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14.12.24

il caso della saga ( romanzi e serie tv ) L'amica geniale un finale aperto ed enigmatico proficuo e bello .

 IL 9  dicembre   è finita   dopo  4  stagioni   l'Amica  Geniale . La serie, che ha saputo raccontare con maestria le vicende di Lila e Lenù, due amiche cresciute in un rione di Napoli, ha ottenuto un successo straordinario, con oltre 6,2 milioni di visualizzazioni su RaiPlay e più di 3 milioni di telespettatori, raggiungendo il 18,2% di share. La sua capacità di toccare le corde emotive del pubblico, grazie a una narrazione intensa e coinvolgente, ha trasformato L'amica geniale in un fenomeno culturale di portata internazionale.


 La serie italo-statunitense tratta dalla tetralogia di Elena Ferrante ha iniziato il suo cammino nel 2018 e, dopo sei anni, si è congedata dai suoi spettatori con i due episodi finali che scrivono la parola fine ad un racconto che ha attraversato sessant'anni di storia d'Italia e, soprattutto, dei personaggi nati dalla penna della scrittrice senza volto. Su tutti Lila e Lunù, le due amiche del rione Luttazzi che si sono amate, odiate, allontanate e riavvicinate senza smettere mai di pensare l'una all'altra.adesso che è finita la  saga   de l'amica  geniale  posso "recensire " ed esprimete un goudizio completo  Anche se a mio avviso l'autrice della saga e poi gli autori della fiction /serie tv avrebbbero dovuto intitolarle amiche geniali in quanto sono state geniali entrambe ciascuna   delle  due  protagonista   a modo suo suo chi precocemente ( Lila  \ Raffaella Cerullo) chi tardivamente ( Lenù \ Elena Greco  )   . Infatti  La storia di Lila e Lenù, che si snoda attraverso decenni di cambiamenti sociali e personali, ha saputo affrontare temi universali come l'amicizia, l'amore, la lotta per l'emancipazione e il confronto con le proprie radici. La complessità dei personaggi e la profondità delle loro relazioni hanno reso L'amica geniale un'opera unica nel suo genere capace di lasciare , almeno  per   ora  cioè  fino ad altra fiction notevole e migliore d'essa  , un'impronta indelebile nella memoria collettiva.

Ora premetto   che non ho letto I romanzi da cui è tratta e  ho  visto con  scietticismo poi  venuto meno man  mano  che  procedevo    con la  visione  delle   prime  due  \ tre   puntate  di quella   che  è  stata  la  I stagione, perché aprioristicamente ed erroneamente  gli ho classificati come romanzi d'appendice\ meglio noti come feuilletton  o  romanzi rosa . Ma poi incuriosito dalle chiacchere  e  studi  \ indagini  sterili  sui  media   e non   sul sapere  chi  ci sia  dietro  lo pseudonimo  dell'autrice   su  chi   si  cela   dietro lo pseudonimo dell'autrice / autore o  se é realmente  lei  tanto  da  farmi  condividere   la  battuta    : <<   Non mi  pare   cosi  grave  Anch'io  non  conosco chi ha  costruito   casa mia mia  ..... ma  non me  la  prendo  >>  (   cit  disneyana  più precisamente   topolino e la  leggenda del panettone   n° 1620  ) ,  dal  successo   dopo  i  romanzi   della  trasposizione  tv  . Ma  soprattutto   dalle recensioni bellissime non ufficiali  \  ortosse  dei romanzi   :   familiari  (  mia  madre )  e   amici  in  particolare    di una mia amica che dopo aver letto il primo  volume   della    saga  da me regalatogli si è  comprati gli altri   ho  deciso   di    vincere /mettere  da parte lo scetticismo  e    di vendere la  serie  tv . Infatti Inizialmente avevo un po' di diffidenza  e scetticismo convinto di trovvarmi  con un polpettone e qualcosa du mediocre / dozzinale ,  ma poi mi e piaciuto ed appassionato tanto che appena ho tempo vadobin biblioteca à prendere in prestito i libri per    farmi  un  ulteriore  idea   dei misteri  lasciati in sospeso   dal  film  e  anche dal  ciclo dei  romanzi . Una  saga bella    ed  avvincente  ,  profonda  con  un  ottimo   cast    d'esordienti  compresi .  Come al  solito il pubblico sottoscritto compreso   dopo la fine naturale    ha  chiesto  un altra stagione  per  risolvere  gli engmi    finali  .  Ma  poi  leggendo    questa intervista     al regista    rilasciata  a : https://www.fanpage.it/spettacolo/interviste

[..] L’idea di Un’amica geniale 5 ha mai sfiorato l’intera squadra di lavoro, Ferrante inclusa?
Non credo sia contemplabile, proprio perché il romanzo rimane romanzo. Non c'è motivo di scrivere una quinta stagione, ha funzionato di suo in questo modo. La coerenza potrebbe perdersi e diventeremmo solo dei mercanti con una fastidiosa tendenza a mercificare il prodotto. La storia è completa e conclusa, va bene così.
Ho cambiato idea .
Infatti   Costanzo  ha    ragione    sarebbe    tradire  l'opera  stessa   dell'autrice (   o  dell'autore   secondo me   che  usa  uno  pseudonimo  femminile  perchè  in italia   è ancora  tabù    e si considera poco dignitoso  che   un uomo    scriva   tematiche       femminili )   e  poi    sfatiamo i miti   e  gli stereotipi   che   un  opera  letteraria ( comprendendo   con il  termine  letteratura    anche il  cinema  e  la  tv  )  debba  per   forza  finire    risolvendo  tutto  senza  lasciare  al lettore  \  spettatore    cioè  al  suo  fruitore  la  possibilità  fi  fantasticare  \ farsi in un  idea  proria sulla storia . E'    vero che  dare un significato al finale ad opete complesse e particolare come  L’Amica Geniale è complicatissimo. Quattro stagioni e altrettanti libri (da cui la serie è tratta) ci hanno insegnato che Elena Ferrante ha fatto qualcosa di più che raccontare una semplice storia che attraversa le vite delle due protagoniste.
 L’Amica Geniale è  secondo me  ,  una  delle narrazioni maggiormente stratificate che la letteratura italiana prima e la tv poi hanno proposto, offrendo visioni e significati che, quasi come in una maratona, si sono passati il testimone fino alla conclusione. 
Comunque   per    coloro  che per   pigrizia  mentale (  ma anche   scarso addestramento ed allenamento  a pensare   fuori dagli schemi  ed  andare  oltre  la  pappa  pronta   ) , purtroppo   sempre  meno 😥😢 , non vogliono fare questo processo ecco qui e qui il finale spiegato .per   me  L’Amica Geniale è un caso in cui un’amicizia sopravvive alla vita. infatti 



“Ho riconosciuto subito le nostre bambole che erano state gettate in uno scantinato del Rione. Forse quelle due bambole, che avevano attraversato oltre mezzo secolo ed erano venute fino a Torino, significavano solo che lei stava bene. E mi voleva bene. Che aveva rotto gli argini e che finalmente voleva girare il mondo, vivendo in vecchiaia secondo una nuova verità: la vita che in gioventù le avevano vietato e si era vietata. Ora che Lila si è fatta vedere così nitidamente devo rassegnarmi a non vederla mai più”.
Le ultime parole di Lenu dedicate a Lila

