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23.12.20

Morte pasoliniana di Pier Paolo Pasolini di Matteo Tassinari

 Mi  scuso  con l'interessato   per  il ritardo con  cui  pubblico il suo  post . Ma  fra  :  1) lavoro   , 2)  impegni  con  la  classe  per  la  festa  (  faremo solo   quelli religiosi  e non civili causa covid  ) patronale  di    agosto., 3) corvée  domestiche  , 4  )  il  blog    solo ora  trovo il tempo  . Buon lettura  








Un uomo inquieto, in tempesta col mondo
COL VENTO NEI SUOI CAPELLI IN FESTA
Nulla è più  anarchico del potere



La vittima ideale

IL GESU' "VISTO" DA PASOLINI nel film da lui diretto: "Il vangelo secondo Matteo". Una vittima ideale. Solo il volto di Pasolini era un po’ diverso, un volto profondamente segnato, un volto quasi da Cristo, ma un Cristo molto diverso dal terribile Cristo putrefatto di Matias Grünewald o, tanto meno, dal Cristo oleografico dell’iconografia cattolica. Insomma, anch’esso, un Cristo molto normale, un Cristo piccolo borghese. Pasolini non aveva, nei gesti, nel parlare, nel modo di porgersi, nulla della “checca”. Anzi, era piuttosto virile. La scena cambiava ogni qual volta stava in compagnia con sua madre e quest’uomo, l'intellettuale furioso che s'"infantilizzava" per "mendicare" coccole e la mano, in una ricerca d'affetto quasi imbarazzante nella persona da lui più amata. E' difficile immaginarsi un Pasolini, sempre a muso duro, sempre pronto a fare a "cazzotti" verbalmente con chi calpestava verità e giustizia, dare i bacini a sua madre, o tenersi mano nella mano e camminare lungo viali alberati nebbiosi. O forse è semplicissimo, quando hai tanti nemici, a tratti, hai bisogno di tornare bambino e la madre diventa la figura emblematica dell'amore e della tenerezza. Tenerezza.


A MENDICAR TENEREZZE




Adescamento bestiale Pier Paolo Pasolini - Antonello Morsillo


 Profondo  nero




NON SI PUO' TRATTARE, qui, in poche righe, l’opera di Pier Paolo Pasolini. E' possibile invece ricordare una frase che scrisse nel 1962 inserita ne “Le belle bandiere”: "Noi ci troviamo alle origini di quella che sarà la più brutta epoca della storia dell’uomo: l’epoca dell’alienazione individuale e sociale. Questo per un fiorire estremo della tecnologia che sperpera ogni tradizione culturale. La corruzione sarà il male politico da difendersi". Parole dette più di 60 anni fa. Torna il dubbio: la P2 è responsabile o complice, del delitto Pasolini? Pino Pelosi che l'anno scorso dichiarò, com'è scritto sulla prima di copertina di "Profondo Nero". I responsabili della morte di Pasolini erano cinque uomini arrivati sul 
posto all'improvviso, come d'accordo, con una moto e una Fiat targata Catania. Fra loro due habituè dei luoghi di ritrovo di uomini di estrema destra del Tiburtino, Franco e Giuseppe Borsellino. Mentre lo picchiavano, lo pestavano a sangue gridavano: "Sporco comunista! Frocio, ecco quel che ti meriti" e botte fino a sfinirlo, sfigurarlo per poi passarci sopra con la macchina spezzando il tronco corporeo per il peso della macchina. Famose le parole di Pelosi agli atti, quando disse: "Se tu uccidi qualcuno in quel modo, o sei pazzo o hai una motivazione forte. Siccome questi assassini sono riusciti a sfuggire alla giustizia per trent'anni, pazzi non sono certamente. Quindi avevano una ragione, una ragione importante per fare quello che hanno fatto". Uno spettacolo orrido, non volevano solo che morisse Pasolini, ma che soffrisse anche e tanto, quasi una vendetta per tutto quello che aveva reso noto. Pelosi, il borgataro che da ragazzino gli piovve addosso una botta di quelle che non si reggono, è a tutt'oggi impaurito da quei cavalieri della morte 60enni e come, in che maniera, hanno picchiato Pier Paolo Pasolini, anche se non si sa se siano ancora vivi.

