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14.6.09

L'ultima campanella


E siamo giunti alla lettera P. Anzi, alla triade. Quest'anno il miracolo è avvenuto, sono riuscita a spiegare P. P. P. ai miei studenti di quinta. "P" come "Programma", l'eterno incubo degli insegnanti. Stavolta concluso, e abbondantemente. Così la voce leggera, bolognese, sfilata e quasi bianca di Pasolini è risuonata nell'aula "Info 3" dell'Istituto tecnico ***, e la sua sagoma al tempo stesso aguzza e gentile, gli occhi protetti da lenti scure, le guance scavate, quasi erose, da chissà quale tormento adolescenziale o profondo, si è materializzata davanti ai miei alunni, soprattutto alle mie alunne. Le quali, alla visione di Comizi d'amore, non hanno potuto trattenere commenti spontanei, ironici, increduli, a volte impazienti. Come volessero parlare direttamente con lui. Termini come "gallismo" sono ormai decaduti nel vocabolario italiano, ma lo spirito no, quello è rimasto, trucemente amorale e già nebbioso, così immobile nell'Italia dove non si ammetteva il divorzio ma la copertura delle corna sì, e piuttosto che sacrificare la santità della famiglia meglio risolvere il tutto con una coltellata. Uomini del Sud, certo, ma pure signore bene preoccupate solo della forma, che sempre, in questi casi, è sostanza. Donne della Bassa emiliana che per le mie allieve "avranno come minimo sessant'anni" e io a spiegare che, al massimo, saranno state quarantenni. Provenienti da un'epoca di infinita pazienza e parti, ma proprio perché ancestrali, più dirette e immediate, ingenue e perciò indulgenti, dei loro uomini. E molti bambini, bambine anche. Si capiva, ha commentato una ragazza, che "Pier Paolo amava le donne". Era così, amava le donne, e si rivolgeva ai giovani da pari a pari. "Ma anche ai cantanti, ai calciatori?" mi ha domandato un'altra, stupita di vedere l'intellettuale in calzoncini corti nel rettangolo di gioco e alle prese con un imbarazzato Peppino di Capri. Signorine al ballo secondo cui gli "invertiti" da curare "se c'è rimedio, sennò pazienza", e le ragazze in sala che protestavano: "Ma non è mica una malattia!". Ignoravano che molti politici attuali, e la Chiesa, e la pubblicistica corrente, la considerano ancora tale. Peggio: secondo i signori appena citati, la "malattia" è tornata a essere un vizio, come si riteneva nei tempi più bui dell'Inquisizione. Lo ignoravano, i ragazzi; ora però lo sanno. Si regolino di conseguenza...


Così abbiamo potuto riflettere anche su quel pensiero di Moravia: "L'uomo religioso non si scandalizza mai". A differenza degli atei cattolici di ieri e di oggi, nel Paese che allegramente sta rinunciando alla libertà, e che alla croce di Cristo preferisce sempre più quella uncinata.
Questo concetto di "homo religiosus" ha lasciato i miei studenti un po' impicciati. Meno male. Affronteranno l'esame e si butteranno nella vita, combattere apertamente il sistema gli riuscirà estremamente arduo, di fatto impossibile, e molti di loro non ci proveranno nemmeno. L'unica speranza, lontana, flebile, fumigante, è aver consegnato almeno l'idea d'una realtà meno prevedibile, se non addirittura parallela, con cui il sistema non può né deve andar d'accordo; e chissà che, dopo la cena assieme, oltre i volti educati, ancora col diritto a un azzurro candore, il ricordo di un anno lontano si riaffacci, di un giorno in cui hanno sentito che "Tonino e Graziella si sposano" , e pensino che l'amore non è crudele sventatezza dei sensi, ma sentimento dolce e rivoluzionario.
In quarta, invece, mi hanno salutato in coro: Nel sole. L'avevamo, o meglio l'avevo, intonata nella gita scolastica a Roma, nel marzo scorso. Sono stata una prof rigorosa, esigente, allegra, canterina e... golosa. Sanno come viziarmi. In fondo, di loro sono anch'io un po' figlia.
Oggi una di loro verrà premiata. Ha vinto un concorso letterario. E' turca. La migliore nella mia materia. Italia multietnica, grazie a Dio.





                                     Daniela Tuscano



10.5.09

Senza uomini


Non destava impressione più di tanto, ieri, il raffronto in Quirinale tra le vedove Pinelli e Calabresi. E alludo alla loro fisicità, al diverso modo di essere donne. L'una severa, quasi asessuata, d'una compitezza rigorosa che ne rifletteva la verginità intellettuale. Quasi un'antica scolara, fissata in uno scatto senza tempo, non fosse stato per il baluginio guizzante degli occhi scurissimi. L'altra scintillante, decisamente bella ma d'una bellezza non sonora, piuttosto asciutta e regale, d'una perduta essenzialità lombarda. Non due mondi, bensì due monde: perché femminili e perché nette, linde, trasfigurate, solenni nella semplicità dei gesti, emergenti sul formicolio scomposto e insensato dei piccoli uomini violenti. Che è bene stiano fuori, da queste monde e dall'oggi, solo nostro. Le donne, pur lontanissime, si ricongiungono sempre, riallacciano il filo d'un linguaggio, quello dei gesti e dei fiati, ignoto alla cifra maschile. Che, infatti, lo ha sempre cancellato, furente per non poterlo possedere e manipolare. Ma gli abbracci, gli sguardi, le carezze hanno portata universale, e risorgono in altri corpi, in nuovi frangenti, dietro spettrali silenzi, in ogni angolo della terra.




Sulla vicenda il nostro Giorgio Schultze ha redatto un'acuta e tagliente opinione, sottolineando come, dietro quell'abbraccio, nulla sia da cancellare, ma tutto da ricordare. Oggi però, l'abbiamo detto, è un'altra giornata delle donne. Di donne. Aung San Suu Kyi sta male. Ravvolta in una contraddittoria casa-prigione, sembra che il suo corpo stia sfaldandosi pian piano, come se persino la sua presenza esile e muta incarnasse uno sgarbo, uno spregio, forse, peggio, un'impertinenza, perché l'impertinenza è tipica dei bambini ed è quindi più insidiosa e molesta per chi detiene ordine e potere. L'impertinenza è la nota stonata, il sobbalzo impreveduto, l'innocenza impietosa che grida: "Il re è nudo!". Aung lo grida col suo semplice esistere da molti anni. Ma quanti inferni dovrà scontare, chi soffocherà quel grido.


Viveva a Muscoline, provincia bresciana, e non era famosa. Voleva soltanto, di nuovo, sentirsi madre. Come se spendersi non le bastasse mai, e così, con assoluta naturalezza, aveva voluto ripetere il miracolo, sentire ancora accanto a sé quel vapore di nido irrorato da una gota di bimba. Aveva lasciato il lavoro per fare la baby-sitter. Accompagnava la figlia di un'amica, per strada. Ha fatto giusto in tempo a salvarla, prima che un trattore, sorto chissà da chissà quale epoca feroce, le travolgesse entrambe con rombo cupo e affaticato. Se n'è andata anch'essa con un gesto, la donazione estrema e disperata. Ha spinto la carrozzina lontano, salvando la bambina. Non ha pensato a sé stessa, e forse, a quel punto, non lo desiderava nemmeno più.


