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7.10.23

DIARIO DI BORDO N 15 ANNO I .Maurizio de Giovanni dice addio a convegni e presentazioni: «Mi chiamano zecca, tuttologo, presenzialista. Basta così» ., Turista distrugge statue romane nel museo: «Sono contro la mia religione»., ed altre storie



mi sa , ma non riesco a trovare nè il coraggio nè un equilibrio per non passare per egoista , farò pure io una cosa del genere
  da   Maurizio de Giovanni dice addio a convegni e presentazioni: «Mi chiamano zecca, tuttologo, presenzialista. Basta così» | Corriere.it del 4\10\2023

Lo scrittore e l'annuncio su Facebook: «Ho continuato a dire di sì, nonostante chi mi chiedesse aiuto non mi abbia sostenuto quando mi sono lanciato in crociate sociali»







Per uno scrittore che sa usare la parola (ed è molto generoso) quelle definizioni così banali forse sono il colpo definitivo. E così Maurizio de Giovanni ha deciso di dare un taglio a convegni e presentazioni altrui: «A partire da oggi, con esclusione degli impegni già assunti che cercherò di mantenere e delle occasioni di carattere sociale e di beneficenza che non si sovrappongano al mio lavoro, vi prego di non invitarmi, convocarmi, chiedermi o pregarmi di fare cose a supporto del lavoro degli altri. Noi zecche, sapete, di fronte all'evidenza alla fine rinsaviamo. Un caro saluto a tutti, e in bocca al lupo». Lo annuncia con un post su facebook che in pochi minuti raccoglie migliaia di like e qualche centinaio di commenti.
Il racconto dello scrittore
«Avviso: questo è un post assolutamente autoriferito. Per cui chi non fosse giustamente interessato alla mia persona o alla mia attività è pregato di saltare a pie' pari la lettura, e dedicarsi al cazzeggio da social che stava legittimamente compiendo», scrive in premessa il padre del commissario Ricciardi, dei Bastardi e di mille altri personaggi. De Giovanni dice di essere affatto da una «patologia», ovvero «il timore che qualcuno, chiunque, possa pensare: ecco, adesso che è diventato (o si sente, o gli fanno credere di essere, o immagina di essere) noto, non si presta più a dare una mano agli altri». Questa patologia lo ha spinto negli anni «a un enorme aggravio di fatica. Presentare libri che devo necessariamente leggere, fare recensioni, quarte di copertina, fascette, articoli di giornale; ma anche intervenire a convegni, tavole rotonde, trasmissioni televisive, a scrivere racconti per antologie, a commentare film o fiction. Questo, lo spiego nonostante sia chiaro, non mi porta alcun vantaggio: i miei libri vengono acquistati da chi vuole leggere le storie che ci sono dentro, non certo da quelli che hanno visto in giro la mia faccia. Così le fiction, i film, i fumetti e gli spettacoli teatrali che scrivo. Nessun valore aggiunto, nessuna utilità. Zero».
«Ho continuato a dire sì»
Lo scrittore aggiunge poi, con una nota amara, che la sua generosità (e chi lo conosce lo sa), non è mai stata ripagata. Le sue parole: «Una patologia è una patologia, quindi ho continuato a dire di sì, nonostante chi mi chiedesse aiuto nella stragrande maggioranza dei casi poi si guardasse bene dall'essere presente ai miei eventi, per esempio, o dallo spendere parole di sostegno quando mi sono trovato a fronteggiare aspre polemiche personali, per il dannato vizio che ho di lanciarmi in crociate sociali o di non pensare che a esprimere con forza le mie idee ho solo da perdere, e mai da guadagnare».
La scoperta
La scoperta, infine, «su indicazione di qualche solerte "amico"», di essere definito «in molti odiosi modi: presenzialista, tuttologo, prezzemolo, perfino "zecca" (mi sfugge il riferimento all'animale, ma anche all'ente che batte moneta); e addirittura, il che è piuttosto comico, di non avere "amore e gratitudine per il territorio". Io». E conclude: «Andando a vedere le mie presenze, scopro che sono meno del dieci per cento per il mio lavoro, e per il novanta riferibili alla suddetta patologia. Devo dire che questo comportamento ottusamente altruista mi ha sempre comportato forti cazziatoni. Chi amo e mi vuole bene, gli editori, chi lavora per me soprattutto dopo il problema di salute che ho avuto poco più di un anno fa mi hanno sempre pregato di operare una selezione rigida, e di NON fare quello che non riguarda il mio mestiere (scrittore, sceneggiatore, drammaturgo). I graziosi epiteti che ho visto oggi, sulla gentile segnalazione di cui vi ho detto, mi hanno definitivamente convinto. Non posso continuare così, e tutto sommato nemmeno è giusto che lo faccia».

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Turista distrugge statue romane nel museo: «Sono contro la mia religione». Arrestato 40enne
da  Il Mattino•19 ora/e  tramite   https://www.msn.com/it-it/notizie




© Social (Facebook etc)

Due statue romane risalenti al secondo secolo d.C. sono state danneggiate ieri in una sala di esposizione del Museo Israel di Gerusalemme da un turista americano di circa 40 anni che ha poi affermato alla polizia israeliana di averle reputate «in contrasto con la Torah». L'uomo, secondo una prima ricostruzione, si è avventato con un'asta di legno contro le due statue, che sono cadute dai pilastri che le reggevano e si sono sfracellate a terra.