Una      storia
sbagliata


Il corpo di Pier Paolo Pasolini
dopo il pestaggio avvenuto
all'Idroscalo di Ostia la notte tra
il 1° ed il 2° novembre
ad opera dei Servizi segreti
dello Stato e mafia

La malvagità è nel non saper
nemmeno che si è malvagi
SE PETROLIO fosse stato pubblicato, Pasolini sarebbe ancora vivo. Come è vero che se Saviano non fosse riuscito a pubblicare in tempo "Gomorra", sarebbe morto come Pasolini. Stava lavorando ad un romanzo, "Petrolio", dove alludeva con fatti precisi e e puntuali all'attentato e morte di Enrico Mattei, all'epoca presidente dell'Eni. Pasolini scriveva che Eugenio Cefis, citato con un nome di fantasia che corrispondeva a "Troio Berda Inquisitorio", era responsabile di troppe illegalità. Intanto, Cefis, diventa Presidente dell'ENI. Cefis è colpevole anche di aver fondato la feccia del pianeta, la Loggia Massonica P2, assieme a Licio Gelli il Venerabile, così lo chiamavano nel linguaggio massonico. Il Governatore della Banca Italia di allora Guido Carli, lo definì un importante esponente della borghesia di Stato (?). Per i soloni spocchiosi giornalisti Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani, le penne saccenti del giornalismo economico-finanziario di Repubblica, penne “orribilis” c'era parecchia carne da mangiare. Cip e Ciop, Scalfari e Turani, hanno scritto un libro su Eugenio Cefis, dove viene presentato come una personalità rappresentante della vera "razza padrona" dell'epoca, quella del club esotico di Enrico Cuccia presidente e amministratore delegato di Banca Italia, gli Agnelli, Confindustria ed i sindacati che ci siano o no, nulla cambia.
Santa Sanctorum, la sede di Banca Italia 
ERANO GLI anni '70 e il mondo sindacale ci diede la opportunità di capire come era vuoto il peso della triade.
Per capire il personaggio Cuccia, basta dire che è stata una delle figure di spicco più importanti della scena economico-finanziaria italiana del XX secolo (60 anni di onorato lavoro ai massimi vertici) senza mai rilasciare una sola intervista. Vi sfido a trovarne un altro. Tornando al nostro all'ideatore e mandante dell'omicidio Pasolini, Eugenio Cefis, era uno che girava il mondo con tre orari diversi. I due spocchiosi cronisti, continuarono osservando che: "l'autenticità e genialità dell'uomo d’affari e su cui l’Italia poteva contare affidandogli incarichi importanti governativi". Avevano capito proprio tutto, il filosofo fallito (Scalfari) e Turani, uno che avrebbe voluto essere Franco Lattanzi, un banchiere anarchico sconosciuto, ma dalla grande capacità di decodificare i flussi economico-finanziari internazionali e soprattutto dalla penna che vibrava quando la prendevi in mano, talmente era bello leggerlo. Alto dirigente del gruppo Unicredit e agitatore della contestazione, per finire in una storia dall'epilogo sull'isola di Ventotene da sceneggiatura noir con una improvvisa caduta dalle scale e rottura dell'osso del collo. “Voleva stare da solo ed era andato nella casa del cognato”, testimonia la moglie. L'ennesimo mistero.

