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24.11.25

la libertà educativa è ancora libertà se mette a rischio la crescita dei figli?





La storia della famiglia del bosco è complessa. Nessuno mette in dubbio l'amore dei genitori, ma non basta. Oltre ai diritti ci sono i doveri. Doveri che, secondo il tribunale, la coppia ha disatteso per lungo tempo nonostante la vicenda del bosco sia in continua evoluzione vedi le minacce alla giudice che ( non credo che abbia preso una simile decisione a cuor leggero ) . la storia della cosiddetta famiglia del bosco, una vicenda che ha spaccato l'Italia tra umanità e propaganda. Ma fermiamoci  un  attimo  : quello che la famiglia affronta non è questione di qualche settimana. L'ultimo anno dei coniugi è stato costellato di fughe, avvertimenti dei servizi sociali e richieste di regolarizzazione dal tribunale. Non tre bambini rapiti in tre giorni, ma una misura estrema, frutto di mesi di tentativi di compromesso come dicono nolte fonti ( vedere post precedente e Un anno di battaglie tra avvertimenti, fughe e richieste di denaro - il Giornale Infatti ha applicato la legge togliendo i figli genitori . E le conseguenti strumentalizzazioni e la Jacquerie d 'esse scatenate e le divergenze d'opinioni (niente di male anzi ben vengano nell'ambito civile e democratico )
 


eccone alcune  fra  le  più interessanti  

Buongiorno per tutto il giorno. La storia a triste fine della famiglia del bosco conferma due aspetti dell'Italia 2025, l'ipocrisia del potere e l'invasività del sistema pubblico, che danno lezione di vita, in questo caso togliendo i figli ai genitori, ma ignorano la condizione generale dei minori, esposti senza difese alla piovra gigante del capitalismo contemporaneo, causa di perversioni e di guai.

Comunque, per sintetizzare: se han tolto i figli a questi due, non è perché "i giudici sono cattivi", ma perché vivevano in condizioni pessime. 
E in Italia non si possono far crescere i minori in condizioni pessime.
Il resto è la solita becera propaganda!

Mi restano  oltre i dubbi espressi nel post precente , aperte  e    mi s'  aggiungono   in  contemporanea  all'evoluzione  della  vicenda , altre  domande . In particolare   quella  del titolo   e    questa  « Crescere i figli è sempre un atto di libertà, ma anche di responsabilità.  La coppia inglese che ha scelto il bosco come scuola e la natura come maestra  ci ricorda che la libertà non è mai assoluta: è un filo teso tra il diritto dei genitori  e il bisogno dei bambini di cure, istruzione, socialità.  È qui che la parola “libertà” si incrina, diventando domanda:  quanto possiamo spingerci oltre senza trasformare l’utopia in isolamento ?  » Ad esse   insime  a    quelle      che  mi  vengo fatte   , visto che nel post precedente su tale questione mi sono limitato ad esprimere solo dubbi ed a chiedere il vostro parere , chiesto cosa ne pensi della vicenda della casa nel bosco di Chieti. Fra le richieste spicca una lettera come questa     

xxxxx@xxxxx
redbeppe@gmail.com 

holetto suisociale     che  critichi e    condanni   la  scelta  della  famiglia  inglese    che  ha  scelto     di far vivevere  in libertà i  propri figli   . [ ... ] ma  come  esaltativi     chi  come  questa    famiglia   fa  tali  scelte  .  E  spesso  racconti  storie  di eremitaggio   \  fughe  dal mondo  e  ora esalti   i  giudici  criminali    che  distruggono famiglie  ?  insomma  da  che  parte  stai ?                                                                                                                                                        francesca  [  ovviamente   nome  di fantasia  ] 



Inizialmente stavo per rispondere a tali domande come questi due post , dello scrittore educatore nel carcere dell'Asinara dal 1985 al 1998. Attualmente è Direttore coordinatore di area pedagogica presso la Casa di Reclusione di Alghero. Laureato in Pedagogia presso l'Università di Sassari, ha collaborato in percorsi di formazione presso la Facoltà di Giurisprudenza e Scienze dell'Educazione della stessa università. Svolge dal 1983 il suo lavoro presso il Ministero di Grazia e Giustizia, dove ha collaborato presso l'Istituto Superiore Studi Penitenziari e la Scuola di Formazione di Romache riassumono il mio pensiero in merito alla vicenda

 e


poi mi è, arrivata l'email che leggete sopra e quindi mi sono deciso \ sono riuscito a elaborare un mio pensiero . Lo  faccio    rispondendo    contemporaneamente   all'email .

