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2.6.25

gli insulti alla figlia della meloni sono si beceri e vergognosi ma non dimetichiamo quando era lei e i suoi alleati ad usarli contro gli avversari e non solo

 l'ignobile e vergognoso post sulla #figlia della #meloni era o #costruitoadarte che sia ( visto che i goveranti usano le loro vicende personali e la cronaca nera sostituendo o integrandolo con quello che una volta si chiamava Gossip come arma di strazione di massa o propaganda e giustificazione delle loro leggi ) è la conferma a chi mi dice che faccio terrorismo mediatico quando dico che serve una nuova politica socio educativa per affrotare questa #emergenzasocioeducativa che sono i #femmnicidi e la violenza giovanile . di cui ho parlato ed parlo sul blog e sulle mie appendici social
Un imbecille conclamato ha scritto un post orribile, augurando la morte alla figlia della Meloni, una bambina piccola. Parole di questo genere non sono mai accettabili, su questo penso che siamo tutti d'accordo. Ma la signora Meloni ricorda quando ha pubblicato il video di uno stupro, rendendo la vittima riconoscibile, pur di ululare contro gli stranieri che delinquono?Ricorda quando il suo compare Salvini ha portato sul palco di un comizio una bambola gonfiabile con il volto della Boldrini, e lei non ha pronunciato una sola parola di condanna?Ricorda quando il suddetto compare ha messo alla gognaalcune studentesse, ree di averlo contestato (foto 1), o quando alcuni militanti di FdI hanno scritto che "Elly Schein va impalata" (foto 2), o quando il generale Vannacci

ha definito "anormali" i gay, e lei non si è dissociata da esternazioni così aberranti? e l'elenco potrebbe continuare . Fa male, eh, quando la scarpa è nell'altro piede ? quindi cari fans e cari alleat della Meloni prima d'indignarvi , e lamentarvi egli altri fatevi un bell'esame di coscienza o state zitti fate più bella figura . Non vuol dire che stia invocando la censura perchè  anche i personaggi pubblici (  vip e  politici  )   hanno diritto a sensibilizzare,d  indignarsi   ma senza trasformare tragedie in strumenti di consenso o distrazione. Serve sobrietà, rispetto e soprattutto un impegno reale sul fronte educativo, sociale e culturale.

2.11.24

Sul set le attrici devono sopportare ricatti sessuali, bullismo, insulti: “Cosa deve fare una donna molestata”

leggi anche le puntate siamo alla VII°puntata  della guida << Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco per il settimanale Giallo >>

da  msn.it articolo  di milleunadonna.it 

Due esperte raccontano quanto sia ancora terribile la situazione di attrici e lavoratrice nel cinema e in tv. Le strategie per cambiare: dall’app per denunciare alla carta dei doveri del produttore alla campagna di sensibilizzazione di Women in Film
  
Molestie, ricatti sessuali, bullismo, insulti, complimenti non graditi, disparità di trattamento apicale o salariale. Sono problemi, comportamenti e spesso ingiurie gravi a cui - ancora e purtroppo - quasi tutte le donne vanno incontro o subiscono nei luoghi di lavoro. Non è diverso nella produzione cinematografica, delle serie o degli show televisivi. E non solo per le attrici - che nell’immaginario collettivo sono storicamente “prede” del regista o del produttore - ma anche di tutto il personale femminile, che va dalla sarta alla parrucchiera, alle operatrici del suono, delle riprese, alle segretarie di produzione.

Women in Film

Da alcuni anni, soprattutto all’estero, ma anche qui in Italia, si cerca di porre maggiore attenzione e, soprattutto, di vigilare perché queste cose accadano sempre meno. Per farlo è nata anche una associazione che ha preso le mosse dalla “sorella maggiore” nata negli Stati Uniti: si chiama Women in Film, Television & Media (WIFTMI) e il suo obiettivo è promuovere l’equità di genere e combattere i pregiudizi nell’industria dell’audiovisivo e dei media.

