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23.2.14

L'emozionante storia di una donna di Gesturi che ha dato alla luce una bimba mentre viaggiava verso Caglari per partorire.

in sottofondo  Tiromancino - Imparare Dal Vento

Lo so   che a  voi lettori\ trici    la  vicenda  sembrerà banale ed effettivamente  potrebbe esserlo   . Ma  ( misteri e  imprevidibilità della vita  )  ci sono stati , qui in sardegna    diversi casi  quasi una decina  dal 2002 ,  di bambini\e    che hanno fretta  di nascere  e  nascono  in strada    come in questo caso  .

I PRECEDENTI Il sedile come sala parto: dal 2002 a oggi si sono registrati una decina di casi  Sono tanti i neonati con la fretta di venire al mondo

L'ultima volta, il 17 giugno 2011: Emma viene al mondo in via Bacaredda a Cagliari, davanti al Conservatorio, nel sedile di una Opel Corsa partita da Sestu e diretta in una clinica del capoluogo. Ma la bimba ha troppa fretta di scoprire il mondo e non lascia alla mamma Sonia Nioi, 34 anni, e al padre Emanuele Serci, 37, il tempo di arrivare a destinazione.
Nascere in auto capita. Dal 2002 a oggi è successo tante volte. Due sole però in un veicolo in movimento. Il caso della coppia di Gesturi dunque è particolare, anche se partorire nel sedile di una macchina è sempre, bene o male, un'avventura indimenticabile. Il 19 luglio 2010 nel parcheggio di via San Giorgio a Cagliari, a venti metri dall'ospedale San Giovanni di Dio, il bimbo, figlio di una coppia di tunisini residenti ad Assemini nasce sotto la luce dei lampioni all'una e mezza del mattino grazie a due giovani volontari del 118 che passano proprio in quel momento.
Il 23 giugno dello stesso anno Rachele viene al mondo sul sedile posteriore di una Fiat Marea che da Loceri si dirige all'ospedale di Lanusei: con marito e moglie c'è una zia che si improvvisa ostetrica. Il 23 febbraio 2009 tocca a Quartu e alla piccola Miriam: la mamma Cornelia, una ragazza tedesca al terzo figlio, partorisce in viale Colombo mentre il marito Andrea Krause, sergente maggiore in servizio all'aeroporto militare di Decimomannu, cerca di raggiungere Cagliari. Ma i dolori sono troppi forti ed è costretto a fermarsi. Il 4 agosto 2008 il lieto evento avviene sul ciglio della strada statale 195 poco prima della mezzanotte alle porte di Sarroch. I genitori sono due giovani cagliaritani, la bimba si chiama Asia. Il primo febbraio 2007 una coppia di extracomunitari dà alla luce il figlio sul sedile dell'auto che corre verso Isili. Il 3 febbraio del 2005 la “sala parto” è invece l'incrocio tra la provinciale per Settimo San Pietro e la statale 554 all'altezza di Selargius: alle 19,30 sul sedile posteriore di un'auto nasce il bimbo di una donna di 34 anni di Maracalagonis che, in preda alle doglie, non fa in tempo a raggiungere l'ospedale.
Il 27 agosto 2002 l'episodio più datato di questo piccolo resoconto. Le prime cose che vede Luigi, figlio di Salvatore Testa, 34enne di Quartucciu, e di Silvia Orrù, 32enne di Sinnai, sono il cruscotto dell'auto di papà e il piazzale del distributore di benzina in viale Marconi a Cagliari nel quale l'auto è stata parcheggiata per portare a termine il parto. «È stato facile facile», giura la mamma.
Infatti lo stesso Marco Piga il ginecologo dell'ospedale Santissima Trinità che sempre secondo l'unione sarda << non nasconde nel volto un misto di felicità e soddisfazione. «Non mi era mai capitato prima», dice. «Solitamente, quando lavoravo a Isili, in casi urgenti come questo accompagnavo personalmente le mie pazienti in ospedale. Mi mettevo alla guida per guadagnare tempo, non aspettavo l'arrivo dell'ambulanza». (...) >>
Ed  eccoci ad  oggi   sempre  dal'unione   sarda   del  23\2\2014 
 Primo articolo  


Gesturi 
Il miracolo della vita, la forza di una mamma che ha dato alla luce una bambina sulla Statale 131 e il coraggio di un papà che guidava da Gesturi a Cagliari per portare la moglie all'ospedale SS. Trinità.