Le opere
Si tratta secondo la stampa di una testa di Minerva recuperata nella zona di Beit Shean (la antica Scitopolis) - quanto restava di una imponente statua di due metri e mezzo - e di un Grifone trovato nel Negev settentrionale.Secondo Haaretz l'uomo che ha assalito quei reperti «era vestito con un abbigliamento religioso» ed è ancora agli arresti della polizia. Il Dipartimento israeliano per le antichità si è detto «sconvolto per la distruzione di quei beni culturali. Esprimiamo preoccupazione per i danni arrecati a valori culturali da estremisti per motivazioni religiose». Il Museo Israel ha pure espresso preoccupazione per l'episodio e ha aggiornato che i frammenti delle statue sono stati subito affidati ad una equipe di esperti in restauri.


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 non  concordo ma  allo stesso   tempo  non riesco a biasimare  chji  gli fa   questa  critica  .  Infatti  
   concordo con il commento  lasciato    sul  suo  account  istangram    da  

Sminuire un salto così eccezionale con un commento su tutte le donne che fanno i salti mortali mi sembra un po' fuori luogo. La Biles ha fatto tantissimo anche per sdoganare la salute mentale e denunciare gli abusi nello sport. E poi fa un salto maschile: solo chi conosce e ha praticato ginnastica sa cosa vuol dire aver fatto un salto del genere. Il Suo commento signora Littizzetto mi sembra un po' fuori luogo: tutte noi facciamo i salti mortali, è noto, ma non era il contesto giusto per rimarcarlo a mio avviso perché allora si dovrebbero fare ben altri paragoni, e non è questa né la sede né il luogo opportuno


   da    https://ginnasticando.it el 5\10\ 2023   tramite   googlenews  


Agli attuali Campionati del Mondo di Ginnastica Artistica di Anversa 2023, la statunitense Simone Biles ha presentato, per la quinta volta, un elemento inedito che ha preso il suo nome: Biles II.Si tratta, come gli esperti e gli insiders sanno, di uno Yurchenko doppio carpio al volteggio, ovvero in un salto di elevata difficoltà (6.4, il valore più alto nel Codice dei Punteggi) dalla matrice della rondata flic cui si collega una doppia rotazione dietro in posizione carpiata.Simone ha scritto già altre volte la storia della ginnastica, per esempio dieci anni fa quando ha presentato il Biles I al corpo libero (doppio teso dietro con mezzo), il Biles I al volteggio e via dicendo, fino ad oggi in cui è, di fatto, la prima atleta donna a presentare un triplo salto in gara.Questo evento, come si può ben constatare sul web, ha fatto scalpore ed è finito su innumerevoli testate giornalistiche e pagine social non solo inerenti allo sport, ma provenienti dai più variegati settori. Tra chi la acclama, la venera ed è concorde nel sottolineare che non casualmente Simone Biles è la G.O.A.T. della ginnastica artistica mondiale.

Nel momento in cui le notizie divengono di dominio pubblico ed escono dalla propria nicchia, è sempre un piacere per tutti gli amanti del settore. Specialmente se si parla di uno sport come la ginnastica, da considerarsi quasi uno sport minore, considerati i sacrifici che fanno ginnasti e ginnaste a livelli così alti e il peso che generalmente hanno a livello mediatico.Spesso e volentieri, però, nell’incontrollato diffondersi della notizia, si può andare incontro a una generalizzazione, che può anche sfociare nella banalizzazione della stessa.Fa discutere, in quest’ottica, il caso della presentatrice televisiva e attrice comica Luciana Littizzetto, la quale ha condiviso sul suo profilo Instagram l’impresa compiuta da Biles, aggiungendovi un commento che ha scatenato uno scontento generale da parte di numerosi amanti del settore:

L’idea di fondo della Littizzetto sembra essere quella di attuare una retorica e di mandare, quindi, un messaggio che ha certamente alla base le migliori intenzioni; allo stesso tempo può suonare denigratorio nei confronti dell’entità del gesto compiuto dalla Biles e proprio per questo necessita di una contestualizzazione più attenta e precisa.Citando le parole della Littizzetto, quali “Orgogliosa di te bambina”, molti si sono opposti a tale connotazione. In effetti, occorre precisare che Simone è una donna, sposata, che all’età di 26 anni è già la ginnasta più forte di tutti i tempi, nonché una vera e propria sopravvissuta alle numerose e spiacevoli vicende che la vita le ha posto lungo il cammino.Se ci si limitasse a guardare e a valutare i successi sportivi, Simone sembrerebbe una ginnasta con un enorme potenziale e talento, che senza troppa difficoltà vola ed esegue routine incredibili, vincendo medaglie in qualunque occasione competitiva.Simone Biles si può dire abbia un background insolito. È la terza di quattro fratelli, tristemente entrati e usciti dall’affido a partire dai primi anni di vita, poiché la madre, tossicodipendente, non era in grado di prendersi cura di loro. Simone viene poi ufficialmente adottata nel 2003 dai suoi nonni materni, insieme a sua sorella Adria, e vivrà in Texas fino ad ora.Nel corso della sua ormai serena vita, Biles ha avuto a che fare con un altro mostro, che ha abusato di lei e di alcune delle sue compagne di squadra. Nel 2018, infatti, Simone rilascia una dichiarazione su Twitter, affermando che l’ex-fisioterapista della nazionale statunitense Larry Nassar aveva abusato sessualmente di lei. A seguito di tale rivelazione, si è aperto un processo penale in cui vennero coinvolti anche gli storici allenatori della squadra nazionale, i coniugi Karolyi, al corrente dei gravi reati commessi da Nassar verso le atlete.Una battaglia, quella di Simone e delle sue compagne, contro l’intero sistema, la USA Gymnastics, che ha permesso lo svolgersi di tali attività e “che ha fallito nel proteggere le atlete”, come dichiara più volte la Biles.Ai Giochi di Tokyo del 2021, Simone Biles è vittima dei “twisties” (di cui abbiamo parlato qui) che le impediscono di performare al meglio durante la finale a squadre. Simone descrive quel momento come una profonda sofferenza a livello psicologico, motivo per cui decide di dare la priorità alla sua salute mentale e ritirarsi dalla competizione.