Ho una laurea da genio minore... in Corso Buenos Aires, 66. Non nella pigra provincia gucciniana, ma proprio qui, nella caotica e ingombrante Milano, in una via smangiata da tempo, priva di verde, decaduta, affastellata di vetrine e supermercati, e infine diluita nel disperato squallore di Porta Venezia. Non più nera come nei versi di Dalla, semplicemente cinerea, uniforme, bituminosa. E il palazzo nel quale entravo, da piccola, aggiungeva grigio al grigio, l'inutile liberty s'apriva su un cortiletto tetro, e preludeva a stanzoni alti, freddi, scostanti, uno straniante contrasto con chi vi abitava. "Andiamo dalla nonna, andiamo in Corso Buenos", era il ritornello che per molto tempo udivo il sabato pomeriggio, da parte di mia madre. La casa della nonna, il lucernario, l'ampia cucina, si associavano, nella mia mente, a chiare d'uovo, alla mollezza del latte, e non ne afferravo le ragioni. Un alternarsi di chiaroscuri non so se invadenti o spiazzanti. Poi tutto era terminato. L'appartamento al secondo piano rimaneva a me precluso. Ieri ho ritrovato quel contrasto. Il balcone della nonna mi si è presentato al tempo stesso intatto e proibito, e il modesto telo che lo ricopriva era un nimbo di sposa, lieto ed enigmatico assieme. Un semplice saluto. Il passato non ritorna. Le amiche mi aspettavano lì vicino, nello stesso cortile, ma non nell'identico luogo. Eppure.

E' stata una riappropriazione, forse una pacificazione con timidezze e ansie perdute, tralasciate su quei muri ottocenteschi, dove la mia vita si è srotolata, frastagliata e a sbalzi, strappata e involuta e mai come la si aspettava. Le amiche erano lì. Con loro tratteggiavo sogni, progetti, speranze, in un allegro mormorare domestico, in un gineceo sospeso e spaziante, così, sole nell'azzurro, e libere nell'aria gemmata.


 


Daniela Tuscano




















 


 


 


 






9.5.09

A Daniele B.


Caro amico, so che per te oggi non è una data qualunque. Tanto denso questo numero per te, tanto, forse troppo straripante d'emozione, da imporre semmai un rispettoso, partecipe silenzio. Ma ti conosco e comprendo che tu, invece, hai fame di parole, di voci amiche, come flauti affettuosi sulla pelle. Oggi è il tuo compleanno. Ma assieme a te avrebbe compiuto gli anni anche tua madre. Che invece, lo stesso giorno d'un indecifrato arco di tempo, ti ha lasciato. O, forse, si è solo resa invisibile al tuo, ai nostri sguardi. A quella vista per forza angusta, a un occhio che si fa fessura, e non percepisce le azzurre lontananze, perdute come campane nei sopori d'un pomeriggio. Rarefatto, caldo e lucido, svolazzante come l'anima sui fiori.




M. Moretti, I primi passi.



La ricorrenza è per te un segno tangibile e vivo. Un richiamo, una scossa. Ma mai un rimpianto. Tu non ami voltarti indietro. Disperdi i ricordi come foglie al sole. Tua madre non ti cammina accanto. E' in te. Il suo sorriso riaffiora nelle tue scelte sicure, nella tua ingenua disponibilità al dono, nell'immediatezza delle tue parole. Rivedo la tua stanza, una stanza curiosa, fitta di sgangherati colori, incompiuta e poliedrica come una tavolozza. Il pesante comò, il letto ancora infantile, le pareti tappezzate d'un divo dai capelli infiniti, languidi, saponosi, non una rockstar, ma una diva d'altri tempi. Una stanza, la tua, vagamente e polverosamente rétro, come quelle di ogni artista. O di ogni cuore tumultuante e inquieto. D'un'ansietà torbida, sguazzante, ribalda e inerme. La conosceva troppo bene, tua madre, per punirla o reprimerla. Era solo lo specchio della tua autenticità, e lei lo sapeva.

Ti porgo i miei auguri, auguri corali, certa di non procurarti nessuna pena, ma un gioioso, caldo, commosso abbandono. Perché racchiudi in te due vite, e non ti stanchi di profonderle agli altri, in una circolarità d'amore che conforta le nostre menti inaridite.


Daniela Tuscano

22.4.09

Riflessi

 

Le abbiamo vissute, o soltanto attraversate. E già le rimpiangiamo. Le lunghe, liquide marine delle primavere mediterranee ci accarezzano spavalde e assonnate, percorrenti come rivoli, sfumate come orizzonti. E i lidi assorbono una mestizia d'attesa, solcati da sbiaditi giochi infantili. Qua e là s'arresta un pino, assorto per un sentiero diruto, contro muri non ancora roventi.

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L'avvocato è astigiano. Verosimilmente, compose Una giornata al mare appoggiato ai parapetti della riviera ligure, ma le atmosfere da lui descritte mi evocano piuttosto pallori adriatici. O, ancora, le sagome dolcemente sgraziate di zerbinotti romani. Un sole scucito nella rena, fuliggine e speranza, caracollanti felicità d'un'Italia speranzosa e negletta.


Poi, come in un passo di danza, tutto si perde nel cielo lontano.


Daniela Tuscano



20.4.09

Rai, se il buongiorno si vede dal mattino preparate i parapioggia adessoi censurano anche ui senatori a vita

 



Camilleri, l’italiana più importante del secolo ha compiuto un secolo di vita e fa paura al centro destra. Rita Levi Montalcini, scienziata e premio Nobel, rischiava di essere censurata da Mauro Masi, neo direttore generale Rai, che non la voleva da Fazio il 26 aprile: non può essere invitata perché “è una senatrice”. Il giornalista Loris Mazzetti ha avvertito l'associazione Articolo21 e lo stop è rientrato. Il cavallo che Caligola nominò senatore si chiamava “Incitatus”. E quanti sono gli “Incitatus” ai quali la Rai non fa mancare la biada di microfono e telecamera? Per un minimo di par condicio, fra cavalli e premi Nobel, almeno ogni cento “Incitatus”, Masi si conceda il lusso di invitare una Rita Levi Montalcini! Il buongiorno si vede dal mattino, e il mattino della nuova dirigenza Rai promette una giornata da cappotto e parapioggia. I primi atti sono stati censori e intimidatori: la richiesta di una puntata “riparatrice” a Santoro; l’espulsione di Vauro con un gelminiano 5 in condotta; la richiesta, rientrata, di non far partecipare a una puntata di Fazio il premio Nobel Rita Levi Montalcini, per i suoi cento anni. La scusa era che, essendo la Montalcini anche una senatrice, la sua presenza avrebbe alterato i delicati equilibri della par condicio che, però, non vengono alterati dall’ossessiva presenza di Berlusconi in ogni Tg pubblico e privato. «Lo riprendiamo in quanto presidente del consiglio» si difendono i direttori Tg. E che così si fa un’indiretta ma redditizia campagna elettorale. «A me la morte non fa paura», ha dichiarato la Montalcini. È vero: sono i vivi a fare paura, soprattutto se appartengono a quel grande allevamento di cavalli berlusconiano da dove vengono scelti, sì, gli «Incitatus» senatori, ma anche ministri, onorevoli, manager, direttori generali.