                                                   Giovanni Agnelli con Eugenio Cefis

MA A CAUSA DELLA SUA FUGA dall'Italia, nel '77, il suo posto fu preso da Licio Gelli. Cefis, di Cividiale del Friuli, teorizzava un golpe bianco, senza l'uso dei militari e della violenza, attraverso il controllo dei mezzi di informazione, come descritto in seguito nel "Piano di rinascita democratica" di Gelli. Per Pasolini, l'assassinio Mattei, è il 1° di una ampia carrellata di stragi di Stato di cui Cefis ha preso parte in qualche misura più o meno diretta. Opinione sottolineata da Amintore Fanfani che proprio un ribelle non era e Che Guevara pensava fosse un giocatore oriundo: "forse l'abbattimento dell'aereo di Mattei, più di vent'anni fa, è stato il primo gesto terroristico nel nostro Paese, il primo atto della piaga che ci perseguita." Se il libro "Petrolio" fosse riuscito ad uscire, fosse stato pubblicato, forse Pasolini sarebbe ancora vivo. Pensate a Roberto Saviano. Se non fosse riuscito a pubblicare "Gomorra", ora sarebbe morto da un pezzo. Quando un pezzo, un'inchiesta riesci a pubblicarla, sei quasi a posto, non si sa mai. Perché quello che era un segreto inviolabile, ormai, grazie alle inchieste pubblicate, il più è fatto. Anche se a certi livelli è obbligatorio guardarsi spesso e volentieri alle spalle, perché esiste anche, soprattutto fra i criminali, il senso della vendetta, il fartela pagare facendoti molto male, se non chiuderti la luce per sempre su questa crostone di terra che tutti i giorni calpestiamo. 

Un delitto infinito
Cos'è questo golpe?





Io so

Scritti Corsari
di Pier   Paolo  Pasolini

Corriere della Sera

Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum". Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).



OGNI TANTO si avvicinavano dei ragazzi, le classiche "marchette" e scambiavano due chiacchiere in modo molto pulito e Pasolini rinasceva spiritualmente. Era vero amore quello, ve lo dico. Uno di questi lo avrebbe ucciso. Il Pci e tutti i suoi vassalli e vassallieri, nella loro ipocrisia, non hanno mai accettato che Pasolini fosse morto com'é morto. Cioè, loro, che non centravano nulla, volevano decidere i gusti sessuali di Pasolini. Come i genitori coi loro figli: "Fai il bravo a scuola e non far arrabbiare la maestra". Si sa, Colpa e pene sono gemelle, anche perché spesso è l'innocente a portare la pena del reo bastardo. Poi ci vengono a dire che la pena nell'ira non conosce né modo né misura. Come minimo doveva essere stato un complotto dei fascisti, fantasticheria cui diede voce per prima Oriana Fallaci che aveva orecchiato qualcosa dal parrucchiere mentre si faceva i bigodini blu. Non si è mai capito che il fondo
oscuro di Pasolini, era necessariamente l’humus al suo essere artista visionario e, soprattutto, un grande, grandissimo intellettuale. “L'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli inconsciamente ha ricevuto, e a cui deve obbedire, a patto di sentirsi "diverso". “Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo”, scriveva sul Corsera Pier Paolo Pasolini, dagli Scritti corsari. Era il 1974. 
AD OGGI SI SA CHE I responsabili della morte di Pasolini erano cinque uomini arrivati sul posto all'improvviso, mentre Pasolini era in macchina con Pelosi. Come d'accordo, con una moto e una Fiat targata Catania, arrivarono sul posto improvvisamente. Si capiva che volevano 


fargli molto male, non gli bastava dargli una lezione ancorchè estremamente orrenda. Un odio profondo che Pelosi aveva avvertito e confermato ai giudici, per poi ridire tutto quanto due anni fa: "Fu un malvagio adescamento. Io ho le mie responsabilità, le conosco, ero solo un'esca utile ad attirare Paolo per poi farmi da parte. Quelli chissà da quando ci seguivano con la macchina, ma chi pensava che poi alle due di notte sarebbe successo quel che è accaduto? E poi noi due stavamo tranquilli in macchina". E' stato irretito solo come sanno irretire persone spietate, con il dovere di non ucciderlo soltanto, ma farlo soffrire col dolore di mille agonie.


