in mente  questa  canzone



 

P.s
Se nel caso il post dovesse  urtare la sensibilità degli interessati  (  i familiari del morto e l'amico  che  gli ha dedicato  il necrologio  qui riportato )  me  li  si faccia  sapere  e  sarà rimosso

9.3.13

c'era una volta

Ecco  delle foto  che faccio per  esercitarmi  in avvicinamento  ( il 15  giugno )  della mostra  a  cui parteciperò insieme a  quelli  del corso  di fotografia   che  sto frequentando  da  novembre  dell'anno scorso  .
Esse  sono fatte  con , una G12 (  foto  presa  dalla  rete  )




Essa   mi è stata  prima  prestata , dopo    che ne avevo rotto una ,  dal mio vecchio  da mio padre    raccomandami  massima attenzione  e cura  perchè  gli  l'aveva regalata  mamma per  i  40 anni di matrimonio  , Poi  "  come   regalo   di compleanno "  me  l'ha  venduta  a metà prezzo .
Oggi  , come tutti  i sabati   non lavoro ( salvo casi eccezionali )  e   mentre andavo ala fiera  per  comprare il pane  biologico ed altri prodotti ( pensare  globale  agire locale  )   a  km zero   ho visto  l'esposizione    di un negozio d'antiquariato , e mi sono ritornate  alla mente  i   racconti dei miei nonni  e letture  (  fumetti, romanzi , racconti, ecc ) . Ed  ecco che   avendo (  sono solito portamela dietro    ovunque  sia che ci siano  come   quella  d'oggi  ---- ne  leggerete  qualcosa nei prossimi post---  avvenimenti  importanti  , sia  che  poco importanti   )    ho scattato  , oltre   a quelle  dell'avvenimento , queste  due  foto .oltre a quelle dell'avvenimento ,   di cui parlerò nei prossimi giorni



Ora    qualcuno\a  che mi segue  dalle origini  di questo viaggio  virtuale  ( cioè  da quando  prima il blog  si chiamava   cdv.splinder.com ) mi chiederà  : <<  strano nelle    tue    foto , almeno quelle che metti  in rete  , hai  sempre usato il colore  , come mai   ora sei passato  al bianco e nero   >>. La  risposta  è semplice  : Non è la prima  volta  che uso il bianco e nero  ( ed  altre  volte il colore   \  effetto  seppia  ) . Se  ho sempre  riportato , qui sul blog ,  quelle  a colori  è  perchè  erano avvenimenti  attuali  e  non  c'è  un eco di passato   come  quelle  d'oggi . E poi  da quello che mi dicono amici\che fotografi ed  appassionati d'essi il bianco e nero permette di cogliere meglio certi dettagli   ed è più puro   fra i colori  perchè  ha messo riflessi 

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...