Sul set le attrici devono sopportare ricatti sessuali bullismo insulti Cosa deve fare una donna molestata


Nelle due interviste a seguire (raccolte durante il Mia - Mercato internazionale dell’audiovisivo che si è svolto a metà ottobre a Roma) una dirigente di WIFTMI, Fabiana Cumia, ci racconta di quanto le donne siano ancora discriminate sui set, mentre una consulente, Valeria Bullo, che si occupa proprio del benessere delle donne nei film ci spiega come in Inghilterra questo discorso è preso molto sul serio. Tanto per avere un’idea: in Gran Bretagna la percentuale di problemi psicologici tra chi lavora nel cinema o in tv è superiore alla media nazionale. Due terzi di chi ci lavora dichiara di essere depresso rispetto ai due quinti del resto della popolazione, la metà ha considerato di togliersi la vita. Il 66 per cento dice di voler cambiare lavoro per il proprio benessere mentale. Molestie sessuali riguardano il 39 per cento dei lavoratori, contro il 12 per cento degli altri tipi di lavori. E questo comporta - oltre al malessere del personale - anche una perdita economica per l’industria, causa assenza e giorni di malattia.
Molti casi di molestie non sono tracciati
Fabiana Cumia, che fa parte del board di Women in Film ed è dirigente ESG (rating di sostenibilità) di Rakuten tv, ci spiega che “rispetto al passato la situazione delle donne sui set sta migliorando anche grazie a movimenti come il #MeToo, ma i dati ci dimostrano che siamo ancora molto indietro soprattutto come disparità in posizione di leadership, equità salariale, donne alla regia o donne in posizioni da protagonista”. Per quanto riguarda le molestie c’è da sottolineare che molti casi “non sono tracciati” e questa “è la parte più pericolosa”. “Quando parliamo di violenza sulle donne, ci riferiamo alle molestie come la punta di un iceberg, di cui la cui punta estrema è il femmicidio, che però ha tutta una parte sommersa che include micro aggressioni invisibili come il linguaggio sessista e non inclusivo. Sono stati fatti dei progressi anche grazie al MeToo e ad associazioni come Women in Film, però non è stato fatto ancora abbastanza e non sarà fatto mai abbastanza fin quando non si raggiungerà una reale parità di genere nell’industria dell’audiovisivo”.
E aggiunge: “I maschi fanno resistenza a riconoscere la parità perché per loro significa rinunciare a una situazione di privilegio sociale, lavorativo, salariale. Per questo è molto importante che le aziende adottino dei protocolli ed è il lavoro di sensibilizzazione che stiamo facendo con Women in film”.
Cosa deve fare una donna molestata
Valeria Bullo lavora in Inghilterra ed è una consulente di benessere e inclusione nell’industria di film e tv. Nell’intervista ci spiega che “ci sono diversi approcci che si possono utilizzare per migliorare la situazione delle donne tra cui creare una carta di valori, delle linee guida per situazioni di mobbing o molestie sessuali”.
Ma cosa deve o può fare una donna quando viene molestata? “Deve fare di tutto per portare alla luce quanto accade. Guardiamo al caso di Harvey Weinstein: è stato grazie al supporto collettivo che si è potuto fare qualcosa”.
E spiega: “Nel Regno Unito è stato creato un’autorità neutrale, indipendente, chiamata la Creative Industries Standards Authority a cui si possono rivolgere le persone le persone più a rischio. C’è anche un'applicazione che si chiama “Call It Up” che dà la possibilità a tutti i dipendenti, quindi attori o membri della troupe, di fare un report anonimo alle persone a capo dell'azienda o della produzione. E questa sarebbe una cosa buona da introdurre in Italia”.

7.10.23

DIARIO DI BORDO N 15 ANNO I .Maurizio de Giovanni dice addio a convegni e presentazioni: «Mi chiamano zecca, tuttologo, presenzialista. Basta così» ., Turista distrugge statue romane nel museo: «Sono contro la mia religione»., ed altre storie



mi sa , ma non riesco a trovare nè il coraggio nè un equilibrio per non passare per egoista , farò pure io una cosa del genere
  da   Maurizio de Giovanni dice addio a convegni e presentazioni: «Mi chiamano zecca, tuttologo, presenzialista. Basta così» | Corriere.it del 4\10\2023

Lo scrittore e l'annuncio su Facebook: «Ho continuato a dire di sì, nonostante chi mi chiedesse aiuto non mi abbia sostenuto quando mi sono lanciato in crociate sociali»