26.5.20

E qui vorrei parlare Matteo tassinari ( REPRISE )

   non   riuscendo a modificare   su   richiesta 


Anna Maria Saponaro
lun 25 mag, 16:33 (2 giorni fa)

Salve. Sono l'artista Anna Maria Saponaro, autrice dell'opera dedicata alla biga Alata (creata interamente da me ispirandomi al mito di Platone) che ha inserito all'interno del suo sito web. Le chiedo cortesemente di inserire il mio nome al fine di specificare l'autore dell'opera, e il titolo veritiero che sarebbe "Il volo dell'anima".
Grazie mille, cordiali saluti.

il post   http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2016/04/e-qui-vorrei-parlare-di-matteo-tassinari.html?m=1
 Lo riprendo  con la  correzione  richiesta



S'io fosse quelli che d'amor fu degno


di Guido Cavalcanti
Guido (apostrofe), io vorrei che tu (Guido Cavalcanti), Lapo (Lapo Gianni de’ Ricevuti notaio e poeta stilnovista) ed io fossimo catturati per magia e messi su una piccola nave (vasel – metafora – diminutivo di vaso, significa qui navicella e si riferisce alla nave di mago Merlino)
                                                              fortuna,fortunale
che con qualunque vento (ad ogni vento) andasse attraverso il mare, secondo il (al) mio ed il vostro desiderio, in modo tale che una burrasca (fortuna, fortunale) o un altro tipo di cattivo tempo (tempo rio) non ci potesse essere di ostacolo; anzi, vivendo sempre secondo un’unica volontà (in un talento, si riferisce all’unione spirituale data dall’amicizia), aumentasse la voglia di stare insieme (di stare insieme crescesse ‘l disio - anastrofe).
E qui vorrei parlare (ragionar) sempre d’amore e che ciascuna di loro fosse felice come io credo che lo saremmo noi (similitudine).
Dante Alighieri e Guido Cavalcanti





















                                                   Il buon  incantatore Merlino

E poi (io vorrei che) il buon (valente) mago (Merlino) mettesse insieme a noi (con noi ponesse il buono incantatore - anastrofe) la signora (monna, indica la donna sposata) Vanna (la donna di Guido Cavalcanti) e la signora Lagia (abbreviazione di Alagia, è la donna di Lapo) insieme a quella che occupa il trentesimo posto (ch’è sul numer de le trenta - nell’elenco steso da Dante, pistola sotto forma di sirventese, oggi andato perduto, delle 60 donne più belle della città).


Cantavo di foglie dorate e
tra le foglie l'oro brillava
Cantavo del vento incantato tra le fronde e le foglie giocavan.

                                                                              Poeta stilnovista


 Cavalcanti in risposta a Dante

S'io fosse quelli che d'amor fu degno,
     del qual non trovo sol che rimembranza,
     e la donna tenesse altra sembianza,
assai mi piaceria siffatto legno.

    
 E tu, che se' de l'amoroso regno
     là onde di merzé nasce speranza,
     riguarda se 'l mi' spirito ha pesanza:
ch'un prest' arcier di lui ha fatto segno
     tragge l'arco, che li tese Amore,
     sì lietamente, che la sua persona
     par che di gioco porti signoria.


     Or odi maraviglia ch'el disia:
     lo spirito fedito li perdona,
vedendo che li strugge il suo valore.
Se io fossi la persona che era degna d’amore
della quale non ho altro che un ricordo
e la donna avesse un altro atteggiamento
mi piacerebbe molto la barca di cui parli.


Tu che appartieni a quel regno d’amore
dove la speranza nasce dal favore (della donna)
guarda fin che duran le condizioni del mio spirito,
un veloce arciere l’ha preso per stabile bersaglio
prende l’arco che ha teso per lei Amore
con tale gioia che sembra
che lo faccia per gioco.
Ma senti quello che è più stupefacente:
il mio spirito ferito non la condanna
quando la vede distruggere le sue facoltà.

Farinata degli Uberti e la città di Dite nel canto 10 dell'Inferno di Dante
S’io fosse quelli che d’amor fu degno,
del qual non trovo sol che rimembranza,
e la donna tenesse altra sembianza,
assai mi piaceria siffatto legno.


Esiste un libro antico dell'Asia che racconta che il destino di tutti è soggetto al ruotare delle epoche del tempo che si susseguono come il tiro del gioco 
S'io fosse quelli che d'amor fu degno

E tu, che se’ de l’amoroso regno
là onde di merzé nasce speranza,
riguarda se ’l mi’ spirito ha pesanza:
ch’un prest’ arcier di lui ha fatto segno





e tragge l’arco, che li tese Amore,

sì lietamente, che la sua persona

par che di gioco porti signoria.