5.4.09

Le due sorelle

Una Pasqua terrena, una festa illusoria, una glorificazione fittizia. Così potremmo definire la Domenica delle Palme e degli ulivi, simbolo d'una pace non trovata, scoppiettante tripudio dietro il quale incombe un minaccioso futuro. Il potere, religioso e laico, aveva già deciso che la misura era colma, e il falegname di Nazareth avrebbe messo a repentaglio un intero popolo se avesse continuato a predicare il suo falso verbo. Fatica a parte, gli usurpatori stranieri erano forse i più sollevati alla prospettiva di eliminare l'ennesimo visionario sorto tra gente riottosa e ribelle. Quanto a Gesù, ignoriamo cosa pensasse; se umanamente si sia rallegrato dell'accoglienza tributatagli, mescolando al sorriso il turbamento dell'incomprensione. Se invece "si aspettasse tutto", come c'insegnavano un tempo a catechismo. Ma la morte, quella sì, l'aspettava, pur se arriva sempre sola, e sempre, e comunque, inattesa e unica, irripetuta e sfidante, irrompendo come livida luce nell'esistenza sua, e di ognuno. Gesù l'aspettava perché conscio del valore della vita, e sapeva assaporare il gusto ineffabile del presente.




L'orto del Getsemani a Gerusalemme: quello raffigurato è l'ulivo più antico (600 anni ca.).






Scrive Alfonso de' Liguori in un'opera di sorprendente attualità: "Il tempo è un tesoro, che solamente in vita si trova; non si trova nell'altra, né nell'inferno, né in cielo [...]. Nel cielo [...] non si piange, ma se potessero piangere i beati, questo sarebbe il loro solo pianto, l'aver perduto il tempo in questa vita, in cui poteano acquistarsi maggior gloria, e che questo tempo non possono più averlo. Una Religiosa Benedettina defunta comparve gloriosa ad una persona e le disse ch'ella stava appieno contenta; ma se avesse potuto mai desiderare qualche cosa, era solo di ritornare in vita e di patire per meritare più gloria; e disse che si sarebbe contentata di soffrire la sua dolorosa infermità, che avea patita in morte, sino al giorno del giudizio, per acquistare la gloria che corrisponde al merito d'una sola 'Ave Maria'". E quindi solo il presente, il tempo che non è l'attimo fuggente, ma l'attimo che scolpisce una forma, ha valore d'eternità, non è diluizione né innaturale prolungamento, prepara, e rende in qualche misura meno spaurante la visita della silenziosa ospite.

La morte non è sarabanda di suoni. Se oggi la si spettacolarizza, accade perché non le si vuol più credere; e con ciò, si nega cittadinenza e pienezza alla sua radiosa e inscindibile sorella, quella che chiamiamo vita. O frugata, o storpiata, o falsamente elevata a vuoto ideale (la Vita), essa ha smesso di permeare le nostre ore e il presente è stato spodestato dalla contingenza, dilatato in ripetitività meccanica, reso prevedibile, quasi fotocopiato, in una moltiplicazione di destini eguali e monocordi. Morte e vita procedono assieme, e non possono venir sprecate né banalizzate. Morte e vita, talora silenziate, talora esaltate oltre misura, originariamente, erano invece la ricapitolazione del singolo, l'abbraccio di Dio - doloroso, sia pure - al nostro inimitabile presente, e quella solitudine spaventosa finiva per diventare, nello spegnersi dei sordidi clamori, il richiamo personale, il secondo dopo l'infanzia, il nuovo "effatà", apriti. Finalmente, e totalmente, restituiti a noi stessi.



Concludo le mie riflessioni con qualche stralcio di lettera redatta dalla comunità del Barrio (Brasile) durante l'agonia di E. E.:



"Da noi non si aspetta diciassette anni di coma a morire. E' roba da ricchi [...]. Da noi si muore per mancanza di farmaci di base persino in pochi giorni. In Africa è anche peggio, molto peggio. E questo, ci dicono, è causa di precise scelte sul piano economico delle società del Primo Mondo. Quando i nostri muoiono, non c'è neanche da abbandonarsi troppo alla disperazione, come piace fare ad alcuni vostri esponenti politici e a molti movimentisti della vita dell'ultima ora. Non c'è tempo, perché la vita incalza, e la povertà anche, e c'è sempre troppo di cui occuparsi.




E poi, qui, ancora, si crede in Dio, e nella morte come incontro con Lui, come riposo in Lui: 'descansou', ha riposato, si dice sempre. Diffidiamo del Dio della tecnica, che alcuni, persino nelle Chiese, vorrebbero onnipotente, al posto di quello vero, a prolungarci di un anno, di una settimana, di un'ora il soggiorno quaggiù. Chissà, un giorno l'ibernazione sarà forse l'ottavo sacramento per gente che non crede più in Dio e nella sua vita senza fine".



Daniela Tuscano






9.3.09

OIL documentario del regista indipendente Massimiliano Mazzotta. e la dignità violata del popolo sardo

 Ringrazio www.censurato.splinder.com  per  avermi ricordato   di questo film , che  fra   convalescenza  ed  ultimi esami   avevo dimenticato  .  Ora mi  chiedo   se devo essere i "  continentali  " ad  aprirci gli occhi  sulla nostra terra   ?  .  Quindi  ecco che ciò smetisce un luogo  comune  e  un pregiudizio  da  parte  dei  moivimenti  indipendentisti   e  autonomisti sardi  , specie  sardigna  natzione  che  vedono   " la nazione Italai  "    come  potenza  colonizzatrice  . Ma  d'altra parte  come non  essere   d'accordo  ,  non  li biasimo  , perchè stuiiando   storia  contemporanea  della sardegna  oltre  che  a vedertlo e viverlo  sulla mia pelle   quando  prendo  o  una nave  o un aereo   o nelle  ML \ Nw   a  cui  sono iscritto essendo responsabile di  www.censurati.it  per la sardegna   lo stato  ci tratta  effettivamente cosi  , se  non adirittura   peggio   vedere  , ora  non ricordo  l'url preciso  , ma  lo trovate  cercando all'interno delle  Faq  ,   il problema delle servitù militari . E  adesso usarci  ulteriormente  come cavia per le loro  sperimentazioni    terrerstre   o  metterci   centrali nucleari  che  voglio mettere  in sardegna   , o far paqrtire  da li  il piano\ decreto    sull'edilizia 
Dopo questo escurs  ritornando  al  film  di cui tutti i media sardi  ignorano  o  ne  parlano in breve  ( dforse perchè l'autore  npon  è sardo  o   non ha ricevuto nessun premio importante  ,  o  parla  male   --  intendo per  parlare  male  è  critico  verso la sardegna  e  non esalta  la   stereotipata   sardità  tipo  dedicare ler prime  5  pagine   alla  vittoria  verae meritata  sul campo o  come si presume  solo  a raccomandazioni  e  intralazzi  \  combine      di marco carta   ad  amici  prima e  a san remo poi  )  e quindi  è per  questo che l'osservazione di pandora  tv  riportata  anche da me  in un post  precedente  (  ne trovate  qui l'url  )  sui media  sardi e  il  loro oligopoliomeiatico  è   veritiera  .