Per uno scrittore che sa usare la parola (ed è molto generoso) quelle definizioni così banali forse sono il colpo definitivo. E così Maurizio de Giovanni ha deciso di dare un taglio a convegni e presentazioni altrui: «A partire da oggi, con esclusione degli impegni già assunti che cercherò di mantenere e delle occasioni di carattere sociale e di beneficenza che non si sovrappongano al mio lavoro, vi prego di non invitarmi, convocarmi, chiedermi o pregarmi di fare cose a supporto del lavoro degli altri. Noi zecche, sapete, di fronte all'evidenza alla fine rinsaviamo. Un caro saluto a tutti, e in bocca al lupo». Lo annuncia con un post su facebook che in pochi minuti raccoglie migliaia di like e qualche centinaio di commenti.
Il racconto dello scrittore
«Avviso: questo è un post assolutamente autoriferito. Per cui chi non fosse giustamente interessato alla mia persona o alla mia attività è pregato di saltare a pie' pari la lettura, e dedicarsi al cazzeggio da social che stava legittimamente compiendo», scrive in premessa il padre del commissario Ricciardi, dei Bastardi e di mille altri personaggi. De Giovanni dice di essere affatto da una «patologia», ovvero «il timore che qualcuno, chiunque, possa pensare: ecco, adesso che è diventato (o si sente, o gli fanno credere di essere, o immagina di essere) noto, non si presta più a dare una mano agli altri». Questa patologia lo ha spinto negli anni «a un enorme aggravio di fatica. Presentare libri che devo necessariamente leggere, fare recensioni, quarte di copertina, fascette, articoli di giornale; ma anche intervenire a convegni, tavole rotonde, trasmissioni televisive, a scrivere racconti per antologie, a commentare film o fiction. Questo, lo spiego nonostante sia chiaro, non mi porta alcun vantaggio: i miei libri vengono acquistati da chi vuole leggere le storie che ci sono dentro, non certo da quelli che hanno visto in giro la mia faccia. Così le fiction, i film, i fumetti e gli spettacoli teatrali che scrivo. Nessun valore aggiunto, nessuna utilità. Zero».
«Ho continuato a dire sì»
Lo scrittore aggiunge poi, con una nota amara, che la sua generosità (e chi lo conosce lo sa), non è mai stata ripagata. Le sue parole: «Una patologia è una patologia, quindi ho continuato a dire di sì, nonostante chi mi chiedesse aiuto nella stragrande maggioranza dei casi poi si guardasse bene dall'essere presente ai miei eventi, per esempio, o dallo spendere parole di sostegno quando mi sono trovato a fronteggiare aspre polemiche personali, per il dannato vizio che ho di lanciarmi in crociate sociali o di non pensare che a esprimere con forza le mie idee ho solo da perdere, e mai da guadagnare».
La scoperta
La scoperta, infine, «su indicazione di qualche solerte "amico"», di essere definito «in molti odiosi modi: presenzialista, tuttologo, prezzemolo, perfino "zecca" (mi sfugge il riferimento all'animale, ma anche all'ente che batte moneta); e addirittura, il che è piuttosto comico, di non avere "amore e gratitudine per il territorio". Io». E conclude: «Andando a vedere le mie presenze, scopro che sono meno del dieci per cento per il mio lavoro, e per il novanta riferibili alla suddetta patologia. Devo dire che questo comportamento ottusamente altruista mi ha sempre comportato forti cazziatoni. Chi amo e mi vuole bene, gli editori, chi lavora per me soprattutto dopo il problema di salute che ho avuto poco più di un anno fa mi hanno sempre pregato di operare una selezione rigida, e di NON fare quello che non riguarda il mio mestiere (scrittore, sceneggiatore, drammaturgo). I graziosi epiteti che ho visto oggi, sulla gentile segnalazione di cui vi ho detto, mi hanno definitivamente convinto. Non posso continuare così, e tutto sommato nemmeno è giusto che lo faccia».

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Turista distrugge statue romane nel museo: «Sono contro la mia religione». Arrestato 40enne
da  Il Mattino•19 ora/e  tramite   https://www.msn.com/it-it/notizie




© Social (Facebook etc)

Due statue romane risalenti al secondo secolo d.C. sono state danneggiate ieri in una sala di esposizione del Museo Israel di Gerusalemme da un turista americano di circa 40 anni che ha poi affermato alla polizia israeliana di averle reputate «in contrasto con la Torah». L'uomo, secondo una prima ricostruzione, si è avventato con un'asta di legno contro le due statue, che sono cadute dai pilastri che le reggevano e si sono sfracellate a terra.


