Combattere la pesca illegale attraverso l'arte: alla scoperta di un museo di sculture sottomarino in Italia
Opere artistiche per contrastare la pesca a strascico: i ‘guardiani’ offrono una preziosa opportunità di ripresa alla biodiversità decimata da questa pratica illegale oltre a salvaguardare una specie minacciata e fondamentale per il clima.
DA VERONIQUE MISTIAEN PUBBLICATO 10-02-2022
“È la pietra a dirmi che espressione conferirle: è pensierosa, tranquilla”, afferma la scultrice britannica Emily Young. Scolpisce con decisione, indossando una spessa giacca, un cappello di pelle e stivali rinforzati, mascherina e tappi per le orecchie, ma senza guanti, perché “devo sentire come reagisce la pietra, attraverso lo strumento”.
Traccia qualche linea qua e là, come riferimento per un occhio, la bocca, poi inizia a tagliare la pietra con una smerigliatrice angolare – uno strumento potente per tagliare il marmo – oppure con uno scalpello e una mazza.
“Taglio finché la pietra non mi dice cosa fare. Mentre scolpivo dietro il naso, dove sarebbe apparso l’occhio sinistro, ho incontrato un’ampia venatura bianca, che scendeva dall’angolo dell’occhio fino alla base del blocco di pietra. È la traccia di un evento geologico, ma sembrava una lacrima. Ho intitolato l’opera Il guardiano che piange”.
Le opere di Young, che è stata definita “la più grande scultrice britannica vivente”, sono in mostra e conservate in collezioni di tutto il mondo, ma è la prima volta che una delle sue creazioni viene esposta sul fondo del mare.
La scultura di 18 tonnellate di Young, The Weeping Guardian (Il guardiano che piange, N.d.T.), insieme
ad altri due enormi volti (The Gentle Guardian [Il guardiano gentile, N.d.T.] e The Young Guardian [Il guardiano giovane, N.d.T.]), che ha scolpito nel marmo di Carrara con l’aiuto di due colleghi nell’arco di cinque giorni, sono stati deposti sul fondale marino al largo della costa toscana presso Talamone (tra Firenze e Roma) nel 2015. Lì sotto, i suoi massicci guardiani di pietra proteggono la vita marina dalle reti dei pescherecci che pescano illegalmente di notte – e si spera continueranno a vigilare per migliaia di anni.
Lavorazione del marmo per l’opera “La Sirena” delle scultrici Lea Monetti e Aurora Avvantaggiato.
“The Young Guardian” (Il guardiano giovane, N.d.T.) di Emily Young. Le sculture sono realizzate in marmo di Carrara, e provengono dalle stesse cave dalle quali si riforniva Michelangelo.L’inusuale lavoro di Young si inserisce in un progetto in corso avviato da Paolo Fanciulli, un pescatore del posto, e dalla sua organizzazione non profit Casa dei Pesci, che mira a trovare modi creativi per proteggere il mare. Attualmente le sculture sottomarine a Talamone sono 39, e sono state posizionate tra il 2015 e il 2020, mentre altre 12 sono già pronte a raggiungerle, non appena ci saranno i fondi necessari.
I pescherecci a strascico trascinano le loro pesanti reti sul fondale marino, raschiandolo e distruggendo la posidonia (Posidonia oceanica), nota come erba di Nettuno, una pianta marina da fiore endemica del Mediterraneo, che forma ampi prati sottomarini e funge da nursery e santuario per molte specie marine. Inoltre, la posidonia ogni anno assorbe 15 volte più anidride carbonica di un’area di simili dimensioni della foresta pluviale amazzonica. Per queste ragioni, la posidonia è una specie protetta inclusa nella Direttiva Habitat dell’Unione Europea e nella Direttiva Quadro sulla Strategia per l’Ambiente Marino; per di più la pesca a strascico è illegale in Italia, entro le tre miglia nautiche dalla costa, ma siccome è molto redditizia, e siccome è impossibile presidiare tutti gli 8.000 km di costa italiana, questa pratica viene messa in atto lo stesso, di notte.
Ora sulla sessantina, Fanciulli pesca nella zona intorno a Talamone da quando era ragazzo. Negli anni ’80 iniziò a notare la devastazione causata dalla pesca a strascico e il conseguente impatto che questo aveva sul pescato dei pescatori locali come lui e sul loro sostentamento. Da allora tenta di contrastare questa pratica.
