Visualizzazione post con etichetta odiatori. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta odiatori. Mostra tutti i post

7.9.24

Ma io mi domando ma come diavolo si fa a prendere in giro Bebe vio ? A ironizzare sulle sue cicatrici?



Seguendo  le  paraolimpiadi     da   due  \  tre edizioni  di paraolimpiadi    conoscevo già la storia di Beatrice " Bebe " Vio . Una storia molto commovente e  ognoi volta  che  apprendo che   vince ( ma  anche  no )  una medaglia   mi luccicano gli occhi   . Infatti essa  come  molte delle   storie  degli atleti\e olimpici  e   paraolimpici     è  una storia  da fare venire le lacrime agli occhi.Cosi  come   ho  scritto  

 
Condiviso con Tutti
Tutti
Una cosa che mi ha molto colpito di queste ultime #olimpiadi e #paralimpiadi, sono le atlete/gli atleti italiane/i e le interviste, le loro risposte, il senso della vita e dello sport.
In aperta contrapposizione, molto spesso, allo stile e ai modelli delle classi dirigenti \ culturali del Paese.

utte le reazioni:
   Giuseppe Posadino, Mimma Pallavicini e 1 altra persona


 

 Ammirevole e degna di stima il coraggio e la determinazione,  come   tutti   gli atleti paraolimpici   ed  olimpionici  (ma anche no ) che  si mettono  indiscussione  ed  lottano  per  il  riscatto  e  i  loro  limiti   , di questa ragazza che non si arrende alle disgrazie agli urti della vita e che mette cervello, anima e cuore fino a raggiungere i propri obiettivi. Quelli che l’attaccano soprattutto gratuitamente  dovrebbero solo vergognarsi perché non hanno nulla di umano e nessuna empatia ed immedesimazione verso la sua situazione .Ma io mi domando come


da Professor X

ma come diavolo si fa a prendere in giro questa ragazza? A ironizzare sulle sue cicatrici? Ho letto dei commenti indecenti, indecenti a dir poco ! Ecco, quando aveva soltanto 11 anni, Beatrice viene colpita da una forma di meningite acuta. I medici nel tentativo di salvarle la vita le amputano le braccia e le gambe. Così, di colpo a 11 anni una bambina che fino al giorno prima era stata felice e spensierata si trova senza braccia e senza gambe. La meningite le ha anche lasciato delle profonde cicatrici, sul corpo, sul volto, ma la malattia non ha rappresentato la [sua] fine. Non ha messo fine alla passione di Beatrice per il fioretto. Pensate che questa meravigliosa ragazza è stata l'unica atleta al mondo a gareggiare con quattro protesi! Quattro, avete capito bene.E ha stravinto. Sempre. A Tokyo e a Rio ha conquistato l’oro e il bronzo, ma la sua non è stata soltanto una vittoria sportiva. Ha commosso tutti quanti con il suo sorriso scoppiettante, con la sua ironia, e la capacità di scherzare, anche davanti alle avversità più grandi. Perché Bebe oltre a lasciare il segno nella storia del fioretto, ha lasciato il segno nel cuore di mezzo mondo. Ecco questa è la storia di Beatrice, o Bebe Vio come si fa chiamare lei.L’altro ieri, dopo un incontro spettacolare a Parigi, Bebe conquista la sua quinta medaglia olimpica. E qualche idiota ne ha approfittato per attaccarla. Per deriderla. E allora mi domando: ma che diavolo è successo alle persone? Il problema non è più l’ignoranza e neanche la stupidità, è proprio tutto il resto che manca. Non è che molti non hanno un cuore, è proprio di un cervello che sono sprovvisti. Ecco perché a questi leoni da tastiera voglio rispondere così: non siete uomini, e non siete neanche animali, perché le bestie sono migliori di voi. Hanno più umanità. A Bebe invece voglio dire una cosa soltanto: bravissima! Una CAMPIONESSA… dentro e fuori, in tutto!


