Massimo Del Papa (Milano, 1964), giornalista ("sono uno che scrive", corregge lui) è seduto di fronte a me, spettinatissimo, con un orecchino nuovo fiammante al lobo sinistro. “Di' che gesticolo molto, rido spesso, mi agito e bevo a piccoli sorsi un misterioso liquido ambrato”, mi suggerisce, sornione. In realtà basta il suo sguardo attento, la sua sagoma dinoccolata e scomposta a catturare l’attenzione.
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
26.9.09
Zero al Massimo
Massimo Del Papa (Milano, 1964), giornalista ("sono uno che scrive", corregge lui) è seduto di fronte a me, spettinatissimo, con un orecchino nuovo fiammante al lobo sinistro. “Di' che gesticolo molto, rido spesso, mi agito e bevo a piccoli sorsi un misterioso liquido ambrato”, mi suggerisce, sornione. In realtà basta il suo sguardo attento, la sua sagoma dinoccolata e scomposta a catturare l’attenzione.
25.8.09
Modugno "dannunziano"
Ancora intatti e vergini, e il mondo pareva immenso. Note come vento: quella citazione così aperta da O falce di luna calante, anch'essa musicata, anch'essa odorosa non di sensualità, ma di sospiri, ha una sacertà arcana. I versi si contrappuntano, s'inseguono l'un l'altro in altre liriche, sotto svariate forme: "Fresche le mie parole ne la sera...", a me cullavano vapori e veli, di pura consolazione. Ma la canzone di Modugno è un addio; come nei più classici stereotipi; dietro, però, si nasconde un paesaggio verista, spietato nell'apparente impassibilità. C'è stato prima, lo intuiamo, un coinvolgimento così totale, da lasciare senza fiato. E poco importa quanto sia durato. In questo brano, l'ancor giovane Mimmo confessa di aver (troppo) vissuto, in una primordialità immacolata e stravolta che non può che essere sana, leale, riconoscente.
28.7.09
Stile libero

21.5.09
...ma quanti sono?



N. B.: Poiché la Marcia Mondiale è presente anche su Facebook, alcuni hanno pensato fosse sufficiente iscriversi al gruppo per diventarne sostenitori. Non è così: perché l'adesione venga ufficializzata, occorre registrarsi direttamente dal sito. Grazie a tutti per la collaborazione!
Daniela Tuscano
30.4.09
Quando due poeti si incontrano
"Cosa penso di Zero interprete? Beh, a parer mio solo due tipi di cantanti si prestano a eseguire brani altrui: quelli molto intelligenti o quelli negati per la composizione. Anche se in entrambi i casi occorre lo stesso coraggio: ammettere il proprio limite presuppone un grande senso di autocritica. Ovviamente, Renato appartiene alla prima schiera". Parola di Nicola Brunialti, pubblicitario e scrittore per l'infanzia il quale, assieme al musicista Giancarlo Colonnello (autore di Non ho l'età e di molti jingle pubblicitari), ha regalato al celebre cantautore Dormono tutti, la delicata ninna-nanna che chiude il nuovo album, Presente.
Brunialti, classe 1972, ha all'attivo quattro libri: due di filastrocche (La mucca fa bee e A Natale fanno pace), una vicenda illustrata sul bullismo - La maledizione del lupo Marranno - e il romanzo Pennino Finnegan e la fabbrica di baci, storia d'un bambino che vive in un mondo chiamato Semprefreddo, dove baci, abbracci e carezze si comprano al supermercato perché la gente ha scordato come si dimostra l'amore. Una storia "diversa" per esortare i giovanissimi a non temere i propri sentimenti e a non vergognarsi dei gesti d'affetto. "I bambini - spiega - provano ancora curiosità, a differenza degli adulti. E sono ottimisti: si aspettano ancora un mondo in cui avvenga sempre un lieto fine. Ma non si fanno fregare: sono bassi, ma non stupidi. Ognuno è una storia, un'isola. Ognuno ha già caratteristiche precise. Devi imparare il loro linguaggio per toccarne i cuori. Ma vietato fingere. E' come se uno tentasse d'improvvisare l'inglese in Gran Bretagna senza conoscerne una parola. Gli inglesi lo capirebbero subito. Così i bambini: si accorgono se sei sincero".