Anche in questo caso la notizia ha avuto una risonanza mondiale e Biles è stata al centro di diversi dibattiti: ammirata da un lato per aver dato un peso, finalmente, all’importanza di preservare la propria salute mentale, forse troppo spesso trascurata nello sport di alto livello; dall’altro lato, quasi criticata per essersi ritirata dalla gara in un momento di difficoltà, come se non fosse anche Simone Biles capace di sbagliare o di fare un passo indietro qualche volta.Che si sia d’accordo o meno, va sottolineato che chiunque ha una propria storia, più o meno difficile agli occhi degli altri. Che si sia presentato un nuovo “salto mortale” nella ginnastica, come definito dalla signora Littizzetto, o che questo salto faccia parte della quotidianità di ogni donna. Ogni donna, ogni giorno, affronta le proprie difficoltà e i propri “salti mortali”, ciò non determina la prevalenza di uno sugli altri.Ed è vero: con o “senza medaglia” (citando sempre Luciana Littizzetto), non è questo il punto vero e proprio di ciò che un’atleta del genere ha fatto, è riuscita, e ad oggi continua a fare: Simone Biles ha consacrato non solo il suo nome nella storia della Ginnastica, ma si è affermata come donna nella propria storia.

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Una   bella  risposta     scolastica    all'emergenza     delle  violenze  giovanili  e dei  fmminicidi \  violenza  di genere 
  da  https://www.orizzontescuola.it/

Lezioni all’aperto, divise autoprodotte, educazione alla bellezza. L’esempio di un istituto comprensivo a Roma

In un’epoca segnata da crescenti disuguaglianze e bullismo, l’Istituto Comprensivo ‘W. A. Mozart’ di Roma introduce metodi didattici rivoluzionari che favoriscono inclusività e benessere.
La scuola sta facendo passi da gigante nel settore dell’educazione, combinando lezioni all’aperto, ‘divise autoprodotte’ e un’educazione alla bellezza.
Contrariamente alla tendenza crescente di adottare uniformi scolastiche costose, soprattutto nelle scuole private, il Mozart ha introdotto un sistema di “divise autoprodotte”. Come



spiega il Preside Giovanni Cogliandro, in un’intervista all’Adnkronos, i genitori possono semplicemente stampare il logo della scuola su una maglietta propria. Questo non solo riduce il costo per le famiglie, ma fornisce anche un senso di appartenenza alla comunità scolastica senza essere obbligatorio o costoso.
L’idea di tenere lezioni all’aperto è nata durante l’emergenza Covid-19, ma ora è diventata
una realtà strutturata. “Essere all’aperto stimola l’immaginazione e la socializzazione”, afferma Cogliandro. La scuola sta anche guardando oltre le aule digitali, puntando a creare “aule iperrealistiche” che attivano tutti i cinque sensi degli studenti.
Un altro asse portante dell’istituto è l’educazione alla bellezza, volta a contrastare l’incremento di violenza tra studenti e famiglie. “Formare i ragazzi alla bellezza significa anche imparare a interagire con l’ambiente e a prendersi cura della propria persona e del luogo in cui si vive”, sottolinea Cogliandro.