Infatti ne avevo già parlato in un precedente post qui se non erro , ma mi piace ricordarlo , ha gareggiato con il cognome della madre

da labodif



Il cognome della madre.
A queste Paralimpiadi Bebe Vio è diventata Bebe Vio Grandis. Perché a quello del padre ha aggiunto il cognome materno.
A Fanpage ha spiegato: “È stata una scelta famigliare comune di aggiungere il cognome di mamma, ci tenevamo a farlo per puro orgoglio. Abbiamo impiegato un po’ di tempo perché è stato veramente un casino fare tutte le pratiche. Pensavamo fosse giusto nei confronti di mamma, della famiglia di mamma, avere quella parte di storia con noi.
E lei ne è stata fiera”.
Avere quella parte di storia con noi.

Grazie Bebe.



22.3.23

Cosa distingue un discorso di odio da un’espressione di dissenso ?

Il primo ha per bersaglio l’esistenza di una persona o di una categoria. Il dissenso si rivolge a parole e azioni messe in essere da chicchessia contro i diritti di qualcun altro.  (  vedere  il mio  post   sulla  vicenda    di  Lucia  Annunziata   ) 

 Di solito questa rubrica parla di persone, perché raccontare le storie singole 

o collettive  è spesso il modo più efficace per restituire la complessità in cui viviamo e mostrare che le sue potenzialità sono alla portata di chiunque. Stavolta non sarà così, perché non conosco nessuno che vorrebbe essere raccontato nella cornice dell’odio o    se    ci  e  caduto (  come  spesso capita  anche  al  sottoscritto  )   tende  a  giustificarsi   ed  a  sminuirlo   . Avete letto bene: ho detto proprio odio. C’è un’espressione ricorrente sui giornali e nel dibattito pubblico di questi anni: è hate speech, cioè discorso d’odio, un modo di dire che sembra applicarsi a qualunque situazione in cui una persona si esprime in modo forte contro qualcosa o qualcuno. La legittimità del discorso d’odio sfiora un principio del nostro sistema giuridico che abbiamo considerato sempre inalienabile: in Italia non esiste il reato d’opinione, neanche se l’opinione è di odio. Mi si dice più volte   via  email  o nei  commenti  su  facebook   che l’apologia di fascismo è un reato di opinione e in teoria è vero, ma il principio della libertà di opinione è talmente più forte che nei tribunali le sentenze di condanna in merito sono praticamente inesistenti, anche in casi come le braccia tese agli anniversari dei caduti di Salò o la vendita di gadget inneggianti al Duce, per citare solo due degli episodi di assoluzione più eclatanti degli ultimi anni.Se dal lato giudiziario far certificare un discorso di odio come reato è difficilissimo, nel dibattito pubblico ed  mediatico  succede l’opposto: qualunque espressione di dissenso viene definita molto facilmente discorso di odio e chi pratica dissenso per mestiere – primi tra tutti gli intellettuali e i giornalisti d’opinione – viene fatto rientrare con grande facilità nella categoria degli odiatori di professione. Ma che come  fare   a  distinguere un discorso di odio da un’espressione di dissenso? In realtà   se  ci si  pensa  bene  non è affatto difficile: il discorso di odio ha per bersaglio l’esistenza stessa di una persona o di una categoria di persone. Odiare gli ebrei in quanto ebrei è un’opinione di odio, così come lo è odiare le persone omosessuali, quelle di altre etnie, le donne in quanto tali, i praticanti di questa o quella religione e, in generale, chiunque rientri nella categoria del diverso da me. Intendiamoci: non è reato odiare una di queste categorie. Ciascuno è libero di odiare chi gli pare. L’odio è un sentimento umano normale esattamente come tutti gli altri. Diffiderei di chi mi dice «io non ho mai odiato niente o  nessuno  », perché :  l'odio  come   l'amore  fanno  parte  dei nostri  sentimenti . Infatti   caratteristica fondamentale dei discorsi d’odio è infatti che essi sono pericolosi. Oltre a ferire le persone contro cui sono diretti, fungono da valvola di sfogo per pulsioni antisociali che possono dilagare. Anche se tutelare la libertà di esprimere dissenso, disagio e malcontento rimane cruciale.
I discorsi d’odio limitano la libertà di espressione delle vittime. Infatti  l’hate speech va inteso come più di una semplice contrapposizione tra due diritti – il diritto di libera espressione da un lato e quello alla dignità dall’altro. Esso può essere più efficacemente compreso come uno stesso diritto, esercitato da due soggetti, la cui espressione in uno può limitare l’altro. Difatti l’odio calpesta la libertà di espressione della vittima, sino anche a impedirle di denunciare il reato subito, per vergogna, timore, paura di non incontrare supporto – come dimostrato anche dal fenomeno dell’under-reporting, ovvero il fatto che i reati denunciati sono di entità nettamente inferiore rispetto a quelli compiuti.
L’odio online e le sue peculiarità
Il documento si sofferma anche sulle modalità di diffusione dell’odio, e in particolare su quelle digitali – anche se è importante sottolineare che l’hate speech è caratteristico anche dei media tradizionali.I discorsi d’odio online hanno caratteristiche peculiari. E  poi  online, l’odio rimane attivo più a lungo, si presenta in diversi formati ed è facilitato dalla generale percezione di anonimato e impunità. Inoltre è transnazionale, il che rende più complesso individuare i meccanismi legali idonei per combatterlo. Gli algoritmi poi distorcono ulteriormente le notizie, creando dei veri e propri filtri cognitivi. Oltre al fatto che la comunicazione digitale è più veloce, e che genera effetti a catena.
A questo si aggiunge il fatto che le piattaforme esercitano ormai un enorme potere che non è solo sociale, ma anche economico, politico e tecnologico. Sono capaci di orientare il dibattito pubblico, come fossero un organo politico. Ecco    che   sta       noi  decidere  se    alimentarlo    o  stroncarlo  sul  nascere   insomma  contrastarlo