Nel 2006 ha collaborato con il comune di Talamone e alcune organizzazioni ambientaliste per calare sul fondo del Mediterraneo grosse bitte in cemento perché fungessero da “agenti segreti sottomarini”. L’operazione ha richiamato l’attenzione dei media, e Fanciulli è diventato un eroe nazionale – ma questo non è stato un deterrente sufficiente per i pescherecci illegali. La mafia locale ha contrattaccato, facendo in modo che lui non riuscisse a vendere il suo pesce al mercato, minacciandolo.
Doveva trovare un’altra strada. “Ha pensato: ‘Siamo in Italia. Siamo artisti. Mettendo insieme arte e conservazione potremmo avere un impatto maggiore’,” spiega Ippolito Turco, amico di Fanciulli e presidente della non profit Casa dei Pesci, che hanno creato con il supporto di varie associazioni culturali e ambientaliste.
Si sono rivolti alle cave di Carrara, chiedendo se potessero donare qualche blocco. Franco Barattini, patron di una delle cave più conosciute di Carrara – la cava Michelangelo, ovvero proprio il luogo dal quale l’artista si riforniva tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo per realizzare opere celeberrime e iconiche come il David e la Pietà – ha promesso di donare ben 100 blocchi di marmo.
Young, insieme agli artisti italiani Giorgio Butini e Massimo Lippi, e ad artisti di altri quattro Paesi, è stata invitata a realizzare delle opere. “Noi tutti abbiamo donato il nostro tempo. Ho pensato che fosse un bellissimo progetto, un ottimo modo per attirare l’attenzione sul problema”, afferma Young, il cui studio si trova nell’ex monastero di Santa Croce tra Pisa e Roma.
La Casa dei Pesci ha raccolto i fondi attraverso crowdfunding e donazioni, e Fanciulli e Turco hanno usato i loro contatti sul posto per organizzare le attività di trasporto e posizionamento delle sculture sul fondo marino. Pur avendo ottenuto tariffe “da amico”, la parte logistica viene a costare 5.000 € per ogni singola scultura.
Le opere sono state sistemate in cerchio, a quattro metri l’una dall’altra, intorno a un obelisco centrale, scolpito da Massimo Catalani, un altro artista italiano. Poco più in là sonnecchia una sirena, frutto della collaborazione tra la scultrice Lea Monetti e la giovane artista Aurora Vantaggiato, e poco oltre, tra le altre, c’è una figura distesa di Butini.
Proteggere i serbatoi di carbonio
Le sculture in marmo creano una barriera fisica per le reti dei pescherecci a strascico e contemporaneamente sono un museo sottomarino unico nel suo genere, accessibile a chiunque, tramite immersioni organizzate o individuali. “È davvero uno spettacolo sorprendente vedere con che facilità la natura si rigenera. Vogliamo portare la gente a osservare il fondo del mare e creare una nuova consapevolezza per uno sviluppo marino sostenibile”, spiega Turco.
L’iniziativa ha fermato completamente la pesca a strascico illegale nella fascia entro le tre miglia dalla costa davanti a Talamone, fino alla foce del fiume Ombrone, racconta Turco. “Ma ora le barche pirata si sono spostate a nord dell’Ombrone. La Casa dei Pesci ha in programma di proteggere anche questo tratto di mare, fino al confine del comune di Grosseto. Più a nord, starà ai pescatori e alle autorità degli altri comuni decidere cosa fare. Se tutti i piccoli pescatori e tutti i comuni seguissero l’esempio di Talamone non ci sarebbe più spazio per la pesca illegale e il mare potrebbe ripopolarsi”.
Nonostante questa vittoria, le vaste distese di posidonia, devastate dalle reti, probabilmente non si riprenderanno, afferma Fabrizio Serena, ricercatore senior associato CNR IRBIM (Istitute of Marine Biological Resources and Biotechnologies, Istituto di risorse biologiche marine e biotecnologie, N.d.T.) di Mazara del Vallo. Le alghe in genere si riproducono velocemente, ma il ciclo di vita della posidonia invece è molto più lento. “Per ottenere delle praterie di posidonia ben strutturate ci vogliono circa 30-40 anni e un ambiente protetto senza inquinamento né disturbo antropico, e questo oggi è praticamente impossibile”.
Quando una prateria di posidonia è compromessa, l’unica cosa da fare è cercare di proteggere ciò che ne rimane, aggiunge Serena. “A questo riguardo le statue di Talamone possono ancora proteggere i pochi prati di posidonia rimasti, e questa è un’importante azione di salvaguardia, un esempio unico nell’area del Mediterraneo”.
