Visualizzazione post con etichetta cultura misogina. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cultura misogina. Mostra tutti i post

6.6.23

Il femminicidio sistematico e ripetuto è la conseguenza tragica di una società che ha fatto della misoginia una nuova religione di Mary Blindflowers

da

Il femminicidio sistematico e ripetuto è la conseguenza tragica di una società che ha fatto della misoginia una nuova religione. E lo si evince anche solo guardando frammenti di programmi tv dove la donna ha il ruolo sistematico e deprimente di essere bella e silente, dai festival della canzone dove ci sono donne stesse che dicono ah se non fossi stata bella non sarei qua, e presentatori che dicono che dietro un grande uomo..., sempre nelle retrovie..

foto di 𝓫𝔂 𝓿𝓲𝔃𝓮𝓻𝓼𝓴𝓪𝔂𝓪  presa
da  https://www.linkedin.com/in/silvia-serra-94955a203
 

E che dire di quel programma dove una signorina in minigonna insegnava alle donne a cuccare al supermercato? Ma davvero siamo ridotte a questo livello? Ecco, la misoginia la si avverte ogni giorno sull’autobus quando giovani e vecchi tromboni dicono che non ci sono più le donne di una volta, ossia zitte e ubbidienti, che giudicano le donne dal loro aspetto fisico etichettandole o che fischiano quando vedono una donna, come se si rivolgessero a un capo di bestiame o a una gallina. Misogine sono le mamme che dicono alle figlie di imparare a fare i lavori domestici e ai figli maschi di inserirsi nel mondo del lavoro.
Misogine sono le donne stesse, quando pensano che una donna senza figli non sia una donna completa. E della Chiesa vogliamo parlarne?
  Confinata al ruolo di eterna madre, la donna ha un solo compito: riprodursi e ubbidire. Il famoso fate figli del gesuita Francesco... Roba da Medioevo. Potrei aggiungerne altre, tante, ma mi fermo qui. Se non si cambia la mentalità, come può non accadere il peggio?

21.6.22

i genitori che fanno i bulli e gli haters su un account social di Elisa Esposito una ragazzina che non loro figlia dandogli della ..... che ..... esempio danno ai loro figli ?


Sono andato giusto ieri a vedere chi fossela tizia vedere foto sopra e video sotto

 

   di  cui si parla    in  un post  che ho trovato  sulla home generale di facebook e cosa facesse. Una volta finito il video, avrei voluto darmi fuoco alle orecchie.
Il che, immediatamente, mi ha fatto sentire molto vecchio nonostante abbia 46 anni .
Sì perché quando eravamo ragazzini ne dicevamo di assurdità ... Eccome se ne dicevamo. Ci siamo tutti inventati una lingua segreta da bambini e da ragazzini, è un gioco un  modo  si reagire  al  conformismo e  all'autoritarismo  genitoriale  . Gli adulti d'oggi   , ovveroi ragazzi  d'ieri  dimenticanoo non ricordano  , non dovrebbero.
Avevamo un modo di parlare che faceva sollevare lo sguardo al cielo ai miei vecchi genitori oltre  che  agliinsegnanti  . 
 Ed era ( ed è ) tutt'ora giusto visto che ogni generazione precedente alla tua rimproveri o rimanga ammutolito e sfotta quando non vuole sforzarsi d'aprirsi al nuovo .
Eravamo stupidi, ci comportavamo da stupidi e sono felice che lo facessimo. Era fisiologico.chi non lo  ha  mai fatto  alzi  la  mano 😃 
Ora ci siamo trasformati negli adulti, nei vecchi che ci rompevano le palle ai tempi e che eravamo noi a guardare con sufficienza. Perché se ti dimentichi di essere stato un ragazzino stupido, significa che sei diventato un adulto deficiente. Il che è molto peggio, e oltretutto non passa con gli anni a differenza della stupidità della gioventù ... .
Detto questo, mi chiedo   come    un adulto che consideri lecito  andare ad insultare una ragazzina che  peraltro  non è  un suo  familiare   per come parla mi fa orrore. È una sconfitta dell'intera società. come può venire in mente a una persona anche solo vagamente normodotata di andare sotto al video di una ragazzina che dice “amiooooo”  ed    espressione    simili   ad insultarla dandole della “puttana” ?