- Dai bambini a Renato Zero il passo sembrerebbe, più che lungo, improbabile.
"E invece mi sono accorto che nessuno avrebbe potuto cantare la mia filastrocca risultando credibile quanto lui".
"In ogni caso - prosegue Nicola - qualcosa di tipicamente zeriano si trova anche lì: il parlato introduttivo, il lamento e il commento 'devo aver schiacciato un pisolino' si devono a lui e inseriscono una ironia meravigliosa all'interno di una poesia molto tenera".
"Renato è l'autore, secondo me, della più bella canzone della musica pop italiana: Il cielo. Ed è l'autore di altre decine di pezzi storici, entrati di diritto nella storia della nostra musica, che hanno segnato i tempi, trattando argomenti sempre spinosi, anticipando spesso i tempi, parlando sempre con una irrinunciabile ironia, nascondendo le lacrime dietro un gioco (Triangolo è una canzone triste dal punto di vista dell'amato, che si trova di fronte un terzo incomodo). Lui ha avuto da sempre l'umiltà, l'onestà d'animo e, perché no, l'intuito di capire quando un pezzo aveva valore, quando gli si cuciva perfettamente addosso. E non ha sbagliato mai. Pensando a Il carrozzone [originariamente scritto per Gabriella Ferri, n.d.r.], nessuno potrebbe contraddirmi...".
- Beh, anche Un uomo da bruciare, Spalle al muro, Un altro pianeta... e io aggiungerei la recente Spara o spera: queste ultime tre composte da Mariella Nava.
"Certo, sono pezzi di diritto 'suoi' pur se realizzati da autori...
- ...quasi sempre da autrici: anche questo è interessante.
"Vero, autrici e autori che in quel momento hanno saputo leggere nel suo intimo in modo chiaro e potente. Ci vuole umiltà, appunto. E intuito. Per quanto mi riguarda, poi, cosa dovrei dire? Un cantante del suo livello che inserisce nel suo album, un album così importante dopo tre anni d'attesa e ad un punto così speciale della sua vita, un motivo scritto da uno come me, che non è certo un 'paroliere' di professione? Uno che ha il coraggio di aggiungere alla sua opera una filastrocca, con una splendida musica, con parole poetiche, ma pur sempre una filastrocca? Speriamo non si sia sbagliato proprio questa volta!"
- Ma come è nato precisamente questo brano? In modo casuale, o si pensava già di farne l' "epilogo" dell'album?
"Il brano lo proposi io a Renato, incontrandolo una sera al ristorante. Lui conosceva già Mauro Mortaroli, il socio con cui scrivo da anni le pubblicità (fra cui quella del Paradiso Lavazza e del vigile Persichetti con De Sica). Avevo sempre sognato di farglielo sentire. Lui si dimostrò subito disponibile all'ascolto. Poi avvenne il miracolo, anche grazie alle insistenze di suo figlio Roberto che s'innamorò del pezzo. Puoi immaginare la mia emozione: come affermo sempre...'in dreams we trust!'"

- Il pubblico di Zero si aspetta sempre il "gran finale" con un pezzo "a effetto", invece questo è un brano "minimalista", secondo me in linea con l'album...
"Penso rappresenti la conclusione ideale d'un disco che si apre con la campanella di inizio lezioni e percorre la lunga giornata di un'esistenza, simile poi a tante altre. Una giornata in cui si incontra l'amore, la fatica, il ricordo, il medico, gli amici, la fede. E che termina con una voce augurante la buona notte. Chi desidererebbe un giorno migliore?"
- Il miglior giorno della nostra vita... [risate]
"Sì, in un certo senso è proprio così" [risate].
- In Dormono tutti molti hanno trovato affinità con Rodari. A me sembra di ravvisare anche qualche eco pascoliana, senza bamboleggiamenti però (che Arbasino definiva "antesignani di Iva Zanicchi", comunque entrati nella cultura popolare). La scrittura è raffinata. Che ne pensi?