21.8.23

andare avanti senza cadere nella nostalgia

  canzone  suggerita  
 
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Mi è capitato  in chat  o dirette  facebook    a discussioni   tra  autori ed  lettori   di  saghe   tv  o di  fumetti  ,  spesso molti  di noi  ,  sottoscritto compreso , nelle proprie passioni   finiscono sempre  ( o  quasi  )   con l'indetificare  una  serie   con l'età  dell'oro a  cui  rimanere    indissolubilmente  legati  .   Può  trattarsi   : dei vecchi valori , del vecchio modo di fare politica ,delle cose ( vedere la foto al centro sopra ed al lato destro ) ,della produzione artistico letterario  di un detterminato periodo  in cui s'è cresciti grandi autori.Nel  caso i fumetti )   qualche  scuola  artistica  particolare   o  quache  ciclo di storie   che  ha  lasciato un segno . IL risultato   , indipendentemente  dalle  generazioni   ,  è  sempre  lo stesso  :  qualcosa  "sìaccasa  " nel nostro cuore    e nei  nostroi ricordi   fino a  diventare   un punto   fermo   fino a diventare   piano piano un punto fermo   \  di riferimento (  mitizzato  co l'andar    del tempo  ,  ed unito alla nostalgia    man  mano  che   ci s'avvicina  e  poi  si superano i  50 anni  )   con cui misurare     , in un  confronto  spessissimo impari     tutto  quello   che  viene   verrà dopo .<<Comportamenti  piuttosto naturali >> ---   come  ammette lo stesso  Alex  bertani nell'editoriale  di topolino  n  3534(  e testimoniato  da meme  ed  pagine  fb  in  cui    si rimpiangono nostalgicamente   gli  anni 60\80 )  --<<  non  circostritto  nell'ambito  fumettistico   visto     che  le stesse  dinamiche  le  troviamo  di  frequente    anche  nei  contesti  : comportamentali  non solo artistici \ letterari  (  musicali  , cinematogragici  , ecc  )  come ho detto prima   . Sovente  in questa nostalgia  , entrano in  gioco  oltre  i  fattori anagrafici  , infatti  è indubbio    che la  percezione  di certi contenuti  sia  influenzata    da :  proposizione passiva   ed attiva  ( vedi la  culrtura   dei remarque  e  dei revival  \  della nostalgia )   dei media   d'opere    del passato  .,   da      fattori  generazionali  . 
Ma  non  di meno   hanno  un grosso peso  elementi    caratteriali e  ambientali  . Un mix di componenti insomma    , che  fa  si  che  grandi storie o il  lavoro  ddei grandi  dell'arte  e  della letteratura  ,  ci    coliscono in profondità    ed  arrivino  (  o  ritornano  per  le  vecchie  generazionisoprattutto quelle  come   me     nati  a  cavallo  fra  il  68\77   e  cresciuto   nelgli anni  80\90     tra   ribellione    ed    reflusso  \  edonismo   )   con particolare  forza  ed  efficacia . Lo   ammetto  ( se  non lo  avete  capito 😃  ) che ,  non riesco pur   odiando  e  giudicando questo flusso di nostalgia    come un tentativo    d'allungare  il  brodo  ed  rimanere  a galla  senza   creare   niente   o  quasi  d'originale  ,  non  riesco a  starne  lontano     distante   (  infatti  ad  esempio   non riesco  a  leggere   il  romanzo  di IL fuoco dentro. Janis Joplin. Il romanzo  di Barbara  Baraldpresentato  a Berchidda  il  13  agosto ( qui il mio  reportage  dell'evento ) senza  canticchiare  o ascoltare  \  riascoltatre  , visto che  mia  formaazione  musicale   è nata  da li  ,  le   canzoni   di J.Joplin  )
 dottoressa  https://www.federicamerlini.it/
  da  questo aproccio . Infatti  come  tutti  voi   ho  autori   , racconti  , canzoni  ,ecc   a  cui  son legato  (  e  spesso riverdo ed  rileggo  o cito  nel  blog  e  nelle  sue  appendici    social  )  che  hano ed  influiscono  sul mio  background o meglio    sulla  mia    esperienza personale, preparazione tecnica o culturale  che  ricordo  con  dolcezza   ed  emozione  .  Ma  però  ,  ho ed  cerco   , di   di non trasformarmi  in  tifoso ed   fanatico   (  visto che ciò porta   a  chiudersi    e  ad  imprigiornarsi nel  passato )    , d'evitare   insomma   il  tropo  amore  e la  troppa  passione  sitrasformi in  dedizione  . La  quale    può  diventare  appunto  un  ostacolo   sia  alla  crescita  e  all'apertutra  dei nuovi  orrizzonti  . Alla  naturale   ervoluzione del gusto   .  Finendo  con il  rapressentare   un freno   \ ostracolo alla curiosità , al desiderio di    d'aprirsi alle  eventuali  (  anche  se  rare  ) novità   e  alla  voglia di sperimentrare    e cercare strade sempre  nuove  .  Questo post  , almeno   spero  ,  rifletta  il mio eterno   ambire  a  il meglio  deve  ancora  venire  . Un meglio  fatto  di  nuove  scoperte o riscoperte  , di  una cultura   millenaria  che  non deve  mai diventare  un arrendersi   e  spiaggiarsi   alla perpetura repica  di modelli   e  soluzioni .  Ecco quindi cari  lettori \  lettrici    ,   senza  la presunzione    di alcune  verità in  tasca  ,ma  con la  cocciuta  ed  ostinata  (  anche  se  non  sempre  duratura  )   di  continuare  a cercae  nuove  strade  .  Ed a  proposito di strade  ....   buon proseguimenti  dell'estate  a  voi  tutti  \e  

16.1.22

'ITALIA E' UNA REPUBBLICA DELLE BANANE O DEI DATTERI ?

 

Lo stesso Paese che per anni ha onorato Falcone e Borsellino ora sostanzialmente tace. Berlusconi mira al Quirinale: condannato, amnistiato, prescritto, tuttora indagato e imputato, osa farsi avanti. Secondo la Cassazione ha finanziato la mafia, quella associazione criminale che ha ucciso Piersanti Mattarella, fratello del presidente della Repubblica. È una vicenda che ci copre di vergogna. Non solo per la sfrontatezza del candidato, ma per la flebile voce dei partiti, taluni tristemente consenzienti, altri distanti da Forza Italia ma appena balbettanti in questa occasione. Tuttavia non basta: la passività di fronte alla proposta indecente riguarda anche la stragrande maggioranza dei cittadini. Le firme raccolta , quasi 300 mila  ,  dal Fatto Quotidiano sono il frutto della reazione di una minoranza illuminata.