Le statue forniscono inoltre una struttura alla quale certi organismi possono attaccarsi e crescere. Dopo appena una o due settimane, le pietre erano già ricoperte da un sottile strato di microorganismi unicellulari (batteri, microalghe e funghi), racconta Serena. Un anno dopo o poco più, sulle sculture si erano insediati organismi più grandi, come cirripedi, ostriche, alghe, coralli, spugne, stelle marine e granchi.
Questa comunità strutturata ha, a sua volta, incoraggiato il ritorno di altre specie vegetali e animali. I pescatori hanno già notato che aragoste, polpi, saraghi e donzelle e anche un piccolo branco di delfini tursiopi (che non venivano avvistati da anni) sono tornati in queste acque.
I delfini, tuttavia, stanno creando problemi. “C’è un crescente conflitto tra i delfini e i pescatori perché la scarsità di cibo fa avvicinare gli animali alla costa, dove spingono i pesci nelle reti per poi cibarsene, danneggiando le reti”, spiega Enrica Franchi, ricercatrice presso l’Università di Siena. Il suo team sta collaborando con Fanciulli e i pescatori del posto per cercare di evitare che delfini e tartarughe marine (che in primavera ed estate si avvicinano alla costa per nidificare) rimangano impigliati nelle reti. L’anno scorso hanno avviato un progetto che prevede di dotare le reti di dispositivi acustici e a raggi ultravioletti per tenere a distanza delfini e tartarughe.
La speranza è che, negli anni, le sculture di Talamone siano sempre più pullulanti di vita marina. “Tra altri cinque-sette anni, se non interverrà il disturbo dell’uomo, il museo sottomarino potrebbe diventare un’area ricca di biodiversità e andare incontro, in una certa misura, alle esigenze di questo ecosistema”, conclude Serena. E le statue continueranno a vigilare in silenzio per migliaia di anni.
Le statue, afferma la scultrice Young, “sono un’impresa poetica di immaginazione, un atto di fede. Questo progetto si rivolge al futuro, e a prescindere dalla nostra presenza o meno, le statue resteranno, probabilmente per milioni di anni, portando una testimonianza della nostra umanità nel futuro ignoto, sotto forma di materiali lavorati dalla mano dell’uomo”.
Veronique Mistiaen è una giornalista pluripremiata che si occupa di questioni sociali e umanitarie, sviluppo globale e ambiente per le maggiori testate britanniche e internazionali. Seguila su Twitter.
Hai mai sentito parlare di Paolo Fanciulli? Ecco coda questo pescatore ha ideato per combattere la pesca illegale
Quando parliamo di Paolo Fanciulli, facciamo riferimento a un pescatore che a partire dagli anni ottanta ha cominciato quella che è una vera e propria lotta per la salvaguardia dei mari, della nostra salute e soprattutto dell’ambiente che ci circonda. Lui, infatti, combatte assiduamente contro la pesca illegale, o per meglio dire a strascico: questa, infatti, se effettuata a tre miglia dalla costa può comportare delle conseguenze anche molto importanti per i nostri mari e anche per tutti noi. Va, infatti, a sradicare la vegetazione marina, a rovinare i fondali e causa anche dei danni a dir poco irreversibilità alla nostra biodiversità tanto preziosa.Inizialmente la sua è stata quasi una lotta senza risultati e, proprio per questo motivo, senza speranza. Questo, almeno, fino a quando non è stato raggiunto un anno fondamentale nella storia di questo pescatore: stiamo parlando del duemila sei, quando arriva a formulare l’idea che avrebbe rivoluzionato e cambiato una volta per tutte il suo modo di approcciarsi a questa lotta e anche di fare la differenza: per scoprire di cosa stiamo parlando, non dovete fare altro che continuare a leggere insieme a noi di Orizzonteenergia.
Pesca illegale, la lotta del pescatore di Paolo Fanciulli
Il duemilasei, infatti, rappresenta una tappa a dir poco fondamentale e indispensabile nella storia del pescatore Paolo Fanciulli ma anche, più in generale, di quella che è la lotta contro la pesca non legalizzata, intensiva e spesso dannosa per tutto l’ecosistema marino che ci circonda, ci supporta e ci permette di vivere come facciamo ogni giorno anche senza esserne realmente consapevoli. Proprio in quest’anno, infatti, egli insieme alla sua onlus e con l’aiuto di aziende e cittadini volontari ha installato delle strutture di marmo lungo i fondali dei mari toscani.L’obiettivo di queste sculture è molto specifico ed è, dunque, proprio quello di andare a ostacolo e per tanto ostruire la pesca illegale e soprattutto ormai fuori controllo. Questo avviene perché le reti di un pescatore, nel momento in cui si scontrano con queste sculture, vengono irrimediabilmente danneggiate e strappate, rendendo così impossibile continuare e portare avanti questa attività.
