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30.10.16

Le "dicerie" dell'untore d matteo tassinari

Le "dicerie" dell'untore

Bufalino:
l'infelicità è umana
         di Matteo Tassinari
Ha in mano solo un poker di parole e non basta a vincere nel gioco della vita. E allora Gesualdo Bufalino si cala negli oggetti della tenerezza, nelle memorie, nei vecchi film trasmessi dalla televisione, nel crepuscolare pianto di tante perdite. Del resto, è vero che i vincitori non sapranno mai quello che si perdono.
Leonardo Sciascia
Dicerie
dell'untore 
Attore in un “teatrino della seduzione” Bufalino sa bene, stretto dall'inflessibilità dei giorni, che è meglio trascorrere l'esistenza come se fossero reali tutte le "larve" della fantasia, i pregiudizi, e le credenze o convinzioni infondate che è causa di idee, timori, sospetti non giustificato. Scrittore rivelatosi tardivamente nel 1981 a 62 anni con il romanzo “Diceria dell'untore”, grazie anche al prezioso e qualificato incoraggiamento di Leonardo Sciascia ed Elvira Sellerio.
  L'hobby della lettura
Elvira Sellerio, editrice
L'opera gli valse nello stesso anno il prestigioso Premio letterario Campiello. Bufalino, fin dai suoi primi anni, trascorre ore ed ore nella piccola biblioteca del padre, un fabbro con l'hobby della lettura. Sa di avere indossato spesse volte una maschera e di aver preferito il contraffatto all'autentico.
Però vuole anche entrare in sintonia con il quotidiano e inventare la verità. Tra due dimensioni, le lusinghe della letteratura e il crepitio del reale, questo madonnaro mentale ci consegna in “Bluff di parole”, un'ampia miscellanea di citazioni, motti, macerie di diario, pensieri a gogò, Bufalino, plasma un capolavoro.
Gesualdo Bufalino


La Calunnia,
dal Barbiere di   Siviglia
La calunnia è un venticello, un'auretta assai gentile che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando. Nelle orecchie della gente s'introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar.
Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco; sembra il tuono, la tempesta che nel sen della foresta va fischiando, brontolando e ti fa d'orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia e produce un'esplosione come un colpo di cannone, un tremuoto, un temporale, un tumulto generale, che fa l'aria rimbombar. E il meschino calunniato, avvilito, calpestato, sotto il pubblico flagello per gran sorte deve crepar. Così volle la divina commedia, l'insensibile dramma dell'umanità. 
Il    paradosso
esorcizza la     morte
La polemica lo esalta, lo celebra come scrittore raffinato, ma lo rende anche prigioniero di qualche bersaglio, troppo insistite le frecciate al vetriolo dirette ai critici in solo "Sacrestani" di una messa di cui lo scrittore, anche il più indegno, è il celebrante. Piaceva a Bufalino, il fatto che si scrive per guarire sé stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore. "Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto", scrisse sul Corriere della Sera

Sfogarsi per lavarsi il cuore
Si scrive per guarire sé stessi, per sfogarsi, per lavarsi il cuore. Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto. Ritengo che nessuno senza memoria possa scrivere un libro, che l'uomo sia nessuno senza memoria. Io credo di essere un collezionista di ricordi, un seduttore di spettri. La realtà e la finzione sono due facce intercambiabili della vita e della letteratura. Ancora una volta l'autore ci propone una falsità, ma dichiarandola dimostra di non volere ingannare il "suo" lettore, bensì di farlo riflettere su come la finzione sia già presente nei luoghi che frequentiamo quotidianamente senza accorgercene.