Una cosa è certa: L’Amica Geniale  ha regalato due ritratti femminili di assoluto valore e significato. Dai traguardi raggiunti alle sfide intraprese fino agli errori commessi, Elena e Lila sono portavoce di un femminismo sano in un mondo patriarcale che neanche finge di voler dare valore alle donne.Infatti  Le bambole sono il fulcro di tutta la storia, da dove nasce l'amicizia, le paure, le angosce e i desideri che condividono sin da bambine nel caos del rione. Non a caso Lila chiamerà la figlia Tina come la bambola di Lenù: Lila sembra non ricordarsi di quel nome, è una coincidenza o un terribile caso. La bambola verrà ritrovata ma Lila deciderà di scomparire per sempre, la smarginatura ha fatto il suo effetto, Lila si è perduta così come la figlia, si è perduta per sempre ma lo ha fatto consapevolmente, ha fatto quello che avrebbe voluto in giovinezza.
Ma ciò che rimarrà per sempre sarà quell'amicizia che ha caratterizzato le loro vite per decenni. Rimarranno i ricordi incastonati tra le vie del rione, rimarrà quella passeggiata verso il mare mai completata, rimarranno le violenze fisiche e i primi baci. Rimarranno queste due ragazze, figlie di una Napoli povera ma autentica che cercano di emergere e affermarsi nel loro modo. Rimarranno quelle due bambole, Lila e Lenù.
Inoltre  L’omicidio del fratelli Solara potrebbe anche essere inteso metaforicamente parlando come la fine dell’imposizione patriarcale senza se e senza ma nella società. Ora che Elena e Lila non devono più guardarsi le spalle da chi ha sempre cercato di ricordare loro che posto avrebbero dovuto avere, possono dirsi veramente libere. E, con loro, ci si augura che tutte le telespettatrici che vivono situazioni opprimenti possano avere la stessa occasione (meno tragica, ovviamente) di alzare la testa contro chi le vorrebbe silenti e invisibili.L’Amica Geniale resterà un capolavoro irripetibile  ?  Capolavoro osannato dalla critica e dal pubblico (le prime due stagioni su Raiuno superarono in alcuni episodi i 7 milioni di telespettatori e il 30% di share, mentre su RaiPlay la serie è tra le più notevoli degli ultmi anni concludendosi, si consegna definitivamente alla storia della televisione italiana.


Sia per l’incredibile sforzo produttivo che c’è stato dietro ogni stagione, sia per l’inedita alleanza Rai Fiction-Hbo che ha permesso di vedere un prodotto in lingua italiana e sottotitolato in inglese in prima serata sul canale via cavo statunitense per eccellenza, ma anche per l’anticonformismo di cui fin dalla prima stagione questa serie è stata intrisa.
Dalla regia fortemente autoriale di Saverio Costanzo prima e poi di Daniele Luchetti, Alice Rohrwacher e Laura Bispuri alla sceneggiatura che non lascia scampo a chi è abituato a serie tv con episodi autoconclusivi, L’Amica Geniale ha fatto qualcosa di irripetibile.
Portando in scena una storia che dura una vita intera e che permette di osservare un’Italia in evoluzione, il capolavoro di Elena Ferrante (ricordiamo che il primo volume della tetralogia è stato definito   forse  in mainera  esagerata  dal The New York Times “libro del secolo”) ha il merito di aver svegliato dal torpore una serialità italiana abituata troppo spesso a vivere di rendita, ricordando a tutto il settore audiovisivo che l’ambizione non deve essere una vergogna. E regalando al pubblico una storia a cui ciascuno saprà dare ,  se     vuole farlo   \  afrontarlo ,  un proprio significato.Ecco  quindi  che  la conclusione della serie rappresenta non solo la fine di una saga, ma anche un momento di riflessione su ciò che L'amica geniale ha significato per il pubblico e per la cultura italiana. La trasposizione televisiva dei romanzi di Ferrante ha saputo mantenere intatta la forza narrativa e l'intensità emotiva delle opere originali, offrendo al contempo una nuova dimensione visiva che ha arricchito ulteriormente l'esperienza dei lettori e degli spettatori. In un'epoca in cui le serie televisive spesso,si limitano a intrattenere senza lasciare tracce durature, L'amica geniale è g fra quelle che si distinguono per la sua capacità di suscitare riflessioni profonde e di stimolare un dialogo interiore.

24.5.24

Il caso della Divina Commedia censurata in una scuola di Treviso 2 studenti sono stati esonerati dallo studio della Divina Commedia ed è scoppiato il caso

 sempre  sulla  cancell  culture  leggi

il nostro post  : << ostracizzazione  del dissenso il caso di varoufakis per Gaza ., cancel culture o non cancel culture sulle : scritte, monumenti, nomi di vie, cittadinanza , ecc del fascismo >> è il secondo articolo 


“La saggezza è saper stare con la differenza senza voler eliminare la differenza. ” 
 (  Gregory Bateson  ) 




Un inferno, come nella Divina Commedia. È un caso che infiamma anche la politica quello dei due studenti musulmani di terza media di Treviso esentati dallo studio della Divina Commedia di Dante, che potrebbe risultare offensiva per chi abbraccia l'Islam. Sulla decisione, presa dal prof all'insaputa della dirigenza scolastica, si è scatenato un putiferio (a senso unico): tutti contro lo zelo eccessivo dell'insegnante. Perchè la dispensa da Inferno, Purgatorio e Paradiso non è arrivata dopo una protesta; è stato il professore a scrivere ai genitori dei due ragazzi, chiedendo se c'erano problemi nell'affrontare con i loro i figli l'opera a sfondo religioso del grande Alighieri. Le famiglie hanno risposto che andava evitato.  Siamo  alla  follia   .
 Ora  Non è la prima volta che la Divina Commedia è oggetto di controversie a scuola   e non  qui  i  precedenti .  Recentemente   In Olanda e Belgio l’opera è stata addirittura ritradotta per non offendere i fedeli musulmani, eliminando il nome di Maometto dal XXVIII canto dell’Inferno. ( sotto  al  centro    i  versi  22-45 )


da Inferno Canto XXVIII - La Divina Commedia weebly.com  



 La polemica intorno al poema dantesco è stata raccontata dal ‘Quotidiano Nazionale’ in un articolo del 29 marzo 2021. Nell’Inferno, Dante descrive Maometto sottoposto ad orrende mutilazioni del corpo da parte di un diavolo, con il corpo squartato e le interiora che fuoriescono. Nella Divina Commedia, “Maometto subisce un destino crudo e umiliante solo perché è il precursore dell’Islam”, aveva affermato l’editrice della nuova traduzione in Olanda e Belgio, Myrthe Spiteri
 La nuova versione dell’opera “si rivolge a lettori più giovani e il cambiamento è pensato per non ferire inutilmente gli islamici”, aveva spiegato la traduttrice Lies Lavrijsen.“È sempre il solito problema: accettare il punto di vista degli altri, da tutte e due le parti”, ha concluso il professor Pezzè.
sempre  secondo https://sapere.virgilio.it/scuola/mondo-scuola/il-caso-della-divina-commedia-censurata-in-una-scuola-a-treviso


Tutto è iniziato quando in classe è arrivato il momento di affrontare Dante Alighieri ed i suoi scritti, partendo da quella che è ritenuta uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale: la Divina Commedia. Come raccontato da ‘Antenna Tre Nordest’, prima di addentrarsi nello studio del poema, l’insegnante ha invitato gli studenti che non seguono l’ora di religione [ cosa caspita c'enmtra con il rogramma di Letteratura italliana se uno\a persona segue l'ora di religione o meno ] a scrivere sul diario una nota con la quale chiedere ai genitori di esprimersi sull’opportunità che i loro figli affrontino o meno lo studio della Commedia e di altri componimenti che abbiano riferimenti religiosi. Alla lezione successiva, è arrivata la risposta delle famiglie: 2 di queste, di religione musulmana, hanno comunicato all’insegnante la loro contrarietà. Pertanto, i ragazzi sono stati esonerati dallo studio dell’opera massima di Dante Alighieri, che racconta il suo viaggio immaginario attraverso l’inferno, il purgatorio ed il paradiso. Gli studenti che non studieranno la Divina Commedia faranno lezioni parallele su Giovanni Boccaccio, e su questo verranno interrogati, mentre il resto della classe sarà sottoposto a verifiche sull’opera dantesca.