E’ inutile sottolineare come, sin da subito, questa idea del pescatore ha avuto un effetto positivo per i nostri mari e soprattutto nel limitare l’azione incontrollatache si stava ormai verificando da anni, se non addirittura decenni, a discapito proprio della natura. Proprio in queste zone, al giorno d’oggi, è stato possibile ottenere un ritorno quasi totale della biodiversità marina, l’ecosistema è rinato e soprattutto questo è diventato un vero e proprio museo marino che ha permesso di sviluppare anche degli itinerari di turismo sostenibile. Insomma, Paolo Fanciulli ha senza dubbio rivoluzionato la pescae potrebbe anche aver fatto un passo non indifferente nella lotta contro l’inquinamento.
Ma prima d'iniziare il post d'ogg ripeto a scanso di equivoci onde evitare ulteriori accuse o shitstorm come quelle ricevute per il post precente ( trovate url sotto ) devo fare una precisazione :
N.b NON STO FACENDO NESSUN ELOGIO O PANEGIRICO DEL SUICIDIO , PERCHE' ESSA E' UN SCELTA PERSONALE ED PRIVATA . MA STO SEMPLICIMENTE DICENDO CHE PER ALCUNI\E IL SUICIDIO , ATTO CHE PER NOI SOPRATTUTTO QUANDO SI TRATTA D'AMICI \ CONOSCIENTI O FAMILIARI PUO' SEMBRARE EGOISMO , PER LORO E' UNA SCELTA DI LIBERTA'
la libertà non è solo partecipazione ma è anche : << [...] Come un uomo appena nato che ha di fronte solamente la natura e cammina dentro un bosco con la gioia di inseguire un’avventura,sempre libero e vitale, fa l’amore come fosse un animale,incosciente come un uomo compiaciuto della propria libertà. [...] cit Musicale >> ma anche : 1) scegliere di come morire , morire con dignità o s'è una scelta consapevole suicidarsi quando si è vicini ad una malattia incurabile o di grave discriminazione come la storia racconta qui su questo blog nei giorni scorsi : << La solitudine di Cloe Bianco, la prof transgender che si è uccisa dando fuoco al suo camper >> . 2) salire su un cavo come la storia che riporto sotto
repubblica 13 GIUGNO 2022 ALLE 07:46
Loreni, funambolo zen “Sono salito sul cavo in cerca della libertà”
di Gian Luca Favetto
Si esibirà alla Mole dal 24 giugno al 3 luglio Ogni sera chiuderà lo spettacolo per i vent'anni di Cirko Vertigo
Il teatro di strada è l’inizio della sua storia. La passione si è accesa all’improvviso. Un giorno di dicembre, a Milano, durante la visita a una fiera. Era il 1996, aveva ventun anni. Frequentava Filosofia. Il padre voleva diventasse ingegnere, lui ha cercato un compromesso e si è iscritto a Fisica. « Ma c’erano troppi numeri, troppa matematica, dopo due mesi sono passato a Filosofia. Mi aveva affascinato il professore del liceo. Mica sapevo cosa avrei fatto nella vita!».
Che cosa avrebbe fatto nella vita, Andrea Loreni lo ha cominciato a scoprire quel giorno, vedendo uno spettacolo di strada di Rodrigo Morganti, che poi sarebbe diventato suo amico. «Sono stato colpito dalla libertà della strada. C’erano molte persone strette l’una all’altra che guardavano l’esibizione di questo ragazzo. Ridevano, vivevano emozioni comuni. E poi il lato economico: l’artista dà quello che vuole e quello che riesce e, a sua volta, anche il pubblico dà quello che vuole, quello che può».
Comincia con la giocoleria anche lui: clave, palline, torce infuocate, corda molle, frusta. « Ho iniziato nel 1997 –racconta- Più che uno spettacolo, il primo, al mercato di Cuorgnè, è stata una figura di merda. Non si è fermato nessuno. Anche il secondo, a Ivrea, una figuraccia! Però mi sono serviti per capire le dinamiche della strada. E a poco a poco mi sono messo a frequentare i festival: Certaldo, Ferrara, Pergine, Schio. Il posto migliore per fare cappello (passare fra gli spettatori con il cappello sperando che ci infilino qualche euro) per me è stata Aosta. In estate, invece, l’ideale era la Versilia. A Torino si è lavorato bene fino a dieci anni fa».