"Beh, le affinità con Rodari sono evidenti, è uno dei miei autori preferiti. Da bambino conoscevo a memoria quasi tutte le sue filastrocche. Storie divertenti che contenevano mondi interi. Anche dietro i vocaboli più semplici. E indimenticabili le filastrocche surreali, i cui i gatti se ne vanno in giro con cartoccetti di prosciutto e i cavalli parlano. Poi amo molto uno scrittore fantasy americano, Jonathan Carroll. Con lui devi abbandonare la razionalità e calarti in mondi in cui i cani pedalano sul triciclo e chiacchierano coi loro padroni. Ma dalla mia biblioteca non può mancare Stefano Benni, quello della Compagnia dei Celestini più di tutti!"
"Anche il richiamo a Pascoli, tuttavia, mi lusinga (e mi imbarazza!). Credo che in un caso di rima baciata, apparentemente banale, sia riuscito, come Rodari e, forse, come Pascoli, a trovare parole e rime nuove. Abbinamenti spiazzanti: dormono i baci dentro le bocche, i salti dentro i ginocchi, i numeri dentro le dita, i pesci nel letto del fiume. Insomma, ho cercato un salto più lungo del solito. Non dormono solo le gomme dentro gli astucci, ma dormono anche le giostre aspettando i bambini. Ma il culmine dello 'spiazzamento' l'ho trovato nel finale: è come scaturito da sé, perchè la canzone sembra conclusa e invece la voce aggiunge che i sogni sono gli unici a restare alzati, mentre tutte le cose vanno a dormire, per far compagnia a chi dorme. Mi sembra molto poetico".
- Il recupero dell'"infanzia" (e forse d'una determinata infanzia quasi rarefatta nel tempo, penso all'uso di certi sostantivi che rievocano un mondo scomparso, gli astucci, le cartelle ecc., o a taluni diminutivi e/o vezzeggiativi) da parte d'un adulto rimane pur sempre un'operazione intellettuale quindi può risultare onesta o disonesta, semplice e profonda oppure opportunistica e banale. Fortunatamente, non ravviso nel testo un rimpianto per il "bel tempo andato" quanto piuttosto un recupero di ciò che conta nella vita, una rincorsa per guardare avanti. Insomma non vi trovo una dolciastra e convenzionale nostalgia.
"Hai ragione, forse la nostalgia emerge nella scelta di alcune parole, scelte per raccontare un mondo fatto di cose semplici. Il mio intento era quello di parlare di un momento magico, quello in cui si mollano le difese e ci si abbandona nelle braccia dei sogni. Cosa c'è di più splendido o di più stupefacente del peso di un bambino che si abbandona fra le tue braccia, quando 'crolla' dal sonno? Ho voluto regalare a loro, e a tutti gli adulti che si addormentano con più o meno fatica, una nuova ninna-nanna. Per i bambini sarà un dolce ricordo quando saranno grandi. Per i grandi è un dolce ricordo di quando erano piccoli".

"Renato era da subito molto elettrico, pieno di energia, convintissimo del suo lavoro. Ogni tanto mi faceva ascoltare uno stralcio di canzone e gli brillavano gli occhi. Sono sicuro che avvertiva la particolarità di questo disco e credo che l'averlo meditato così a lungo l'abbia aiutato a scegliere il meglio di tutte le meraviglie concepite. Poi si è circondato di persone davvero speciali, grandissimi musicisti, ognuno dei quali ha portato il suo particolare tocco. Li ho visti provare e trovare insieme le sfumature giuste per ogni composizione, con Renato che dirigeva tutto. Davvero una grande esperienza, soprattutto per uno zerofolle come me!"
- La domanda sorge spontanea: conti di scrivere ancora per Renato?
"Sarebbe davvero un grande onore, Renato è un uomo speciale per noi, che con lui, con le sue canzoni, con le sue parole siamo cresciuti. Forse sarebbe chiedere troppo ai sogni. Ma i sogni sono gratis, come l'amore..."
- Prossimi appuntamenti?
"Il 15 maggio il mio Pennino Finnegan sbarcherà alla Fiera del Libro di Torino. Ma se volete conoscere le date del mio "tour" potete iscrivervi al fan club di Pennino su Facebook. Vi aspetto!".
10.11.08
L'eterna madre

E' morta lontano dalla sua patria, perché lei, così profondamente africana, non conosceva alcun padre. Lei era solo e definitivamente madre, "Mamma Africa", e, come tutte le madri, si riuniva in ogni dove, risorgeva nel più sperduto anfratto, si trovava lì, quando echeggiava nella notte il lamento d'un figlio.