  • Informarci  sui fatti e sui dati riguardanti il tema in questione
  • Diffondere informazioni corrette e verificabili
  • Evitare di condividere notizie false o non verificate
  • Utilizzare un linguaggio rispettoso e non offensivo
  • Evitare di generalizzare o stereotipare le persone appartenenti a una determinata categoria
  • Promuovere la diversità e l’inclusione

oppure   come     ho più volte  suggerito in particolare   nel  post   : <<  l'odio conserviamolo per le cose importanti non per le sciochezze e trasformarlo \ incanalo in qualcosa di positivo o non coltivarlo .  [ se  non le  leggete   le  foto   le  trovate qui   e qui   ]>>   Infatti  il mondo è pieno di situazioni odiose e non avere (o più esattamente non riconoscere) le emozioni corrette per reagire a qualcosa di odioso è indice di aridità emotiva o, peggio, di irresponsabilità verso i propri sentimenti. IL  problema sociale dell’odio comincia dopo, quando chi odia  non  riesce  a controllarlo   e  cerca di progettualizzare la sua emozione e diffonderla, al fine di creare delle strutture per trasformarla in azioni lesive verso le categorie odiate. È il passaggio fondamentale per cui quella che senza organizzazione resterebbe una semplice pulsione emotiva  un  atto  individuale      che   diventa un vero e proprio atto politico  e  di massa   . Un esempio  semplice   uomo che odia le donne – diremmo un misogino patologico – è un pericolo potenziale ma se quest’uomo aprisse un forum ,  pagina  social  dove invita a unirsi a lui tutti gli uomini che provano gli stessi sentimenti e insieme stabiliscono azioni lesive contro la categoria odiata, sia  l’evoluzione dell’odio da opinione a reato sarebbe palese. Se qualcuno fondasse un partito che ha come elemento fondante l’odio verso gli omosessuali e come obiettivo politico la creazione di leggi contro la libertà delle persone Lgbt, non sarebbe difficile per nessuno riconoscere il discorso d’odio nei suoi proclami. Poiché però nessuno è (    almeno  che  non  voglio  sconfinare  nell'illegalità   )  fesso, chi progetta il proprio odio non si esprime mai esplicitamente in termini di odio, ma si propone come difensore di un bene differente, presentato come alternativo. Chi odia gli omosessuali dirà che costituisce un partito per proteggere la famiglia tradizionale, per la quale i diritti degli omosessuali sarebbero un pericolo. Chi prova odio xenofobo dirà che sta strutturando un apparato per difendere i diritti degli italiani, messi in discussione dall’esistenza stessa degli stranieri sul territorio nazionale. Chi vuole fare azioni misogine strutturali non scriverà mai in un programma che odia la libertà di scelta delle donne, ma che intende promuovere e sostenere una certa idea di donna, la sola giusta, guarda caso la sua.
Il paradosso è che criticare  e  denunciare queste vere e proprie forme di organizzazione dell’odio viene presentato a sua volta come atto di odio e come tale addirittura portato in tribunale come diffamazione  con  il rischio   d''essere  condannato   , per cui chi osserva il dibattito pubblico da spettatore comune ha l’impressione che tutti odino tutti. Non è così. La critica politica e l’odio non sono la stessa cosa. Che si tratti di un intellettuale (  radical  chic   o meno    )  che si indigna davanti a un bambino morto in mare per la volontà politica di far mancare i soccorsi ai migranti o di tre studenti che tirano vernice lavabile alla facciata del Senato per chiedere attenzione al cambiamento climatico, questo è dissenso , non odio. Occorre riacquisire la capacità di riconoscere quel che è odio verso le persone da quello che è dissenso verso le scelte, specialmente quelle di chi governa. L’odio è un terreno di coltura da tenere sotto controllo    certo  , mentre il dissenso è un bene democratico, perché si rivolge a parole e azioni messe in essere da chicchessia contro i diritti di qualcun altro, soprattutto se chi li compie ha il potere di far diventare questi atti legge dello Stato.