Futuri     polverosi
Ogni sguardo dello scrittore diventa visione, e viceversa. Ogni visione diventa uno sguardo che s'imprimerà sicuramente in qualche suo testo, magari anche fra venti anni. Uno scarto di dieci primavere, può oggi essere un capolavoro, questo per dire come il tempo, e le sue imperiose modifiche capaci di trasformare il gusto del lettore, i suoi desideri e le sue aspettative. In sostanza è la vita che si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come avviene per la memoria, dove tutto risiede, ma poco si ricorda per l'afflusso confusionario di notizie overdose e incisiva su chi la segue. La realtà è così sfuggente ed effimera... Non esiste l'attimo in sé, ma esiste l'attimo nel momento in cui è già passato. Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza.
I fotografi, che vivono di istanti decisivi, sembrano attirati come da un sortilegio laddove avvengono i fatti nel momento preciso
Il reale     scivoloso
Ritengo che nessuno senza memoria possa scrivere un libro e che l'uomo sia un egregio signor nessuno senza memoria. Come credo di essere un collezionista di ricordi, un seduttore di spettri, un Casanova delle reminiscenze, un raccoglitore di flashback. La realtà e la finzione sono due facce intercambiabili della vita e della letteratura. Ogni sguardo dello scrittore diventa visione e viceversa, ogni visione diventa uno sguardo. In sostanza è la vita che si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come avviene per la memoria.
Sostiene Bufalino
Il reale è scivoloso e caduco e non accetta il frangente, il baleno, l'istante in sé: "Ma esiste l'attimo - scrive Gesualdo Bufalino - nel momento in cui è già passato. Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza" sosteneva lo scrittore siciliano in grande amicizia di Leonardo Sciascia. Il più inarrivabile e dogmatico Carlo Emilio Gadda, ci dice sfrontatamente: "Il dirmi che una scarica di mitra è realtà mi va bene, certo. Ma io chiedo al romanzo che dietro questi due ettogrammi di piombo ci sia una tensione tragica, una consecuzione operante, un mistero, anche ironia, forse le ragioni o le irragioni del fatto". Come non dargli ragione?
Scrivere per guarire 
Il paradosso gli accelera la possibilità di forzare la sua nativa inclinazione ad esorcizzare la morte con una nuvola di sillabe e grazie alla sua enfatizzazione della dissacrazione chiedendo conforto ai passatempi della scrittura e alle malinconie del pensiero. Malato di ricordi, Bufalino, ancora acerbo di esperienza ma già evoluto e strutturato, anche se ancora fiorente rispetto a ciò che poi col tempo porterà all'Indice.
 Con estrema libertà
Pasolini con Laura Betti
Ne scaturisce un“quadernaccio o scartafaccio” in cui Gesualdo Bufalino può coltivare i vizi più cari e muoversi con estrema libertà, andando a zonzo sopra e sotto le righe. Conviene, a chi nasce, molta oculatezza nella scelta del luogo, dell'anno, dei genitori. Un bluff di parole si affida ad un gioco di umori momentanei. Quel peso del mare siciliano che lo frustra e tutto seppellisce nel suo cimitero di minuti.
Gl'indispensabili 

Dedicato a chi si pensa ancora giovane e dentro di sè
ha una paura fottuta della morte.
Il Camposanto è zeppo di figure del genere, gl'indispensabili
Satira in      cassaintegrazione
Un velo di sarcasmo e di “maledettismo”, copre la rappresentazione di un io messo “in cassa integrazione” dalla vita. Un io che invecchia tra i libri, affonda in occasioni mancate ma risorge con aurorali stupori, fiere passioni, curiosità di capire il senso del suo tempo e decifrarne le ipocrisie.
Umberto Eco
La filigrana della sua storia di artista, del suo cammino di rabdomantico cercatore di Atlantidi sommerse di lutti e derive, macerie e incanti e ricordi e trappole di suoni, amante delle prosodie, della schiavitù della rima, dalla sontuosa e mortuaria "Diceria", argomento prevalente è la morte per poi dipanare la dinamica del testo in modo trasversale nascondendosi per poi, all’improvviso e senza accenni provvisori, riapparire.
Un ragazzo effemminato
E questo sotto i drappeggi di una scrittura in bilico fra strazio e falsetto, e in uno spazio che è sempre al di qua o al di là della storia - e potrebbe anche simulare un palcoscenico o la nebbia di un sogno dallo sguardo esiliato di Museo d'ombre, dalla torva e corteggiata malinconia di Argo il cieco.

ovvero i sogni della memoria, edito per i tipi di Sellerio. Essendo siciliano, non poteva non occuparsi anche di mafia, affermando che sarà vinta da un esercito di maestre elementari.