 
Sbagliatissima la scelta del professore. Come se un cattolico non volesse o non potesse studiare il Corano. Poi non venite a parlare di integrazione, non fate altro che innalzare muri. Ottima la decisione di Valditara di mandare gli ispettori in quanto secondo  da quel  che   ho letto   in rete  è  stato deciso senza  consultare  gli organi  d'istituto  ed  pare  che  i  genitori non fossero  d'accordo  . 
Ora invece di ricorre ad imbelle ed censoria situazione cioè il buonismo d'accato e il'ipocrita politicamente corretto si poteva risolvere 1) esonerando se vuole essere rispettosi della fede altrui esonerando gli studenti islamici dallo stuio di quel canto e di quei versi e non dall'intera cantatica dell'inferno 2) scelta da me preferità e più consona utile ad un sistema scolastico \ educativo spiegare ( magari facendocelo spiegare dagli stessi studenti islamici ) che il verso di Dante è una leggenda nera a cui credeva lo stesso Dante , credere ad una leggenda, nata probabilmente in ambiente crociato e che non ha nessun fondamento di verità, per la quale Maometto sarebbe stato addirittura un prete cristiano che non è riuscito a far carriera. Arrabbiato per questo, avrebbe così fondato questa nuova religione”, ovvero l’Islam. Ma sopratutto spiegare che la presenza di contenuti antisemiti e razzisti nelle opere letterarie, artistiche, storiche e filosofiche e contestualizzata al'epoca e che vengano fornite considerazioni critiche rispetto all’antisemitismo e al razzismo spiegando come oggi non siano più validi   Quindi  invece di adottare un approccio di cancellazione, sarebbe più costruttivo promuovere una comprensione più approfondita e rispettosa delle diverse prospettive culturali e religiose. Questa situazione solleva questioni fondamentali riguardo alla delicatezza nel trattare temi culturali e religiosi all’interno dell’insegnamento delle opere letterarie, in particolare la Divina Commedia di Dante Alighieri. È evidente che esistano sensibilità diverse e talvolta conflittuali tra le varie culture e religioni riguardo all’interpretazione di determinati testi.«Conoscere Dante non toglie nulla alla confessione religiosa dei ragazzi ma aggiunge molto alla conoscenza della cultura italiana. Integrazione si fa per aggiunta, mai per sottrazione» ha scritto su X la senatrice Pd Simona Malpezzi, mentre Deborah Serracchiani si è detta incredula «che si possa mettere in discussione lo studio nelle scuole della Divina Commedia, un patrimonio dell'umanità imprescindibile per qualunque formazione culturale non solo italiana». È seguita una cascata di commenti, da maggioranza e opposizione, increduli anche se  posizioni    diverse     d'incredibilità  , l'opposizione la prima , di malanpacista   diretto   ed  indiretto   , la  maggioranza  , accomune  comunque   dal fatto  che Dante possa 'turbarè qualcuno. «È un'assurdità cancellare Dante. Ma dietro questo si nasconde un problema ancora più grande: l'integralismo ha dichiarato il presidente veneto, Luca Zaia, mentre il sindaco di Treviso (e collega di partito) Mario Conte, ha giudicato la scelta «incomprensibile». Ancora più diretti il leader della Lega, Matteo Salvini - «è demenziale non studiare Dante perchè offende qualcuno» - e il ministro turismo Daniela Santanchè: «Dante? Continuiamo a sottometterci ai musulmani. Questi politicamente corretti li avrebbe messi tra gli ignavi». Tra i giudizi più severi, quello del generale-candidato Roberto Vannacci: «Eccoli - ha detto - quelli che vogliono distruggere la nostra Italia e la nostra identità».

Negativo anche il parere degli scrittori Rita Monaldi e Francesco Sorti, che definiscono un autogol preferire Boccaccio, che «è molto più difficile da digerire, immorale anche dal punto di vista islamico», a Dante che «era inclusivo» e «lascia a porta aperta ai pagani».  L'unica  In difficoltà pare soprattutto la preside dell'istituto Felissent, che si è chiusa in una riunione fiume. «Sto cercando di chiarire cosa sia accaduto - ha detto Francesca Magnano - Di certo è un errore dire che c'è stato un via libera, io non sapevo nulla di questa storia e sto cercando di fare chiarezza con i docenti coinvolti».   concludo    che l'alternativa proposta  loro di   sostituire  Dante   con  Il Decamerone di Boccaccio è ridicolo, è un autogol assoluto. Perchè se ben ricordo dai miei  studi di letteraratura italiana  lo stesso Boccaccio in fin di vita si è pentito del Decameron e lo ha disconosciuto, ha avuto una forte crisi di coscienza e questo dovrebbe suggerire qualcosa. È molto più difficile da digerire, immorale anche dal punto di vista islamico. Dante lascia invece a porta aperta ai pagani. È del tutto insensato rifiutarlo e ignorare questa sua grande apertura.Infatti  Nel canto XX del Paradiso Dante si stupisce della salvezza dei non cristiani Traiano e Rifeo (Traiano in vita aveva addirittura perseguitato i cristiani). Già nel canto precedente, il XIX, aveva posto la questione della salvezza degli appartenenti a un'altra religione" ricorda Rita Monaldi. "Se il problema è Maometto all'Inferno, Dante pone all'Inferno (tra gli ignavi) anche Papa Celestino V, che è stato canonizzato .  <<Allora i cattolici dovrebbero rifiutare di studiare la Divina Commedia?" sottolineano Monaldi & Sorti che in alcune scene del secondo volume della loro trilogia mostrano Dante discutere animatamente di questa questione.  Mala  tempora  currunt  


1.3.24

L'ultima volta che siamo stati bambini esordio alla regia di claudio bisio., La signora della scogliera Marco Nucci sceneggiatiura \ soggetto e Disegni di: Mattia Surroz., opere da ricordare CON L'URGENZA DI CONDIVIDERE RIFLESSIONI ED EMOZIONI.

Nei giorni  scorsi  ,  stanco  dei soliti programmi post  elettorali ho visto   su  primevideo  il bellissimo ed  toccante  film L'ultima  volta   che  siamo  stati bambini   . Unoi dei pochi  film " non ideologici  "   ed  non retorici   sul periodo  della  II  guerra    mondiale   ed  l'olocausto . 
Esso insieme  alla  bellissima  storia a metà  tra orrore  e memoria La  signora  della  scogliera  (trovate sotto  al  centro  la  prima  tavola )  di :  soggetto  e  sceneggiatura  Marco Nucci   e Disegni di: Mattia Surroz  pubblicata su    topolino n 3561 . Una  bellissima  Storia      che  dimostra  come  il  fumetto   non  sia  solo  un  genere  letterario   per bambini .
 Tali opere    hanno  rallegrato  la  mia settimana  creando   un diversivo    rispetto  a  temi dominanti   cioè   sui media  (le  cariche  della polizia   a Pisa   e la  sconfitta    del  centro   destra  ed  la  vittoria  del  campo largo   in Sardegna) .IL  fumetto La  signora  della  scogliera  perchè  smonta il tabù  che  la letteratura   e  l'horror   siano  solo  adatti  ai ragazzi\e  dai  14  anni in su . Già  dall'incipit   e  dai  disegni  della  prima  tavola  (  vedere  foto sotto  )  t'invita  alla  lettura   e ,   sembrano ricordare  (  foto    sotto  a destra  )  il famoso  disegno di Snoopy  : <<  era ua  notte buia  e tempestosa