Si lo sono ancora , ciascun di noi è libero di fare le proprie scelte e di vedi il film citato nel post precedente , crescere ed educare i propri figli come vuole \ preferisce vivere a contatto con la natura, autonomia educativa, indipendenza economica o consumatori acritici e schiavi o omologati al sistema o liberi \ autonomi oppure metà e metà con uno spirito critico come suggerito come sempre nel post precedente che ti e vi consiglio di leggere \ rileggere . è diritto fondamentale. Ma quando questa viola la dignità e ti disumanizza creandoti traumi isolamento sociale, mancanza di servizi essenziali, rischio di privare i bambini di opportunità educative e sanitarie. non è più libertà rischia di compromettere i diritti fondamentali dei bambini.Quindi penso che sia una faccenda troppo seria per essere lasciata alle opinioni da bar o alla propaganda politica dei Salvini di turno. Che ormai purtroppo sono la stessa cosa. Privi di ogni argomento, nel tentativo di distogliere l’opinione pubblica dai veri e tragici problemi irrisolti di questo Paese, Meloni, Salvini, Nordio e i principali esponenti di governo o della destra estraparlamentare si sono lanciati come “influencer” sul caso del giorno - addirittura lanciando una raccolta firme - pur di sparare la loro dose di bestialità e veleno sui giudici, colpevoli, secondo loro, di “aver strappato i figli a una coppia di bravi genitori”. Come se i magistrati fossero tutti dei sadici che godono nel separare dei bambini da mamma e papà per il semplice gusto di farlo. Sarebbe bastato leggersi le carte per rendersi conto che la realtà è ovviamente molto diversa. Nessuno si è svegliato una mattina e ha deciso di dare tre bambini in affido, per altro insieme alla madre. Non funziona così. Sono 13 mesi che esperti, tecnici e assistenti sociali - non @GiacominoParodi su Facebook - indagano, studiano attentamente il caso, hanno effettuato controlli, cercato in tutti i modi un contatto coi genitori, ottenendo in risposta sempre un atteggiamento per nulla collaborativo, se non peggio. E in questi 13 mesi nessuno dei giudici o degli assistenti sociali ha mai messo in discussione lo stile di vita dei genitori in quanto tale - non è la loro funzione - semmai hanno sempre e soltanto valutato le condizioni di tutela dei minori, costretti di fatto a vivere al freddo, senza acqua corrente, senza gas, senza andare a scuola e privi di ogni contatto sociale, le cui conseguenze sullo sviluppo emotivo e cognitivo possono essere enormi. Questo è il tema. E solo questo. E no, non c’entra nulla con i campi rom, dove furbescamente la destra sta cercando di dirottare l’attenzione in un parallelismo insensato col solito benaltrismo di quart’ordine che tanta presa fa sui propri elettori. E, già che ci siamo, se invece che inglesi e australiani fossero uno egiziano e l’altra etiope, potete star certi che i Salvini i Pillon non avrebbero mai urlato allo scandalo, anzi, sarebbero in prima linea ad attaccarli con la bava alla bocca, al grido di “non si adeguano alle nostre tradizioni” e via con la solita propaganda razzista. Perché il problema non è lo straniero ma quanto straniero e di che colore. A nessuno sano di mente e con un briciolo di empatia fa piacere vedere dei bambini separati (temporaneamente) dai genitori. Ma usare una storia così delicata per cavalcare la pancia delle persone e vomitare cattiverie e falsità contro chi, in un contesto tutt’altro che facile, ha applicato con serietà la legge e fatto il proprio mestiere, è qualcosa che non è accettabile da massimi esponenti del governo italiano. Anche se non mi aspettavo nulla di meno e niente di diverso. A questi tre bambini auguro il meglio possibile. Che non tocca né a me né a Salvini né a @fragolina76 stabilire, ma a chi di dovere. E menomale. Quanto a noi, meritiamo una classe politica migliore di questa e un dibattito più serio di così.Ecco quello che penso di questa storia. Ma   sorattutto    conconcordo  con   il commento  di  

Giuliano Sala
In una questione così delicata è necessario muoversi con discrezione e non amplificando per proprio interesse politico e partitico l’azione della Giudice che, come tutti i giudici minorili si muovono sempre a tutela dei minori e inoltre su segnalazione e relazione dei Servizi Sociali comunali. Mi chiedo e chiedo a tutti i soloni che oggi si indignano con la giudice per aver affidato i ragazzi ad una struttura protetta ( dove tra l’altro c’è anche la mamma): quali attacchi avrebbe subito la Giudice qualora non avesse ottemperato alla relazione dei servizi sociali e fosse successo qualcosa ai ragazzi? Non oso pensare


sulla    bachca  di  lorenzo tosa  



8.10.25

Il caso della ballerina Maria Miceli, morta di tumore: “Indotta a non curarsi e a seguire diete e riti sciamanici” chi + più idiota lei o loro ?