Ma nel frattempo Loreni si è laureato ed è già passato al cavo. Come scrive in “ Breve corso di funambolismo per chi cammina nel vento”, il curioso libello uscito per Mondadori lo scorso anno: « Sono salito sul cavo in cerca della libertà » . All’inizio è diventato filferrista. Poi, quasi subito, funambolo:cavi lunghi e bilanciere. « La differenza tra filferrista e funambolo la fa la lunghezza del cavo –spiega- Il funambolo cammina su cavi lunghi, tesi a grandi altezze, con un bilanciere in mano, andando in cerca della verità. La trova nel corpo. È una verità fattuale, non speculativa. In quei momenti non puoi che essere autentico. Il gesto deve risultare essenziale. Non c’è spazio per fronzoli e menzogne. A grandi altezze, su un cavo, hai paura, ma nonostante la paura vai avanti. La accetti e cerchi di camminare con grazia, in armonia con il contesto». Andrea Loreni è l’unico funambolo italiano. In Europa sono una decina e si conoscono tutti. La prima volta ha provato in Val d’Aosta. Un amico gli ha trovato un prato e hanno steso un cavo per quaranta metri fra due alberi. Lui è salito e ha cominciato ad andare, passo dopo passo, in equilibrio. La prima uscita pubblica è del 2006: a San Sebastiano Po ha scavalcato il fiume, 120 metri di cavo teso fra due scavatori a 12 metri di altezza. L’anno successivo ha camminato attraverso l’Arco olimpico al Lingotto. Poi a Pennabilli, in Romagna, fra due colli: 260 metri di lunghezza a 90 metri d’altezza. A Roma cammina sopra Castel Sant’Angelo, a Firenze sopra piazza della Signoria ed entra nel Museo degli Uffizi dalle finestre dell’ultimo piano. E ancora, in Israele, Serbia, Giappone, Irlanda. Infine, il primo agosto 2021 sul lago di Ceresole, a 35 metri di altezza sopra la diga, percorre 320 metri in 25 minuti.
Quando ha cominciato a camminare sul cavo, ha cominciato anche con lo zen. « Mi accorgo adesso che zen e funambolismo sono due modi per stare nel qui e ora. Essere presenti sul cavo è una necessità. Non vuole dire che non pensi, non si può smettere di pensare, ma si può smettere di ascoltare i pensieri. Li lasci venire, ma non ti fai trascinare dove tendenzialmente loro ti porterebbero: nel passato o nel futuro, fra rimorsi, nostalgie e preoccupazioni. Che cosa c’è nel presente? Il corpo. Il corpo è la nostra succursale nel presente. Ti appoggi alle sue sensazioni. Stai saldamente nel respiro. È il corpo che conta, sono i piedi che fanno camminare sul cavo!». Dal 24 giugno al 3 luglio si esibisce alla Mole. Ogni sera chiude lo spettacolo per i vent’anni di Cirko Vertigo, ‘ Cinema e circo una lunga storia d’amore’. Ripete l’impresa due volte al giorno. Appeso al vuoto nella pancia della Mole, il vuoto deve farlo come sempre prima di tutto dentro di sé. Deve affrontare anche una difficoltà in più. «Nella Mole – spiega- sarà differente rispetto a tutte le volte all’aperto. Attorno è pieno di informazioni visive. Il rischio è di deconcentrarsi. Sarà un’esperienza nuova». Come prepararsi e reagire? Mettendo a frutto ciò che ha imparato in quindici anni di passi nel vuoto: lasciare da parte la mente e concentrarsi sul respiro. Affidarsi ai piedi. E al cavo.
****** Giudice venduto : il miglior scatto é quello di Giuseppe . Il Superbo riflesso dell'ombra del bambino davanti a una gradinata da salire che è la metafora delle prime difficoltà della vita .Alla perfezione della composizione si aggiunge un'importante riflessione filosofico-esistenziale. Chapeau Giuseppe !