questo racconto ha smosso in me sentimenti, desideri e ricordi che tengo da parte, soffocati dalla quotidianità e da un pizzico di malinconia generale.
A volte capitano dei periodi in cui non si sa davvero che cosa si vuole dalla vita. Magari si ha anche un desiderio o un obiettivo, ma rimane lì, distante e confuso. A volte questa distanza è rassicurante, perché raggiungere quell’obiettivo spaventa, ma il più delle volte lascia addosso un senso di frustrazione che alla lunga sfianca.Eppure in momenti come questo cerco di non arrendermi, di trovare dei segnali, qualcosa che tenga il legame in vita e che mi tiri fuori dalla palude in cui finisco (oppure mi infilo a bella posta, perché una tendenza al masochismo c’è sempre). 
 IL  film  L'ultima  volta   che  siamo  stati bambini ,vede  l'esordio alla regia di Claudio Bisio,appartiene insieme  allla  storia     prima  citata   , alla categoria di quelli che non si dimenticano. Infatti  generalmente  quando un attore famoso si cimenta nella regia i motivi possono essere diversi e, in più di un'occasione, anche legati ad un'esigenza personale e professionale che non necessariamente deve coincidere con l'interesse degli spettatori.Non è così per l'esordio di Claudio Bisio dietro la macchina da presa , da quel poco  che   capisco di tecnica   cinematografica   e  di  sceneggiattura ,  che ha più di un punto di contatto con quelli di coloro che nascevano come registi e sono diventati noti ed apprezzati nel panorama nazionale ed internazionale. Perché nella storia scelta, nel modo in cui è stata trasposta sullo schermo dalle pagine di un libro (di Fabio Bartolomei) e in quello in cui è stata girata, si sente l'urgenza di condividere pensieri, riflessioni (non solo, si badi bene, sul passato) ed emozioni.
Ecco che   :   <<   [... ] Bisio guarda ai suoi giovanissimi e straordinari protagonisti con il desiderio di fare un film che arrivi al pubblico più vasto senza però scegliere soluzioni facili o scorciatoie narrative anche quando modifica, come è necessario fare, elementi anche importanti del romanzo. Si sente in lui la capacità di creare coesione al progetto che solo i bravi attori riescono ad ottenere da coloro che hanno scelto per trasformare la loro visione in gesti, parole, esternazione di sentimenti.  [....] dalla  recensione   di    https://www.mymovies.it/film/2023/lultima-volta-che-siamo-stati-bambini/ >>.
Ognuno di noi ,  sottoscrito  compreso  , ha avuto nella vita il suo momento di passaggio in cui 'non è stato/a bambino/a'. Qualcuno però sa ancora rinvenire dentro di sé l'innocenza, lo sguardo comunque ancora aperto alla meraviglia che è proprio di quell'età, nonostante tutti i possibili condizionamenti. Bisio c'è riuscito e ha trovato anche il modo migliore per comunicarlo e  ne  ha  fatto un  film  bellissimo     dove spiega  senza annoiare   ma  anzi divertendo  e  coinvolgendo  lo  spettatore  , soprattutto   ai bambini  e a  chi ha   solo una  conoscienza   parziale   o a assente  ,    delle leggi  razziali    e del fascimo  durantre  la  II  guerra mondiale  .
  


14.11.23

letture senza luce . IL misfatto della tonnara di Francesco Abate

 Per  i soliti  problemi   agli impianti   elettrici  cittadini ,  vetusti ed  atavici  , oggi nel mio quartiere  ,  hanno staccato  per  quasi  tutto  la giornata  la  corrente   ed  io  ne  hi  approffitato    per leggere più pagine  possibili (  in una settimana  sono a metà  ) e cercare  di  ridurre  la  mia   dipendenza  da   cellulari   ed affini   del    recente regalo   Il misfatto della  tonnara  di Frncesco   Abate  il terzo   della serie     di Clara  Simon    .  

  
Recensione di Il misfatto della tonnara di Francesco Abate

Titolo: Il misfatto della tonnara
Pubblicato da Einaudi - Ottobre 2023
Pagine: 312 - Genere: Narrativa Italiana
Formato disponibile: Brossura, eBook
ISBN: 9788806259556
ASIN: B0CK8T7FTR

✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads

L’opportunità di vivere senza pregiudizio alcuno. Di dimostrare a sé stessa, e di conseguenza alla nostra città che ancora la guarda con sospetto, che Clara Simon è davvero animata da uno spirito di pura rettitudine. Che non bada se a essere vittima della cattiva giustizia sia un figlio della nobiltà che tanto la detesta o un figlio del popolo.

  da la  quarta  di  copertina  

Durante una manifestazione di femministe qualcuno aggredisce una maestra. Il suo corpo privo di sensi è rinvenuto nel magazzino dell'antica tonnara. Malgrado i sospetti convergano su un giovanotto dell'alta società, la giustizia temporeggia. Di fronte a tanta impunita violenza Clara Simon, l'affascinante e testarda giornalista de «L'Unione», non può restare a guardare. Muovendosi per le strade della Cagliari di inizio Novecento, tra una vecchia nobiltà che non vuole cedere il passo e una nuova borghesia impaziente di affermarsi, scopre con quanta furia il mondo abbia cercato, da sempre, di mettere a tacere le donne. E ancora una volta trova il coraggio di far sentire la sua voce.


Un libro curioso e nel suo genere innovativo: la protagonista è Clara Simon, una bella donna, dai tratti orientali. Figlia di una donna cinese di umili origini, e di un capitano di marina Francesco Paolo Simon. Purtroppo la madre muore di parto, e il padre risulta disperso in guerra. Clara viene cresciuta dal nonno, Ottavio Simon, un uomo molto importante a Cagliari: « Il cavalier Ottavio Simon , le spalle larghe, un metro e novanta d’altezza, si pizzicò il baffo canuto con pollice e indice destro. (…) siamo una stirpe bizzarra, una famiglia eccentrica, bislacca. Oserei dire che abbiamo incanalato la nostra pazzia nel genio, abbiamo mitigato gli umori neri che ci sono propri per natura con l’ingegno, vinto ogni angoscia lanciandoci nel vuoto delle avventure più perigliose.  .... Quest’ultimo nutre per la nipote un affetto smisurato, e non riesce mai a dirle di no, accettando i suoi comportamenti, spesso al limite. Come quello di voler a tutti i costi esercitare il mestiere di giornalista investigativa, che per il periodo è del tutto fuor luogo ed impensabile. Da ciò infatti derivano i guai della nostra protagonista. »(  dal web  ) . Una  bellissima   storia    che  conferma il giudizio   di  un maestro del  noir  italiano  : « L’ambientazione è originale e molto peculiare, i personaggi sono tanti e ognuno in possesso di una realistica e riconoscibile personalità. La storia si svolge in una Cagliari mai raccontata cosí .  ..... Francesco Abate prende il lettore  e  se  lo porta   in un altro tempo ed  in u altro spazio  tenendolo stretto    e  non mollandolo fino all'ultima pagina  ».  ( Maurizio de Giovanni  )
Il misfatto della tonnara  sia  per non    chi segue  Abate    e  non   ha  letto   i  due  precedenti   della serie  Clara  Simon   è come  si  evidenzia  dall'estratto del 1 capitolo come     un romanzo piacevolmente architettato dove troviamo rappresentate diverse tematiche: indipendenza femminile, carisma giornalistico, amori clandestini, nobiltà impoverita, problematiche elettorali e ultima, ma non meno importante, la storia del tentato omicidio di una maestra conosciuta per la partecipazione attiva alle manifestazioni in onore del suffragio universale.Il tutto ambientato in una Cagliari ancora restia al cambiamento, ma già liberale.Una narrazione piacevole che non si può dimenticare, densa ed intensa, dove lo sforzo tutto al femminile di emergere in una ottusa società è ancora ben evidenziato, ma la cui sovranità inizia a farsi strada tracciando confini netti e lodevoli.
 Avendo  conosciuto  di Persona  l'autore     ad  una presentazione  ed  seguendolo   su  Fb   confermano  sia quando  ha  detto De  Giovannni   sia    quanto dice   :   << Francesco Abate è un maestro eccelso, nulla si può dire della sua scrittura asciutta, fresca e dirompente. Ad accompagnarla un lessico fluente e ricco che un buon lettore non faticherà ad amare. La scioltezza con cui affronta argomenti gravosi come il femminismo e le diatribe politico cabarettiste è decisiva per non annoiare minimamente.   La storia è così interessante che non si riesce ad abbandonare la lettura, la curiosità è mossa non solo dal caso, ma anche dalla mascherata e volutamente dissimulata storia d’amore fra Clara e Rodolfo. Ci sono quindi tutti i potenziali ingredienti di un libro di successo. (  Nausicaa Baldasso per   https://www.leggereacolori.com/  ) 
  Una serie  quindi , insieme    a quelli di  Aurora dela Baraldi ,   che     incanalano  un noir   oltre lo stereotipo  se  pur  avvincente  ,   donna  avvocato \  magistrato   (   Immma  tataranni )   o  poliziotta  ( Blanmca    o lolita  lo bosco  )  .  