L'Anima (La Biga Alata di Platone) opera di Anna Maria Saponaro ad esso ispirata
il titolo veritiero che sarebbe "Il volo dell'anima".

Or odi maraviglia ch’el disia:
lo spirito fedito li perdona,
vedendo che li strugge il suo valore.






                                                            L'amicizia per Dante 

Possiamo ritrovare tra gli scritti danteschi molti riferimenti alla vita sociale del poeta, grazie ai quali sappiamo che egli era molto legato a famosi poeti del suo periodo, tra i quali i noti Guido Cavalcanti e Lapo Gianni.


“Serenata”, di Di Cavalcante, diseño y cultura en latinoamérica

non riuscendo a modificare il post originale

Vedeste al mio parere onne valore



Cavalcanti fu fondamentale nella formazione poetica di Dante, egli infatti prese ispirazione fino alla stesura della Vita Nova dal suo predecessore e futuro amico. Fu proprio Dante ad instaurare un principio di amicizia, attraverso il suo primo sonetto scritto appositamente per essere inviato a Guido, “A ciascun' alma presa e gentil core” (questo fue quasi lo principio de l'amistà tra lui e me, quando elli seppe che io era quello che li avea ciò mandato), nel quale era contenuto un enigma al quale Cavalcanti provò a rispondere senza successo con il sonetto “Vedeste al mio parere onne valore”.
Questo fu il primo di una lunga serie di scambi di sonetti tra i due, che finirono però col procurare inimicizia ad entrambi ed a scatenare critiche sul  modo di scrivere dell'altro e sulle proprie aspirazioni letterarie; come sappiamo i due avevano due concezioni dell'amore completamente diverse, praticamente opposte, il primo riteneva che fosse un tramite  tra l'uomo e Dio e il secondo al contrario trovava solo aspetti negativi riguardo questo sentimento e lo riteneva strumento di sofferenza e disperazione per l'uomo.

22.7.17

poterti parlare di Matteo Tassinari


Dodici anni fa mio babbo abbracciava la sua Croce per sempre fino a diventare una cosa unica, per sermpre. Il gran finale avanzava da lì a poco. Con ma mamma eravamo all’ospedale per malati a lunga degenza all’ospedale di Rocca san Casciano, un paesino dell'entroterra romagnolo, un “Ospedaledeposito” in pratica per i casi più disperati, lì, mio babbo dormiva e viveva da molti giorni e giorni. Un Parcheggio di corpi e carne umana in attesa che si spenga definitivamente tutta la luce e si spengono i rumori che pria di partire per l'ad di là, compagnia gli facea e che ora rammaricar il cuore fa. Queste frasi per mio babbo non hanno alcuna pretesa di interpretare il vostro stato d'animo perché quello è solo e soltanto vostro, come il mio è solo il mio, anche potessi urlarlo dai tetti di tutto il mondo, riuscireste a leggere solo il titolo, il resto sono ragnatele tutte collegate tra loro come neuro trasmettitori che tormentano le anime massacrandole. Alvaro, suo nome d'origine spagnola, che a lui però non piaceva affatto, era troppo dandy, lo metteva a disagio quando si dovea presentare. Una volta bisbigliò sotto voce: "Ma che razza di nome è, Alvaro?", feci finta di non aver setito nulla per non infierire. Ho smepre amato mio padre, nonostante il rapporto ondoso. La realtà del morire e quella del soffrire costituiscono due aspetti topici dell'etica di tutti i tempi con il quale l'uomo si misura per non essere troppo preda dello spavento più grande della nostra esistenza e non ne parliamo mai. Perchè? Per semplice paura, ma si sbaglia, in questo modo i calcoli, perché il rimuovere la dipartita non fa altro che aumetare il suo terrore. Bisogna ampliare i nostri discorsi sulla morte, come nell'Est del mondo, dove la morte è vissuta come un momento della vita e la rende meno "nemica".