21.6.22

i genitori che fanno i bulli e gli haters su un account social di Elisa Esposito una ragazzina che non loro figlia dandogli della ..... che ..... esempio danno ai loro figli ?


Sono andato giusto ieri a vedere chi fossela tizia vedere foto sopra e video sotto

 

   di  cui si parla    in  un post  che ho trovato  sulla home generale di facebook e cosa facesse. Una volta finito il video, avrei voluto darmi fuoco alle orecchie.
Il che, immediatamente, mi ha fatto sentire molto vecchio nonostante abbia 46 anni .
Sì perché quando eravamo ragazzini ne dicevamo di assurdità ... Eccome se ne dicevamo. Ci siamo tutti inventati una lingua segreta da bambini e da ragazzini, è un gioco un  modo  si reagire  al  conformismo e  all'autoritarismo  genitoriale  . Gli adulti d'oggi   , ovveroi ragazzi  d'ieri  dimenticanoo non ricordano  , non dovrebbero.
Avevamo un modo di parlare che faceva sollevare lo sguardo al cielo ai miei vecchi genitori oltre  che  agliinsegnanti  . 
 Ed era ( ed è ) tutt'ora giusto visto che ogni generazione precedente alla tua rimproveri o rimanga ammutolito e sfotta quando non vuole sforzarsi d'aprirsi al nuovo .
Eravamo stupidi, ci comportavamo da stupidi e sono felice che lo facessimo. Era fisiologico.chi non lo  ha  mai fatto  alzi  la  mano 😃 
Ora ci siamo trasformati negli adulti, nei vecchi che ci rompevano le palle ai tempi e che eravamo noi a guardare con sufficienza. Perché se ti dimentichi di essere stato un ragazzino stupido, significa che sei diventato un adulto deficiente. Il che è molto peggio, e oltretutto non passa con gli anni a differenza della stupidità della gioventù ... .
Detto questo, mi chiedo   come    un adulto che consideri lecito  andare ad insultare una ragazzina che  peraltro  non è  un suo  familiare   per come parla mi fa orrore. È una sconfitta dell'intera società. come può venire in mente a una persona anche solo vagamente normodotata di andare sotto al video di una ragazzina che dice “amiooooo”  ed    espressione    simili   ad insultarla dandole della “puttana” ?