 


26.12.22

Il sogno di una giovane donna: vincere la criminalità seguendo Falcone e Borsellino In "La ragazza che sognava di sconfiggere la mafia" la magistrata Annamaria Frustaci racconta dell'educazione "civica" di Lara, 13enne calabrese con il sogno di fare la giornalista

  fonte    repubblica  del  25\12\2012 



Lara è una ragazzina di 13 anni che da grande vuole fare la giornalista. Ma anche fare la scrittrice le piacerebbe molto. Vive in una terra difficile, impenetrabile, misteriosa come la Calabria. Una terra nella quale, spesso, anche soltanto pronunciare la parola “giustizia” diventa quasi un’impresa. Lara l'ha capito presto, tra gli ulivi del nonno, alle prese con i soprusi del vicino di casa, e sui banchi di scuola, dove a dettare legge sono Totò – un coetaneo della ragazza - e i suoi amici.
Un giorno, in un edificio abbandonato, Lara e Totò trovano un cagnolino bianco e morbido, che guaisce chiedendo aiuto. È lei a vederlo per prima, eppure il ragazzo reclama il suo diritto di tenere il cucciolo tutto per sé. Lo fa con la rabbia e la prepotenza del bullo, del “malacarne” che ha un destino segnato. Non ci sta Totò a farsi portare via il cucciolo da quella ragazzina che lo affronta a testa alta, senza paura. Ma Lara ha ormai intuito che il solo modo per sconfiggere la mafia, che si insinua tra le case e le vie del paese, è guardarla in faccia con onestà e coraggio. Così decide di fare a Totò una proposta che non può rifiutare.
 
Lara sceglie insomma da che parte stare, sceglie il destino suo e, con esso, cambia quello del suo intero mondo. [ ... ]

il  libro La ragazza che sognava di sconfiggere la mafia scritto da Annamaria Frustaci (  foto a  destra  ) , magistrato  (  ops   magistrata     atrimenti  i  politicamente  corretti   si offendono  e     ti  danno  del sessista  ) del pool guidato a Catanzaro dal procuratore Gratteri, è un libro per bambini che ha il
grande pregio di far riflettere i grandi. Frustraci, nata proprio a Catanzaro ma cresciuta a Sant’Andrea Apostolo dello Ionio, le zone che racconta le conosce bene. Tanto che, dopo la laurea a Pisa, in Calabria è voluta tornare per lavorare in quella squadra di magistrati che ha rivelato i legami tra criminalità organizzata, politica e imprenditoria.
Ora Sempre   secondo  repubblica   l'ispirazione  del libro    sarebbe   venuta dall'incontro che le ha cambiato la vita è stato quello con Gherardo Colombo: aveva soltanto 14 anni quando il magistrato protagonista dell’inchiesta su Tangentopoli andò a parlare di legalità nella scuola di Anna Maria.
 << Quelle parole  – racconta lei – mi hanno insegnato che è sempre possibile cambiare le cose e lottare per la legalità, anche quando si vive in territori difficili >>. Come succede a Lara, e allo stesso Totò.
[...] Per questo l’autrice ormai da mesi sta girando l’Italia per parlare con i ragazzi delle scuole medie e superiori. Ricordando soprattutto le figure straordinarie di Falcone e Borsellino, magistrati vittime della mafia nel 1992, che aprono il libro con due frasi-simbolo: “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola” diceva Falcone. “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo” ricordava Borsellino. Parole che Lara – e la sua autrice Anna Maria Frustraci – hanno trasformato in scelte di vita.

 

 per  altre  opere  letterarie  ed  artistiche   contro la  mafia  anzi meglio e mafie     ecco  un elenco   di Saggi, romanzi e inchieste: ovvero  un viaggio nelle mafie in quindici libri fondamentali

20.7.22

La letteratura è un lungo viaggio fra te e il mondo di nicola la goia fatto quotidiano del 19\7\2022

  canzoni consigliate

  • in quieto - Csi
  • In viaggio  - Csi

 

Vorrei provare a fare un breve elogio della letteratura attraverso la sua capacità di colmare le distanze, cioè di viaggiare. Non un viaggio fisico, ma uno stupefacente viaggio interiore.Solo che il viaggio che la letteratura ci propone (alla sua essenza) non è un viaggio fisico, ma uno stupefacente viaggio interiore. Al tempo stesso si tratta di un viaggio che avviene salendo a bordo di una scialuppa molto particolare: il mezzo di navigazione più sofisticato e veloce fino ad ora a nostra disposizione: il pensiero, la mente umana. Certo, potremmo dire che la letteratura occidentale

nasce nel nome del viaggio e della guerra. Anzi: della guerra e del viaggio, attraverso l’iliade (la guerra) e l’odissea (il viaggio). Attraverso le gesta di chi incarna l’istinto primordiale della guerra (Achille, la forza fisica) e chi incarna l’astuzia e l’intelligenza di cui deve armarsi chi intraprende un viaggio verso l’ignoto (Ulisse). Sarebbe bello poter dire (Iliade vs Odissea) che il viaggio a cui siamo destinati (il nostro vero ritorno a casa) è un viaggio iniziatico attraverso il quale siamo chiamati a mettere da parte tutta la nostra aggressività, la nostra arroganza, la nostra violenza, in modo che il ritorno a Itaca ci trovi molto diversi. Pacificati, liberi dalla violenza. Ma temo che questa sia una prospettiva molto rassicurante. La storia della letteratura è piena di viaggi pericolosi che sembrano non portare a niente. Il Viaggio al termine della notte di Céline, per esempio: un viaggio al cuore del Novecento, dove si trovano fondamentalmente guerra, colonialismo, miseria, ingiustizia. Oppure il viaggio che Conrad ci fa intraprendere in Cuore di Tenebra, lungo il fiume Congo, alla scoperta del lato più oscuro e vergognoso dell’animo umano.

Ma non è questo il cuore del problema. Non è che per far viaggiare il lettore la letteratura deve raccontare per forza di viaggi. Il viaggio, con la letteratura, viene intrapreso per il semplice fatto di aprire un libro e cominciare a leggere. “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura...” ed ecco: stiamo già viaggiando! Ma anche: “Quasi tutti pensavano che l’uomo fossero padre e figlio”. Anche qui: stiamo già in viaggio. Chi sono questi due individui che forse sono padre e figlio, ma forse non lo sono affatto ed è in questo fraintendimento che nasce il dramma? In quest’ultimo caso si tratta dell’incipit de Le notti di Salem di Stephen King.