 ma  ora  bado alle ciancie   ecco  a voi l'articolo  di  censurato.splinder  tratto da  
tratto da Agoravox.it

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Proiettato in Sardegna il film "OIL", una video-inchiesta sul polo petrolchimico sardo del regista indipendente Massimiliano Mazzotta.
Nella serata di venerdi’ 20 febbraio, è avvenuta a Cagliari l’unica proiezione pubblica, poi eccezionalmente replicata, dell’ultimo film del 37enne regista pugliese Massimiliano Mazzotta.
Si tratta di una video-inchiesta sulla raffineria Saras (gruppo ENI) sita nel comune di Sarroch, paese di 5200 abitanti che si affaccia sul golfo di Cagliari, a pochi chilometri di distanza dal capoluogo isolano.
Tale raffineria, la più grande del Mediterraneo, sorta nei primi anni 60 del secolo scorso nell’ambito del Piano di Rinascita e di proprietà della famiglia milanese Moratti, aveva un’estensione di 180 ettari, che col tempo si sono moltiplicati sino ad assorbire, con oltre 800 ettari di stabilimenti vari, la quasi totalita’ del territorio comunale.
Fino a pochi anni fa la raffineria era autorizzata ad emettere sino a 14.000 tonnellate di emissioni l’anno, poi ridotte alla metà.
Tra tali emissioni vi sono il benzene e l’idrogeno solforato, entrambi altamente cancerogeni, oltre che estremamente tossici.