La favola delle Cere 
Sentenze, parabole, silhouette di moralità, citazioni letterarie, esili spunti di racconto, dannazioni e sogni e fili di fumo transitano in una scrittura raffinata, graffiata d'ironia e pervasa da una coscienza etica e civile che talora svicola nella favola sofisticata, come in "Cere perse", oppure si rifanno a suggestioni parcellari, a minimi intrecci d'avventura, tra evocazioni di un privato che si ingigantisce quanto più finge di civettare con umori e deliri.

13.6.15

Eco ignora o fa finta d'ignorare che anche grazie ai social a loro la Rete è un luogo più democratico anche se arrischio di populismo

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Puntualmente    arriva  (  trovate  l'articolo  sotto  )   la  bellissima  ,  io non avrei saputo   scrivere  di meglio  ,   ad  Umberto  Eco    da  http://www.ilfattoquotidiano.it/  del  13\6\2015    il che dimostra  come   internet  ed  i social siano  

Giulia Cecconi democratico ma stupido. perchè mentre molti intelligenti ci spendono il giusto,molti cretini passano giornate a scrivere cretinate. internet non ha filtro, è una fucina di cazzate e chiunque ci faccia un giro se ne rende conto.


Un arma a doppio taglio  





In principio era Indymedia. Nella sua declinazione digitale, per molto tempo l’attivismo mediatico è stato connesso principalmente a quell'esperienza; alla cui epoca, va detto, Internet era ancora primordiale nel suo funzionamento e soprattutto periferico nel circuito dei media.
Le proteste alla riunione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio a Seattle nel 1999 offrirono però una decisiva opportunità di riconoscimento reciproco per attivisti e professionisti provenienti da realtà nazionali spesso lontane, connotate da agende politiche e sociali apparentemente molto diverse. E negli anni successivi si formò poi una vera e propria rete internazionale di giornalisti indipendenti, di freelance, di programmatori e di hacker. Un network mondiale dunque, ma legato al movimento “no global” e dunque per questo anche elitario, con tutti i limiti che ciò comportava: poiché composto, in fin dei conti, da realtà che partivano dalla condivisione di una base ben confinata di valori e obiettivi e quindi non potevano che esprimere un mondo polarizzato, schierato, non pienamente inclusivo.
Nel primo quinquennio del 2000 è da qui, da questo modello di attivismo mediatico così connotato ideologicamente che è arrivato l’unico tentativo di una narrazione alternativa a quella dei mass-media tradizionali. E per anni, è dai media attivisti della rete Indymedia che governi e brand hanno dovuto guardarsi. Poi è arrivato il web 2.0, con i suoi assai “controversi”social network, e tutto è cambiato di nuovo. Radicalmente.
Oggi per essere un media attivista non servono specifiche competenze giornalistiche, informatiche, né di altro tipo. E’ sufficiente un indirizzo mail, da cui aprire un account Twitter o Facebook. Ne sa qualcosa, ad esempio, Nestlè, accusata recentemente in California di sfruttare illegalmente le risorse naturali, e messa sotto pressione non da un articolo ma da una valanga di post con gli hashtag #deforestation e#saveourwater.
Stessa esperienza la sperimenta da tempo la catena mondiale di fast food Burger King: dei primi 10 hashtag delle conversazioni social in cui è citata, tre sono negativi, poiché connessi allo spinoso tema dell’uso dell’olio di palma (#deforestation, #climate, #palmoil). Si tratta di due casi di studio citati nel “Food and Beverage Report 2015”, diffuso dall’azienda di social intelligence Brandwatch. Indirizzato principalmente ai brand in quanto potenziali clienti, fin dalle sue premesse il rapporto riconosce nei contenuti dei social media altrettanti messaggi e giudizi di rilievo, che le multinazionali hanno il dovere di monitorare, ascoltare, capire, e a cui talvolta può essere necessario anche rispondere, pena un calo di reputazione.
Secondo Brandwatch, per il settore della ristorazione i social media possono sì rappresentare un terreno di criticità – il volume di contenuto è altissimo, nel Regno Unito ad esempio una conversazione social su tre riguarda cibo e bevande – ma allo stesso tempo anche grandi opportunità in termini di fidelizzazione, grazie alla possibilità di incentivare la creatività degli utenti e le interazioni. E sui social, sostiene l’azienda di social listening, anche l’esito di una crisi è fortemente influenzato dalla reazione del brand alla stessa.
D’altra parte sappiamo bene che le multinazionali hanno spesso dalla loro parte gli influencer della rete, appositamente ingaggiati per sostenere il marchio con specifiche campagne di promozione. Come anche sappiamo che, altrettanto spesso, gli ‘attacchi’ di utenti sui social non sono affatto spontanei ma vengono organizzati preventivamente con la condivisione preliminare degli hashtag, dei link da far circolare, degli account da menzionare e coinvolgere, dei tweet da pubblicare. Dunque le stesse sfide dialettiche via web sono da tempo caratterizzate da metodi e da tecniche già predeterminate di vero e proprio guerrilla marketing, che di genuino possono talvolta avere ben poco.
Tuttavia, checché se ne dica, una cosa è certa. Dalla loro comparsa, i social media hanno senz’altro reso la rete un luogo molto più democratico, dialogico e paritario di com’era prima. Uno spazio in cui non esistono più rendite di posizione e dove – una volta vagliate la validità delle idee espresse, la capacità di argomentare e di comunicare e l’oggettività dei dati esposti – il giudizio finale è affidato all’intelligenza di ciascuno. Con buona pace di chi pensa di possedere la verità rivelata, chiunque egli sia.