Voi non state mica tanto bene, gente.Cioè: quella roba è certamente   abominevole e odiosa per chiunque abbia più di 16 anni, e siamo d’accordo, ma mica deve piacere a noi   che  abbiamo  40 anni è  più 
Io, ad esempio  collegandomi  al discorso  delle  righe  precedenti  , da ragazzino, dicevo per  esempio  “tozzo” per dire “fico” ed espressioni   gergali  simili  che   andavano  di  moda per un certo periodo  e   alcune  si  sono  anche   estinte sono scomparse   . O storpiavo  o accorgiavo parole con acronimi tipo tvb o scorcia per scorciatoiaobiblio per  biblioteca , ecc .
Adesso, probabilmente, se incrociassi il me stesso di allora, sentirei l’irrefrenabile impulso di  rimproverarmi(  ed  criticare   eventuali  figli\e  )   come    facevano i miei    perchè  parlassi  bene  o  quanto meno  facessi distinzione   quando e  con chi  usarlo 
Si invecchia e si finisce per dimenticare che, molto spesso, diverse idiozie che si fanno e si dicono a quell’età, si fanno per sentirsi parte di un gruppo, di una generazione, per riconoscersi, annusarsi, per uscire dalle imposizioni de genitori , ecc
È una cosa che serve a diventare grandi. Poi cresci e vorresti tagliarti le orecchie con un ferro arroventato quando senti una che dice “amioooo”, certo. Fa parte del processo. Ed è giusto così . Ma Se, invece, senti quella roba da una persona che non è tuo figlio\a o tuo\tua nipote e decidi di andare ad fare il cazziatone ed soprattutto ad insultare pesantemente una ragazzina sul suo profilo TikTok o Instagram, usando parole pesanti come  quella   citata     mi dispiace ma il problema è solo e soltanto tuo, non suo che usa tali espressioni . Quindi cari vecchi tromboni e censori lasciamo ai giovani il loro mondo ed al loro linguaggio ( come é stato a nostra volta con modi di dire e terminologie che ora ci farebbero accapponare la pelle) senza fare i boomer maleducati su un profilo social che non ci appartiene ed  non  è neppure  di  un nostro familiare .


18.5.20

come la propaganda ti trasforma una persona normale in un hater

   un articolo interessante      questo  di  Monica  Serra pubblicato     https://www.lastampa.it  del  18\5\2020  che cerca di capire gli haters e diu uscire dalla logica che essi sian solo malpancisti leghisti ed sovranisti 



Io, hater di Silvia: “Non ho paura delle indagini, va rispedita indietro”Parla uno degli autori dei commenti più violenti contro la cooperante milanese: «Io non odio, esprimo solo opinioni. Quella ragazza è pericolosa»