Ma l’esperienza quotidiana ci mostra una blanda perplessità, un pigro cinismo, una distaccata rassegnazione nella gran parte delle persone. Colpa della pandemia? In parte forse sì. Ma qualche cosa d’altro è nell’aria. Quello stesso Paese che solo pochi anni fa aveva partecipato con passione al dibattito sulla proposta di modifica della Costituzione ora sembra essersi ritirato. Che siano state le difficoltà economiche e lavorative, o le nuove sensibilità e preoccupazioni ambientali; o le delusioni venute da una politica stanca e incapace di nuove interpretazioni dei tempi, si tratta di un grande errore, perfino di un passo indietro rispetto a stagioni passate che pure non erano età dell’oro.

Ma dove sono finite le voci un tempo gagliarde proprio nei confronti delle deformazioni berlusconiane della giustizia? Come possono non arrossire i grandi quotidiani che battono la fiacca? Perché i sindacati non si ribellano a questa ipotesi di involuzione della democrazia e della civiltà? Perché movimenti e associazioni prima così vivi, come l’anpi o i comitati per la difesa della Costituzione, non si fanno vedere nelle piazze, non alzano la voce, non gridano di fronte a questa impudicizia, a questa offesa della Costituzione cui abbiamo proclamato di voler essere fedeli? Certo la Costituzione non dice che è escluso dalla Presidenza della Repubblica chi ha riportato condanne penali, o ha accettato amnistie e prescrizioni; ma sappiamo che non lo ha fatto perché nessuno dei costituenti poteva neppure immaginare che osasse ambire al Quirinale una persona con quelle caratteristiche. La reazione della nazione sarebbe stata fermissima, diffusa, incontenibile; se non le barricate, però le proteste in ogni luogo pubblico e privato, in ogni sede politica, civile e culturale. Una rivolta morale. Che cosa ci sta succedendo, che cosa   ci sta succedendo, cittadini di una Repubblica che non può vivere se perde la dignità ?

COMUNQUE L'ELEZIONE DI BERLUSCONI A PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SAREBBE UNA GROSSA NOVITA': PER LA PRIMA VOLTA VERREBBE ELETTO UNO CHE SI E' PROPOSTO, MI PARE, E (STANDO ALLE NOTIZIE DELLA COMPAGNA ACQUISTI STILE CALCISTICO AVVIATA DELL' EX PADRONE DEL MILAN ) CHE SIAMO TORNATI AL MEDIOEVO ; SOLO CHE ALLORA SI COMPRAVANO LE CARICHE ECCLESIASTICHE ED I TITOLI NOBILIARI ED ALTRI PRIVILEGI PAGANDO UN DONATIVO AL SOVRANO , MENTRE ORA SAREBBE LA PIU' ALTA CARICA DELLO STATO AD ESSERE COMPRATA. UNA SIMONIA LAICA INSOMMA, ANCHE IN QUESTO B. SAREBBE UN INNOVATORE.

18.6.16

arancia meccanica di matteo tassinari


Arancia meccanica
Il film "Arancia meccanica" è stato, è, e rimarrà, sempre una fonte inesauribile di contraddizioni
        di Matteo Tassinari
Nonostante molti critici l'abbiano letto come la più lucida analisi in forma di film sulla violenza e sull'aggressività dell'essere umano - quindi, non certo come un'opera a favore della violenza. Qualche anno fa lo stesso Stanley Kubrick decise di ritirarlo dalla circolazione in Gran Bretagna, impressionato dai fenomeni di imitazione che suscitava, effettivamente furono numerosi.
Persino in Italia una gang di malviventi romani, ribattezzata "banda dell'"Arancia meccanica", e curiosamente su di loro è appena uscito un film, “L'odore della notte” di Claudio Caligari. Oggi, a distanza di oltre 25 anni dalla sua uscita, la contraddizione più curiosa a proposito di "Arancia meccanica" riguarda la sua modernità. Girato all'inizio degli anni '70, il film immaginava un'Inghilterra appena appena futuribile, quindi un'epoca che lo scorrere del tempo dovrebbe aver superato (diciamo, con azzeccata approssimazione, gli orribili anni '80?).
 Gli orribili anni '80?
Ebbene, a rivederlo oggi, non solo nemmeno un'inquadratura del film appare "invecchiata", ma quel senso di futuro imminente è ancora tutto lì, anche nelle cose più "deperibili" del cinema (gli abiti, gli oggetti, gli stili, i comportamenti).

Senza essere postmoderno, Arancia meccanica è ancora quanto più di "moderno" si possa vedere al cinema. Forse l'unica cosa invecchiata di Arancia meccanica è l'immagine in cui Alex De large, il protagonista, si accinge ad ascoltare la Nona di Beethoven infilando una musicassetta nel registratore. Oggi userebbe un ed! Ma è attualissimo sia l'uso che Alex fa di Beethoven - una sorta di spinta adrenalinica all'azione, all'ultraviolenza - sia l'uso che ne fa il film, le rielaborazioni in chiave elettronica.
Quel che resta di Alex
E certo è curiosissimo, alla vigilia del 2000, osservare 1'anticipazione che Arancia meccanica ha operato nel campo della moda, dagli anfibi che indossano Alex e i suoi "drughi" a certi abiti dandy e new romantic che Malcolm McDowell (lo straordinario, e mai abbastanza lodato, protagonista) sfoggia quando non è in divisa da teppista. Per non parlare dei folli vestitini della mamma di Alex, la brava attrice Sheila Raynor, che scimmiotta il kitsch delle vecchie americane. C'è già la globalizzazione, e questo potrebbe essere il messaggio finale del film.