Giuseppe Scanonon sapevo d'essere un filosofo :-) . la foto è nata per caso , cercando una scena per descrivere la piazza che era il tema della mostra che dovevo tenere ed ho tenuto 4\5 anni fa .
in effetti ha ragione . Già Nel breve saggio Für eine Philosophie der Fotografie (1983) ci sono, in nuce, già tutte le intuizioni che si pongono a fondamento della teoria delle immagini tecniche in seguito sviluppata in Ins Universum der technischen Bilder (1985).
La macchina fotografica è il primo apparato – ripete spesso Flusser – anche se quest’affermazione va presa con il beneficio di un certo grado di approssimazione, l’approccio dell’archeologia dei media potrebbe infatti rivelare numerosi predecessori della macchina fotografica, tutti legittimamente aspiranti allo status di “primo apparato”. Al di là di possibili genealogie, ciò che si può affermare senza paura di essere smentiti è che la macchina fotografica rappresenta per Flusser una sorta di prototipo archetipico degli apparati, racchiude infatti, anche se in forma embrionale, tutte le proprietà caratteristiche degli apparati, proprio per questo offre un approccio adeguato a un’analisi generale di essi.
Nel tentativo di chiarire la posizione ontologica (il piano dell’essere) dell’apparato fotografico, Flusser afferma che, come per tutti gli altri apparecchi, abbiamo a che fare con un oggetto che è parte integrante della cultura che lo ha prodotto. Gli oggetti culturali sono sostanzialmente di due tipi: beni di consumo (oggetti buoni per essere usati) e utensili (oggetti buoni per produrre beni di consumo). Secondo tale classificazione dovremmo concludere che l’apparecchio fotografico è un utensile destinato a produrre fotografie ma in realtà si tratta di una conclusione che desta notevoli dubbi per la difficoltà di considerare una fotografia alla stregua di altri beni di consumo (una scarpa, una mela ecc.). L’apparecchio fotografico, a ben vedere, non è riconducibile né agli utensili ovvero agli oggetti che, come prolungamenti del corpo umano, hanno contraddistinto il rapporto tra esseri umani e natura fino alla rivoluzione industriale, né alle macchine, che hanno preso il posto degli utensili costringendo gli esseri umani a vivere in funzione di esse. Nonostante siano prodotti dal sistema industriale, gli apparati vanno oltre questo piano, per Flusser è necessario dunque distaccarsi dalle tradizioni di pensiero (come ad esempio quelle marxiste) che, focalizzandosi sulle questioni poste dal complesso industriale (la proprietà dei mezzi di produzione, gli interessi che si nascondono dietro gli apparati ecc.), non tengono conto della specificità degli apparati e quindi “non hanno più competenza” su di essi. La prospettiva attraverso la quale affrontare l’analisi degli apparati deve essere quella della società post-industriale, occorre quindi uno sforzo volto a favorire l’affermarsi di nuove categorie interpretative. Alla luce di ciò si può dire che, se nella società industriale è centrale il lavoro (inteso come attività rivolta alla trasformazione del mondo), con gli apparati si dà vita a un nuovo tipo di lavoro il cui intento non è più trasformare il mondo bensì trasformare il significato del mondo. “La loro intenzione – scrive Flusser – è simbolica”.
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alle stesse conclusioni arriva michel smargiassi in questa sua rubrica filosofia della fotografia su blog repubblica
Anche se
<< Per Cartesio il dispositivo ottico consentiva di sottrarre il mondo al caos della percezione,
mentre per l'uomo del '900 l'obiettivo moltiplica lo sguardo soggettivo >> Anna Li Vigni in
''Il Sole 24 ore - Domenica'', 26 gennaio 2014. , io non mi sento artista perchè fotografo come viene e che vedo senza nessun progetto e senza nessun programma predefinito . Uno che applica fregandosene delle regole o a voolte rispettandole e
<> infatti <> Ancora non ho un viaggio fisso perchè a volte fuggoi altre volte cercare . Infatti : sempre a quanto dice Michele smargiassi in questo articolo interessante : https://goo.gl/KTXcFF<< Solo i fotografi hanno continuato a viaggiarecon gli occhi e anche col corpo. Molti viaggiano per trovare.Uno almeno viaggiò invece per fuggire: si chiamava George Rodger, e fu uno dei quattro padri fondatori di Magnum (con Robert Capa, Henri Cartier-Bresson e Chim Seymour), l’agenzia fotografica che ha disegnato il volto di un secolo.>>
A voi cari utenti vecchi e nu,ovi che arrivate tramite i social e i motori di ricerca decidere se , tramite i miei albul fotografici sparsi per la rete ( di cui trovate sopra in cima al post gli url ) se sono un artista o meno