Silvia Romano

L’anonimato li protegge, ma trovano forza nel consenso. Perché l’hater, l’odiatore social, è la punta di un iceberg che gode di una base ampia, di un sentimento diffuso. L’hater scrive sul web quel che risuona nelle battute tra amici al bar, tra colleghi sul posto di lavoro. Raccoglie, elabora, amplifica. E, senza l’approvazione di chi gli sta intorno, forse neppure esisterebbe. La vicenda di Silvia Romano, le minacce di morte e le accuse di essere una «fondamentalista», una «neo terrorista», è solo l’ultima pagina di un fenomeno che dietro a una categoria nasconde facce, volti, storie. Spesso si tratta di persone incredibilmente normali, con una vita, una famiglia, un lavoro. L’odiatore della rete non è un alieno, ma un ossessionato. È colui che «trova il coraggio di dire le cose come stanno», quello che «gli altri non scrivono», che «le istituzioni non permettono di dire», che «nessuno osa spiegare». Ha sempre in tasca verità senza alcun fondamento, ma così diffuse nella società da farle credere reali. Legge ma non si fida «perché non si fa prendere in giro da quello che la stampa ufficiale racconta». Detiene una verità assoluta perché condivisa. Si autoalimenta e neanche di fronte alle inchieste della magistratura arretra di un centimetro. A volte è complottista, altre legato a ideologie nazionaliste o suprematiste. Ma più spesso è niente di tutto questo. E, soprattutto, non si sente un hater, non si rende conto di essere un odiatore. È complesso dare fiato agli autori dei post contro Silvia Romano, perché il rischio è quello di fornirgli l’ennesima vetrina dell’odio, un'ulteriore occasione per vomitare bugie, insulti e minacce. Ma è necessario per comprendere il fenomeno, per capire chi e che cosa si nasconda dietro a profili fake, accuse e offese. Uno degli odiatori di Silvia su Facebook si fa chiamare Antonello C., nome di fantasia che però sembra vero. I suoi post sono tra le centinaia di scritti carichi di odio raccolti dai carabinieri del Ros di Milano, che lavorano all’inchiesta per minacce aggravate aperta dal pm Alberto Nobili. Cinquantadue anni, si dice cattolico e «apolitico, ma simpatizzo per Silvio Berlusconi». Originario di una regione del Nordovest, buon tenore di vita e un lavoro nel commercio di auto che spesso lo porta all’estero. Da otto anni è sposato con una donna musulmana, ma «civilizzata - dice - che veste all’occidentale». Non ha figli «per scelta» e non vuole rispondere a voce, solo via chat, per garantirsi l’assoluto anonimato.Perché odia Silvia? «Il mio non è odio: l’odio non fa parte della mia cultura».Però nei suoi post ha usato parole violente. L’ha definita uno «scempio», una «vergogna», addirittura una «satana dell’Isis»... «Quasi certamente una persona nata in Italia è cattolica. Capisco il rapimento, capisco che abbia dovuto far finta di leggere il Corano per farsi amici i rapitori, posso anche capire la conversione. Ma, se ami i Paesi islamici, rimani là e formi una famiglia: ti sposi un musulmano estremista, accetti che lui ti sottometta e ti schiavizzi».Quindi secondo lei Silvia è un’integralista?«Romano dovrebbe vergognarsi di portare in Italia quel tipo di Islam: dietro questa sceneggiata si cela qualcosa di più grave di una semplice conversione religiosa».Ma lei cosa ne sa dell’Islam radicale?«Mia moglie è nata in Africa ed è musulmana, ma civilizzata. Si veste come ragazza europea, non porta il burqa. Se avesse voluto abbracciare quella vita estrema sarebbe andata dove cultura e religione si fondono con l’integralismo».Perché attacca Silvia sui social?«Personalmente non avrei nulla contro di lei, se fosse arrivata in Italia in jeans e maglietta, e avesse successivamente manifestato la sua conversione. Una persona può fare ciò che il proprio cuore le dice, nel rispetto degli usi e costumi del luogo in cui vive».  Gli usi e costumi del luogo in cui vive...«Romano prima di essere rapita faceva i video nuda a zonzo per l’Italia perché voleva fare esperimenti sociali. Ora fa l’integralista. È una di quelle persone psicolabili da curare, non da sponsorizzare». Quei video sono bufale: sono stati tirati fuori ad arte solo per screditarla. Risalgono ad anni prima e non hanno nulla a che fare con Silvia. «Video a parte, Romano non mi piace e sono certo che celi qualcosa di molto losco».Come fa a dire queste cose? Lei immagina cosa si provi a vivere diciotto mesi nella mani di una banda di terroristi? «No, su questo concordo con lei. Io per primo non so come ne sarei uscito, ma… Se invece così non fosse?».Se non fosse cosa?; «Se Romano si fosse affiliata a un gruppo sovversivo e avesse architettato tutto questo per estorcere soldi al nostro Paese e ora fosse qui per altri fini? Lei si è posta questa domanda?»Non le sembra fantascienza? «Per i soldi si fa anche di peggio. E lei sa meglio di me quanti soldi oltre al riscatto porterà tutta questa scena nelle tasche della Romano. Non è una poverina rapita e ora devastata dallo choc». Quale scena? Silvia non ha parlato, non si è fatta intervistare. Come fa a dire queste cose? «Le ho già ampiamente risposto».; Quindi le è bastato vederla indossare lo jilbab. Se al posto di Silvia fosse stato liberato un uomo, che dichiarava di essersi convertito all'Islam durante la prigionia, avrebbe detto le stesse cose? «Non c’è differenza fra sesso: siamo tutti esseri umani degni dello stesso rispetto. Ma nei Paesi integralisti le donne sono trattate in modo disumano, perciò mi fa troppa rabbia vedere una donna italiana che sponsorizza l’integralismo, mentre il mondo intero lotta per la libertà delle donne».Allora sta dicendo che con le sue parole lei difenderebbe la libertà delle donne?; «Certo, guardi questa foto. Mia moglie è musulmana: lei è un angelo».(Invia l’immagine di una bellissima donna, in pantaloncini di jeans e canotta, con gambe e décolleté in vista, ndr).È stata aperta un’inchiesta sulle minacce a Silvia. Visto quello che ha scritto, ha paura di finire indagato?  «Io dico solo ciò che penso. Se ci saranno inchieste, vorrà dire che mezza Italia o più sarà processata». Ma si considera un hater? «Le ho detto e le ripeto che non odio nessuno». Pensa che, se si trovasse di fronte a Silvia, sarebbe in grado di ripetere tutto quello che ha scritto guardandola negli occhi? «Ora mi sta scocciando. Mi lasci perdere che ho da fare». 