Noi possiamo chiudere col passato

ma il passato non chiude con noi
Chi non ha mai vissuto un dolore del genere, non può capire quella intensità, ma per carità, non c’è alcuna fretta. Possiamo vivere uno stato d’empatia (che non è poco), lasciarsi coinvolgere dalla sofferenza di chi perde un padre (che non è poco) agevola l'insieme. Ma non riusciremo mai a capire fino in fondo cosa significhi perderlo per sempre, non poterlo toccare,parlargli, guardarsi. Non voglio perdere tempo in preamboli insipidi e abusati. Anzi, vorrei lasciarvi subito al ricordo ondeggiante. In certi momenti, leggere frasi, libri, poesie, dediche che a lui ti rimandano col pensiero, è lenitivo, può essere un emolliente momentaneo per l’assenza di quella figura d’uomo che amavo tanto e non lo capivo e vorrei dirglielo. Ma non è più il tempo dei pedalò sui"bagnasciuga" di Milano Marittima al bagno Sesto, ora siamo entrati nella generazione 2.0, e fa male alla letteratura babbo. Ci fossi tu, forse qualcosa cambierebbe. Pensa, ti evoco spiritualmente a 54 annicome farebbe un bambino con suo padre. Il fatto è che tu lo sai quanto mi sei caro. E' l'ora dello strazio e del non capire. 
 continua    su http://rainingallegories.blogspot.it/2017_07_02_archive.html


(m.t.)

9.5.17

PRIMA DELL'AIDS Aids punizione divina ? No diabolica di matteo tassinari

in sottofondo  Le storie di ieri - Fabrizio De André

L'immagine può contenere: 1 persona, primo piano
Che cosa direi a chi considera l'Aids una punizione divina? Niente. Perché è già stato messo in regola da Dio, infettandolo con un pensiero così malsano, impietoso e spietato, che non gli renderà semplice l'esistenza. Ma ognuno beve nel proprio bicchiere. Immorale. Fate una prova con voi stessi. Come reagireste se sapeste che il cuoco del vostro ristorante preferito ha l’Hiv? O la tipa che fa ginnastica proprio vicino a voi è stata ricoverata per una settimana in ospedale agli Infettivi? 
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O la maestra di vostro figlio è sieropositiva? Poi, improvvisamente, salta fuori un film geniale, illuminato, ispirato, girato con autentica e grande cognizione di causa, capace di toccare profondità umane oceaniche, quindi abissali. L'Aids è un abisso, un burrone, un precipizio, ma "Dallas Buyers Club”, senza percorrere la deriva del ridicolo pur affrontando il dramma con l'ironia umana del quotidiano. 
L'immagine può contenere: 1 persona, sMS
"Non ti dà un po' sui nervi sentire quelli che parlano di curare i malati mentre intanto sventolano il loro Rolex? Cosa ne sanno di come si trattano i malati di Aids?". La gente parlava, e pensava, proprio in questi termini. "In fondo sono cose che a me non riguardano" e oggi ci ritroviamo con i reparti infettivi colmi di 70enni malati di Aids conclamato con moglie, nipotini e prole a carico che ti guardano con volto burbero e dubbioso, come se a loro l'Aids l'avessero preso giocando con le farfalle, perché non era vero, dicevano, che erano andati a puttane, non potevano dirlo per la moglie i parenti e amici. Prima di tutto la reputazione, a costo della verità. Spettacolo raccapricciante. Pesante per mogli, figli, amici, ma vedere la faccia di quelle persone che pur di non dire ch'erano andate a puttane, si arrampicavano sugli specchi sparando improbabili giustificazioni a cui nessuno credeva. Nella loro immane e sconsolata tristezza oltreché deprimente condizione, era penoso sentire il pesante silenzio di questi 60enni con l'Aids che cercavano di discolparsi in tutti i modi, rendendo ancora più scabroso e insidioso il loro status.(Continua qui, per chi vuole, http://rainingallegories.blogspot.it/