Voi non state mica tanto bene, gente.Cioè: quella roba è certamente   abominevole e odiosa per chiunque abbia più di 16 anni, e siamo d’accordo, ma mica deve piacere a noi   che  abbiamo  40 anni è  più 
Io, ad esempio  collegandomi  al discorso  delle  righe  precedenti  , da ragazzino, dicevo per  esempio  “tozzo” per dire “fico” ed espressioni   gergali  simili  che   andavano  di  moda per un certo periodo  e   alcune  si  sono  anche   estinte sono scomparse   . O storpiavo  o accorgiavo parole con acronimi tipo tvb o scorcia per scorciatoiaobiblio per  biblioteca , ecc .
Adesso, probabilmente, se incrociassi il me stesso di allora, sentirei l’irrefrenabile impulso di  rimproverarmi(  ed  criticare   eventuali  figli\e  )   come    facevano i miei    perchè  parlassi  bene  o  quanto meno  facessi distinzione   quando e  con chi  usarlo 
Si invecchia e si finisce per dimenticare che, molto spesso, diverse idiozie che si fanno e si dicono a quell’età, si fanno per sentirsi parte di un gruppo, di una generazione, per riconoscersi, annusarsi, per uscire dalle imposizioni de genitori , ecc
È una cosa che serve a diventare grandi. Poi cresci e vorresti tagliarti le orecchie con un ferro arroventato quando senti una che dice “amioooo”, certo. Fa parte del processo. Ed è giusto così . Ma Se, invece, senti quella roba da una persona che non è tuo figlio\a o tuo\tua nipote e decidi di andare ad fare il cazziatone ed soprattutto ad insultare pesantemente una ragazzina sul suo profilo TikTok o Instagram, usando parole pesanti come  quella   citata     mi dispiace ma il problema è solo e soltanto tuo, non suo che usa tali espressioni . Quindi cari vecchi tromboni e censori lasciamo ai giovani il loro mondo ed al loro linguaggio ( come é stato a nostra volta con modi di dire e terminologie che ora ci farebbero accapponare la pelle) senza fare i boomer maleducati su un profilo social che non ci appartiene ed  non  è neppure  di  un nostro familiare .


25.9.21

come parlare della violenza sulle donne ? il caso Come bisogna parlare di violenza sulle donne? IL «CASO PALOMBELLI» RIPROPONE IL TEMADEL VOCABOLARIO GIUSTO PER AFFRONTARE FEMMINICIDI E NON SOLO

 La televisione  nonostante   sia  sorpassata  dalla  rete    come mezzo   è un posto infido. Ti ascoltano e  leggono   moltissime persone, e spesso ti credono solo per il fatto che parli   seduto dentro casa loro.Per questo, le parole dette in televisione pesano persino più di quelle scritte. La giornalista Barbara Palombelli a Lo Sportello di Forum, introducendo una lite coniugale, ha detto: «A volte è lecito domandarsi se questi uomini erano completamente fuori di testa  se c’è stato un comportamento esasperante, aggressivo, anche dall’altra parte».Il giorno dopo, nella bufera, la stessa giornalista è stata costretta a prendere le distanze da sé stessa: «Non sono quella persona lì», e il giorno dopo ancora ha annunciato querele per diffamazione. Penso che fosse stanca, che fosse distratta, è sempre stata molto vigile sulla violenza contro le donne. Ma quella domanda resta. << E occorre, concordo con Antonella Boralevi scrittrice , io credo,dimostrare perché è sbagliata. Gli uomini che uccidono le donne non sono “fuori di testa”. Sono lucidamente convinti che quella donna lì, la loro,sia un oggettodi loro proprietà. Infatti, questi assassini uccidono quando lei si ribella, quando li lascia. Questo è un fatto. >>E i fatti non si espongono mettendoci dopo un punto interrogativo. La frase di Palombelli, su  cui non mi dilungo ulteriormente  ne  ho  già parlato qui e   qui  nel  blog  , credo, non è una domanda . Ma è una trappola  semantica  . Infatti  contiene ( senza alcuna intenzione  ed  in maniera  involontaria in questo caso   ) uno strumento di giustificazione agli assassini. Fornisce loro un format di comportamento: «L’ho uccisa sì, ma è stata colpa sua». Tanto più adesso, che nella società monta  senza    risulti  concreti   l’insofferenza per un racconto giudicato eccessivo dei femminicidi. Teniamo alta la guardia. Ma sopratutto  agiamo   e  non  limitiamoci solo a parlare  . Perchè di strada ne  bisogna  fare ancora   molto visto che  :