Solo una madre è sempre uguale a sé stessa. Non cittadina del mondo, bensì mondo: cosmo, pianeta. Simbolo anche, certo. Ma simbolo di carne, simbolo perché donna, perché umana. Nata nel Paese simbolo del più odioso dei simboli, il Sudafrica dell'apartheid, era normale per lei accorrere e soccorrere le mille apartheid quotidiane, le apartheid dei bianchi che dall'Africa hanno tratto origine, i Sudafrica italiani che impediscono a uno scrittore di creare, perciò di vivere. I Sudafrica che spengono le voci libere, i Sudafrica delle squadracce fasciste che, fedeli alla loro linea di morte e di sangue, assaltano senza vergogna i canali della pubblica informazione. I Sudafrica d'una polizia con lo sfollagente che, per tua somma umiliazione, non trova di meglio che apostrofarti come "comunista" o "frocio". I Sudafrica della "gente perbene" che scheda i clochard, i Sudafrica dell'ignoranza, del maschilismo e della miseria. I Sudafrica in cui noi stessi ci rinchiudiamo, quando la rassegnazione, lo sconforto, la desolazione ci afferrano e ci dilaniano. Quando ci arrendiamo al Male.
Miriam Makeba cantava la gioia. Che non è solo assenza di dolore, né si limita alla superficiale felicità. Cantava un sentimento intimo, esclusivo, irrinunciabile, il sentimento dell'appartenenza al sangue, la fierezza e l'orgoglio di sentirsi figli e integri, quel valore della quotidianità che nessun tiranno potrà mai scalfire, perché la dignità umana è dentro di noi, scolpita nel volto di ognuno.

I regimi dittatoriali non si accaniscono subito sulle persone. Bensì sui simboli. Perché, se è vero che il simbolo può diventare feticcio, è anche vero che rappresenta l'icona dell'ineffabile. Uno dipinto, un racconto, un brano musicale, un ritmo di tamburi riecheggiano ataviche libertà, primordiali struggimenti, fermano l'occasione, l'anello che non tiene, aprono le porte della conoscenza. Intessono, con finissimi sistri d'argento, un inno alla nostra inafferrabile unicità.
Ma le dittature, inumane e immanenti, non possono che sterminare l'involucro. Materia bruta, annientano la materia. Ma il canto, la poesia, il colore è cielo. E il cielo, quando sposa la terra, la rapisce da sé. Miriam lo sapeva. Grazie, eterna madre.
24.8.08
Me, myself and the peace
Inizio la mia storia di blogger qui su Compagnidiviaggio parlando di un simbolo: non è un simbolo a caso,chiunque lo conosce,ogni individuo l'ha incontrato,e più di una volta purtroppo ci si è scontrato contro: mi riferisco al simbolo della pace.
Nasce nel 1958,creato da Gerald Holtom,un artista britannico. Viene comunemente chiamato CND perchè nasce proprio per la Campagna del Disarmo Nucleare,ed è appunto l'unione della D di Disarm e N di Nuclear (secondo il codice nautico delle bandiere a mano). Per gli anni a venire,specie i '60 ed i '70 sarà simbolo senza pari di tutte le attività pacifiste ed antimilitariste.
Pacifisti,hippies e antimilitaristi di ogni tempo marceranno sotto questo simbolo,che nonostante il suo impatto mediatico non hai mai,purtroppo raggiunto i risultati sperati.
Oggi il simbolo della pace CND compie 50 anni. Ecco perchè ne voglio parlare. Neanche Holtom,il padre,avrebbe sperato per lui una simile fortuna. Ma la fortuna di questo simbolo rimane purtuttavia e disgraziatamente una fortuna di nicchia: presenza imprescindibile per tutti coloro che credono nella forza della non violenza,che auspicano la fine di ogni guerra e delle relative barbarie che vedono l'uomo come vittima e carnefice,non conterà mai per coloro che la pace la avrebbero dovuta garantire.
Milioni di uomini nel corse della storia hanno riposto fede nel significato profondo nascosto tra le linee essenziali di quel disegno,fede che ahimè,non è stata mai ripagata dai potenti della Terra: le guerre continuano a mietere vittime in ogni angolo del globo,ve ne sono di conosciute,come quella che strazia il Medioriente,e di taciute,come le guerre civili che da sempre dilaniano il volto dell'Africa.