Leggendo  notizie come quella    riportata  sotto   a caldo mi verrebbero da chiedermi chi e più idiota la vittima che si è lasciata circuire o loro che l'hanno convinta ? Insomma  pensieri da bastard inside .
Ma poi  a freddo  cioè    cercando  risposte   razionali  mi  sono fermato  un attimo a    riflettere  . Infatti  ho fatto,oltre al classico respiro profondo e contare fino 20,un let it be * cioè ho scelto di non commentare  giudicarla per  tale condotta   perché : 1) è già stata punita dalla morte per aver dato retta a tali esseri spregevoli., 2) chi sono io per giudicare le scelte altrui soprattutto in contesti così delicati . pensando al fatto che anch'io per recuperare il mio account fb ho dato retta ad hacker truffatore rimettendoci una barca di soldi  💰.
 E  poi  mentre  cercavo   di riflettere  mi  sono  chiesto  : che  cosa  mi : « [...]  serve da queste vite\ ora che il cielo al centro le ha colpite\ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.[...] cos'altro ti serve da queste vite\ora che il cielo al centro le ha colpite »**.  Ed ho  pensato   che   ha  sofferto abbastanza  e  ne  ha  pagato   il  fio  con la  morte  . Quindi ha prevalso il pensiero a freddo . Non ho niet'altro d'aggiungere se non che considerando che oggi se la diagnosi è fatta in tempo la probabilità di guarire da un tumore al seno supera il 90% direi che morire così è proprio brutto. Fanno bene i genitori a continuare la battaglia legale. Adesso  basta parlare    io   . ecco  la sua vicenda





Il giudice per le indagini preliminari di Milano deve decidere se rinviare a giudizio due donne accusate di aver convinto la ballerina Maria Miceli a non seguire la medicina tradizionale per curare un tumore. La 35enne è deceduta nel maggio del 2023.

A cura di Fabrizio Capecelatro

Finora tutti, media compresi, hanno sempre pensato che la sua morte fosse stata solo una tragedia. Ma in realtà, secondo quello che Fanpage.it ha potuto apprendere, dietro potrebbe nascondersi una storia molto più complessa, fatta di riti sciamanici, diete, dottori che non sono dottori e, soprattutto, un'organizzazione che rifiuta in toto lo Stato e le istituzioni, medicina compresa. La storia è quella di Maria Miceli, scomparsa all’età di 35 anni a causa di un tumore nel maggio 2023. Era una giovane e talentuosa ballerina bresciana apparsa in diversi programmi tv. Dalla Rai a Mediaset, fino a Sky, aveva portato anche sui palcoscenici più noti al mondo, il suo amore per la danza. Parliamo, dunque, di un volto noto dello spettacolo, tanto che della sua morte avevano parlato tutti i principali media, locali e nazionali.
Quella che però si sta discutendo nelle aule del Tribunale di Milano è una storia più complessa di quello si è raccontato fino a oggi. Maria Miceli, infatti, potrebbe essere stata indotta a non curarsi da due donne che si sarebbero approfittate "dell'infermità e dello stato di minorata capacità psichica" della donna. È tutto scritto in una denuncia presentata mesi fa dai familiari di Maria Miceli e che ha portato a un’inchiesta della Procura di Milano che, è bene dirlo, al momento si è chiusa con la richiesta di archiviazione presentata dal pm, a cui però i familiari stessi si sono opposti tramite l'avvocato Marco Marzari. Al momento, dunque, si è in attesa della decisione del gip il quale potrà archiviare, disporre ulteriori indagini o rinviare a giudizio.
Le due donne che erano in contatto con Maria Miceli sono R. S. e S. P., quest'ultima è anche detta "La Sciamana". Ci sono tanti messaggi e tante mail che, a leggerle, sollevano diversi dubbi. La prima sarebbe stata contattata da Miceli già nel 2018 e in una mail lei si sarebbe presentata come "educatrice, psicologa e psicoterapeuta, consulente nutrizionale", nonostante la donna non risulti essere iscritta né all’Albo dei Biologi né a quello dei Medici né a quello degli Psicologi. Eppure avrebbe indicato a Maria Miceli cure, diagnosi e diete da seguire: ci sono messaggi, oggi al vaglio dei giudici in cui sono riportate vere e proprie terapie con farmaci quantomeno consigliate dalle due. E poi, come detto, c’è la "Sciamana", che avrebbe avuto, secondo la denuncia, "un ruolo attivo nel rafforzare la convinzione di Maria a non seguire le cure ma di affidarsi allo ‘Spirito'", alle forze dell’universo e a presunti riti sciamanici.
Il risultato è una sequela di messaggi in cui sembra che le due donne inducano la Miceli a non seguire le cure tradizionali: "Dovresti evitare la tac, lo sai anche tu. Oltre al fatto che non ti occorre affatto. Occorre ripristinare tutto il tuo assetto ormonale ormai devastato da quello schifo che ti somministravi", si legge in un messaggio. In un altro ancora: "Così ti rimetti in sesto, tutto sempre grazie a quel veleno che ti hanno dato (…) Devi sicuramente mangiare di più e smaltire tutto il veleno che hai assunto in questi anni…", con riferimento verosimilmente alle cure chemioterapiche che la donna aveva inizialmente seguito. Quello che emergerebbe è una sorta di negazione della malattia oncologica, nonostante i tanti messaggi in cui la stessa Miceli chiedeva rassicurazioni.
A titolo di esempio, il 21 agosto 2019 Maria scrive a R. S.: "Oggi mi sento due noduli dei quali uno grande.. cosa cavolo sta succedendo", la risposta è immediata: "Nodulini che spariranno". Pochi giorni dopo altri messaggi: "Mi ha appena chiamata la mia oncologa.. dice che una ripresa di attività nella mammella […] Dice che non è una recidiva ma che c'è una ripresa di attività… Ma secondo te devo farmi operare per togliere tutto?"; "Non penso sia il caso", la risposta laconica. E ancora: "Starò bene, vero? Sospendere questa cosa mi farà stare bene senza danni, vero?"; "Assolutamente si, è questo che ti sta creando danni", la risposta. Di contro, poi, c’era la sensazione che Miceli fosse profondamente legata alla "Sciamana" e alle sue presunte ‘cure': "Noi abbiamo i batteri buoni che ci aiuteranno e loro entrano anche nelle ossa. Noi crediamo negli strumenti che abbiamo a disposizione dall’Universo".
Vedremo come si pronuncerà il gip nei prossimi giorni, fermo restando, come detto, che al momento il pm stesso ha chiesto l’archiviazione. Ma intanto la vicenda, già profondamente drammatica, ha assunto caratteri ancora più surreali. Secondo quello che è emerso negli ultimi mesi – e come racconterà la trasmissione Farwest venerdì sera su Rai3 in un'inchiesta esclusiva realizzata da Carmine Gazzanni – proprio la Sciamana sarebbe legata a un'organizzazione complottista di cui anche Fanpage.it si è occupata in passato. Parliamo di "Noi È Io Sono", che professa il disconoscimento dell’autorità del governo e delle leggi e che firma i documenti con una sorta di inchiostro rosso che secondo alcuni sarebbe addirittura sangue. Nel corso degli ultimi anni di questa organizzazione si è parlato per via di casi di cronaca in cui persone sono state fermate senza patente o assicurazione o magari con una targa artefatta (tra le altre cose l’organizzazione va in giro con un passaporto autoprodotto che a detta loro sostituirebbe tutti i documenti ufficiali che, ovviamente, loro non riconoscono). Alcune persone sono arrivate a perdere la casa perché convinte che il mutuo alla banca doveva pagarlo un presunto "uomo di paglia" e non loro stesse.
Gazzanni è riuscito ad infiltrarsi all'interno dell'organizzazione documentando le tesi bislacche dell'organizzazione che ritiene, tanto per dire, che i principali leader mondiali (da Trump a Putin) siano morti ormai da anni e che al loro posto ci siano dei cloni, che a governare il mondo intero ci sarebbe una cabala extra-terrestre, e che tutti noi non dovremmo più pagare biglietti, mutui, assicurazioni, multe e bollette perché in realtà saremmo creditori già al momento della nascita di milioni di euro che lo Stato – che per loro è un'azienda privata – ci sottrae. Il punto, però, è che all'interno dell'organizzazione molte persone sono convinte che anche la scienza sia un enorme complotto. E dunque che le medicine non servano a nulla, che siano veleno, che i vaccini e la chemio siano un modo con cui “il sistema” vuole farci fuori, che se si è in pace col mondo il cancro non arriva. E non a caso potrebbero essere più d'uno i casi di morti sospette. 