tanto per restare in tema:   avrei chiesto  al tipo  \ a  ma Gesù, secondo lei, ha sbagliato a non tirare la prima pietra alla peccatrice sorpresa il "flagrante adulterio"? Ha sbagliato a dire ad uno dei crocefissi con lui "oggi sarai con me in Paradiso" ecc. ecc. Magari, provi a rileggersi  se  dice d'essere  cattolico    il Vangelo: le potrebbe giovare. Inoltre  Questo "signore" non mi piace . Sembra uno di quelli (tanti, per carità) che di fronte ad un indagato pensano "se lo stanno indagando ha fatto sicuramente qualcosa" oppure "sicuramente le cose sono andate come dico io" senza curarsi affatto di conoscere la VERITA' dei fatti poichè loro "LA VERITA'" la conoscono benissimo: è la loro, è solamente quella che vedono loro. Chissà quanti dopo il processo ad Enzo Tortora avranno poi fatto "mea culpa" o se non sono neanche sfiorati dal dubbio, perchè in realtà (la loro realtà/verità) è che i poteri forti, i malavitosi (di stato e non), i sionisti, Soros, Gates ecc. non ce lo vogliono far sapere e, quindi, hanno continuato a pensare che se lo hanno processato, c'entrava sicuramente qualcosa con la camorra. Posso dire che non credo che ha la moglie musulmana?Posso dire che non credo che ha la moglie musulmana?Posso dire che non credo che ha la moglie musulmana?


E' una balla per darsi una credibilità.
E' una balla per darsi una credibilità.
Posso dire che non credo che ha la moglie musulmana ?
O è vero    ed  allora   è  uno che    non ha  capito niente  della  cultura    di  sua moglie e   ci sta insieme  ssolo per ..... lasciamo perdere    va    altrimenti finisco    per  diventare  come lui  .Oppure     E' una balla per darsi una credibilità.
E poi figurati se non tirava fuori il video fake in cui lei girava nuda.L'ho ricevuto anche io , insieme ad un altro che la vede con una persona di colore , sul mio telegram ed ho mandato letteralmente a quel paese il mio "amico" che me lo aveva inoltrato.Hanno detto e ripetuto in tutte le salse che non è lei in quel video, ma niente da fare     certa  gente  che diffonde  immagini  \  o meme    come quello riportato   a  sinistra   è talmente   ottusa  che   nonostante  sia   una che le somiglia vagamente e non è lei  continua    a  postarlo ed   ad  inoltrarlo   . Queste persone vanno curate o meglio rieducate   perchè hanno il cervello   che proprio non connette.Ripetono ossessivamente una cosa e la fanno diventare vera.
Proprio     come


[....]
Mio fratello vede tutto
e il suo occhio non distingue,
mio fratello vede tutto
ma il ricordo si confonde,
urlano teorie, rincorrono morali,
la propaganda vince
con frasi sempre uguali
Mio fratello ha rinunciato
ad avere un'opinione,
mio fratello ha rinunciato
in cambio di un padrone
che sceglie al suo posto
e che non può sbagliare
perchè ormai nessuno
lo riesce a giudicare [...] 
                     da   Oltre la guerra e la paura  -  Mcr  


Poi anche se gli dimostrano in tutto e per tutto che non è vera, lo fanno spallucce e cambiano prospettiva.Sono come dei muri di gomma  o meglio  i mulini  a  vento  che    affronta    don donchisciotte di Cervantes  

1.8.19

effetti collaterali della propaganda e delle bufale - fake news Quelli che, su Twitter, insultano una finta ong protagonista di un romanzo: «Salvate gli italiani»