Si disegna tra queste immagini la storia di una coppia di Gesturi che ha vissuto la gioia e la tensione del parto in un'auto che viaggiava sulla Carlo Felice. La donna ha parlato al telefono con l'ospedale rimanendo in contatto mentre il parto era in corso. La bambina è sana e i genitori rimane la gioia dopo la grande prova di coraggio .  Un occhio alla strada, l'altro rivolto al sedile alla sua destra, Bruno Lai schiaccia l'acceleratore della Renault Clio infrangendo i limiti di velocità sulla statale 131. La strada è buia, il tempo stringe: l'ospedale Santissima Trinità di Cagliari è ancora lontano, l'auto è appena passata davanti alla Conforama poco oltre Monastir. Sono le 23,30 di venerdì e l'uomo, partito da Gesturi, è in viaggio da circa tre quarti d'ora. D'un tratto sente la moglie al suo fianco avvisare l'interlocutore al telefono: «Ha la testa fuori». Lui si gira, vede qualcosa muoversi e poi torna a guardare davanti a sé. Pochi secondi ancora, il tempo di voltarsi nuovamente a controllare ed è già tutto finito.SALA PARTO In un istante, probabilmente vissuto come una mezza eternità, è appena nato il suo secondo figlio. Anzi: la sua prima figlia. Si chiama Benedetta, è un piccolo fagotto che ora la madre protegge tra le mani mentre, non si sa bene come, continua a parlare al telefono cellulare con chi le ha dato
i protagonisti  
capacità e forza di portare a termine da sola l'impegno più gravoso: partorire. E non in condizioni normali, circondata da medici e infermiere. No: sul sedile anteriore di una macchina che neanche si è fermata al momento del dunque ma si è trasformata in una sala parto improvvisata proseguendo la corsa fino all'arrivo. Un viaggio terminato in una piccola stanza al primo piano del reparto di Ginecologia e Ostetricia, dove Mirella Erbì si è finalmente riposata.
IN OSPEDALE «Non c'era altro da fare». Dodici ore dopo, la neo mamma è seduta sul letto dell'ospedale. In camicia da notte, la bambina dentro una culla a un passo da lei, è serena e contenta. È andato tutto bene, la piccola pesa tre chili e mezzo («nella media», sottolinea il ginecologo Marco Piga) e dorme tranquillamente. «Le contrazioni arrivavano ogni cinque o dieci minuti», ricorda lei, «ormai era l'ora». Mirella, 39 anni, è insegnante precaria alle scuole elementari: ogni anno, da dodici a questa parte, «mi mandano in una sede diversa». Ora è la volta di Villasimius. Un viaggio non da poco, soprattutto per chi non naviga nell'oro. Il marito Bruno, 40 anni, è un operaio di Abbanoa. Lavora all'impianto di potabilizzazione a Isili, ha un contratto a tempo indeterminato. La coppia ha già un figlio di tre anni «e basta così: ci fermiamo», giurano papà e mamma.I DOLORI Tre ore di sonno alle spalle, dopo una notte non esattamente tranquilla, Lai sorride alla moglie e a chiunque gli passi vicino: il momento lo richiede, lo stato d'animo è sull'euforico andante. «Ma soprattutto vorremmo ringraziare tutto il reparto», confida, «e chi ci ha fornito l'assistenza telefonica». Un intervento “moderno”, si potrebbe dire, che ha origine nei primi dolori sentiti dalla donna nel pomeriggio di due giorni fa. «Crescevano, così alle 22,30 abbiamo chiamato il dottor Piga e abbiamo deciso di partire».LA NASCITA Portato l'altro figlio da una cugina, marito e moglie si dirigono verso Cagliari non ipotizzando cosa sarebbe capitato di lì a poco. «Le contrazioni sono aumentate, poi sono diventate fortissime». Bruno Lai suda freddo e accelera mentre Mirella Erbì, scomoda come mai sul sedile anteriore, chiama ancora il ginecologo: «Sento che sta nascendo», gli dice. Il medico cerca di farle mantenere la calma e la fa richiamare dall'ostetrica Barbara Mocci: è lei a guidare la gestante in quei momenti. «La bimba era quasi già nata», ricorda la madre, che poi ha un piccolo buco di memoria e ricorda solo il dopo: «L'ho presa e poggiata sulla pancia, come suggeritomi al telefono, e le ho massaggiato la schiena per farla piangere». Poi l'arrivo in ospedale e la festa. La bambina sarebbe dovuta nascere oggi o domani: la sua fretta di venire al mondo però è stata più forte.