12.6.15

Eco e gli imbecilli del web

di , 11 Giugno 2015 20:40
Umberto Eco ha ricevuto la laurea honoris causa in “Comunicazione e cultura dei media” dall'università di Torino, la stessa dove, nel 1954, si era laureato in filosofia. Ne aveva proprio bisogno. Oggi una laurea honoris causa non si nega a nessuno, ce l’hanno cani e porci.E visto che è esperto di “Comunicazione e cultura dei media” può, a buon diritto, esprimere il suo autorevole parere sul
web. Ed ecco cosa dice: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio  Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli.”.  Il nostro illustre semiologo forse dimentica che il fatto che tutti abbiano diritto di parola, compresi gli imbecilli, non è un’invenzione dei social media, è un principio cardine della democrazia, garantito dalla nostra Costituzione. Ed Eco è uno di quelli che, da buon intellettuale di sinistra, dovrebbe difendere con tutte le forze ed a costo della vita, Voltaire insegna, il diritto alla libertà di pensiero e di espressione a tutti: imbecilli compresi. Ma evidentemente il nostro intellettuale, ormai ultra ottantenne, deve aver avuto una qualche piccola crisi d’identità, o forse teme che se tutti hanno diritto di esprimersi possa risultare sminuita la sua autorevolezza. E non se la sente più di accettare il fatto che tutti abbiano diritto di parola (e magari di voto) e che, sui social media,  il suo pensiero  sia sullo stesso piano di quello dello scemo del villaggio.Insomma, la democrazia sarà una gran bella cosa, la Costituzione pure, ma non è accettabile essere sullo stesso piano di qualunque imbecille perché (come diceva il marchese del Grillo ai popolani): “Io so’ io e voi non siete un cazzo.”. Peccato che il nostro filosofo e semiologo di grido abbia aspettato 83 anni per rendersi conto di questo piccolo inconveniente. Meglio tardi che mai. Eh sì, caro Eco, chi concede il diritto di parola a tutti, idioti compresi, non è internet, è la democrazia. L’ha capito un po’ tardi. Ma non è il solo ad avere i riflessi lenti. C’è una folta schiera di illustri pensatori, specie di area sinistra, che solo in età avanzata scoprono l’acqua calda e si rendono conto delle stronzate che hanno sempre spacciato per ideologia e verità assoluta e per una vita hanno scassato gli zebedei a chi non era d’accordo con loro. Così Umberto Eco oggi scopre che non gli va bene quello strano principio dell’uguaglianza dei cittadini, la libertà di espressione e che  il suo eccelso pensiero sia sullo stesso piano di quello dello scemo del villaggio.Quindi, caro Eco, visto che l’uguaglianza sancita dalla democrazia le va stretta e ritiene ingiusto il diritto di parola a tutti, cominci a riflettere sui principi fondanti di quella democrazia che si dà sempre