come dice questo interessante articolo preso da https://inews.io/32377/

Foto di Ginevra Abeti
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L’8 marzo non è la “festa della donna”.
Si chiama così solo in Italia. La
Giornata internazionale della donna – questo il suo vero nome – è nata in ambito socialista ed è dedicata in origine alle battaglie di cui le donne furono protagoniste all’inizio del Novecento. Nel corso degli anni la festa della donna italiana è diventata una
stucchevole liturgia a cadenza annuale in cui le donne vengono omaggiate con fiori e cioccolatini. Anche se spesso la
chiamiamo Festa della Donna in realtà la ricorrenza non nasce come
una
festa ma un’occasione di riflessione sulle questioni sociali che riguardano la parte femminile della popolazione. Come mai si celebra proprio l’otto marzo? La Giornata della Donna non è sempre stata la stessa negli anni. Nel 1908 tra le donne socialiste si iniziò a parlare dell’istituzione di un “
Women’s Day“, per dare risonanza alle proprie
istanze. L’anno dopo gli Stati Uniti furono la prima nazione a celebrare una giornata dedicata alle donne per chiedere il diritto di voto. Ma in quell’occasione si scelse il 28 febbraio, non l’8 marzo. In Italia la giornata fu celebrata per la vita volta nel 1922, ma il 12 marzo. Dopo la seconda guerra mondiale fu l’Unione Donne libere italiane a organizzare la prima giornata della donna nell’Italia liberata, l’8 marzo 1945.
Il consiglio di iNews ed mio dunque è quello di non limitarsi a regalare: mimose o cioccolatini, trucchi ed altre amenità varie bensì di passare una giornata cercando di capire il significato più profondo di questo giorno
quindi ma quale festa
per chi non crede faccia qualche altra iniziativa laica . ma soprattutto evitiamo come ogni anno frasi del genere . Ha sollevato un vero e proprio polverone il tweet pubblicato dal giornalista e conduttore di Che tempo che fa Fabio Fazio che, in occasione della Giornata internazionale della donna, ha scritto: «Oggi è l’8 marzo, festa della donna. La donna è colei che dà la vita. La guerra è l’esatto contrario. Non si può non pensare a tutte le madri e le mogli straziate per il dolore di questa e di tutte le altre guerre».
Un post che ha provocato diverse reazioni. A partire da quella della scrittrice
Giulia Blasi secondo cui «non è una festa, non siamo funzioni della vita degli uomini, e molte donne ucraine in questo momento sono al fronte come combattenti attive».
Per la giornalista Rula Jebreal, invece, «il miglior modo di celebrare le donne è l’inclusione. Serve che ogni giorno, non solo oggi siano coinvolte più giornaliste, inviate di guerre, analiste e attiviste… La parità va implementata, non elogiata»
«Ragazze, mi raccomando, o date la vita o niente – ha dichiarato invece l’artista
Ella Marciello – O siete appendici e funzionali di qualche maschio o non siete donne. Madri e mogli. Questa retorica è pericolosissima per la sicurezza delle donne, riusciamo a mettercelo in testa?». «L’ 8 marzo non è una “festa” – ha concluso
Beatrice Covassi, capo della rappresentanza in Italia della Commissione Europea – Considerare le donne solo come madri e mogli non fa giustizia a tutte noi né alle combattenti ucraine e a tutte le donne che nel mondo lottano per i diritti».