 Note a margine  


12.9.25

CHI URLA DI PIÙ NON HA PIÙ VERITÀ DA DIRE. E ALLORA, CHI DAVVERO RICORDA? di Elisa laPenna ( https://nessundatodisponibile.blog/ )


l'11  settembre      cosi  come   tutte le  giornate  \  settimane      particolari  (  27 gennnaio  ,  10  febbraio  ,   25  aprile  ,  2  giugno  ,  ecc    mi  scuso  se   ne  ho  dimenticato  qualcuna  )       sono alla base  della riflessione       che  condivido  in pieno  dell'ottima    Elisa  laPenna  ( https://nessundatodisponibile.blog/

Ogni anno ci ripetono che “ricordare è fondamentale”. Ma ricordare cosa, esattamente?
Le immagini che ci hanno cucinato in loop fino a stordirci? Le verità preconfezionate vendute come dogmi? O la rabbia che, ben nutrita, torna sempre utile a qualcuno?
Io penso che ricordare serva solo se diventa diffidenza. Diffidenza verso chi ti offre una versione unica, comoda, semplificata. Perché la verità non è un trofeo da esibire: è vissuto, carne e ossa, paura e silenzio. E quella non si spettacolarizza, si custodisce.E se la memoria servisse più a chi racconta che a chi ricorda?
che ragiona su quyanto scritto da
La memoria non necessariamente aiuta a trovare i colpevoli o i responsabili, ma spesso serve a tenere ben saldi stati emotivi come rabbia e frustrazione.
Ricordare, in questo caso, dovrebbe essere un monito alla diffidenza nei confronti di chi ci propone una verità assolutistica.
La verità è un qualcosa che è già successo o che continua a succedere. È solo chi la sperimenta può conoscerla. E questo è un fatto e non può essere messo in discussione.
Ai media non interessa la verità, ma solo la spettacolarizzazione degli eventi. Sfama coloro che hanno bisogno dei particolari per sfogare una rabbia che fino a quel momento non hanno voluto considerare.
Il modo più efficace per essere in pace è agire secondo coscienza e fare del bene. Appena possibile, tutte le volte che è possibile.
Non importa come e quando finiremo. Se faremo del bene, questa sarà l'unica cosa che conta.