Gli uomini continuano a morire,vengono mandati a morte in nome di altri simboli e altri ideali che infiammano gli animi,e che nulla regalano,se non una fine crudele e cruenta,oltre che l'avvicendarsi di giochi di potere sempre più oscuri. Quei simboli e quegli ideali non sono mai morti,ma hanno fatto molti morti.
E' inquietante pensare al fatto che parte dell'umanità pensa al simbolo della pace come a una ridicola ostentazione di fricchettoni senza speranza il cui unico scopo è quello di stordirsi di droghe: le persone che ironizzano sulla forza emblematica di quel simbolo dovrebbero forse fermarsi a pensare a quanto danno invece le cose nelle quali loro credono continui ad ingenerare nel mondo.
Il simbolo della pace non è solo il retaggio di ex sessantottini che non si rassegnano al tempo che passa: esso è intriso fino nel profondo di una verità della quale ognuno di noi dovrebbe prendere parte,affinchè l'umanità smetta di uccidere se stessa. Temiamo la fine del mondo: io temo che ce la stiamo procurando da soli.
Post utopico il mio,forse: ma anche un augurio,non solo a questo cinquantenne che non ha perso nulla del proprio smalto,ma anche a tutti coloro che,leggendo,avranno la curiosità di conoscere un pò la sua storia.
E quindi pace a tutti. E bentrovati.
Red Dalia.
30.7.08
Addio oro e travertino. Ecco la chiesa gonfiabile!
Messe volanti sulle spiagge, prima esperienza a Cagliari
Ma non tutti sono d'accordo e sul sito della diocesi fioccano le proteste
Addio oro e travertino
Ecco la chiesa gonfiabile
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dal nostro inviato JENNER MELETTI :
CAGLIARI - Sono emozionate, le Sentinelle del mattino. «Ragazzi, è bellissima. L'abbiamo appena ritirata dalla ditta che ce l'ha costruita. È un capolavoro». Sono emozionate, queste Sentinelle (chiamate così da papa Wojtyla che disse loro: «Giovani, voi stessi siate gli apostoli degli altri giovani»). Sulla spiaggia del Poetto a Cagliari stanno per montare la prima chiesa gonfiabile poggiata sul suolo italiano. Lunga trenta metri, larga quindici, colori nero e fucsia che non ricordano certo le cattedrali romaniche. È completa di altare, abside, confessionali. Cinque compressori, in cinque minuti, permetteranno di "costruire" una chiesa che nei secoli passati richiedeva decenni, se non secoli, di lavoro.
Una domanda è d'obbligo. Era proprio necessaria? "Ci serviva - risponde don Andrea Brugnoli, il prete delle Sentinelle, da anni impegnato a evangelizzare in luoghi insoliti come gli autogrill, le spiagge, le discoteche - un luogo sacro dove poter accogliere i giovani che la notte sono alla ricerca di Dio. Non sempre c'è una chiesa, accanto ai luoghi del divertimento e della movida. E allora abbiamo fatto questo investimento, con la chiesa gonfiabile. Ci costa tanto, decine di migliaia di euro, perché è stata progettata e costruita esclusivamente per noi. Ma non sarà usata solo in Sardegna: dopo Cagliari, andremo su altre spiagge: a Campomarino di Tremoli, a Bibione, a Ravenna. Sì, lo so che c'è qualche polemica. Qualcuno ha detto che dopo la chiesa gonfiabile arriveranno anche i cristiani gonfiabili, ma noi questa scelta l'abbiamo fatta con serenità. L'abbiamo deciso l'anno scorso, a Bibione. Anche là, durante l'opera di evangelizzazione, non c'era una chiesa vicina e allora l'abbiamo costruita, con i tubi in ferro, legno, teli. È stata una vera fatica ma in una sola sera in quella chiesa improvvisata sono entrati più di mille giovani".
