Un pezzo di storia se ne va. I due negozi chiuderanno nel fine settimana, a meno che il curatore fallimentare non disponga una proroga di alcuni giorni. "Mi sono trovato spiazzato - racconta Bartolucci - perché la pandemia ha fermato tutto. Siamo rimasti gli unici a non produrre in Cina sottocosto, facciamo tutto a mano con i nostri operai. Solo così si ottiene l'autenticità di un oggetto, che si sente al tatto, con la levigatura di certe rifiniture".
Dalla vecchia falegnameria del mastro alla fabbrica dei sogni. In mezzo il flusso di ricordi, come la costruzione del Pinocchio per la fiction omonima con Bob Hoskins nei panni di Geppetto, dove al centro del palco c'era il banco con i pochi attrezzi necessari, manuali e originali degli anni '40, un trapano, seghetti e uno scalpello curvo.
"Con la ripresa del pagamento dei mutui la situazione è diventata drammatica - racconta Mariagrazia Stocchi, amministratrice delegata dell'azienda e moglie di Francesco -. Per risollevare il fatturato due anni fa avevamo preso anche un locale in affitto in Corso Vittorio a Roma, ma è stato aperto solo quattro giorni, poi c'è stato il lockdown. Lo avevamo allestito con tanta speranza. Invece sì è rivelato un boomerang".
L'agonia è stata lunga, una trattativa durata un anno con un'azienda cinese interessata all'acquisto non è riuscita a cambiare le sorti. "Ora stiamo pensando di cessare ogni attività nel giro di un paio di settimane: dopo Urbino, toccherà al negozio di Firenze, poi Roma. Anche l'e-commerce è sospeso da giorni. Rimangono alcune giacenze dai nostri rivenditori tra i quali Dubai, Madrid, San Francisco, Malta e Atene", confessa Mariagrazia.
Eppure Pinocchio ne ha fatta di strada. Da una favola all'altra, da burattino parlante venduto in più di un milione di pezzi a un impero con 150 punti vendita nel mondo. Ma anche un salto dal passato al futuro, dalla falegnameria di Geppetto al marketing esperienziale: negli angoli adibiti a museo era stata ricreata la bottega antica per mostrare ai clienti la sapiente arte dell'intaglio. Anche per questo, una prestigiosa rivista Usa ha inserito l'azienda tra i primi 15 negozi di giocattoli al mondo e le figlie di Walt Disney hanno chiesto alcuni esemplari da esporre nel loro museo di San Francisco.
La chiusura dell'attività è il grande dolore di Bartolucci: "Mi piaceva vedere la gente emozionarsi, era come passare davanti a un forno e sentire l'odore del pane. E poi le notti a lavorare al banco, quando mi sembrava che i burattini mi parlassero. Era come stare in mezzo ai bambini. Quei negozi per me erano figli". C'era una volta un pezzo di legno.
Un Paese dei Balocchi senza giochi
Sul Pinocchio di Collodi a leggerlo c'è da stupirsi perché si sfatano un paio di miti. La prima riguarda il Paese dei Balocchi. Giochi, sì; ma pochissimi i balocchi. Nel meraviglioso elenco collodiano che dipinge a parole un animatissimo Bruegel compaiono delle spade di cartapesta, cerchi, palle, cavallini di legno e poco altro. Per il resto gli abitanti della gaia contrada si azzuffano, si sbeffeggiano, corrono, saltano, ballano e sono in pratica i parossistici balocchi di sé stessi. L'altro mito è proprio quello delle bugie. Pinocchio ne dice pochissime e il naso gli si allunga anche quando non ne dice. La prima volta è quando si accorge che la pentola in cui spera di trovare di che mangiare non è vera ma è dipinta sul muro. La verità è che Pinocchio "resta con un palmo di naso" - naso che appunto gli si allunga - quando si imbarazza e dall'emozione l'animo gli si ingorga sino a sconvolgergli il sembiante.
E ora solo burattini Made in China
La falegnameria dei Pinocchi acquistabili ora chiude e ci si dovrà consolare con esemplari di produzione cinese e di qualità fatalmente inferiore. Quella di Geppetto però resta dov'è, nei primissimi capitoli di un libro che ricordiamo in modo impreciso, poiché lo abbiamo presente più nella fallibile memoria collettiva che sui nostri scaffali. Apriamolo, ritroviamo quegli "occhiacci di legno". La sua voce tornerà subito a canzonarci, ma anche a ridirci chi siamo.
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L'erede dell'antica arte dei carretti siciliani
Michele Ducato è l'ultimo decoratore della bottega fondata dal nonno a Bagheria nel 1895. Storia, rinascita e curiosità di questa lontana tradizione.
una tradizione che resiste ed ha avuto uno splendido splendore come dimostra quest'altra storia
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QuandoQuando decise di aprire un cottage letterario in un paese di 180 anime tra le colline della Garfagnana, Alba Donati venne presa per pazza. Ma il tempo ed il libro ( foto a sinistra ) in cui racconta la sua vicenda ovvero di Una libreria microscopica in un paesino di180\200 persone sperduto sulle colline toscane, ma portentosa come una scatola del tesoro. Dai bambini che entrano di corsa alle marmellate letterarie, da Emily Dickinson a Pia Pera, le giornate nella Libreria Sopra la Penna sono ricche di calore, di vite e storie, fili di parole che legano per sempre: una stanza piena di libri è l'infinito a portata di mano. E che ha subito un incendio ma grazie al Crowdfunding ha riaperto . il resto della stroria nei diue video sotto