31.7.25

il caso di Milano aggiornamento forse è stato il turista francese ebreo a provocare e aggredire, anche fisicamente,

 LEGGI  PRIMA 
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2025/07/famiglia-ebrea-aggredita-in-autogrill.html

L'articolo Antisemiti all’autogrill: tutto fa brodo pur di non parlare di Gaza   di  InsideOver    che    riporto sotto   sembra    smontare   la  versione   ufficiale    dei fatti  di Milano  di  cui avevo  parlato  conil beneficio del  dubbbio   nel post  precedente   (  vedi  url  sopra  )  

Antisemiti all’autogrill: tutto fa brodo pur di non parlare di Gaza








Picchiato a Lainate, portava la kippah”. “Aggressione dei due turisti ebrei a Lainate”. “Aggressione antisemita in autogrill”. E così via, per due giorni, molto oltre questo piccolo campionario di titoli a effetto. Compreso quel genio che è andato in Parlamento con la kippah, per far vedere che lui “non ci sta”. O i fenomeni del ministero degli Esteri di Francia, pronti a gridare “all’insopportabile aggressione antisemita” del loro concittadino. O il ministro italiano che fiuta l’occasione e la spara grossa: “Caccia all’ebreo”. O il cazzaro da redazione che, siccome il turista dice che in quell’autogrill i casi di antisemitismo sono frequenti, lo riscrive pari pari, senza nemmeno chiedersi perché proprio a Lainate (dove, guarda combinazione, chi qui scrive vive da un paio di decenni), e in un autogrill, dovrebbe annidarsi un simile focolaio di antisemitismo. Un caso perfetto in cui querelante e giuria coincidono: perché il turista ebreo grida all’aggressione e il coro dei media emette la condanna, sulla sola base delle sue affermazioni. Mentre il compito dei media sarebbe di verificarle, le notizie, non di prendere per buona la prima versione che passa. Non era che la stampa è il cane da guardia del potere ?