SE CI PENSIAMO, LA SCRITTURA

è la forma più sofisticata di comunicazione tra mente e mente (o tra spirito e spirito). Prima cioè che la telepatia diventi possibile, se mai sarà possibile (o magari un giorno sarà possibile addentrarsi nella mente di un’altra persona attraverso la tecnologia), abbiamo il linguaggio. E il linguaggio letterario più che ogni altro tipo di linguaggio. Vorrei provare a spiegare com’è possibile questo miracolo: il viaggio tra mente e mente, il viaggio interiore attraverso la lingua letteraria. (...) Quando noi diciamo: “Un’intera nottata / buttato vicino ad un compagno massacrato / con la sua bocca digrignata / volta al plenilunio / con la congestione delle sue mani penetrate nel mio silenzio / ho scritto lettere piene d’amore / non sono mai stato tanto / attaccato alla vita”. (...) Quando noi recitiamo questi versi stiamo ripercorrendo mentalmente la stessa strada, o meglio stiamo doppiando gli stessi circuiti mentali, o meglio ancora stiamo facendo aderire la nostra mente (o il nostro spirito, a seconda di cosa sia la mente) alla mente di Giuseppe Ungaretti quando, l’antivigilia di Natale, nella notte del 23 dicembre del 1915, si ritrovò durante la Prima guerra mondiale sul Monte San Michele, a Cima Quattro, accanto a un compagno d’armi morto in trincea (reale o ricordato non importa), e dunque davanti alla morte, reagì in questo modo meraviglioso. Noi non stiamo semplicemente immaginando Ungaretti che mette in fila queste parole, noi siamo quella parte della sua mente che presiede a quel tipo di organizzazione del linguaggio, che a sua volta è il più fedele portatore di quelle emozioni. Il Monte San Michele è un rilievo del Carso, in Provincia di Gorizia, nel Friuli Venezia Giulia. Ma oltre che linguisticamente, immaginiamolo per un attimo anche biograficamente. Immaginiamo il Giovane Giuseppe Ungaretti, a 27 anni, che l’anti-vigilia di Natale, soldato, forse in seguito alla morte di un commilitone, su frammenti di carta recuperata esercita l’operazione letteraria suprema: dà una forma a ciò che prima non ce l’ha. Quello che è caos, dolore, solitudine, freddo, inquietudine, magari anche panico davanti al mistero insuperabile della morte (e davanti al mistero altrettanto insondabile della stupidità umana nella sua manifestazione suprema: la guerra), tutto questo nella poesia assume una forma (...). Il poeta o lo scrittore mette in una forma chiusa tutto questo informe e lo rende trasmissibile, non come si trasmette una notizia o una statistica, ma come si trasmette un sentimento, un moto dell’animo, un movimento dello spirito la cui complessità e le cui sfumature sono infinite rispetto a quelle di una semplice notizia. O di una semplice comunicazione. Ecco. Il contrario della letteratura è la comunicazione. La letteratura ci fa “viaggiare”, la comunicazione no. E tutto questo Ungaretti lo riesce a fare mettendo delle semplici parole in fila l’una dietro l'altra, tutto qui.

E tuttavia, di cosa ha bisogno, Ungaretti? Di cose molto concrete. Qui stiamo parlando di poesia, non di prosa, ma questo per dire che persino la poesia, che è in apparenza più astratta della prosa, si basa su cose molto concrete, e non restituisce mai un sentimento attraverso l’enunciazione di un altro sentimento. Rileggendo la poesia di Ungaretti c’è una scelta molto precisa delle parole che servono a contestualizzare. C’è un elemento diciamo così, cronologico, ma continuato: non una notte, ma “un’intera nottata”. E poi, “buttato vicino ad un compagno massacrato”. Ecco, in due versi c’è già un'immagine fortissima. Per un’intera notte l’io narrante giace, da vivo, accanto a un morto, che non è il suo nemico ma un suo commilitone (“un compagno”). Poi arriva il capolavoro linguistico che rende questa poesia immortale. “Con la sua bocca digrignata / volta al plenilunio”: quindi c’è lontanissima da una parte la luna piena, e della parte opposta c’è una bocca digrignata di un ragazzo morto (...) e le due cose sono messe in comunicazione tra di loro (...). La bocca digrignata di un ragazzo morto in qualche modo è in comunicazione – lo è per noi che leggiamo – con la luna, cioè con un satellite che sta oltre l’atmosfera, con un astro freddo e luminoso. “Con la congestione delle sue mani penetrate nel mio silenzio”. Quindi le mani gonfie e livide per il ristagno del sangue (una cosa concretissima) sono penetrate in una cosa pure in un certo senso concreta ma intangibile (“il mio silenzio”). E poi, dopo tanta torsione linguistica, c'è la liberazione molto semplice, quasi naif: “ho scritto lettere piene d’amore / non sono mai stato tanto / attaccato alla vita”.

Voi pensate la potenza del linguaggio poetico, che da una fredda notte del 1915, oltre 100 anni fa (tra le dita di un ragazzo che scriveva, in cima a un rilievo, l’antivigilia di Natale), ha fatto un viaggio di 100 anni e di alcune centinaia di chilometri (o di migliaia di chilometri se fossimo in Cina) per ricalcare nelle nostre menti capaci di leggere il linguaggio, e compiere lo stesso percorso che seguì la mente del giovane Giuseppe Ungaretti.

Presto sapremo chi siamo: a questo serve (forse) la letteratura. Molto spesso, nella nostra vita, non ci ritroviamo più. Molto spesso la nostra parte più autentica, il nostro nucleo irriducibile è lontano anni luce da dove siamo noi. La letteratura può forse, certe volte, consentirci di intraprendere questo viaggio, di colmare cioè la distanza (a volte enorme) che ci separa da noi stessi. Ecco: adesso siamo davvero pronti al viaggio.

8.2.22

Racalmuto, l'uomo che ha comprato la casa di Sciascia: "Non volevo diventasse un b&b"

 ci  sono anche  collezionisti  seri   e meno feticisti    come quelli   di cui  parlavo nel post  precedente   che   no sollo collezionano in  questo caso  ,  libri  ma  salvano  i luoghi  dal profitto  e speculazioni  . E'   il  caso 


Il collezionista da 90mila libri: “Così ho salvato Casa Sciascia”

IL “MECENATE” - Di Falco: ““L’ho comprata dopo aver visitato alcune case di scrittori, come quelle di Verga e Pirandello. Così non è diventata un altro b&b”


Una piccola casa su due piani, nel centro storico di Racalmuto, acquistata da un privato, ristrutturata e riconsegnata alla collettività. Poteva diventare un semplice b&b o una casa vacanze, in cui i clienti avrebbero potuto fregiarsi di aver dormito nell’abitazione degli zii di Leonardo Sciascia, dove lo scrittore

visse per quasi quarant’anni, dal 1922 al 1958. Invece è il simbolo virtuoso della gestione di un bene privato fruibile al pubblico. “Questa è stata una casa significativa per Sciascia che era quasi un figlio adottivo per le tre zie. Al piano terra c’era la sartoria dello zio, e lo scrittore dopo la scuola media interruppe gli studi per fare l’apprendista in bottega. Tra queste mura sono state scritte le prime opere: La Sicilia, il suo cuore; Favole della dittatura e Le parrocchie di Regalpetra .E sono nate le sue figlie: Anna Maria e Laura”. È il racconto di Pippo Di Falco, che ora per aver comprato la casa dello scrittore alcuni definiscono un ‘mecenate’. Lui in realtà preferisce dirsi solo “un appassionato di Sciascia, di letteratura e di Racalmuto”. ‘Un compagno d’altri tempi’, che ha avuto come docente universitario a Palermo il sociologo Mauro Rostagno, ucciso dalla mafia 1988; e che per anni è stato consigliere ed assessore alla cultura di Racalmuto, occupandosi anche della Fondazione Leonardo Sciascia, voluta proprio dallo scrittore nella vecchia centrale elettrica di Recalmuto, in cui è custodita la
collezione dell’intellettuale. “L’HO COMPRATA


dopo aver visitato alcune case di scrittori, come quelle di Verga e Pirandello, per 50 mila euro nel 2019 da un parente, ho fatto uno sforzo finanziario con un piccolo mutuo – racconta Di Falco –. Ho atteso più di un anno e mezzo perché l’avrebbe dovuta acquistare il Comune che aveva il diritto di prelazione, ma neanche la Regione era interessata ad acquistarla. La prospettiva non era positiva, c’era il pericolo che potesse prenderla un privato e farne un’attività recettiva, con il rischio di perdere il mobili e gli oggetti dello scrittore. L’ho acquistata per salvarla e farne un luogo visitabile e aperto al pubblico”. 
L'acquirente  Pippo de  Falco 

Quando arriviamo a Racalmuto il tempo sembra si sia fermato. La provincia agrigentina negli anni si è spopolata per la forte emigrazione. Neanche i collegamenti funzionano bene. Bisogna attraversare un’autostrada fantasma, figlia dell’incapacità gestionale siciliana, e percorrere centinaia di chilometri di infiniti cantieri, deviazioni, doppi sensi di marcia, tunnel senza illuminazione e ponti sgangherati. A pochi metri da “Casa Sciascia”, c’è l’abitazione dove nacque lo scrittore, vicina al Santuario della Madonna del Monte. La famiglia decise di trasferirsi negli appartamenti delle zie, un anno dopo la nascita dello scrittore. Al suo interno, sembra essere cristallizzato tutto al momento in cui Sciascia e la famiglia decisero di andare via nel 1958. Anche il mobilio è quasi tutto originale.