30.10.16

Le "dicerie" dell'untore d matteo tassinari

Le "dicerie" dell'untore

Bufalino:
l'infelicità è umana
         di Matteo Tassinari
Ha in mano solo un poker di parole e non basta a vincere nel gioco della vita. E allora Gesualdo Bufalino si cala negli oggetti della tenerezza, nelle memorie, nei vecchi film trasmessi dalla televisione, nel crepuscolare pianto di tante perdite. Del resto, è vero che i vincitori non sapranno mai quello che si perdono.
Leonardo Sciascia
Dicerie
dell'untore 
Attore in un “teatrino della seduzione” Bufalino sa bene, stretto dall'inflessibilità dei giorni, che è meglio trascorrere l'esistenza come se fossero reali tutte le "larve" della fantasia, i pregiudizi, e le credenze o convinzioni infondate che è causa di idee, timori, sospetti non giustificato. Scrittore rivelatosi tardivamente nel 1981 a 62 anni con il romanzo “Diceria dell'untore”, grazie anche al prezioso e qualificato incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio.
  L'hobby della lettura
Elvira Sellerio, editrice
L'opera gli valse nello stesso anno il prestigioso Premio letterario Campiello. Bufalino, fin dai suoi primi anni, trascorre ore ed ore nella piccola biblioteca del padre, un fabbro con l'hobby della lettura. Sa di avere indossato spesse volte una maschera e di aver preferito il contraffatto all'autentico.
Però vuole anche entrare in sintonia con il quotidiano e inventare la verità. Tra due dimensioni, le lusinghe della letteratura e il crepitio del reale, questo madonnaro mentale ci consegna in “Bluff di parole”, un'ampia miscellanea di citazioni, motti, macerie di diario, pensieri a gogò, Bufalino, plasma un capolavoro.
Gesualdo Bufalino


La Calunnia,
dal Barbiere di   Siviglia
La calunnia è un venticello, un'auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando. Nelle orecchie della gente s'introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco; sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta va fischiando, brontolando e ti fa d'orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia e produce un'esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale, che fa l'aria rimbombar. E il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte deve crepar. Così volle la divina commedia, l'insensibile dramma dell'umanità. 
Il    paradosso
esorcizza la     morte
La polemica lo esalta, lo celebra come scrittore raffinato, ma lo rende anche prigioniero di qualche bersaglio, troppo insistite le frecciate al vetriolo dirette ai critici in solo "Sacrestani" di una messa di cui lo scrittore, anche il più indegno, è il celebrante. Piaceva a Bufalino, il fatto che si scrive per guarire sé stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore. "Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto", scrisse sul Corriere della Sera

Sfogarsi per lavarsi il cuore
Si scrive per guarire sé stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore. Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto. Ritengo che nessuno senza memoria possa scrivere un libro, che l'uomo sia nessuno senza memoria. Io credo di essere un collezionista di ricordi, un seduttore di spettri. La realtà e la finzione sono due facce intercambiabili della vita e della letteratura. Ancora una volta l'autore ci propone una falsità, ma dichiarandola dimostra di non volere ingannare il "suo" lettore, bensì di farlo riflettere su come la finzione sia già presente nei luoghi che frequentiamo quotidianamente senza accorgercene.