Poi, ops, salta fuori un’altra possibile versione. Ne parla nei particolari Paolo Mossetti nell’articolo che abbiamo appena pubblicato. Si scopre che forse è avvenuto esattamente il contrario: forse è stato il turista francese ebreo a provocare e aggredire, anche fisicamente, salvo poi mettere fuori il classico videetto da telefonino per fare la vittima e creare il caso. A sostegno di questa tesi non solo le affermazioni di un avvocato ma una denuncia penale e un referto del pronto soccorso. Ops. Potrebbe essere una ripetizione del caso della ristoratrice di Napoli, prima accusata di aver “perseguitato” due clienti ebrei poi scagionata perché si è scoperto che i rompicoglioni e provocatori erano quegli altri. Ma intanto i due erano stati ricevuti in Comune, con tanto di scuse pubbliche.
Nel caso di Lainate noi ovviamente non sappiamo chi abbia ragione. Non abbiamo prove a favore degli uni o degli altri e nemmeno ne cerchiamo. C’è una denuncia, qualcuno indagherà, forse lo sapremo. A ogni buon conto il turista francese se n’è andato e dubitiamo che torni per aiutarci a chiarire. Però ci fa impressione la reazione pronta e unanime della stampa italiana: univoca, a senso unico, basata su notizie che nessuno aveva e su certezze che nessuno poteva nutrire. In buona sostanza, fondata solo ed esclusivamente sul pregiudizio e sulla speculazione.
Nel caso di Lainate noi ovviamente non sappiamo chi abbia ragione. Non abbiamo prove a favore degli uni o degli altri e nemmeno ne cerchiamo. C’è una denuncia, qualcuno indagherà, forse lo sapremo. A ogni buon conto il turista francese se n’è andato e dubitiamo che torni per aiutarci a chiarire. Però ci fa impressione la reazione pronta e unanime della stampa italiana: univoca, a senso unico, basata su notizie che nessuno aveva e su certezze che nessuno poteva nutrire. In buona sostanza, fondata solo ed esclusivamente sul pregiudizio e sulla speculazione.
Un pregiudizio razzista, innanzitutto. Perché il turista è ebreo, bianco ed europeo, mentre i suoi “avversari”, pur essendo cittadini italiani, sono di origine araba. Non provate neppure a dire che è un caso. Nessuno sapeva niente di preciso dei fatti (a parte, ovviamente, la versione del francese) ma subito il “buono” era il signore ebreo e i “cattivi” gli italiani di origine araba. Guarda combinazione.
E poi una speculazione politica. Perché agitare alla minima occasione la storia dell’ebreo perseguitato e dell’antisemitismo imperante non è che l’altra medaglia dello slogan “Israele ha il diritto di difendersi” che tanto piace ai governi Italia e Germania e che tanto è piaciuto, in questi anni, anche ai governi che ora, senza peraltro prendere il minimo provvedimento concreto, si lavano la coscienza con il riconoscimento di uno Stato di Palestina al cui smantellamento, attraverso gli insediamenti illegali israeliani, hanno assistito senza batter ciglio.
Su InsideOver non abbiamo mai esitato nel condannare le stragi del 7 ottobre 2023 e nel raccontare Hamas per quello che è: un movimento terrorista islamista e un partito politico totalitario, non certo uno strumento per la liberazione della Palestina. Ma quale “difesa” esercita Israele decimando una popolazione come quella gazawi, sparando su chi cerca di procurarsi un sacco di farina, facendo morire per fame centinaia di bambini? Quale difesa ha esercitato Israele nei confronti della Siria, che da mesi bombarda e occupa senza che il regime di Al Jolani abbia alzato un dito per aggredire lo Stato ebraico?
Storie come quella di Napoli (inventata, come si è visto) o come quella di Lainate (e vedremo se inventata o no) sono perfette armi di distrazione di massa. Servono a farci volgere lo sguardo, a farci credere che per certe azioni in fondo in fondo ci sia una certa giustificazione. Vogliono insinuare il dubbio che il genocidio di Gaza non esista (a dispetto di tutte le inoppugnabili testimonianze, da quella della rivista scientifica Lancet a quella dei medici Usa che scrissero a Joe Biden fino alle chiarissime definizioni Onu del concetto di genocidio, codificate in un trattato a suo tempo firmato anche da Israele) e che, al contrario, esista una specie di congiura mondiale ai danni dello Stato ebraico.
Senza tanti giri di parole: l’Italia non è un Paese antisemita come non è un Paese anti-arabo. Al contrario, Israele è una popolazione che discrimina la corposa (20% della popolazione) minoranza araba. E quasi tutti i Paesi arabi nutrono spiriti antisemiti. Non noi. Qualunque cosa possa dire o scrivere sui social la minoranza di idioti che si esercita in invettive antisemite, mentre peraltro tutti i giornali e le Tv cercano di far credere che criticare un Governo laico come quello attualmente in carica in Israele sia un attentato non solo contro Israele stesso ma contro tutti gli ebrei del mondo.
E già che ci siamo: ci piacerebbe che qualcuno facesse anche un pizzico di mea culpa rispetto a certe narrazioni. Non pensiamo tanto alle organizzazioni ebraiche o del sionismo organizzato, che in fondo perseguono i loro scopi statutari. E nemmeno ai giornali italiani che ripetono senza esitare i dati delle agenzie di sicurezza ebraiche, senza mai chiedersi se queste non abbiano un qualche interesse nel dipingere l’Italia e l’Europa come un solo calderone di antisemitismo. Pensiamo ad altri, per esempio a personalità indubbiamente onorevoli come quelle raccolte nell’associazione Setteottobre, che ancora all’inizio di quest’anno spiegavano che è pro-Pal “normalizzare l’accusa di genocidio demonizzando la democrazia israeliana“, come se a normalizzare la decimazione dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania non fosse il Governo Netanyahu. Decine di morti anche oggi nella Striscia, l’avete saputo? Sempre convinti che la fame indotta a Gaza sia un’invenzione di qualche fanatico con la kefiah al collo? E il fatto che Israele sia una democrazia che cosa c’entra con le bombe sui campi profughi? Non dovrebbe essere un’aggravante?
A questo punto, e lo diciamo ovviamente come paradosso, c’è da augurarsi che sui fatti dell’autogrill di Lainate sia vera la versione del turista ebreo francese. Perché altrimenti lo spettacolo offerto da gran parte del giornalismo e dell’intelligencija italiana sarebbe troppo sconfortante. Anche se contribuirebbe non poco a spiegare perché da questo Paese i giovani se ne vanno e perché l’Europa si presta ogni volta che un Presidente Usa alza il dito.

13.6.25

La crisi del calcio italiano riguarda tutti: le conseguenze del disastro della nazionale azzurra

Cari   amici \  che  vicini e  lontani con questo  post  sembrerò contro corrente , io che    ho sempre

criticato ( infatti la scorsa edizione un diario del mio boicotaggio sui modiali ) il calcio in se giudicandolo , pur raccontandone gesta e storie , psssando da ultra a critico come questa  famosa  canzone 


   

Ma  concordo   come  me   controcorrente con quest'articolo diel sito Atletica Live preso da msn.it perchè 