Praticamente gli abitanti del paese vivono in simbiosi col polo petrolchimico, coi suoi rumori, coi suoi miasmi, coi suoi veleni; tra le case e le ciminiere vi sono non chilometri ma, in certi casi, poche centinaia di metri. Forse per questo il dottor Annibale Biggeri, intervistato nel film, ha riscontrato tra i bambini del posto una modificazione a livello di DNA, qualcosa che spaventa solo a pensarci.
Inutile dire che l’impatto ambientale di tale impianto si è rivelato col tempo devastante per le persone e l’ecosistema. Le patologie tumorali e le affezioni croniche dell’apparato respiratorio sono altissime rispetto alla media nazionale. Le viscere degli agnelli hanno odore di petrolio, e così i pesci della zona, fin quando li pescavano.
Da notare che, negli anni si è assistito non già ad un passaggio ad uno sviluppo piu’ rispettoso dell’ambiente, ma ad un ampliamento delle attivita’ di raffinazione petrolifera.
Del resto lo scempio ambientale e le vittime del cancro non sono mai state oggetto di inchieste da parte dei media locali, che si dedicano invece a sponsorizzare le grandi opere dei loro editori, disinteressandosi completamente della consapevolezza dei cittadini.
Sotto questo aspetto la vergognosa disinformazione dei mainstream isolani (giornali e tv) è veramente scandalosa e indegna di un paese minimamente civile.
Anche grazie a tale disinformazione la cittadinanza crede che la raffineria esista quasi per diritto divino, che così debba essere nei secoli a venire e che i morti siano il prezzo da pagare, una specie di moderno sacrificio umano, mentre a Milano i padroni del vapore contano i miliardi.
Nel 2000, tra gli altri, entra in funzione l’impianto IGCC della SARLUX, che smaltisce le scorie della stessa Saras, scorie altamente tossiche e di difficile smaltimento (il cosiddetto filtercake) ma che, per il nostro stato criminogeno sono considerate (unico caso in Europa) "fonti rinnovabili" e quindi vengono usate per produrre energia elettrica, sovvenzionata dallo stato con la truffa dei CIP6, gli stessi incentivi usati per assimilare gli inceneritori alle "fonti rinnovabili" e vendere l’energia elettrica prodotta in modo altamente inquinante (nanopolveri) al triplo del prezzo di mercato.
Il film del giovane regista di Lecce prende le mosse, quasi casualmente, da una sua vacanza nella zona risalente all’estate del 2007 e che lo condurrà a tornare diverse volte nel paese adiacente alla raffineria per sviluppare una vera e propria inchiesta sugli effetti dello stabilimento sulla salute della popolazione, sulla base di interviste dirette, testimonianze, nomi e cifre.
Il documentario inizia con una breve prospettiva storica mostrando la trasformazione della zona, da prevalentemente agropastorale con forte disoccupazione a tipicamente industriale, con circa la metà degli abitanti di Sarroch impiegati in raffineria e un aumento del benessere economico diffuso.
E subito iniziano le interviste, vera colonna portante di questo bellissimo esempio di cine-giornalismo. Purtroppio il miraggio del facile benessere economico basato sulla raffineria si rivela, per i lavoratori, piuttosto effimero, perchè si può pagare con la vita.
Inizia a parlare un pescatore, con immagini che risalgono ai primi anni 70, che ci parla di "spigola al diesel", con riferimento all’odore che ha talvolta il suo pescato.
Parleranno poi Ignazio Piras (sicurezza sul lavoro Saras) per rassicurare sulle condizioni di lavoro, nonché Giorgio Zonza (responsabile comunicazione Saras) il quale, sfoderando un campionario di propaganda paradigmatico, ci parlerà di "progresso" e di "crescita" e, senza minimamente accennare alle vittime e ai veleni, ci illustrerà il gabbiano Gabì, usato come testimonial della raffineria nelle scuole elementari, per abituare sin dalla più tenera etaà gli abitanti di Sarroch a rispettare e ad amare quel mostro mefitico che avrà ucciso i loro genitori e forse un giorno uccidera’ anche loro.
Bisogna amare i propri carnefici. Siamo oltre Orwell, ma proseguiamo.
C’e’ Skizzo, il giovanissimo artista di strada coi dredlocks che ci dà un saggio delle sue capacità e fa filtrare un raggio di sole in un film che, comunque, sarà sempre basato su un tipo di comunicazione cruda e realistica, con forti rumori di fondo, a volte disturbanti, testimoni con la voce camuffata e un effetto contrasto, leit motiv di tutto il film, tra la retorica mendace del potere e la verità raccontata e mostrata dalle vittime.
Ci sono i ridicoli controlli medici sugli operai, effettuati con roulottes e medici itineranti a libro paga dell’azienda avvelenatrice.
A chi chiede di essere visitato in normali ospedale l’azienda risponde che non è possibile, a causa.... degli "alti costi". Ogni commento è superfluo.
Verrà poi ripresa, in conferenza, Claudia Zuncheddu, medico e consigliere regionale, che smaschererà gli escamotage aziendali finalizzati a vanificare gli esami medici che potrebbero evidenziare le responsabilità della raffineria e i suoi gravissimi danni sulla salute: ("si dovrebbe espettorare catarro, per avere dati veritieri, ma l’azienda ci diceva di sputare come campione della semplice saliva..." racconta un operaio).
Poi parla il disincanto di un un vecchio del luogo: "i soldi vanno a Milano"; sullo sfondo l’onnipresente raffineria.
Arriviamo all’8 marzo 2008; mentre Massimo Moratti festeggia a San Siro la squadra di calcio di famiglia, duettando al microfono con Celentano, in Sardegna, in una palestra di Sarroch, un gruppo di persone rendono omaggio all’ultima vittima del petrolkiller.
Parla Barbara Romanino, i cui nonni sarrochesi sono tutti morti di cancro, dopo essere stati spossessati delle loro terre e indennizzati da "sa rovineria" con 340 lire al metro quadro; la Romanino, al microfono, indica chiaramente le responsabilità del petrolchimico e chiama in causa anche i politici locali, nel migliore dei casi indifferenti, quando non collusi o corrotti e comunque inadeguati a salvaguardare la popolazione decimata da un ecomostro insaziabile.
L’ex governatore della Sardegna Renato Soru, che concede un’intervista al regista (cosa che non faranno i vertici di POLIMERI EUROPA, società partecipata nel business petrolifero sarrochese), ribadisce la sua contrarietà ad assimilare alle energie rinnovabili gli scarti di lavorazione del petrolio, evidentemente altamente inquinanti. Non solo l’ex governatore stigmatizza la surrettizia pratica dei CIP6 in tale velenoso contesto, ma ricorda di essere stato l’unico politico a non aver partecipato ai rituali eventi aziendali organizzati dalla Saras.
Nel film è evidenziato l’attivismo di base e la sua importanza quando la politica abdica completamente al suo ruolo.
Arianoa è un’associazione sarrochese che raggruppa, ad oggi, un centinaio di persone tra lavoratori ed abitanti, che avanzano richieste all’azienda, oltre a stimolare il dibattito e la presa di coscienza della cittadinanza. La principale richiesta è la sicurezza e il diritto a vivere in un ambiente monitorato e possibilmente salubre. Non vogliono che la Saras se ne vada, ma vorrebbero che si cominci ad ascoltare la loro voce e prendere provvedimenti concreti.
Inutile dire che ne il comune ne tantomeno l’azienda li considerano interlocutori.
Il comune di Sarroch non ha voluto concedere un qualsiasi spazio pubblico per la proiezione del film, l’unica proiezione è avvenuta in un bar, e l’azienda stessa, nei suoi comunicati interni (lo affermano testimoni nel dibattito post-film), ha fortemente criticato l’opera del regista pugliese.
Tornando ad Arianoa, nel film parleranno Beatrice Tiddia, vedova del marito morto a 48 anni, di cui trenta in raffineria, e Igor Melis, un fondatore dell’associazione stessa.
Lo scienziato fiorentino Annibale Biggeri, intervistato, ribadirà lo stravolgimento ambientale e i rischi sanitari derivanti da un polo petrolchimico così pericolosamente vicino ad un centro abitato, nonché i già accennati danni al DNA infantile dei bambini sarrochesi.
Con riferimento allo scempio ambientale nel film incontriamo anche Vincenzo Tiana, responsabile Legambiente Sardegna e Luca Pinna, suo omologo del WWF regionale; entrambi sottolineeranno l’incongruenza, per non dire l’assurdità, della presenza devastante di una raffineria in una zona di altissimo pregio naturalistico quasi unica in Europa, con zone umide, dune, aironi e fenicotteri.
Patrizia ci racconterà del suo compagno sarrochese, Gigi Vaccargiu, morto di cancro appena 31enne il 19 agosto 2007. Si tratta di una testimonianza tanto sobria quanto drammatica, veramente difficile da dimenticare.
Ma la catena di testimonianze su veleno, soldi e morti, che grava su tutta la pellicola e che sembra un pallone che stia per scoppiare, trova il suo contraltare nella suprema ipocrisia delle parole che chiudono il film, quelle di Gianmarco Moratti, gran patron della raffineria, ripreso mentre parla di fronte ai suoi dipendenti: "la nostra famiglia è la Saras". Un pugno in faccia farebbe meno male.
Inutile dire che il film è stato ignorato, per non dire censurato, da tutti i mainstream nazionali; qualche testata locale gli ha dedicato una mezza paginetta, ma senza approfondimenti, senza contesto, senza seguito.
Sia L’Unione Sarda che l’edizione locale di EPolis si sono limitate al commentino di rito, senza creare partecipazione, senza stimolare dibattiti, ricordandosi che, come sempre, prima vengono gli inserzionisti e i lettori sono la merce da vendergli. La solita vergogna mainstream.
Il film è stato rifiutato persino da eventi (pseudo)culturali come Torino film festival 2008 e Festival Cinema Giovani 2008. Non parliamo della distribuzione nelle sale, non parliamone perchè, semplicemente, non avremmo di che parlare.
Dobbiamo ringraziare l’anziano docente di comunicazione milanese Antonio Caronia che, conosciuto il giovane regista quasi per caso, si è poi adoperato per aiutarlo nella divulgazione.
Sono tutt’ora entrambi alla ricerca di spazi pubblici dove proiettare il film, specie qui in Sardegna e gli auguro buona fortuna, di cuore.
Se mi è concesso un commento, al termine di questo resoconto, che spero non sia stato troppo lungo e/o noioso, mi auguro che il film di Mazzotta possa portare la consapevolezza dei parenti delle vittime dell’azienda killer a un livello tale da permettere una eventuale azione penale nei confronti dei responsabili di malattie evitabili, morti sbagliate, sviluppo sbagliato. In primis l’azienda, ma anche politici ignavi, i sindacati opportunisti, le istituzioni che dovevano controllare, totalmente assenti.
Perchè, come ci mostra questo film capolavoro, i responsabili dello sfacelo ambientale e sanitario hanno nome, cognome e indirizzo, anche se, in Italia, certi poteri sono intoccabili, come dimostra la sentenza del tribunale di Venezia del 2 novembre 2001, che assolveva i vertici criminali di Montedison e Enichem.
>>


23.2.09

l'ultima gaffe (? ) di Silvio dìsi è già dimenticata ?

Dal  cdv  www.youtube.com/user/vlang61



 


CARO BERLUSCONI NON SI PUO' SCHERZARE SU' CRIMINI PERPETRATI SULL'UMANITA', IN ARGENTINA HANNO VERAMENTE APERTO GLI SPORTELLI DEGLI AEROPLANI E HANNO DAVVERO BUTTATO GIU' I DISSIDENTI, QUALE SARA' LA PROSSIMA BATTUTA  CHE NTIRERA'  FUORI   NEI SUI SPETACOLI 
CON GLI EBREI HANNO FATTO IL SAPONE ! CON I NEGRI HANNO FATTO LA CARTA CARBONE!
NON SE NE PUO' VERAMENTE PIU' DI SENTIRE CERTE  CAZZATE[  PAZZESCHE AGGIUNGO IO  ]  DA IGNORANTE PERCHE' IGNORA   BASTA! BASTA! BASTA! BASTA! .