Futuri     polverosi
Ogni sguardo dello scrittore diventa visione, e viceversa. Ogni visione diventa uno sguardo che s'imprimerà sicuramente in qualche suo testo, magari anche fra venti anni. Uno scarto di dieci primavere, può oggi essere un capolavoro, questo per dire come il tempo, e le sue imperiose modifiche capaci di trasformare il gusto del lettore, i suoi desideri e le sue aspettative. In sostanza è la vita che si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come avviene per la memoria, dove tutto risiede, ma poco si ricorda per l'afflusso confusionario di notizie overdose e incisiva su chi la segue. La realtà è così sfuggente ed effimera... Non esiste l'attimo in sé, ma esiste l'attimo nel momento in cui è già passato. Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza.
I fotografi, che vivono di istanti decisivi, sembrano attirati come da un sortilegio laddove avvengono i fatti nel momento preciso
Il reale     scivoloso
Ritengo che nessuno senza memoria possa scrivere un libro e che l'uomo sia un egregio signor nessuno senza memoria. Come credo di essere un collezionista di ricordi, un seduttore di spettri, un Casanova delle reminiscenze, un raccoglitore di flashback. La realtà e la finzione sono due facce intercambiabili della vita e della letteratura. Ogni sguardo dello scrittore diventa visione e viceversa, ogni visione diventa uno sguardo. In sostanza è la vita che si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come avviene per la memoria.
Sostiene Bufalino
Il reale è scivoloso e caduco e non accetta il frangente, il baleno, l'istante in sé: "Ma esiste l'attimo - scrive Gesualdo Bufalino - nel momento in cui è già passato. Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza" sosteneva lo scrittore siciliano in grande amicizia di Leonardo Sciascia. Il più inarrivabile e dogmatico Carlo Emilio Gadda, ci dice sfrontatamente: "Il dirmi che una scarica di mitra è realtà mi va bene, certo. Ma io chiedo al romanzo che dietro questi due ettogrammi di piombo ci sia una tensione tragica, una consecuzione operante, un mistero, anche ironia, forse le ragioni o le irragioni del fatto". Come non dargli ragione?
Scrivere per guarire 
Il paradosso gli accelera la possibilità di forzare la sua nativa inclinazione ad esorcizzare la morte con una nuvola di sillabe e grazie alla sua enfatizzazione della dissacrazione chiedendo conforto ai passatempi della scrittura e alle malinconie del pensiero. Malato di ricordi, Bufalino, ancora acerbo di esperienza ma già evoluto e strutturato, anche se ancora fiorente rispetto a ciò che poi col tempo porterà all'Indice.
 Con estrema libertà
Pasolini con Laura Betti
Ne scaturisce un“quadernaccio o scartafaccio” in cui Gesualdo Bufalino può coltivare i vizi più cari e muoversi con estrema libertà, andando a zonzo sopra e sotto le righe. Conviene, a chi nasce, molta oculatezza nella scelta del luogo, dell'anno, dei genitori. Un bluff di parole si affida ad un gioco di umori momentanei. Quel peso del mare siciliano che lo frustra e tutto seppellisce nel suo cimitero di minuti.
Gl'indispensabili 

Dedicato a chi si pensa ancora giovane e dentro di sè
ha una paura fottuta della morte.
Il Camposanto è zeppo di figure del genere, gl'indispensabili
Satira in      cassaintegrazione
Un velo di sarcasmo e di “maledettismo”, copre la rappresentazione di un io messo “in cassa integrazione” dalla vita. Un io che invecchia tra i libri, affonda in occasioni mancate ma risorge con aurorali stupori, fiere passioni, curiosità di capire il senso del suo tempo e decifrarne le ipocrisie.
Umberto Eco
La filigrana della sua storia di artista, del suo cammino di rabdomantico cercatore di Atlantidi sommerse di lutti e derive, macerie e incanti e ricordi e trappole di suoni, amante delle prosodie, della schiavitù della rima, dalla sontuosa e mortuaria "Diceria", argomento prevalente è la morte per poi dipanare la dinamica del testo in modo trasversale nascondendosi per poi, all’improvviso e senza accenni provvisori, riapparire.
Un ragazzo effemminato
E questo sotto i drappeggi di una scrittura in bilico fra strazio e falsetto, e in uno spazio che è sempre al di qua o al di là della storia - e potrebbe anche simulare un palcoscenico o la nebbia di un sogno dallo sguardo esiliato di Museo d'ombre, dalla torva e corteggiata malinconia di Argo il cieco.

ovvero i sogni della memoria, edito per i tipi di Sellerio. Essendo siciliano, non poteva non occuparsi anche di mafia, affermando che sarà vinta da un esercito di maestre elementari.

La favola delle Cere 
Sentenze, parabole, silhouette di moralità, citazioni letterarie, esili spunti di racconto, dannazioni e sogni e fili di fumo transitano in una scrittura raffinata, graffiata d'ironia e pervasa da una coscienza etica e civile che talora svicola nella favola sofisticata, come in "Cere perse", oppure si rifanno a suggestioni parcellari, a minimi intrecci d'avventura, tra evocazioni di un privato che si ingigantisce quanto più finge di civettare con umori e deliri.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...