 Karasciò,
Devocka, Coshia
In questo senso, forse non è un caso che Alex e i suoi "drughi" (ma anche altri personaggi) si esprimano in un bizzarro slang anglo-russo, che per altro deriva direttamente dal romanzo di Anthony Burgess, grande creatore definiti "Cocktail linguistici", accozzaglie di glossologie e ammassi di mescolanze.
Per intenderci, la parola "karasciò", che Alex e soci usano di continuo è il vocabolo russo per "bene" (anche se in inglese Burgess scriveva "horror show", facendo assonare il termine russo con un neologismo inglese che significa, più o meno, "spettacolo orribile") e così "devocka" è la parola russa per "bambina", "drug" vuol dire "amico" e “coshia” e la Durango 95 che filava molto "karaschò", con "piacevoli vibrazioni trasmesse al basso intestino. Ben presto alberi e buio fratelli, vero buio di campagna. Folleggiammo alquanto con altri viaggiatori della notte da autentici sbarazzini della strada, poi decidemmo che era ora di eseguire il numero visita a sorpresa. Un po' di vita, qualche risata e una scorpacciata di ultraviolenza" è il pensiero di Alex.
Devocka
Anche questi giochi di parole hanno affascinato Kubrick, che aveva giocato con la lingua russa (ignoriamo se la conosceva, ma certo l'amava) nel Dottor Stranamore, dove il premier sovietico si chiamava Kissoff (da "kiss", bacio) e il suo ambasciatore aveva il pazzesco cognome di De Sadesky! Ma, al di là dei calembour, è affascinante rievocare come Kubrick decise di fare in Arancia meccanica, subito dopo il trionfo di “2001". Era la fine del 1969 quando Kubrick chiamò a New York con lo sceneggiatore Terry Southern, con cui aveva già lavorato in "Stranamore", chiedendogli: "Ti ricordi quel libro di Anthony Burgess che mi avevi consigliato? L'ho letto, ed è stupendo!". Era proprio ai tempi della produzione di Stranamore che Terry Southern non era rimasto colpito dal romanzo, ma per l'interesse di Kubrick per Burgess era, ora, una novità, una felice novità per Southern.



I critici? Sempre
alla gola o ai piedi
Alla fine del '69, Kubrick era uno dei registi più potenti del mondo sul piano contrattuale, poteva dire e chiedere qualsiasi attore che tutti accorrevano per partecipare ad un lungometraggio di Stanley Kubrick, meglio conosciuto come regista innamorato della Perfezione, mentre con "2001" stava realizzando guadagni ingenti, inaspettati per il tema del film. Inoltre, tutti nell'ambiente sapevano che Stanley stava covando un progetto altrettanto ambizioso. Già dal '67 aveva sguinzagliato assistenti in tutta Europa per raccogliere materiali e informazioni di qualunque tipo su Napoleone.
Napoleone
Era in preparazione, per farla breve, un kolossal storico sul grande corso dell'Imèperatore francese, con Jack Nicholson già in parola per il ruolo da protagonista e l'intero esercito rumeno (quello di Ceausescu!) prenotato per ricostruire le battaglie di Jena, di Austerlitz, di Waterloo (pare che la Romania fosse l'unico paese dove 50.000 comparse erano disponibili a prezzi ragionevoli).
Insomma, il generale Kubrick si accingeva a portare sullo schermo il generale Bonaparte, ma le dimensioni del progetto divennero ben presto eccessive persino per lui. “2001”, gli era costato 5 anni di lavoro e Kubrick non aveva, allora, i ritmi "decennali" di dopo. 

Malcolm McDowell
Abituato a "smentire", con ogni suo film, il film precedente, passò repentinamente dal progetto su Napoleone a un'opera agile, da girare nel raggio di pochi chilometri dalla sua casa di Londra, con una troupe ridotta e con pochi attori, senza scene di massa. Dal punto di vista produttivo, infatti, "Arancia meccanica" fu un "piccolo film", E Malcolm McDowell non era ancora una star: aveva esordito solo due anni prima in un film straordinario di Lindsay Gordon Anderson, imponendosi come una forza della natura nel panorama del cinema britannico dalla presenza e l'esuberanza di un americano.
Capolavori mai nati
Se Napoleone è rimasto, ahinoi quasi sicuramente, il grande "film non fatto" di Kubrick, come la Recherche per Visconti e il Viaggio di Mastorna per Fellini e in letteratura il libro sul “Nulla” di Gustave Flabeurt, il passaggio dall'affresco psichedelico di 2001 alla favola grottesco-satirica di Arancia meccanica appare, a posteriori, del tutto giustificato.
Sul set di  "2001: A Space Odyssey"