Quelli che, su Twitter, insultano una finta ong protagonista di un romanzo: «Salvate gli italiani»

di GIANMICHELE LAINO | 31/07/2019

solidarancia
  • Solidarancia è un romanzo su una fantomatica missione di una finta ong
  • L'autrice ha creato un account Twitter per presentarlo
  • Incredibilmente, sono arrivati diversi insulti sui social network
La realtà supera l’immaginazione. Non è soltanto un modo di dire. È esattamente quello che è successo a Solidarancia, il romanzo che Sarita Fratini ha pubblicato il 15 luglio scorso per People, la casa editrice di Pippo Civati. La storia è quella di una fantomatica ong e della sua nave improbabile – Solidarancia, appunto -, il cui equipaggio è formato da ottantenni anarco-insurrezionalisti. Il loro obiettivo è quello di svuotare un lager libico e riempirlo di arance di Sicilia.


L’incredibile caso di Solidarancia su Twitter

Per lanciare l’opera, Sarita Fratini ha pensato bene di costruire un account parodia su Twitter, dove faceva parlare i personaggi del suo romanzo. Un modo intelligente (e originale) per promuovere l’opera. Così, dal 1° luglio – giorno della fondazione dell’account – Sarita Fratini ha pubblicato dei piccoli estratti del suo libro sul social network, immedesimandosi a tal punto nella storia da iniziare a commentare anche fatti di politica italiana e attualità.Non avrebbe mai potuto immaginare che, dopo qualche giorno dall’apertura dell’account, una serie di utenti di Twitter, con un’azione coordinata e puntuale, si potesse spingere a insultare e a commentare come se Solidarancia fosse una vera ong, protagonista di una vera operazione di salvataggio nel Mediterraneo. «Chi vi paga per mettere su un carrozzone del genere?», «Perché prima di andare in Africa non pensate agli italiani?», «Ma non avete proprio niente da fare?». Non male per un account, il cui tweet più celebre è rappresentato da una finta mappa marina, con il logo di Solidarancia (proprio un’arancia di Sicilia) e una freccia direzionale disegnata a mano.

Le parole dell’autrice di Solidarancia

«Avevo dichiarato sin dall’inizio lo scopo dell’account – ha affermato l’autrice Sarita Fratini, contattata da Giornalettismo -. Eppure, da qualche ora Solidarancia è bersaglio di un vero e proprio shitstorm». L’ennesimo caso, insomma, in cui sulla rete non viene percepita la distanza tra realtà e finzione. «Non capisco come sia stato possibile questo fraintendimento – ha continuato la Fratini -, anche perché è evidente che su Twitter c’è una sorta di spin-off del mio romanzo e che i personaggi che parlano sono totalmente costruiti attraverso l’immaginazione. Qualcuno, dopo aver riletto i tweet di Solidarancia, si è reso conto dell’equivoco e ha cancellato le offese. Ma io ho salvato gli screenshot».
Solidarancia è un romanzo, uno dei primi pubblicati dalla casa editrice People. Si tratta di una storia che non ha peli sulla lingua: parte da una critica al governo Gentiloni e alle politiche sull’immigrazione dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e arriva ai giorni nostri, ai tempi di un governo Lega-M5S. Tutti, ma proprio tutti sono parte del racconto: «Non pensavo di trovare una casa editrice disposta a pubblicare l’opera – ha chiuso Sarita Fratini -. Invece, People lo ha fatto. E sono particolarmente contenta di aver condiviso con loro questa avventura». Un libro che l’autrice definisce profetico: «Avete presente la scena in cui la capitana Carola entra in porto? È descritta pari pari nel romanzo (al suo posto la capitana 82enne Teresa). Ma io l’ho scritta un anno fa! Forse, semplicemente, il libro porta bene. Spero si avverino anche tutte le altre cose».
Il viaggio della Solidarancia è destinato a continuare con il vento in poppa. E non saranno certo gli account con le bandierine tricolore a fermarlo.

finalmente si usa il corpo di uomo e non di una donna per una pubblicità

finalmente uno spot nel quale il corpo usato è quello di un uomo non quello della donna, come sempre accade.Obbiettivo raggiunto  ma perché ...