Le opere
Si tratta secondo la stampa di una testa di Minerva recuperata nella zona di Beit Shean (la antica Scitopolis) - quanto restava di una imponente statua di due metri e mezzo - e di un Grifone trovato nel Negev settentrionale.Secondo Haaretz l'uomo che ha assalito quei reperti «era vestito con un abbigliamento religioso» ed è ancora agli arresti della polizia. Il Dipartimento israeliano per le antichità si è detto «sconvolto per la distruzione di quei beni culturali. Esprimiamo preoccupazione per i danni arrecati a valori culturali da estremisti per motivazioni religiose». Il Museo Israel ha pure espresso preoccupazione per l'episodio e ha aggiornato che i frammenti delle statue sono stati subito affidati ad una equipe di esperti in restauri.


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 non  concordo ma  allo stesso   tempo  non riesco a biasimare  chji  gli fa   questa  critica  .  Infatti  
   concordo con il commento  lasciato    sul  suo  account  istangram    da  

Sminuire un salto così eccezionale con un commento su tutte le donne che fanno i salti mortali mi sembra un po' fuori luogo. La Biles ha fatto tantissimo anche per sdoganare la salute mentale e denunciare gli abusi nello sport. E poi fa un salto maschile: solo chi conosce e ha praticato ginnastica sa cosa vuol dire aver fatto un salto del genere. Il Suo commento signora Littizzetto mi sembra un po' fuori luogo: tutte noi facciamo i salti mortali, è noto, ma non era il contesto giusto per rimarcarlo a mio avviso perché allora si dovrebbero fare ben altri paragoni, e non è questa né la sede né il luogo opportuno


   da    https://ginnasticando.it el 5\10\ 2023   tramite   googlenews  


Agli attuali Campionati del Mondo di Ginnastica Artistica di Anversa 2023, la statunitense Simone Biles ha presentato, per la quinta volta, un elemento inedito che ha preso il suo nome: Biles II.Si tratta, come gli esperti e gli insiders sanno, di uno Yurchenko doppio carpio al volteggio, ovvero in un salto di elevata difficoltà (6.4, il valore più alto nel Codice dei Punteggi) dalla matrice della rondata flic cui si collega una doppia rotazione dietro in posizione carpiata.Simone ha scritto già altre volte la storia della ginnastica, per esempio dieci anni fa quando ha presentato il Biles I al corpo libero (doppio teso dietro con mezzo), il Biles I al volteggio e via dicendo, fino ad oggi in cui è, di fatto, la prima atleta donna a presentare un triplo salto in gara.Questo evento, come si può ben constatare sul web, ha fatto scalpore ed è finito su innumerevoli testate giornalistiche e pagine social non solo inerenti allo sport, ma provenienti dai più variegati settori. Tra chi la acclama, la venera ed è concorde nel sottolineare che non casualmente Simone Biles è la G.O.A.T. della ginnastica artistica mondiale.

Nel momento in cui le notizie divengono di dominio pubblico ed escono dalla propria nicchia, è sempre un piacere per tutti gli amanti del settore. Specialmente se si parla di uno sport come la ginnastica, da considerarsi quasi uno sport minore, considerati i sacrifici che fanno ginnasti e ginnaste a livelli così alti e il peso che generalmente hanno a livello mediatico.Spesso e volentieri, però, nell’incontrollato diffondersi della notizia, si può andare incontro a una generalizzazione, che può anche sfociare nella banalizzazione della stessa.Fa discutere, in quest’ottica, il caso della presentatrice televisiva e attrice comica Luciana Littizzetto, la quale ha condiviso sul suo profilo Instagram l’impresa compiuta da Biles, aggiungendovi un commento che ha scatenato uno scontento generale da parte di numerosi amanti del settore:

L’idea di fondo della Littizzetto sembra essere quella di attuare una retorica e di mandare, quindi, un messaggio che ha certamente alla base le migliori intenzioni; allo stesso tempo può suonare denigratorio nei confronti dell’entità del gesto compiuto dalla Biles e proprio per questo necessita di una contestualizzazione più attenta e precisa.Citando le parole della Littizzetto, quali “Orgogliosa di te bambina”, molti si sono opposti a tale connotazione. In effetti, occorre precisare che Simone è una donna, sposata, che all’età di 26 anni è già la ginnasta più forte di tutti i tempi, nonché una vera e propria sopravvissuta alle numerose e spiacevoli vicende che la vita le ha posto lungo il cammino.Se ci si limitasse a guardare e a valutare i successi sportivi, Simone sembrerebbe una ginnasta con un enorme potenziale e talento, che senza troppa difficoltà vola ed esegue routine incredibili, vincendo medaglie in qualunque occasione competitiva.Simone Biles si può dire abbia un background insolito. È la terza di quattro fratelli, tristemente entrati e usciti dall’affido a partire dai primi anni di vita, poiché la madre, tossicodipendente, non era in grado di prendersi cura di loro. Simone viene poi ufficialmente adottata nel 2003 dai suoi nonni materni, insieme a sua sorella Adria, e vivrà in Texas fino ad ora.Nel corso della sua ormai serena vita, Biles ha avuto a che fare con un altro mostro, che ha abusato di lei e di alcune delle sue compagne di squadra. Nel 2018, infatti, Simone rilascia una dichiarazione su Twitter, affermando che l’ex-fisioterapista della nazionale statunitense Larry Nassar aveva abusato sessualmente di lei. A seguito di tale rivelazione, si è aperto un processo penale in cui vennero coinvolti anche gli storici allenatori della squadra nazionale, i coniugi Karolyi, al corrente dei gravi reati commessi da Nassar verso le atlete.Una battaglia, quella di Simone e delle sue compagne, contro l’intero sistema, la USA Gymnastics, che ha permesso lo svolgersi di tali attività e “che ha fallito nel proteggere le atlete”, come dichiara più volte la Biles.Ai Giochi di Tokyo del 2021, Simone Biles è vittima dei “twisties” (di cui abbiamo parlato qui) che le impediscono di performare al meglio durante la finale a squadre. Simone descrive quel momento come una profonda sofferenza a livello psicologico, motivo per cui decide di dare la priorità alla sua salute mentale e ritirarsi dalla competizione.

Anche in questo caso la notizia ha avuto una risonanza mondiale e Biles è stata al centro di diversi dibattiti: ammirata da un lato per aver dato un peso, finalmente, all’importanza di preservare la propria salute mentale, forse troppo spesso trascurata nello sport di alto livello; dall’altro lato, quasi criticata per essersi ritirata dalla gara in un momento di difficoltà, come se non fosse anche Simone Biles capace di sbagliare o di fare un passo indietro qualche volta.Che si sia d’accordo o meno, va sottolineato che chiunque ha una propria storia, più o meno difficile agli occhi degli altri. Che si sia presentato un nuovo “salto mortale” nella ginnastica, come definito dalla signora Littizzetto, o che questo salto faccia parte della quotidianità di ogni donna. Ogni donna, ogni giorno, affronta le proprie difficoltà e i propri “salti mortali”, ciò non determina la prevalenza di uno sugli altri.Ed è vero: con o “senza medaglia” (citando sempre Luciana Littizzetto), non è questo il punto vero e proprio di ciò che un’atleta del genere ha fatto, è riuscita, e ad oggi continua a fare: Simone Biles ha consacrato non solo il suo nome nella storia della Ginnastica, ma si è affermata come donna nella propria storia.

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Una   bella  risposta     scolastica    all'emergenza     delle  violenze  giovanili  e dei  fmminicidi \  violenza  di genere 
  da  https://www.orizzontescuola.it/

Lezioni all’aperto, divise autoprodotte, educazione alla bellezza. L’esempio di un istituto comprensivo a Roma

In un’epoca segnata da crescenti disuguaglianze e bullismo, l’Istituto Comprensivo ‘W. A. Mozart’ di Roma introduce metodi didattici rivoluzionari che favoriscono inclusività e benessere.
La scuola sta facendo passi da gigante nel settore dell’educazione, combinando lezioni all’aperto, ‘divise autoprodotte’ e un’educazione alla bellezza.
Contrariamente alla tendenza crescente di adottare uniformi scolastiche costose, soprattutto nelle scuole private, il Mozart ha introdotto un sistema di “divise autoprodotte”. Come



spiega il Preside Giovanni Cogliandro, in un’intervista all’Adnkronos, i genitori possono semplicemente stampare il logo della scuola su una maglietta propria. Questo non solo riduce il costo per le famiglie, ma fornisce anche un senso di appartenenza alla comunità scolastica senza essere obbligatorio o costoso.
L’idea di tenere lezioni all’aperto è nata durante l’emergenza Covid-19, ma ora è diventata
una realtà strutturata. “Essere all’aperto stimola l’immaginazione e la socializzazione”, afferma Cogliandro. La scuola sta anche guardando oltre le aule digitali, puntando a creare “aule iperrealistiche” che attivano tutti i cinque sensi degli studenti.
Un altro asse portante dell’istituto è l’educazione alla bellezza, volta a contrastare l’incremento di violenza tra studenti e famiglie. “Formare i ragazzi alla bellezza significa anche imparare a interagire con l’ambiente e a prendersi cura della propria persona e del luogo in cui si vive”, sottolinea Cogliandro.