                              Andrea Manunza







il  secondo 

La nascita in diretta telefonica con l'ostetrica

Il telefono del reparto squilla per la prima volta alle dieci e mezza della sera, quando Bruno e Mirella sono ancora nella loro casa di Gesturi. Dall'altro capo del filo, primo piano dell'ospedale Santissima Trinità di Cagliari, il ginecologo Marco Piga si raccomanda: «Venite immediatamente in ospedale». Detto e fatto: la coppia sale in auto e parte.
Quando la Clio è all'altezza di Villagrande il telefono squilla di nuovo: «Mia moglie sente la testa del bambino, sta uscendo». Piede sempre schiacciato sull'acceleratore e mani ferme sul volante, Bruno Lai segue ancora una volta le indicazioni del medico, poi il telefono passa velocemente nelle mani dell'ostetrica, Barbara Mocci, che con voce ferma prende in mano la situazione: «Signora, tenga le gambe allargate il più possibile e quando si presenta una nuova contrazione spinga forte. Continui così sino a quella decisiva». Dopo circa un quarto d'ora il primo vagito della piccola Benedetta si fa sentire, anche al telefono. La gioia dilaga, dell'abitacolo e in tutto l'ospedale. «Porti il bambino a contatto con la sua pelle ma faccia attenzione, non tiri troppo forte per non strappare il cordone». L'ostetrica resta ancora in linea: «Signora copra bene la bambina». Il borsone con tutto il necessario per il ricovero è pronto sul sedile. La mamma prende gli asciugamani e avvolge la piccola. Ora è al caldo, sta bene. Mariella e Bruno, mamma e papà per la seconda volta, arrivano un pochino più sollevati in via Is Mirrionis. Davanti al cancello dell'ospedale, in festa, li accolgono primario, ostetrica, infermieri e tanta, tantissima emozione.

                                    Veronica Nedrini



17.6.12

violenti si nasce o si diventa ?


Umani si nasce di Gianfranco De Simone - su Left 23.2012

  secondo il recente  studio pubblicato  sopra Umani si nasce  . Secondo me  è  cosi  perchè  i bambini sono innocenti  siamo noi adulti che  non riuscendo ad insegnarli  lo spirito critico   che gli incanaliamo  o verso il bene   o verso il male  perchè



                   Videoclip ufficiale dei CSI - Del Mondo tratto dall'album "Ko de mondo" anno 1994

coincidenze culturali e fra le arti ( musica e letteratura )

stavo leggendo  questa bellissimo intervento dell'amico   compagnodistrada    \  compagnodiviaggio e  scrittore  Giampaolo Cassitta 