per scontata, come miglior sistema possibile, quel sistema così perfetto che lo  si vuole esportare ed imporre, anche con la forza e le bombe, in paesi esotici dove la gente segue ancora i califfi, porta in testa il turbante o un canovaccio da cucina tenuto con una specie di giarrettiera e sembra ferma a Le mille e una notte, è allergica  ai diritti umani come noi li concepiamo ed ha  una congenita idiosincrasia nei confronti dei principi di uguaglianza e democrazia. Ecco, caro professore, faccia un accurato studio sulle contraddizioni della democrazia e cerchi, se le riesce, di trovare la soluzione al problema della quadratura del cerchio “democratico”: come conciliare la libertà di parola a tutti e la necessità di distinguere il pensiero dell’imbecille da quello del premio   Nobel. [.....] continua qui sul blog torredibabele.blog.tiscali.it  )  .Ora   anch'io come  il mio utente  fb  



Marini Antonello Io penso che Eco si riferisce ad una questione in particolare, non tanto ai social in generale, ma alla possibilità che abbiamo tutti di registrarci e commentare anche gli articoli di giornale, privilegio questo che sino all'avvento di internet era esclusivo dei cosiddetti titolati opinionisti ( spesso pagati lautamente ), oggi ognuno può dare il suo parere, giusto o sbagliato che sia e questo è positivo, d'altronde la cultura collettiva altro non è che l'insieme generale universale del pensiero umano composto da cose intelligenti e da stupidità ma è l'umano pensiero e se mancasse anche una sola stupidita o una intelligenza non sarebbe questo che stiamo vivendo e costruendo insieme, inoltre se così non fosse, non avremo bisogno della capacità di discernimento per determinare ciò che è gusto o sbagliato, il vero problema e l'assenza di veri grandi intellettuali capaci di correggere il pensiero laddove sia errante e capaci di farlo corrente universale come i grandi del passato Foscolo e Carducci il cosiddetto " pessimismo cosmico", o la lunga strada "dell'illuminismo" da Democrito a Locke. Come definire la corrente degli Ecchiani se non " del dogmatismo intellettuale " o nuova Aristocrazia mediatica ove solo i "migliori hanno diritto " e nessuno può più distinguere i cazzari da chi dice cose giuste e se al bar qualcuno dice < < ci tolgono il pane di bocca >> è una cosa semplice, una cosa vera e per il principio di Ockham di due verità la più vera " è " sempre la più semplice possiamo affermare che anche nei bar o nelle fabbriche o nei vari luoghi di lavoro ove risieda la gente c'è molta intellettualità forse anche più profonda di quella dei titolati ai quali manca l'elemento principale per comprendere qualcosa d'altro la propria ragione cioè l'umiltà.
Ma    allo  stesso     tempo  come   L'altro mio  utente   