Ma  soprattutto  cambia  scusa   e e smettuiloa di  dire  << si tratta di «un attacco calunnioso e assolutamente ingiustificato su un finto caso che provoca indignazione >>  e  o pensa  prima di sparare  le  tue  solite  fessetrie  che ormai  non fanno più ridere   nessuno (  se  fossi un comico  ti  tirebbero  pomidoro )  o    cerca  d'essere  comprensibile  quando  fai battute  pitrali (  da cimitero     come dsi dic e dale mie parti  ) oppure     che  è meglio  kmetti a tacere la  tuia becera  ironia 



Approfondimenti

  P2 e  licio  gelli 



Argentina   e desaparesidos 

in  argentina  www.storiain.net/arret/num84/artic3.asp

it.wikipedia.org/wiki/Desaparecidos
(con varie news  perchè  non  è  un fenomeno solo argentino ma  di tutta  l'america latrina     )      dalal stessa pagina  ecccovi uklgteriori apprpfondimenti


Film 


Fra i numerosi film che trattano il tema dei desaparecidos:




Narrativa 


Romanzi e racconti che trattano, ricordano o sono legati all'argomento:




Musica 


(in ordine cronologico)



28.8.08

Eh Si..

Sono arrivata da poco,e già vado via. Ma non per sempre,solo per un pò di giorni. Tanti,tantissimi esami da affrontare.
Ma torno,eh. Tra un pò di giorni,torno.
Promesso.

24.8.08

Me, myself and the peace

Il mio primo post qui. L'inizio di una nuova avventura,certamente entusiasmante,come tutte le avventure che dividi con qualcuno,o come in questo caso con più persone,entusiasmante perchè ti permette di parlare di te stessa e di come vedi il mondo che ti circonda e confrontare tutto questo con gli altri. In un momento nel quale tante cose ci sono negate,credo che conservare ancora questa libertà sia fondamentale.
Inizio la mia storia di blogger qui su Compagnidiviaggio parlando di un simbolo: non è un simbolo a caso,chiunque lo conosce,ogni individuo l'ha incontrato,e più di una volta purtroppo ci si è scontrato contro: mi riferisco al simbolo della pace.
Nasce nel 1958,creato da Gerald Holtom,un artista britannico. Viene comunemente chiamato CND perchè nasce proprio per la Campagna del Disarmo Nucleare,ed è appunto l'unione della D di Disarm e N di Nuclear (secondo il codice nautico delle bandiere a mano). Per gli anni a venire,specie i '60 ed i '70 sarà simbolo senza pari di tutte le attività pacifiste ed antimilitariste.
Pacifisti,hippies e antimilitaristi di ogni tempo marceranno sotto questo simbolo,che nonostante il suo impatto mediatico non hai mai,purtroppo raggiunto i risultati sperati.
Oggi il simbolo della pace CND compie 50 anni. Ecco perchè ne voglio parlare. Neanche Holtom,il padre,avrebbe sperato per lui una simile fortuna. Ma la fortuna di questo simbolo rimane purtuttavia e disgraziatamente una fortuna di nicchia: presenza imprescindibile per tutti coloro che credono nella forza della non violenza,che auspicano la fine di ogni guerra e delle relative barbarie che vedono l'uomo come vittima e carnefice,non conterà mai per coloro che la pace la avrebbero dovuta garantire.
Milioni di uomini nel corse della storia hanno riposto fede nel significato profondo nascosto tra le linee essenziali di quel disegno,fede che ahimè,non è stata mai ripagata dai potenti della Terra: le guerre continuano a mietere vittime in ogni angolo del globo,ve ne sono di conosciute,come quella che strazia il Medioriente,e di taciute,come le guerre civili che da sempre dilaniano il volto dell'Africa.
Gli uomini continuano a morire,vengono mandati a morte in nome di altri simboli e altri ideali che infiammano gli animi,e che nulla regalano,se non una fine crudele e cruenta,oltre che l'avvicendarsi di giochi di potere sempre più oscuri. Quei simboli e quegli ideali non sono mai morti,ma hanno fatto molti morti.
E' inquietante pensare al fatto che parte dell'umanità pensa al simbolo della pace come a una ridicola ostentazione di fricchettoni senza speranza il cui unico scopo è quello di stordirsi di droghe: le persone che ironizzano sulla forza emblematica di quel simbolo dovrebbero forse fermarsi a pensare a quanto danno invece le cose nelle quali loro credono continui ad ingenerare nel mondo.
Il simbolo della pace non è solo il retaggio di ex sessantottini che non si rassegnano al tempo che passa: esso è intriso fino nel profondo di una verità della quale ognuno di noi dovrebbe prendere parte,affinchè l'umanità smetta di uccidere se stessa. Temiamo la fine del mondo: io temo che ce la stiamo procurando da soli.
Post utopico il mio,forse: ma anche un augurio,non solo a questo cinquantenne che non ha perso nulla del proprio smalto,ma anche a tutti coloro che,leggendo,avranno la curiosità di conoscere un pò la sua storia.
E quindi pace a tutti. E bentrovati.
Red Dalia.

19.6.08

first step

...è sempre quella stanza arancione a farti da cornice al risveglio, quelle lenzuola bordò e quell abbraccio . you open your eyes and see a new day, grab it with two hands, look into the future ...


grab it and hold it


look into future's eyes


4.6.08

Cittadini di Emmaus

Il tempo pasquale è ormai trascorso, ma mi capita di ripensare spesso al suggestivo episodio della Cena in Emmaus (a lato, il dipinto del Caravaggio). Questa lettura, e una frase di don Antonio Mazzi a proposito delle assassine di suor Maria Laura Mainetti, che presto assurgerà agli onori degli altari" Stanno redimendosi, ma il significato della beatitudine è totalmente estraneo alla loro cultura") mi hanno spinta a formulare qualche domanda in libertà, forse illogica, confusa. ( La Resurrezione è un evento ineffabile, è, per dir così, la gnosi della fede, l'abbandono all'assurdo. Avviene di notte, dona luce al cuore, ma si cela agli occhi e alla mente. Non posso crederci. Ma, forse per questo, m'insegna il valore del silenzio, della fissità. E' stato notato che nelle opere d'arte soprattutto occidentali domina la figura del Crocifisso. Molto meno quella del Risorto. L'uno è solo umano e, nello scandalo dell'attesa tradita, assolutamente logico. Ognuno fa esperienza della morte. Ma nessuno trapassa davvero. O, forse, varca muto la soglia, luce su luce, completo e ciclico come un'immensa Fine. In ogni caso, non ci abbiamo mai creduto davvero. La morte, in Occidente, e nell'Occidente dell'anima, spegne tutto e per sempre. In Occidente è di scena la terra, il corpo, l'azione. Cammina, senza pace né gioia, lavora verso il nulla, attende miserie, percorre sentieri che lo riconducono alla terra. Emmaus è passaggio continuo e doloroso, spazio precario, periferia irrisolta. L'Occidente venera, o meglio venerava, Gesù, ma fino a che punto gli è lecito dimenticarsi di Cristo? Cristo che non ha annullato il primo, Cristo coi segni della Passione.
Abbiamo tutti presente il maestoso PantocratorDuomo di Monreale: la rappresentazione musiva del Vangelo di Luca. Ieratico, solenne, eppure ancor solido corpo,d'una dignità costantiniana dietro lo sguardo amorevolmente severo.                                                  Nel Pantocrator (=onnipotente) di Monreale affascina l'ibridismo mistico. Le braccia allargate rievocano la croce che unisce le due sponde del mondo.O l'arditezza fantasmagorica di Grünewald (a sinistra): una preveggenza, un'irruzione nello spazio alieno, nel cosmo senza nome e senza Dio. Un extraterrestre del Cinquecento dietro un sommosso pulsar, nell'infinito universo et mondi. Con l'ingenuo calore d'una nuova, perenne notte di Natale. Quello di Grünewald è davvero un crocifisso risorto. Emerge dalla notte con le braccia spalancate come sulla croce, là come segno d'amore prostrato, qui come abbraccio trasfigigurante. Ma sono le icone orientali, l'essenzialità senza prospettiva degli sfondi dorati, lo sguardo ossuto e millenario, senza vento, la vera immagine del silenzio esausto e primitivo. Un'idea cromatica. Non un ritratto. Non una spiegazione. Preghiera visiva.
La Resurrezione non si comprende né si discute, s'irradia misteriosa in noi, senza che ce ne accorgiamo. Dal nulla scintillante emerge una rilettura di vita, in cui noi, gli altri, restiamo trasfigurati e scoperti, orme del divino amico.                                                           
Dovremmo domandarci cosa significa per noi resurrezione. Come la viviamo, dove la trovate, chi per noi è Dio: una divinità, un'idea, una persona cara... Scoprire se e quale sia il linguaggio della fede oggi, nelle nostre Emmaus attuali.