Redazione ANSA TARANTO13 luglio 202015:05
Foto sexy candidata, polemiche  Foto sexy candidata, polemiche E' bufera su scelta comunicazione elettorale candidata in Comune





(ANSA) - TARANTO, 13 LUG - Quel generoso décolleté sul manifesto elettorale e la scritta "contattami, cerco te" fanno ancora discutere. E' bufera sulla scelta di comunicazione elettorale di Caterina Zilio, candidata al consiglio comunale di Laterza (Taranto), nominata il 13 giugno scorso coordinatrice cittadina dei dipartimenti di "Puglia Popolare".
Nel pomeriggio dell'1 luglio scorso, Zilio - che lavora come operatrice socio sanitaria - ha postato su Facebook il manifesto elettorale che la ritrae in décolleté, accostata al logo di Puglia Popolare, con il messaggio "Cerco te! Se hai voglia di cambiare, contattami. Insieme si può" e in minuscolo il suo nome: Caterina. Nel post ha "taggato" Massimiliano Stellato, presidente provinciale del partito guidato dal senatore Massimo Cassano. Il manifesto "sexy" ha scatenato polemiche e reazioni sui social network con battute sessiste da parte degli uomini e aspre critiche soprattutto da parte del mondo femminile. E' una strategia di comunicazione studiata a tavolino? "Personalmente - scrive una donna commentando il post della Zilio - penso che lei abbia fatto un manifesto elettorale sessista, una specie di autogol per se stessa e per tutte le donne che combattono quotidianamente per accedere a qualifiche decisionali per le loro capacità. L'immagine da lei scelta unita peraltro a un linguaggio in linea è sessista, si 'autooggettifica', usa il richiamo sessuale in modo poco equivocabile per invitare a essere votata. Donne evitiamo di farci autogol".

Ogni volta che viene uccisa una donna ( madre , sosa , convivente , ecc ) Insieme allo sconcerto, però, sifa strada l’indignazione per come i media ( a prescindere dalll'orientamento politico culturale ) riportano i fatti, guardandosene bene (salvo rarissime eccezioni!) dall’usare il termine preciso per parlarne e questo termine, piaccia o no, è “femminicidio”. È come se non si riuscisse a far venir fuori dalla gola (o dalla tastiera) questa parola, morsi dal timore inconscio di infrangere qualcosa di malsanamente radicato nella nostra società. Evidentemente, nominando il fatto non come femminicidio bensì come un generico caso di omicidio-suicidio, o un ancor più generico dramma famigliare, ci si mette al riparo dall’ eventualità che il mandante si senta, forse, offeso? Smascherato? E chi è mai questo mandante, se non il patriarcato imperante che governa a piene mani la nostra società che insiste nel considerare le donne come esseri subalterni agli uomini? Ebbene, il termine “femminicidio” lo afferma; tutto il resto sono parole per fare un titolo che una volta ancora neghi l’esistenza di un fenomeno orribile, da curare e da prevenire.
La parola femminicidio non è stata inventata da poche ore. Sulla “Treccani” si legge tra l’ altro che femminicidio “…è un termine forte ma che rende l’idea: è l’olocausto patito dalle donne che subiscono violenza: da Nord a Sud, per aggressioni domestiche o fuori di casa, finendo all’ospedale quando non al cimitero. Per mano di famigliari, compagni, congiunti, per lo più”. Come riporta anche l’Accademia della Crusca, “con femminicidio s’intende non solo l’uccisione di una donna o di una ragazza, ma anche qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuarne la subordinazione e di annientarne l’identità attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”.
I giornalisti e le persone in genere fanno una scelta etica, buona o cattiva, quando comunicano e quando
decidono di tacere, censurare, di non servire la verità dei fatti. E comunque, anche quando tacciono, comunicano - se non altro la loro scarsa aderenza alla verità.Oppure sono intrisechi , salvo rarissime eccezioni , di una detterminata cultura ( vedere foto a sinistra ) . Ecco un estratto da ’articolo a firma di Marina Corradi del 22 maggio 2018 dal titolo “L’ultima battaglia di un uomo” perché descrive il duplice femminicidio avvenuto a Francavilla in modo distorto, santificando l'omicida come un eroe e, per questo, fornendo un’informazione gravemente pericolosa per l’idea di totale mancanza di discredito sociale verso un’azione tanto deprecabile, ma anche perché lo stesso è in aperto contrasto col Manifesto di Venezia e col documento della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ) a proposito di violenza sulle donne, elaborato nel solco della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993.
Bisogna  attirare  sempre  , scrivendo lettere   al  giornale  , all'ordine del  giornalisti  , non  comprando  o abbonarsi più a quel giornale  ,  l’attenzione sull’uso di una terminologia vecchia, fuorviante e ingiusta nei confronti delle vittime. È necessario portare un cambiamento nel lessico perché le parole contano, le parole hanno un peso. Basta parlare di “dramma”, “raptus di gelosia”, “omicidio passionale” ed  menate  varie come il titolo riportato sotto   