La crisi del calcio italiano riguarda tutti: le conseguenze del disastro della nazionale azzuri Ciò non di meno, sulla crisi della nazionale di calcio e in generale sul calcio italiano, bisogna riflettere anche per chi segue l’atletica, visto che gli effetti negativi del collasso del sistema calcio portano, a cascata, a problemi che si riversano su tutto il sistema dello sport italiano.a partiamo dall’inizio. Il calcio italiano sta attraversando una crisi profonda e cronicizzata, che non si limita al rettangolo di gioco, ma si riflette negativamente sull’intero panorama sportivo nazionale. Con la Nazionale che ha fallito la qualificazione agli ultimi due Mondiali e rischia di mancare anche il prossimo dopo la batosta storica in Norvegia, il declino del calcio nostrano sta inopinatamente danneggiando anche altri sport. Il calcio infatti rappresenta il principale motore economico e mediatico dello sport in Italia: ok, lo sappiamo tutti, con tante derive, deviazioni, ossessioni e cadute di stile, ma così è. Nel 2022, il calcio ha generato ricavi per 3,8 miliardi di euro, pari al 70% del fatturato sportivo totale. Quando questo motore rallenta, le conseguenze si fanno sentire altrove. Discipline come basket, pallavolo e atletica, che dipendono in parte dai fondi del CONI e dalle sponsorizzazioni legate al calcio, subiscono una riduzione di visibilità e di risorse. In Italia le ragnatele della politica (che hanno i loro terminali in Parlamento) hanno la facoltà di riallocare le risorse verso il calcio, come del resto già successo dopo il fallimento alle qualificazioni dei mondiali del 2018, con uno spostamento di denari per sostenere il mondo del calcio a detrimento delle altre federazioni, che in quel periodo subirono un taglio medio del 10%. Uno studio del 2023 evidenziava che il 40% delle federazioni sportive italiane ha registrato un calo dei finanziamenti da terzi (quindi tolto il CONI il cui budget è stabile attorno ai 440 milioni di euro) negli ultimi cinque anni, un fenomeno attribuibile in parte alla contrazione dei ricavi calcistici. Lungi dall’essere un evento da accogliere con favore, questa crisi è un segnale d’allarme per tutto il sistema sportivo italiano, che rischia di perdere competitività a livello globale e che è compensato – per quanto riguarda gli sport individuali – dai gruppi sportivi militari. Quando il calcio è in difficoltà—ad esempio, dopo scandali o scarsi risultati—gli sponsor tendono a ridurre i loro budget complessivi per lo sport. Un rapporto di SportBusiness del 2024 ha rilevato che, in periodi di sottoperformance calcistica, le sponsorizzazioni per sport non calcistici sono calate del 15%. Questo succede perché le aziende vedono meno ritorno economico da un calcio in crisi e tagliano i fondi anche altrove. Ma il vero problema, a mio parere, è un altro, e questo non lo troverete certo sui grandi quotidiani sportivi i cui editori, incredibile a credersi ancor’oggi, sono a rotazione i proprietari di squadre di calcio di Serie A: atteggiamento, questo, che si sposa a meraviglia con un sistema che non funziona sin dai fondamentali, pur essendo tutto perfettamente legittimo. Il problema Ora, negli ultimi anni, la Serie A ha visto un cambiamento radicale nella proprietà dei suoi club. I presidenti “romantici”, simbolo di passione e tradizione, sono stati sostituiti da fondi di investimento stranieri e businessman internazionali. Nel 2021, oltre il 50% dei club della massima serie era controllato da investitori esteri, una tendenza che come stiamo assistendo, è in continua crescita. Per questi nuovi proprietari, il calcio non è più un patrimonio culturale da tutelare, ma un’opportunità di profitto. Questo approccio si riflette in maniera paradigmatica nelle strategie di mercato, favorite fino al 2023 dal Decreto Crescita, che ha offerto sgravi fiscali sugli stipendi dei giocatori stranieri, rendendoli più convenienti rispetto ai talenti italiani. I club acquistano così continuamente calciatori internazionali a basso costo, li valorizzano e li rivendono a cifre elevate, spesso all’estero, privilegiando il bilancio rispetto alla crescita del movimento calcistico locale. Le statistiche sono eloquenti: nella stagione 2021/2022, i giocatori italiani under 21 hanno disputato solo l’1,9% dei minuti totali in Serie A, mentre gli stranieri over 21 hanno coperto il 61,3%. (Fonte “Report Calcio 2022”) Ruoli strategici, e mediaticamente a grande impatto, come l’attaccante o il trequartista, sono spesso appannaggio di giocatori provenienti dall’estero, relegando i giovani italiani ai margini. Anche nei campionati giovanili, come la Primavera, la presenza di giocatori esteri è aumentata, passando dal 29,2% nel 2020/2021 al 32,4% nell’ultima stagione. Il Lecce, campione Primavera 2023 con una squadra composta per oltre il 90% da giocatori non cresciuti nei vivai italiani, è un esempio lampante di questo nuovo asset di cui il calcio italiano si è dotato. Il risultato? La Nazionale si ritrova con un bacino di talenti limitato e poco rodato ad alti livelli. Diversi giovani devono cercare fortuna all’estero, impoverendo ulteriormente il calcio italiano. Sia chiaro: non si può pretendere di avere la moglie ubriaca e la botte piena, ovvero non si può pretendere di avere una nazionale vincente se non esistono calciatori italiani che giochino in Serie A e