3.6.08

Ora-Mai


                                                                                                                                                     Ora
ci si ritrova incompiuti,
gheriglio secco
polvere bianca
sull'armonium della vita.



Ora,
perdo la quiete
di quel tempo lasco,
di quel tempo sfrangiato,
inesistente e immoto,
che mi accarezzava
in splendida beltà.


Beltà maestosa e sorda,
beltà azzurra e lieve,
coperta di fiocchi
e marezzata di spazi



Beltà d'uovo,
di silenzi solcati,
da labbra e cuori


Mai,
mai più t'afferro,
tu che scivoli empio,
e mi abbandoni a mezz'aria,
come deserto spopolato,
come ghiareto riarso.



 

 

 

                                                       Daniela Tuscano

17.5.08

Senza titolo 547

Questo blog aderisce all'appello della rivista Micromega che propone di devolvere l'otto per mille dell'Irpef alla chiesa Valdese. Ecco il link per firmare l'appello, spero che i lettori del blog aderiscano numerosi.  "Di fronte all’offensiva clericale volta a limitare irrinunciabili libertà e diritti civili degli individui (che andrebbero invece decisamente ampliati),e alla subalternità e passività dello Stato nelle sue istituzioni parlamentari e governative, benché non credenti in alcuna religione, in occasione della dichiarazione dei redditi invitiamo tutti i cittadini democratici a devolvere l’otto per mille alla Chiesa Evangelica Valdese che le libertà e i diritti civili degli individui ha sempre rispettato e anzi promosso, e che si è impegnata ad utilizzare i proventi dell’otto per mille esclusivamente in opere di beneficenza e non a scopo di culto o di sostegno per i ministri e le opere della propria confessione religiosa."
Paolo Flores d’Arcais, Umberto Eco, Margherita Hack, Vasco Rossi, Giorgio Bocca, Simone Cristicchi, Andrea Camilleri, Dario Fo, Michele Santoro, Oliviero Toscani , Franca Rame, Ferzan Ozpetek, Lidia Ravera, Umberto Galimberti, Lella Costa, Luciano Canfora, Bernardo Bertolucci, Mario Monicelli, Eugenio Lecaldano, Gennaro Sasso...


Ora :  1)  i cattolici  diranno che si tratta  di una iniziativa di  atei  ma  è questa la cosa strana  che l'appello promosso da MicroMega è stato sottoscritto anche da personalità del mondo cattolico con questa nota aggiuntiva: "Noi cittadini cattolici, che tentiamo di testimoniare nella vita sociale ed ecclesiale un fedeltà la più coerente possibile al Vangelo e quindi critici e scandalizzati nei confronti di una politica dei vertici ecclesiastici sempre più tesa a usare il potere che deriva dal danaro, dalle clientele, dalle influenze politiche, dal dominio sulle coscienze per condizionare la politica degli stati e in particolare di quello italiano, riteniamo legittimo e forse doveroso negare a questo potere ecclesiastico il sostegno dell’8 per mille IRPEF."
don Enzo Mazzi, Giovanni Franzoni, don Vitaliano Della Sala, don Raffaele Garofalo, don Gianni Alessandria, don Roberto Fiorini, don Franco Barbero, Francesco Zanchini, don Bruno Ambrosini, don Aldo Antonelli, Domenico Jervolino . 2
ma  siamo impazziti alla chiesa cattolica o lla  chiesa  valdese ( come mi ha risposto  un mio amcio a cui ho inoltrato tale  email )  ?   se   fosse possibile scegliere   di non darlo   a nessuna religione e quindi lasciarlo in bianco    o  a qualche  ente  alternativo  non religioso  , ma invece vedere url  sotto , il meccanismo  e cosi perverso  che   se  tu lo lasci  in bianco   lo stato  lo da   con la motivazione  che  è  la maggiore religione  in italia   solo alla religione cattolica e  quindi  va  ad  ingrassare  ulteriormente  il vaticano   che  già  gode di ampi privilegi  e rendite  (  e potrebbe pagare da li  le sue  spese per  i  suoi luoghi di culto  e  i suoi preti ) .



per chi volesse  approfondire tale    situazione 


16.5.08

Senza titolo 541

È davvero bello e commuovente vedere queste cose che stanno diventando sempre più rare in un mondo sempre più omologato e dipendente dale regole del mercato e quindi mercificato . La spontaneità e la capacità di tirare fuori se stessi in un luogo qualsiasi lasciando di se un suono, una melodia è la voce del nostro io più vero e profondo...una vera poesia. Grazie al compagnodioviaggio Mario pischedda

 





12.4.08

Senza titolo 428


              
l’atmosfera sociale è quella di una città assediata… E allo stesso tempo la consapevolezza di essere in guerra, e perciò in pericolo, fa sì che il trasferimento di tutto il potere a una piccola casta sembri la naturale, inevitabile condizione di sopravvivenza.
Non importa che la guerra stia davvero avvenendo, e, poiché nessuna vittoria decisiva è possibile, non importa che la guerra stia andando male. Tutto quel che serve è che uno stato di guerra esista.

