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22.3.25

Sperare per vivere. Un grande convegno a Milano di Daniela Tuscano

 Trascriviamo i passaggi fondamentali dello storico incontro «Il dialogo della speranza, Chiesa e Islam» organizzato dalla Fondazione Oasis il 22 marzo a Milano, nella chiesa del SS. Redentore. Ospite d'eccezione Mons. Paolo Martinelli, milanese, francescano, vicario apostolico per l'Arabia meridionale (Eau). 


I frati cappuccini sono arrivati nel Golfo nel 1800, ma la presenza cristiana risale ai santi Areta e Ruma, sposi e martiri di Najran (attuale Arabia Saudita) massacrati, assieme a 340 compagni, nel V secolo, in età pre-islamica: «Non siamo un "corpo estraneo" nella penisola» puntualizza Martinelli.Il prelato ha illustrato come Francesco d'Assisi, dopo l'incontro in Egitto col sultano al-Kamil e la spiritualità musulmana, abbia approfondito il concetto di alterità e assolutezza di Dio. Il santo di Assisi rimase affascinato dall'idea di «sottomissione» alla volontà divina, che non è schiavitù ma abbandono fiducioso a Dio fonte di misericordia. La stessa scelta dI chiamarsi frati «minori» conforta questa percezione di piccolezza-fiducia. Partito con il proposito di convertire i musulmani, Francesco si trovò ad approfondire le radici della fede cristiana e del suo personale carisma. Egli sviluppò l'intuizione che il primo a sottomettersi fu Dio, quando decise di calarsi nella storia umana.Anche nelle lettere «ai reggitori dei popoli» l'esortazione a farsi carico affinché il popolo elevasse la sua lode a Dio attesta la suggestione esercitata sul Poverello dal richiamo continuo del muezzin che evoca in continuazione il legame tra l'umano e l'Eterno.Martinelli ha illustrato il progetto della Abrahamic Family House, sorta nel 2019 dopo la pubblicazione del Documento sulla fratellanza umana redatto da Francesco, vescovo di Roma, e dall'emiro al-Tayeb della Grande Moschea di al-Azhar. La cittadella, realizzata da un architetto ghanese naturalizzato britannico, comprende una moschea, una chiesa (con croce e campanile visibili), una sinagoga con la menorah e uno spazio comune, denominato Forum, in cui le persone di diverse religioni si incontrano su temi comuni, specialmente educativi.Questo ci ha fatto pensare alla comunità di Neve Shalom Wahat as Salam che, in Israele, riunisce israeliani e palestinesi impegnati per la pace e la coesistenza, e allo spazio comune per preghiere e riunioni laggiù chiamato Casa del Silenzio.A proposito di coesistenza, mons. Martinelli ha comunicato che negli Emirati esiste un Ministero della Tolleranza (ora Ministero della Tolleranza e della Coesistenza) che favorisce le relazioni tra i cittadini e gli ospiti (scuole comuni, possibilità di fare catechismo...) e si preoccupa di tutelare le iniziative di dialogo. La tolleranza non è intesa nel senso di sopportazione ma piuttosto di ospitalità. Le occasioni non mancano: nel 2024, in occasione della Pasqua, i musulmani organizzarono un pranzo per festeggiare i cristiani, pur senza mangiare assieme poiché in periodo di Ramadan. Martinelli ricambiò presenziando all'iftar, la rottura del digiuno alla quale possono partecipare fedeli di qualsiasi confessione. Ad Abu Dhabi, il Comune ha preparato pacchetti di cibo per quanti sono in viaggio e i volontari di tutte le religioni lo hanno distribuito ai semafori.Peraltro, se - ha ricordato la moderatrice, dott. Braccini - esiste in moschea un percorso della tolleranza simile al tunnel dell'amicizia di Giacarta, capitale dell'Indonesia (il più grande paese a maggioranza islamica), che collega la moschea Istiqlal, progettata dall’architetto (cristiano) Friedrich Silaban, alla cattedrale di Santa Maria dell'Assunzione, non si può dimenticare la folta minoranza indù. Sempre lo scorso anno mons. Martinelli è stato invitato a parlare dell'armonia del creato in occasione dell'apertura del nuovo tempio.«Noi siamo differenti - ha scandito mons. Martinelli - e il nostro compito non è cancellare tali differenze ma riconoscere la comune umanità, la sua «esigenza di Dio». La laicità in Occidente è stata travisata, secondo il religioso, con il tentativo di confinare la religione nella sfera strettamente privata e messa in contrapposizione alla religione stessa. Ciò che colpisce invece, in questi Emirati politicamente giovani, è la grande ansia di futuro. Le religioni non sono vissute come momenti di conservazione o di ritorno/rimpianto del passato ma considerate e vissute come motore di civiltà, dai momenti «ufficiali» alla quotidianità. Ciò è dato anche da una immigrazione qualificata - le chiese sono costituite totalmente da migranti in maggioranza filippini - che favorisce l'interculturalità e al tempo stesso l'appartenenza. Gli «ospiti» pur non essendo cittadini partecipano a vario titolo alla vita del paese.

L'evento ha segnato un passo fondamentale sia nel dialogo tra religioni sia nella costruzione di un rinnovato umanesimo di cui si avverte più che mai l'urgenza. Unico neo, avremmo preferito una maggiore interazione col numeroso pubblico che, malgrado il clima cordiale, è stato penalizzato dalla mancanza di tempo. Ci sarebbe piaciuto approfondire il tema della condizione della donna, la cui presenza nella società emiratina è significativa - moltissime le laureate - e si apprezza il tentativo di superare il gender gap, pur non mancando difficoltà e problemi anche seri. Inoltre, ci si domanda se la buona accoglienza riservata alle religioni non islamiche sia la stessa di fronte a eventuali rappresentanti di confessioni cristiane non cattoliche di sesso femminile.
                                              (Daniela Tuscano)


Bibliografia e sitografia 


  • P. Martinelli, «Venite e vedrete. La vita come vocazione», Bologna, EDB, 2024.

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