Ancor prima che la chiesa sia gonfiata, c'è già chi parla di degrado della liturgia. Nello stesso sito ufficiale della diocesi di Cagliari - il cui arcivescovo, Giuseppe Mani, ha chiamato le Sentinelle - c'è chi si scatena contro questa cattedrale di plastica. "Terribilis est locus iste: hic domus Dei est, et porta caeli". Il fedele che si firma L. J. C. ricorda "l'introito della S. Messa per la dedicazione di una chiesa". "Terribile, o importante, è questo luogo. Questa è la casa di Dio e la porta dei cieli...Queste parole ci spiegano cosa si debba intendere per chiesa. Oggi invece si propone questa chiesa gonfiabile, piazzata in mezzo a ombrelloni, materassini e annesse nudità varie... Se i bagnanti vogliono andare a messa, si vestano da fedeli e vadano nella chiesa più vicina che spesso - è anche il caso della spiaggia del Poetto - non dista certo centinaia di chilometri". A L. J. C. fa eco, "con fraternità", Caterina. "Passare dall'Arca tutta d'oro, con cherubini e tabernacolo, a una plastica gonfiabile dove tenere l'Eucarestia, il mistero dei misteri, lo trovo veramente squallido".
Il sacerdote delle Sentinelle non si scompone. "La messa - dice -non è prevista, l'adorazione del Santissimo sì. La nostra chiesa sarà aperta dalle 23 alle 3 della notte e come tetto avrà la luna e le stelle. Non c'è copertura, infatti, nel nostro luogo sacro. Noi crediamo di avere fatto una cosa bella che speriamo sia gradita al Signore, il quale merita sempre il meglio". Per "favorire l'incontro fra Gesù e i giovani" le Sentinelle della notte le hanno provate tutte. Hanno celebrato messe negli autogrill, hanno costruito cappelle per l'Adorazione sulle spiagge e nei viali della movida. "Per fortuna - dice don Brugnoli - nella fede non c'è il copyright". E allora dagli Anglicani ha preso l'idea degli "inviti a cena con Gesù", dove si mangia gratis e alla fine c'è un prete che parla di Cristo, del diavolo, del peccato e della conversione. "Le parole più importanti Gesù le ha pronunciate a tavola", sottolinea.
Dall'Inghilterra arriva anche l'idea della chiesa gonfiabile. Oltre la Manica è ormai una moda, per chi ad esempio non vuole costringere gli invitati a un matrimonio a spostarsi dalla chiesa al luogo del ricevimento. Si affitta la chiesa, si monta sul prato della villa, chiama un sacerdote. Ci sono anche tariffe precise: per un giorno, 3 mila euro. Per 2 giorni, 4.200. Per un weekend, 7.850 euro. Ma là - e anche in Spagna - i "gonfiabili" sono diventati quasi una mania. Ci sono non solo le chiese, ma anche le discoteche, i night club, le sale da gioco. In pochi minuti, in occasione di feste o sagre, si può allestire un mezzo paese.
Per ora, in Italia, è arrivata la prima chiesa. Chi rimpiange le pietre e i marmi, durante la preghiera avrà comunque una chance. Non ci sono tegole, nella chiesa di plastica, nemmeno finte. Guardando in alto, si potranno ammirare le stelle.
(26 luglio 2008)
Fonte articolo e immagine: Repubblica.it
Le mie considerazini sono molto brevi: attendo che dopo la realizzazione del Cristo morto in croce (ovviamente da gonfiare tipo ciambella per coloro che non sanno nuotare), dove metteranno il punto per soffiarci dentro??? Beh! vi sembra poco!? potrebbero scatenarsi tutti i moralisti teologi che stanno in Vaticano! Dovranno disporre di un cerimoniale solo per quello. Ma se il punto per gonfiare il Cristo fosse??? Insomma... non voglio sbilanciarmi indicando quale potrebbe essere "IL POSTO DOVE METTERE LA BOCCA E GONFIARE CRISTO". Qualunque sia il luogo di entrata o di uscita, sono convinto che scoppierà un puttiferio teologico.
A VOI AMICI LA SENTENZA... O MEGLIO IL VOSTRO PARERE RIGUARDO QUESTA INIZIATIVA
Con Amicizia e Rispetto
Gentleman -
(Morris) =^-^=
27.6.08
Quante strade portano al camp

Come spesso accade, la soluzione dell'enigma era contenuta nella sua stessa formulazione: adorava Zero proprio perché era stata a Londra.