Per risolvere un problema, per sradicarlo dalla nostra società, bisogna prima nominarlo e riconoscerlo, definirlo. Altrimenti come lo si può combattere e prevenire?
A proposito delle responsabilità dei media, Francesco Pellegrinelli sul Corriere del Ticino del 29 marzo 2021, cita Alessia Di Dio del Collettivo “Io l’8 ogni giorno”, secondo cui “femminicidio” è un termine che costringe a guardare l’accaduto oltre il singolo episodio, inquadrando la violenza di genere come un fenomeno strutturale; in questo caso, sul banco degli imputati ci sarebbe tutta la società con i suoi retaggi culturali e non solamente il carnefice e questo inevitabilmente fa paura.
Potrebbe essere l’inizio della volontà di prevenzione chiedersi infine se il femminicidio sia conseguenza solo del patriarcato, oppure anche di altri fenomeni come un certo maschilismo arrogante, la cattiva educazione, il “machismo”, come una "cultura" nutrita solo di violenza e prevaricazione, come l'immaturità di certi uomini (si può chiamarli così?) che si illudono di imporre la forza e invece smascherano la propria incapacità di controllare i propri sentimenti e le proprie azioni.
Usiamole, le parole che conducono ad un principio di cambiamento. Smettiamola di tentennare per non infastidire, perché la società intera è colpevole di omertà, non facendolo. E in primis i media.
Non solo negli articoli  ma  anche in certe pubblicita da  

https://www.change.org/p/giuseppe-conte-femminicidio-sociale-0a29ae86-96c0-4f94-a53a-b2b32cecb132



Sud Protagonista ha lanciato questa petizione e l'ha diretta a Mario Draghi (Presidente del Consiglio dei Ministri) e a 2 altri/altre


C’è un problema di utilizzo umiliante del genere femminile, che preferirei allargare al genere umano, perché anche gli uomini teoricamente destinatari del messaggio vengono trattati da incivili. Occorre porre dei limiti all’uso del corpo della donna nella comunicazione. A poco poi serve punire i responsabili. Sono proprio questi tipi di pubblicità che contribuiscono a “creare il mostro”. Queste violenze indirette e subdole promuovono una mentalità deviante. La pubblicità, apparsa in questi giorni su un cartellone pubblicitario, che propone di usare la lavatrice a 90 gradi nel giorno di San Valentino con chiari riferimenti sessisti, va vietata cosi come ogni forma di violenza, travestita anche da messaggio pubblicitario.

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...