CONTROLLO UMANO





















In “2001” il futuro dell'uomo era stato affrontato in una chiave a metà fra il mistico e lo scientifico. Ora lo si narrava in chiave sociale, dopo che già “Il dottor Stranamore” apparteneva al genere del fantapolitico. E se “2001” aveva un finale aperto, “Arancia meccanica” chiude l'uomo in una visione deterministica, in cui il controllo politico sulla violenza si traduce in un controllo tout court delle istituzioni sull’uomo.
Infatti, quando si analizza il fascino di Alex e dell'ultraviolenza nella prima parte del film, quella più spettacolare e indimenticabile, non si dovrebbe mai dimenticare la fine che fa Alex nella seconda, quando viene sottoposto al potente condizionamento medico-psicologico per renderlo inoffensivo e ridurlo ad una larva. Se è vero, come ha acutamente osservato Enrico Ghezzi nel "Castoro" dedicato al regista, che tutto il cinema di Kubrick è idealmente compreso nell'inquadratura di “2001” dove l'osso, scagliato in aria dalla scimmia che l'ha appena usato come un'arma mortale, si trasforma in astronave… se è vero questo, e noi pensiamo che lo sia, Alex è il vero erede della scimmia.
"2001: Odissea nello Spazio", l'osso usato come arma
Così parlò Stanley
È un uomo "libero" che segue le sue pulsioni. Queste pulsioni portano alla violenza e alla ferocia. La società si illude di redimerlo, poi si accontenta di controllarlo e, chissà, di usare quella violenza per i propri scopi. Se ricordate l'inquadratura della scimmia, vista dal basso, mentre maneggia l'osso per uccidere, la ritroverete quasi identica nell'impressionante immagine di Alex - ripreso al rallentatore, proprio come lo scimmione - che sfodera il coltello per ridurre all'obbedienza i drughi ribelli. Similitudini fra un film e l'altro per un "discorso" mai concluso.
Là c'era il “Così parlò Zarathustra di Strauss, qui c'è l'ouverture della Gazza ladra di Rossini. Musiche vitali, esaltanti, appassionate che Kubrick usa con maestria per commentare immagini in cui l'uomo si osserva e scopre la propria natura ferina. Per inciso, “Arancia meccanica” è il film che ha insegnato a usare la musica a tutta una generazione di cineasti. Un film da vedere, da sentire, da studiare, da conservare. Il miglior viatico per entrare, sotto braccio al cinema, per il suo futuro.

1.5.14

ma va !!! Il giurista Rodotà sabato a Cagliari per partecipare al Festival della filosofia «L’Italia corre il rischio di una svolta autoritaria»

in sottofondo  linea  gotica -  Csi-Prg e cara  democrazia  - Ivano Fossati 


Lo so  che  come dice la mia vecchia  dovrei essere   modestia . Ma  ci  sono anche dei casi , come questo  ,  in cui   si dicono cose ovvie  ( a chiunque   ) basta vedere  un tg  o  aprire un giornale  o farsi un   giro per la rete  e per i social  per  accorgesene   \ per rendersene  conto  .  Niente  di nuovo sotto il sole   quindi   non è  una  novità  .E '  dal 1948 ( quel periodo  che va  sotto l'orripilante espressione prima repubblica    )    fino ad  essso  , salvo alcune  scosse    che rischiamo  fra alti e bassi , sangue  e bombe    che rischiamo   la  svolta autoritarià  . Non è che quello  del  giurista  Rodotà   sarà l'ennessimo  , come lo definicono  molti , al lupo al  lupo ?

(  .. )  noi siamo tutti in fila davanti al bagno,
e noi siamo tutti in fila davanti a un segno,
e noi siamo tutti al fiume a trasformare l'oro in stagno.
Ma prima di aver finito faremo un buco nell'infinito
e accetteremo l'invito a cena dell'Uomo Ragno.
(....) 
                           La  ballata  dell'uomo ragno di  Francesco  de  Gregori    (  testo  )


 Mi chiedo ma ci voleva  un  rodotà   a  dircelo ?  E  che  siamo stanchi  e sfiduciati   di scendere  in piazza   e allora  ci rifugiamo \  ci sfoghiamo nel web  e   ( non è  il mio caso  )  nel reflusso   come  abbiamo fatto  negli annni 80\90  e  poi  dopo il 2007  con il berlusconismo  . Aspettando  , come la  strofa  sopra  ,  un altro  25  luglio e il prossimo governo badoglio 

 da la  nuova sardegna  del   1\5\ 2014

Potere concentrato al vertice, meno controllo e indebolimento degli istituti di garanzia: così riduciamo gli spazi della democrazia
di Costantino Cossu