1.8.19

effetti collaterali della propaganda e delle bufale - fake news Quelli che, su Twitter, insultano una finta ong protagonista di un romanzo: «Salvate gli italiani»

Quelli che, su Twitter, insultano una finta ong protagonista di un romanzo: «Salvate gli italiani»

di GIANMICHELE LAINO | 31/07/2019

solidarancia
  • Solidarancia è un romanzo su una fantomatica missione di una finta ong
  • L'autrice ha creato un account Twitter per presentarlo
  • Incredibilmente, sono arrivati diversi insulti sui social network
La realtà supera l’immaginazione. Non è soltanto un modo di dire. È esattamente quello che è successo a Solidarancia, il romanzo che Sarita Fratini ha pubblicato il 15 luglio scorso per People, la casa editrice di Pippo Civati. La storia è quella di una fantomatica ong e della sua nave improbabile – Solidarancia, appunto -, il cui equipaggio è formato da ottantenni anarco-insurrezionalisti. Il loro obiettivo è quello di svuotare un lager libico e riempirlo di arance di Sicilia.


L’incredibile caso di Solidarancia su Twitter

Per lanciare l’opera, Sarita Fratini ha pensato bene di costruire un account parodia su Twitter, dove faceva parlare i personaggi del suo romanzo. Un modo intelligente (e originale) per promuovere l’opera. Così, dal 1° luglio – giorno della fondazione dell’account – Sarita Fratini ha pubblicato dei piccoli estratti del suo libro sul social network, immedesimandosi a tal punto nella storia da iniziare a commentare anche fatti di politica italiana e attualità.Non avrebbe mai potuto immaginare che, dopo qualche giorno dall’apertura dell’account, una serie di utenti di Twitter, con un’azione coordinata e puntuale, si potesse spingere a insultare e a commentare come se Solidarancia fosse una vera ong, protagonista di una vera operazione di salvataggio nel Mediterraneo. «Chi vi paga per mettere su un carrozzone del genere?», «Perché prima di andare in Africa non pensate agli italiani?», «Ma non avete proprio niente da fare?». Non male per un account, il cui tweet più celebre è rappresentato da una finta mappa marina, con il logo di Solidarancia (proprio un’arancia di Sicilia) e una freccia direzionale disegnata a mano.

Le parole dell’autrice di Solidarancia

«Avevo dichiarato sin dall’inizio lo scopo dell’account – ha affermato l’autrice Sarita Fratini, contattata da Giornalettismo -. Eppure, da qualche ora Solidarancia è bersaglio di un vero e proprio shitstorm». L’ennesimo caso, insomma, in cui sulla rete non viene percepita la distanza tra realtà e finzione. «Non capisco come sia stato possibile questo fraintendimento – ha continuato la Fratini -, anche perché è evidente che su Twitter c’è una sorta di spin-off del mio romanzo e che i personaggi che parlano sono totalmente costruiti attraverso l’immaginazione. Qualcuno, dopo aver riletto i tweet di Solidarancia, si è reso conto dell’equivoco e ha cancellato le offese. Ma io ho salvato gli screenshot».
Solidarancia è un romanzo, uno dei primi pubblicati dalla casa editrice People. Si tratta di una storia che non ha peli sulla lingua: parte da una critica al governo Gentiloni e alle politiche sull’immigrazione dell’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e arriva ai giorni nostri, ai tempi di un governo Lega-M5S. Tutti, ma proprio tutti sono parte del racconto: «Non pensavo di trovare una casa editrice disposta a pubblicare l’opera – ha chiuso Sarita Fratini -. Invece, People lo ha fatto. E sono particolarmente contenta di aver condiviso con loro questa avventura». Un libro che l’autrice definisce profetico: «Avete presente la scena in cui la capitana Carola entra in porto? È descritta pari pari nel romanzo (al suo posto la capitana 82enne Teresa). Ma io l’ho scritta un anno fa! Forse, semplicemente, il libro porta bene. Spero si avverino anche tutte le altre cose».
Il viaggio della Solidarancia è destinato a continuare con il vento in poppa. E non saranno certo gli account con le bandierine tricolore a fermarlo.

Procuratrice Ancona, 'non tutti i casi di violenza sono uguali'

© Provided by ANSA (ANSA) - ANCONA, 04 DIC - "Questa storia lascia l'amaro in bocca, non si possono trattare tutti i casi di violen...