La passione Di Falco però va oltre Sciascia, negli anni ha collezionato circa 90 mila volumi, 10 mila sulla Sicilia e 3 mila sulla mafia. 




 “A Casa Sciascia sono catalogate più di 1500 opere che riguardano lo scrittore: prime collezioni di libri, studi, riviste e articoli. In più si possono consultare oltre 5 mila testi di autori, filosofi, fotografi e artisti siciliani. Questo è un luogo di studio, in molti sono venuti qui per la loro tesi su Sciascia e sulle case degli scrittori”, spiega. In cantiere c’è l’idea di creare un database consultabile online. La casa è gestita da un’associazione senza scopo di lucro fondata da Di Falco, che oggi conta circa un centinaio di iscritti in tutta Italia.

“DA NOI L’ACCESSO

è gratuito, basta prendere appuntamento con i volontari. In questi anni abbiamo avuto alcune migliaia di ospiti, grazie anche agli eventi e le iniziative legate al Fondo per l’ambiente italiano (Fai)”, spiega Di

Falco.
Così la Casa dello scrittore torna a vivere nuovamente, diventando luogo di incontri, convegni, dibattiti e mostre per parlare di Sciascia e far conoscere gli autori siciliani. E tra le migliaia di visitatori che hanno calcato questo piccolo appartamento, c’è anche chi ha deciso di dare un contributo economico. “Ad Hamilton, in Canada, c’è una grossa comunità di racalmutesi, che dopo aver visitato Casa Sciascia ha donato 8 mila euro, che ci ha permesso di fare dei lavori di ristrutturazione dell’abitazione. Credo abbiano voluto aiutarci perché siamo non profit”.

11.11.21

la sardegna non è solo costa smeralda ed affini ma è anche un nobel per la letteratura a una donna coraggio per quei tempi ed monumenti particolari

 Lei è Grazia. Nasce a Nuoro, in Sardegna, nel 1871. La sua famiglia è benestante. La madre è una donna severa, il padre si diletta con la poesia. Grazia legge sempre, ovunque. Finisce la quarta Elementare, i genitori dicono che è tempo di lasciare la scuola. Grazia non capisce, le piace tanto. Semplice, perché sei una femmina. Grazia serra le braccia, e in qualche modo la spunta. Studia a casa con un precettore, poi continua da sola. Ha 17 anni, invia un racconto a una rivista. Lo pubblicano! Grazia festeggia, mentre in paese si grida allo scandalo. Anche il parroco si unisce alle malelingue. I genitori tentato di farla ragionare, spiegano che le donne badano alla casa, funziona così. Grazia tira
fuori il taccuino. Mamma, papà com’era l’ultima frase? Me la segno per il prossimo racconto. Grazia continua a scrivere, ma quando mette un piede fuori di casa, trova terra bruciata. Ha bisogno d’aria. Fa le valigie e parte per Roma, la capitale della cultura, dove non verrà giudicata per ogni respiro. Non è proprio così. Scrittori e intellettuali la guardano dall’alto in basso. È una donna, senza istruzione, dove crede di andare? Grazia punta i piedi. Da qui non mi muovo. Ha 29 anni. Incontra Palmiro. È un uomo schietto, gentile e senza pregiudizi. Entra con garbo nei suoi pensieri e nella sua vita. Sono marito e moglie. Grazia è felice, ma ha un peso nel cuore. Davvero ti sta bene se faccio la scrittrice? Palmiro balza in piedi. Perbacco se mi va bene, anzi, mollo il mio lavoro e ti faccio da agente. Grazia e Palmiro diventano gli zimbelli della città. Una donna intellettuale e un uomo che si mette al suo sevizio, si è mai vista una tale assurdità ? Grazia para i colpi con la penna. I suoi libri piacciono, e non solo agli italiani. Viaggiano oltre confine, arrivano agli occhi di una certa accademia reale svedese. È il 1926. Grazia Deledda vince il premio Nobel per la letteratura. Sale sul palco, mano nella mano con il marito. Sono una sprovveduta, un’ignorante se più vi piace, ma non dimenticate che sono una donna, e non ho paura di lottare.




10.11.21

La campionessa dei droni: "Non cammino, so volare"., Tra le baracche romane la scuola degli ultimi., il fu mattia pascal esiste vive a follonica

Tre volte campionessa italiana di drone racing, un Guinnes world record, la nomina ad Alfiere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella e tanta passione per il volo. Che per lei è la cosa più vicina alla libertà. Luisa Rizzo è una pilota salentina di droni, ha 18 anni e con un radiocomando e i droni realizzati da papà Michele gira l'Italia e il mondo. 

Grazie a lui ha scoperto un mondo che doveva essere uno strumento per conservare la forza nelle mani e combattere la sma che la accompagna ed è diventato una professione, tra gare di velocità contro i normodotati e riprese cinematografiche. I due Rizzo sono diventati un simbolo nel circuito, con un rapporto che va oltre quello tra padre e figlia: sono una squadra, tra aiuti reciproci e condivisione. Una metafora della vita

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Una passeggiata tra i resti degli acquedotti dell'antica Roma per raccontare la storia di  L'associazione culturale Ottavo Colle promuove queste attività per far conoscere ai romani e non "uno dei figli migliori di Roma", che nel 1968, arrivato nella parrocchia di Pontecorvo, affacciandosi dalla finestra della sua chiesa, vide per la prima volta le file e file di baracche della capitale.

 E proprio in una baracca di nove metri quadri, appartenuta a una prostituta, civico 725, aprì la scuola per i ragazzi dell'Acquedotto Felice, considerati bambini di serie B e quindi lasciati indietro dalla pubblica istruzione. Si cominciava alle tre di pomeriggio con la lettura dei giornali, poi c'era il momento di disegnare quello di cui si era discusso in classe, su fogli riciclati e con pastelli a cera. E proprio tramite il disegno Don Roberto, prete di borgata, riuscì a far entrare il mondo nelle baracche, trattando gli argomenti più disparati, da Malcom X a Ghandi e Che Guevara, racconta Marzia Consalvi della Biblioteca Raffaello di Roma, dove è conservato il fondo Don Sardelli, che lui stesso donò a questo istituto pochi anni prima di morire, proprio per la vicinanza all'Acquedotto Felice

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Per 25 anni l’hanno creduto morto, invece abitava con la moglie a pochi chilometri di distanza.

E un giorno all’improvviso si è presentato agli amici di un tempo


15.8.21

alla ricerca delle proprie radici Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia




Di solito dopo aver letto una storia mi vengono in mente canzoni , stavolta mi sono venuti in mente libri . ecco la play list collegata a quest articolo .
Essa è tratta daLa ricerca delle radici è un'antologia curata da Primo Levi scritta nel 1981 che raccoglie brani degli autori che più hanno contato nella sua formazione e conferma il carattere enciclopedico dell'autore che incrocia gli interessi scientifici con quelli umanistici. qui l'elenco https://it.wikipedia.org/wiki/La_ricerca_delle_radici a qaule mi permetto d'aggiungere tre libri di cui il primo riletto da poco ed in sintonia oltre che con i libri citati prima con la storia qui riportata .