                                                        piccole cose

pubblicata da il giorno domenica 17 giugno 2012 alle ore 17.12




Partiamo dalle piccole cose. Quelle   di tutti i giorni, quelle che non ci porteranno a navigare in un futuro illuminato e facile, ma che sicuramente riusciremo a riconoscere. Questa terra che è paesaggio, che è cultura millenaria, musica, rumori lontani. Questa terra che ha sofferto, che ha combattuto, che è stata colonizzata, sfruttata, usata e gettata, questa terra che ha sapori di corbezzolo e di miele, di mirto e di silenzio. Questa terra che ha prodotto minatori e poeti ed emigranti. Questa terra che ha pianto lacrime dure e che ha covato odio e incomprensione. Questa terra che ha generato sequestri e sequestratori, questa terra dura da lavorare. Questa terra che sa però riaprirsi e dialogare, mettersi in gioco, scommettere sulle piccole cose. Dico questo perché sento montare la panna della demagogia. E mi spavento. Mi spaventano i piccoli uomini dalle grandi promesse. Mi spaventano quando confondono la storia, quando usano un popolo senza amarne le risorse e i saperi. Senza ascoltare quel silenzio che abbiamo dentro. E che racconta piccole storie. Si parla di sviluppo sostenibile, coerente con le vocazioni del territorio, si parla di competitività,  si parla di vantaggi economici del turismo che non è, beninteso costruire villaggi patinati per veline e calciatori che sorridono ai cognomi sardi che finiscono tutti con la “u”; un turismo che deve tener conto di tutto il territorio e che possa presentarsi a tutti in maniera accogliente, silenziosa, educata,  in maniera etica. Un turismo che presenti la nostra terra in tutte le sue piccole meraviglie. Un turismo fatto di piccole cose. Non quindi solo  manifestazioni mirabolanti e di grandi concerti rock, ma anche  un condensato avvolgente di musiche striate e diffuse, che diano l’idea del nostro sentire. Perché dentro questa terra ci viviamo noi e solo  noi possiamo mostrare l’anima più vera a chi la visita.


Piccole cose. Che sono la solidarietà. L’attenzione per gli altri. Che sono i nostri figli, ma non solo. Ci sono troppe file alla Caritas di  troppe città. E troppi occhi che scodellano tristezza. C’è la fierezza di famiglie che non si presentano al cospetto delle mense cittadine, ma non hanno molto da osservare  sul loro tavolo. Dobbiamo partire da queste piccole storie. Ascoltarle e non prestare semplice assistenza. Noi dobbiamo lavorare per creare piccole soluzioni che portino a risolvere il male quotidiano. Noi dobbiamo scommettere sul futuro di chi ha le ali spezzate, di chi vorrebbe continuare a sperare. Noi dobbiamo, attraverso progetti mirati, coinvolgere chi è in difficoltà, dobbiamo guardare a loro senza costruire egoismi o inventare paradisi che non esistono. Partiamo dunque dalle piccole cose. Dobbiamo continuare ad adottare interventi sulla famiglia, sul lavoro,  dobbiamo saper costruire opportunità per tutti, dobbiamo riuscire ad essere credibili come politici e come cittadini.
Partiamo dalle piccole cose. Chi ama gli occhi di un bambino può raggiungere l’immensità. Le piccole cose a volte non si vedono, ma sono le più genuine. Come le nostre storie, le nostre pietre, i nostri nonni, gli emigranti, come le nostre miniere e il nostro sangue riversato. Come la nostra piccola e forte identità  che ci accompagna e ci mantiene fieri di appartenere ad un popolo che ha dentro il sapore e l’odore di una terra antica, bellissima e dura. Di una terra fatta di piccole e intense storie  e di grandi e immensi occhi. Che sanno scrutare.


ho  pensato  mi  èritornata  alla  mente  questa  canzone della mia infanzia  avevo  16 anni  



non riesco a  spiegarmi  il perchè  forse il mio  carattere  di cercare me stesso  nel mondo  e  nelle  arti  contaminandomi e    sincretizzandomi  


emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...