Come con le parole si costruisce il diritto e come il diritto costruisce le parole. Un doppio canale attraverso il quale, se le cose funzionano, l’attività legislativa su cui si fonda la vita di una comunità definisce un quadro normativo capace di rispondere alle esigenze dei singoli e dell’intera collettività. Oggi però sempre di meno le cose funzionano, con effetti negativi che sono sotto gli occhi di tutti. “Parole e diritto” è il tema dell’incontro che sabato prossimo, al Festival della filosofia di Cagliari, vedrà protagonista Stefano Rodotà, giurista da sempre impegnato sul fronte della politica. E proprio sul filo del rapporto tra cultura (giuridica ma non solo) e politica si snoda il colloquio con Rodotà in
attesa dell’appuntamento cagliaritano. Professor Rodotà, come si configura oggi il rapporto tra linguaggio e diritto? «Il diritto è una forma di linguaggio che può essere adoperata in maniera ambivalente: per rispecchiare la realtà oppure per occultarla; per sistematizzare un corpo di norme aderente agli interessi collettivi, oppure per favorire interessi corporativi o comunque di parte, se non addirittura personali. Quest’ultima eventualità è più facile che si realizzi se passa, per carenza di competenze giuridiche o per strategia voluta, la logica che le leggi siano confuse, non chiare, non immediatamente interpretabili». Lei si rifà a una tradizione, quella illuministica, secondo la quale il diritto deve essere comprensibile da tutti. Oggi è così? «La immediata comprensibilità delle norme giuridiche è uno dei passaggi fondamentali attraverso i quali si è definita la modernità. Il diritto deve essere un linguaggio accessibile non solo sul piano strettamente materiale (disponibilità effettiva dei codici) ma anche sul piano della interpretazione. Stendhal, in una lettera indirizzata a Balzac mentre vergava le pagine di quel grande capolavoro che è “La Certosa di Parma”, annota: “Per trovare il tono giusto alla mia scrittura leggo ogni mattina due o tre pagine del Codice civile”. Ecco: ci possono essere testi normativi immediatamente comprensibili come quello di un romanzo realistico alla Stendhal, stilisticamente accettabili e nei quali si ritrova, tutta intera, la realtà». C’è però un altro modo di usare il linguaggio del diritto, un modo che c’entra poco con la chiarezza della Ragione cara alla cultura illuminista di matrice francese… «Sì. Come dicevo, il diritto può essere usato anche per nascondere la realtà, per manipolarla secondo fini che con la natura del diritto medesimo non hanno niente a che fare. Ciò può accadere, ad esempio, per difetto di tecnica. E in questo caso l’effetto perverso può, ovviamente, anche non essere intenzionale. Mi spiego: se voglio redigere una norma che sia, come sempre dev’essere a termini di diritto, generale ed astratta, devo essere capace, tecnicamente, di scriverla in modo da comprendere nel testo situazioni che possono essere, tra loro, molto diverse. Se non sono in grado di fare questo, posso anche arrivare a redigere non una norma generale ed astratta valida per tutti, ma una legge valida per pochi, se non addirittura “ad personam”. Poi c’è un’altra maniera, che presuppone una intenzionalità: io voglio deliberatamente rendere poco comprensibile la legge al comune cittadino per riservarne la comprensione a una casta di sacerdoti del diritto, i quali saranno i soli che potranno dire qual è il significato della legge. Con due vantaggi, per i sacerdoti: uno di potere e l’altro, come è facile intendere, economico». Un secondo aspetto del rapporto tra parole e diritto riguarda il modo in cui il diritto considera le parole. «Anche su questo aspetto vorrei fare un riferimento concreto. L’articolo 21 della Costituzione garantisce la libertà di manifestazione del pensiero. Il diritto diventa lo strumento grazie al quale la parola, la libera manifestazione del pensiero, viene tutelata come un diritto fondamentale della persona. Come sappiamo, però, questo diritto non è assoluto, può essere vincolato a dei limiti. E qui si apre tutta una serie di questioni oggi particolarmente vive. La libertà di parola, ad esempio, si confronta con il divieto alla diffamazione: il mio diritto limitato dai i diritti di altri soggetti. Ma poi c’è il problema più generale del diritto al dissenso, che è molto complicato. Quali sono i confini entro i quali il dissenso può essere manifestato? Pensiamo al linguaggio dell’odio nei confronti delle donne, degli ebrei, dei neri, degli omosessuali. Sino a che punto si può considerare che queste forme violente di linguaggio rientrino nel diritto al dissenso? Non è una questione pacifica. Negli Stati Uniti ci sono sentenze che legittimano anche queste tipologie estreme del diritto alla libera manifestazione del pensiero. Un altro ambito di possibile limitazione della libertà di parola è il negazionismo storico. Come si vede, tutte questioni aperte”. A proposito di dissenso, lei è tra i firmatari di un manifesto contro le riforme istituzionali messe in cantiere dal governo in carica. Un documento che si intitola “Verso una svolta autoritaria”. Renzi liberticida? «Qui dal rapporto tra parole e diritto ci spostiamo al modo in cui si sta tentando, nel nostro Paese, di cambiare l’assetto costituzionale. Se io strutturo un sistema istituzionale, come c’è il concretissimo rischio che accada oggi in Italia, prevedendo una concentrazione di potere al vertice, indebolendo norme e istituti di controllo e di garanzia, eliminando gli equilibri tra poteri, sto facendo un’operazione che non è neutra rispetto al grado di agibilità degli spazi della democrazia. La parola autoritarismo può impressionare. E però, ci sono varie forme di autoritarismo. Non c’è solo quello che abbiamo conosciuto durante il ventennio fascista. Anche ridurre gli spazi della democrazia significa praticare una forma di autoritarismo. Ma c’è, oltre al merito, una questione di metodo: autoritarismo è quando, di fronte ad un progetto di riforma costituzionale molto discutibile, alle critiche si risponde con un drastico e ultimativo “prendere o lasciare”. Non c’è margine per la discussione, il confronto disturba il manovratore e tutto ciò che è pensiero critico viene espulso dal dibattito politico. Uno dei caratteri fondativi della democrazia è il dialogo. Posso non essere d’accordo con le tue opinioni, ma sono tenuto a discuterne, a prenderle in considerazione, non mi posso negare al confronto. Quando, come oggi accade, queste premesse sono cancellate, c’è un pericoloso slittamento verso una tentazione autoritaria».

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...