Giorgio Pintus Eco ha fatto una battuta a margine di una manifestazione, neanche tanto originale perchè già sentita tante volte, forse anche da chi oggi lo critica pesantemente. Non ha evocato l'inquisizione e tanto meno la censura, ha semplicemente detto che nei social ci sono legioni di imbecilli. Come dargli torto?
Mi pongo  tale domanda  . In   cui  la  disinformazione  e  le  bufale   di siti  spazzatuira  o presunti tali visto che  in mezzo alla spazzatura  posso nascondersi delle perle   pagina Catena Umana? Ecco, è una pagina fb, con relativo sito web (http://www.donotlink.com/dbjr, nel quale, nella sezione "Chi siamo", vi è un video tributo a Giorgio Almirante), che altro non fa che diffondere ignoranza che spaccia per controinformazione.Numerose sono le bufale, come quella di immigrati che hanno crocifisso un gatto in nome dell'Islam, del moribondo a cui Renzi ha tagliato i fondi o quella delle volontarie italiane che facevano sesso con i guerriglieri islamisti, partite da loro e prontamente SBUGIARDATE da siti come BUTAC (Bufale Un Tanto Al Chilo) e Bufale.net, ma quando ormai erano diventate virali  ( condivise addirittura da quel geniaccio di Gasparri) fomentando l'odio dei fessi  ma  anche   di chi è  in buona fede   che non controllano le fonti o  non fanno in tempo  e abboccano a qualunque cosa leggano se accompagnata da un "NESSUNO TE LO DIRA' MAI!" O   NON  TE LO DICONO, ecc  . Grazziearcazzo, è   nel 90 %  dei casi  'na stronzata  o  meglio  per  usare espressione  ormai tipica  entrata  nella nostra cultura  nazional popolare  

Molti miei contatti ci , sic, cadono spesso  ed oltre ad avvisarli altro non posso fare. Loro invece altro non fanno che diffondere odio producendo BUFALE a ripetizione, una più grande dell'altra, spesso arrivando a condividere spacciando per veri degli articoli di LERCIO (come quello del gatto gonfiato come un palloncino in un campo rom e usato per giocare, ai limiti della fantascienza). Poco importa se a causa loro gli idioti inneggiano a Hitler e la destra trova ignoranza su cui mangiare. Poco importa, ci sono i clic.
 Ora l'unica controinformazione, è l'informazione corretta. Non le bufale  o al limite  se   succede  fare  autocritica  e pubblicarne  la smentita  . Anche se purtroppo  , esperienza  personale vedi   la notevole  posizione   del  post ( è   tra  i  primi 10 post  più letti  del  nostro blog  ) 
  scritto 3  anni or sono  sul  kebab la sua tossicità nonostante  abbia  pubblicato un anno dopo un post  che aggiornava  \  rettificava   smentendolo    .Dello stesso identico "spessore intellettuale", a  linlk  prima  citati   sono le pagine (e i rispettivi siti) Piovegovernoladro e Dimissioni e tutti a casa (che di condivisibile  hanno solo il titolo )  e il  sito  da  cui  ho preso l'articolo  d'apertura  del post  il  torre  di babele  

25.8.14

O è Vero o è Falso". E invece non è né Vero né Falso di Sergio di cori modigliani : la casa degli italiani esuli in patria -

sulle  note   della  cover di    https://www.youtube.com/watch?v=S7nJJ2hAhYI    di quesata  famosa  canzone   di  Gaber    ( qui  l'originale )    
Leggo   sulla  schermata  di  https://www.blogger.com/home   quest'anteprima di post  



Circa 25 anni fa, nel Luglio del 1990, il più grande divulgatore culturale italiano, il prof. Umberto Eco, apriva nella Facoltà di Filosofia dell'Università di Urbino un convegno di studi internazionali -da lui fortemente voluto- che aveva come ospite eccellente colui che allora veniva considerato (e penso che lo sia ancora oggi) il più importante filosofo al mondo, l'epistemologo Hilary Putnam. Il fine di Umberto Eco non era quello consueto italiota di grande tradizione e squallido profilo: organizzare una grande riunione di spessore invitando ... continua  sul  suo blog    http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...