contemporaneamente vivere di finanza creativa acquistando solo giocatori da federazioni estere. E i giornali sportivi? Guardano il dito e non la luna Spesso i media italiani attribuiscono la crisi della Nazionale a carenze nei vivai o nelle scuole calcio. Tuttavia, questa lettura appare riduttiva e banalizzante. Sembra di sentire il mantra “bisogna ritornare nelle scuole” sentito milioni di volte quando l’atletica italiana andava male. Di fatto, poi, nessuno, a livello centrale ha fatto qualcosa (o avrebbe potuto fare qualcosa, visto che sarebbero servite risorse non immaginabili) se non qualche spot (non dimentico mai, personalmente, il demenziale “fai atletica e non farai panchina”, che ha ridotto questo sport a scarto da buttare nell’umido privo di qualunque dignità, ovvero proprio il contrario di quello che una campagna pubblicitaria avrebbe dovuto fare per coinvolgere i giovanissimi a presentarsi ad un campo d’atletica in massa). Tornando al calcio. I settori giovanili necessitano certamente di miglioramenti, come sostenuto da molti, ma il problema di fondo risiede altrove: se i club, guidati da investitori stranieri, vedono nel profitto l’unico scopo, lo sviluppo dei talenti locali diventa un’opzione secondaria. Incolpare solo i vivai significa trascurare l’impatto delle politiche fiscali e delle scelte di mercato che hanno stravolto le priorità della Serie A. La fissità delle classi dirigenti: l’aggravante Un’ulteriore concausa della crisi è la staticità delle classi dirigenti del calcio italiano. Problema non certo sconosciuto anche nell’atletica, con dirigenti che sono arrivati anche ben oltre i 10, 20 o 30 anni di “cadrega”. Nel 2021, Gabriele Gravina, presidente della FIGC dal 2018, è stato rieletto con il 73,45% dei voti, nonostante i ripetuti insuccessi della Nazionale. Quest’anno ha raccolto addirittura il 98,,7% dei voti, ovvero la totalità del mondo del calcio. Nato nel 1953, Gravina incarna una generazione di dirigenti che ha dominato il calcio italiano per decenni, spesso opponendosi al rinnovamento. Questa fissità ha bloccato riforme necessarie, come l’introduzione di quote per i giocatori italiani o la revisione degli sgravi fiscali per gli stranieri. Le classi dirigenti, votando in blocco per confermare Gravina, molto in là con gli anni, hanno scelto la continuità invece del cambiamento, aggravando un sistema già in difficoltà e incapace di guardare al futuro. Il parallelo con il calcio Inglese Un confronto con la Premier League è utile. Con circa 3 miliardi di euro annui dai diritti TV (contro il miliardo della Serie A), il campionato inglese è il più ricco al mondo e vede il 60% delle rose composto da calciatori stranieri. Eppure, la Nazionale inglese non vince un titolo dal 1966, anche se recenti progressi (semifinale ai Mondiali 2018 e finale a Euro 2020) mostrano un’inversione di tendenza. A differenza dell’Italia, l’Inghilterra ha però investito pesantemente nei vivai e nelle infrastrutture giovanili, mitigando almeno in parte l’impatto dei giocatori provenienti dalle altre Federazioni. In Italia, invece, questa visione a lungo termine manca del tutto, è del tutto evidente. Le stesse squadre U23 di alcuni top-club, nate con lo scopo di dare spazi ai giocatori giovani dei top club, dove non trovano spazi, in un contesto professionistico, non hanno certo lasciato il segno, anzi: il Milan Futuro è addirittura retrocesso dalle serie professionistiche in Serie D. Che futuro? La crisi del calcio italiano è strutturale, non solo tecnica. Capisco che (quasi) tutti l’abbiano compreso, senza però arrivare al nocciolo del problema (più che altro, per interesse a non disturbare magari qualche presidente). Politiche fiscali che favoriscono i calciatori di altre realtà e altre federazioni, l’orientamento al profitto degli investitori esteri e l’immobilità delle classi dirigenti hanno trasformato la Serie A in un mercato di passaggio, anziché in un serbatoio per il calcio italiano e, di conseguenza, della Nazionale. Siamo tutti perfettamente consapevoli che i grandi campioni, una volta affermatisi in Italia, vadano in UK o in Spagna, e, quando sono cotti, in Arabia Saudita. La stessa Nazionale non ha più una sua anima, non è più espressione di una “scuola”, quella italiana, con determinate caratteristiche e peculiarità. Se in Serie A giocano per la stragrande maggioranza calciatori presi da altri campionati, la “cultura” calcistica non esiste più, se mai fosse un valore sportivo da salvaguardare. Potremmo anche dire che così va il mondo, che sarebbe del tutto anacronistico fermare le tendenze alla globalizzazione dei mercati, compreso il mercato del lavoro (anche se in questo preciso momento storico, la tendenza andrebbe verso la contrazione di tali spinte). Potrei anche essere d’accordo, ma allora non pensiamo più alla Nazionale come un “bene” da salvaguardare o dal quale aspettarci chissà cosa. La Nazionale di calcio è semplicemente il frutto del suo campionato, delle sue logiche sistemiche (che spesso, fiscalmente, non sono così virtuose), e dei suoi dirigenti, che in Italia sono diventate un fardello enorme da trainare. Detto questo, andare ad un mondiale di calcio sarà sempre più un’impresa sportiva con queste premesse se non cambierà qualcosa (o qualcuno). Con conseguenze su tutto lo sport italiano.

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