                             
George Orwell, 1984




 FA RIFLETTERE L’ANALISI DEL RICERCATORE PINO CABRAS
                      UN LIBRO ESORCIZZA LE PAURE MONDIALI



Stimolante, informato, arguto. Ma anche: militante, schierato, decisamente di parte. È il libro di Pino Cabras uno che   <<  Guarda oltre queste mura...oltre la guerra e la paura!(..)  la voce di chi ancora resiste  >> ( cit Oltre la  guerra e la paura  dei Modena city Ramblers   puo andare  qui chi vuole il testo )  Il titolo spiega già l’argomento del lavoro: Strategia per una guerra mondiale”,( copertina  a sininistra )  appena pubblicato dalla casa editrice Aisàra di Cagliari.
Quasi duecento pagine per una riflessione “sulla paura che governa gli animi in questi ultimi anni” aggiunge Cabras, “su quanto è accaduto nel mondo dall’attentato alle Torri dell’11 settembre 2001 all’assassinio di Benazhir Bhutto”, la donna leader candidata alla presidenza del Pakistan.
Una strategia occulta, quella che intravede il ricercatore cagliaritano: “Ho messo insieme i fili individuati sui media internazionali con un paio d’anni di ricerca - prosegue Cabras, cheha già pubblicato un saggio su “Balducci e Berlinguer, il principio della speranza”“La stampa “mainstream” europea e americana testimonia accuratamente di come si sia voluto creare artificialmente un clima di pauranel mondo” puntualizza. Clima di tensione che sarebbe strumentale alle guerre di conquista decise dall’amministrazione Bush.
“La paura del terrorismo - prosegue il ricercatore - è l’alibi dietro cui alcuni settori del governo Usa intendono stabilire un nuovo ordine mondiale.La demonizzazione , senza per  questo  assolverlo o giustificarlo  del dittatore Saddam Hussein è servita a giustificare le due guerre del Golfo. E oggi, con gli stessi strumenti di dieci anni fa, ci si prepara ad attaccare anche l’Iran” come  puntualizza Cabras.
La ricerca del volume non è priva di una sua acutezza. Anche se sfrutta gli stessi argomenti  già  noti  e  utilizzati dal regista Michael Moore, nei suoi popolari “docufilm”, e in fondo le stesse argomentazioni sui “persuasori occulti” dei media che quarant’anni fa aveva evidenziato il sociologo Vance Packard. Niente di nuovo, dunque,infatti  se ne  sente parlare  spesso  , in quanto viene demonizzato e  messo in ridicolo  e quindi passano  come  potesi di folli o  visionari  o dietrologici   da  parte  dei fautori  della  guerra   a senso unico al terrorismo  ovvero coloro  che  celebrano  ampollosamente  l'11  settembre o  l'11 novembre    guardando solo la pagliuzza  ( il terrorismo  fondamentalista  )   nell'occhio del  tuo vicino  ma  senza  guardare  la  trave  ( le  cause   che  l'hanno creato  e  fanno si che ancora  esiste  )  nel loro  occhio  . 
Inoltre l'autore    del libro  non demorde: “ In alcuni casi, questo progetto di dominio mondiale non ha nemmeno bisogno di giustificarsi. È evidente, sotto gli occhi di chi ha l’attenzione per poterlo vedere”    cioè che non manda il cervello in cassa integrazione  <<  prendendo per   buone le  verità della  televisione  >> e  provano <<    pure a credevi assolti  siete lo stesso coinvolti.>> (  cit  canzone del maggio  di Fabrizio  De  Andrè qui il testo della  canzone in questione  )      

Pino Cabras: “Strategie per una guerra mondiale. Dall’11 settembre al delitto Bhutto” pagine . 360  €14,50  Aìsara editrice, 2008.

info vendita e distribuzione libro:
http://www.aisara.eu/
blog  e  contatto autore:
http://pino-cabras.blogspot.com/
pinocabras@yahoo.it








Per  chi volesse  approfondire   tale  argomento  ecco una serie  di siti  pro   tesi autore  e contro  tesi autore   a voi decidere   con chi  schierarvi  ovvero  decidere se  stare  : << dalla parte  di chi  ruba nei supermercati o  gli ha costruiti rubando >> ( Francesco de Gregori )







28.3.08

Senza titolo 375





da  sito  gemello  www.censurati.it  ricevo  e pubblico  volentieri 




Abbiamo creato una Petizione [ per firmare  la petizione in questione   http://www.censurati.it/voxpeople/arciere/ oppure cliccare   vi ci porta direttamente , il banner  sotto   ] perchè stare vicini a un combattente a vittoria finita è da codardi. Un esercito di straccioni e di sognatori, non si piega con queste intimidazioni di palazzo.






Firma la petizione anche tu e  diffondila  più che puoi 



petizione


 


Ecco  il testo


estratto dell'ordinanza
"…per Ravera ci si trova di fronte a un'unica spericolata manovra compiuta una volta saggiato il terreno dal quale poteva scaturire un'operazione che AVREBBE POTUTOIN TERMINI DI IMMAGINE E DI CARRIERA".
FRUTTARE UN RICONOSCIMENTO RILEVANTE




Al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano









Tempo fa, si parlava dell'impossibile cattura del boss di Cosa Nostra. Latitante per decenni, fu affidata alla squadra di Ultimo la sua cattura.
Dopo tre mesi di estenuante lavoro e di sacrifici, l'impresa riuscì. In tanti sono stati a sollevare dubbi su Ultimo, ma nessuno ha sollevato dubbi su chi per decine di anni, non ha neanche tentato la ricerca del pericoloso latitante. Questo, si sa, è lo Stato che premia "chi non fa", e punisce "chi fa" il proprio dovere.
A distanza di 15 anni il fatto si ripete. Avviene un furto dall'entità colossale. Nessuno trova la refurtiva. Ci riesce un semplice maresciallo, che trova anche qualcosa in più di quello che era stato trafugato. Medaglia al valore? Negativo! Una meritata punizione. Arrestato per aver "tentato un'estorsione". Nessuno ha voluto ascoltare le dichiarazioni del maresciallo, che non aspettava altro che essere ascoltato da un pm. Si è preferito passare direttamente al rinvio a giudizio. Così come è avvenuto per UItimo, adesso è il suo turno. In tanti ci chiediamo come mai in privato non è stato possibile spiegare come sono andate le cose (anche perchè nulla è stato fatto senza il consenso della Procura).
Ci chiediamo se sia di utilità a Cosa Nostra, più che a un tribunale italiano, sapere il modus operandi di questi uomini, che uno per uno sono stati puniti, umiliati, processati. Se dubbi vi sono stati, sarebbe bastato ricevere il maresciallo Ravera (nome ormai pubblico) e ascoltare le sue spiegazioni, più che rendere note le tecniche investigative.
Pensiamo che questa operazione voglia essere un deterrente verso le persone che combattono contro la criminalità organizzata.
La chiarezza e la trasparenza ci sarebbero state comunque, senza portare in tribunale e di dominio "pubblico a TUTTI" le tecniche investigative usate, oltre che le generalità di chi ha combattuto Cosa Nostra in modo serio e non per apparire in talk show, ma per dovere morale.
Chiediamo che al più presto venga fatta luce sull'accaduto, con la certezza assoluta della totale estraneità dei fatti di cui è accusato "Arciere", ma chiediamo anche che si cominci a indagare su chi sta facendo un favore a Cosa Nostra con queste operazioni punitive, atte solo a mettere un mirino intorno alle persone che hanno contribuito alla cattura di Riina.



Distinti saluti




Gruppo del  Capitano Ultimo
 hanno  già aderito  all'appello 



emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...