  • La frontiera scomparsa di Luis Sepulvera
  • il profumo della speranza. Un viaggio nell'adozione alla ricerca delle proprie radicidi Paolo La Francesca
  • Il senso di appartenenza. Alla ricerca delle proprie radici. Un viaggio essenziale per una vita più intensa e consapevole di Willi Maurer




ma ora basta divagare e veniamo alla storia d'oggi


repubblica 12 AGOSTO 2021
Dagli Usa al Salento, sulle tracce del nonno profugo ebreo: "Qui fu accolto e io ora rivivo la sua storia"
di Biagio Valerio


A sinistra Mark Hoffman a Santa Maria al Bagno nel 1943, a sinistra suo nipote Micheal posa come lui



Micheal Hoffman lavora per Facebook e proprio grazie ai social





ha scovato i luoghi dove il nonno Mark fu salvato dall'orrore dei campi nazisti: per onorarlo posa in foto come lui a Santa Maria al Bagno dove dal '43 furono in centinaia a trovare riparo Voleva respirare la stessa aria, che profumava di libertà. Bagnarsi nello Ionio che, quasi ottant'anni fa, aveva lavato via la polvere e la paura raccolte sulla pelle, nei campi di concentramento. Un giovane americano, Michael Hoffman, ha attraversato il mondo per fare da staffetta ideale con suo nonno Mark, che durante la Seconda guerra mondiale fu ospitato nel Camp 34 di Santa Maria al Bagno. Ed ha scattato una serie di fotografie che lo ritraggono nelle stesse, identiche, pose del nonno. Un tributo commovente.

che ha rilanciato il suo appello social


Michael Hoffman è con Bob Hoffman e altri 11 a Santa Maria al Bagno.
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So. Crazy story. We have these old pictures of my Grandfather - “Papa” - from right after WW2 when he was taken to a displaced persons camp in #Bari… or so we thought. Since I was headed to Bari, I decided to post on social media to try and identify the locations which I thought was wishful thinking. Surprise! The internet pulled through. My friend Marcello connected me with Steven Crutchfield who manages an “Expats in Puglia” Facebook Group. He graciously posted all of the pics to the group and within hours the locations were identified, most being in Santa Maria al Bagno 1.5 hours from Bari. Turns out they brought a LOT of refugees there. There’s even a museum dedicated to the jewish refugees museo della memoria. At this location, Jews were being shipped off to Palestine (now Israel) to start a new life. Because I am who I am (lol) I had to recreate the images. So Brett and I drove to the town of Santa Maria al Bagno and took these! Swipe for more side-by-side photos.
I am so grateful for this moment, those who helped and my dad Ken Hoffman who ensures Papa’s story lives on. It was magical to be able to set foot in the location my Papa spent two years before heading to America.

Quindi Storia pazzesca. Abbiamo queste vecchie foto di mio nonno - ′′ Papà ′′ - di subito dopo la WW2 quando è stato portato in un campo di sfollati a #Bari... o così abbiamo pensato. Dato che ero diretto a Bari, ho deciso di pubblicare sui social per cercare di individuare le location che pensavo fossero un pensiero augurale. Sorpresa! Internet ce l'ha fatta. Il mio amico Marcello mi ha collegato con Steven Crutchfield che gestisce un gruppo Facebook ′′ Espatriati in Puglia Ha gentilmente postato tutte le foto al gruppo e nel giro di poche ore sono state individuate le località, la maggior parte di Santa Maria al Bagno a 1.5 ore da Bari. A quanto pare hanno portato un sacco di profughi lì. C ' è anche un museo dedicato ai profughi ebrei museo della memoria. In questo luogo, gli ebrei venivano spediti in Palestina (ora Israele) per iniziare una nuova vita. Perché sono quello che sono (lol) ho dovuto ricreare le immagini. Così Brett ed io abbiamo guidato fino alla città di Santa Maria al Bagno e abbiamo preso questi! Scorri per altre foto di fianco a fianco.
Sono così grata per questo momento, a coloro che hanno aiutato e a mio padre Ken Hoffman che assicura la storia di papà continua a vivere. È stato magico riuscire a mettere piede nella location in cui mio padre ha trascorso due anni prima di andare in America.



Un campo di accoglienza per DP, displaced persons, allestito dall'Unrra nel 1943 e che è rimasto in attività per alcuni anni, accogliendo migliaia di profughi - prima slavi e poi ebrei - provenienti anche dai campi di concentramento nazifascisti disseminati in tutta Europa.
Il campo è diventato, in quegli anni, il trampolino verso la terra promessa, il nascente Stato di Israele. Tantissime altre persone si imbarcarono verso il Sudamerica e gli Stati Uniti in un nuovo grande esodo di rinascita dopo gli orrori delle persecuzioni. Non è l'unico esempio in Puglia. Altri campi vennero
allestiti nei pressi di Bari e Barletta nel nord della regione, a Santa Maria di Leuca, Santa Cesarea (per questo i campi venivano chiamati "le sante") e Tricase Porto, luoghi di recupero fisico e psicologico soprattutto per quanti erano scampati ai forni, alle privazioni, alle malattie ed ai lavori forzati.
Ma è Michael Hoffman, un giovane comunicatore di New York, a rinvigorire le vecchie radici della Storia. Lui ha trovato, grazie al padre Ken, le vecchie foto del nonno in posa in diversi luoghi di una, non precisata fino ad un anno fa, località italiana. Così si è messo in moto in vista di un suo viaggio nel Belpaese ed ha contattato alcuni amici su Facebook, il social che "gli torna facile" utilizzare visto che Hoffman lavora proprio per il marketing del colosso creato da Zuckerberg.
"Questa storia è storia pazzesca. Avevamo queste foto del nonno scattate subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando era stato trasferito in un campo per persone disperse a Bari. O così credevamo. Visto che ero diretto a Bari - spiega e continua Michael nel suo racconto - ho deciso di scrivere un post sui social per provare a identificare il posto esatto. Sorpresa! Internet è arrivato in soccorso. Il mio amico Marcello mi ha messo in contatto con Steven Crutchfield che gestisce il gruppo Facebook "Espatriati in Puglia". Molto gentilmente ha pubblicato le foto sul suo gruppo e in poche ore sono state individuate le località, la maggior parte a Santa Maria al Bagno, un paio d'ore di distanza da Bari. È venuto fuori che moltissimi rifugiati sono stati portati qui. C'è anche un Museo della Memoria dedicato ai profughi ebrei. Da qui, gli ebrei partivano per la Palestina, oggi Israele, per iniziare una nuova vita. Io e Brett abbiamo
guidato fino a Santa Maria al Bagno e abbiamo scattato queste foto. Sono profondamente grato e riconoscente con chi mi ha aiutato a far sì che la storia del nonno resti viva".
Una vicenda umana, l'ennesima, che riannoda i fili dopo che uno studioso di Santa Maria, Paolo Pisacane, ebbe l'intuizione di lanciare un sito amatoriale con i riferimenti alla vicenda storica. Da allora, circa 35 anni fa, sono stati centinaia gli ebrei che, soprattutto dagli Stati Uniti, hanno fatto il viaggio al contrario ritornando a Santa Maria. Qui in riva allo Jonio però, l'amministrazione comunale di Nardò sta consentendo la costruzione di una stazione per idrovolanti nel Giardino della Memoria e ha autorizzato un mercatino turistico all'ingresso del Museo della Memoria, quello visitato dal giovane Hoffman. Non esattamente un bel biglieto da visita per chi ha percorso migliaia di chilometri per toccare la Storia da vicino.




mentre concludevo questo post la radio suona questa canzone adattissima a tale storia

CREUZA DE MÄ - Fabrizio De Andrè

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...