Più facile che definire il camp è negargli lo statuto di corrente, forma d'arte, concetto, categoria o - peggio che peggio - scuola. Accostando le copertine dei due volumi di "Riga" si ricostruisce lo sguardo della modella di "Ciglia in fiore", una fotografia del 1965 in cui due corone di petali circondano gli occhi. Il camp sarà dunque una fantasia vegetale, la natura che si trasforma in maquillage, una creatura fitomorfa che ci scruta?
Springsteen: uomo e desiderio

Persino la sua fisicità mi spiazzava. Percepivo un sole impietoso in quel volto triangolare, e soprattutto negli occhi umidi da cane di prateria.
Era un percorso di strade, camion, distese chilometriche, più che un fiume: una piena, e la musica sgocciolava giù, roteante come clava e morbida come cuoio. Bruce, anche per via del nome, era freccia in movimento, automobile e frontiera, lavoro e sangue.
Daniela Tuscano
20.6.08
come passa il tempo vent'anni nfàù se ne andava Andrea pazienza

Daniela Tuscano
17.11.07
Senza titolo 2257
A proposito del bullismo nella scuola
“Sì, quelli che hanno le mani pulite e la coscienza sporca. Quelli che si sono fatte le leggi e ora possono, con un gioco di matrioska societario, impunemente far pagare la frutta a prezzi esorbitanti”, bevette un altro sorso di caffè, ”quelli che gestiscono le società che portano dei coglioni a strimpellare, anche male a volte, e li pagano a peso d’oro, e più li pagano e più loro guadagnano; quelli che acquistano brocchi all’estero con società di loro proprietà e guadagnano per la procura e per il rimborso dell’Iva. Potrei continuare ancora per molto. Tra questi bisogna cercare chi ha fatto sparire Bobore”.(da “Il mistero delle 99 tavolette d’argilla rossa”, ed. Tracce, 2005 Pescara).
Ecco inizio il tema del bullismo nelle scuole con questo brano estrapolato dal mio romanzo. Cosa c’entra direte voi? Secondo me la cattiva politica, quella che agevola con le leggi gli interessi delle lobby, è la madre di tutte le cause. In buona sostanza qual è la mia opinione? La mia opinione è che abbiamo una scuola che è lo specchio della società. Ora, se l’esempio che noi riceviamo dall’alto è poco edificante, come possiamo pretendere che i giovani non covino dentro una arroganza e prepotenza e soprattutto ci convivano senza quasi neanche accorgersene e a pagarne le conseguenze non siano i più deboli? L’arroganza e la prepotenza la troveranno nella vita di tutti i giorni e, in alcuni casi, è triste dirlo potrebbe anche essere una sorta di ancora di salvezza. Non sto cercando delle scuse per loro, dico solo che la scuola dovrebbe educare all’ingresso nella società, ma se la società è marcia, se gli esempi che la società ti propone sono dei modelli fasulli che esaltano l’arrivismo, passare sopra tutto e tutti per la carriera, il danaro come valore assoluto, cosa mai possiamo pretendere dalla scuola? Il povero insegnante potrà provare a reprimere gli esempi di bullismo che di volta gli si presenteranno davanti, ma stando anche attento ad eventuali reazioni perché oggi nessuno accetta più né critiche né verdetti, e in molti casi gli stessi genitori. Dare un ceffone può essere anche salutare per chi lo riceve, ma l’insegnante è paralizzato perché sa che potrebbe per quel gesto passare anche dei guai. Questa è una società che va rifondata nei suoi valori portanti, perché la sola repressione non elimina il bullismo più di quanto non possa gonfiare una gomma di una macchina, senza un cambio di rotta, purtroppo, non vedo futuro.
Pietro Atzeni
(Pietro Atzeni)
26.4.07
Zichichi - aumento temperatura è fenomeno naturale
Lo sostiene il professor Antonino Zichichi al Seminario internazionale in corso in Vaticano fino al 27 aprile.

CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 26 aprile 2007 (ZENIT.org).- Intervenendo il 26 aprile in Vaticano al Seminario internazionale organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul tema “Cambiamenti climatici e sviluppo”, il professor Antonino Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists, ha spiegato l'origine naturale dei cambiamenti climatici.
A questo proposito l'illustre scienziato ha infatti sottolineato che l’intervento delle attività umane influisce per meno del 10% e che i modelli utilizzati dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, Commissione ONU fondata nel 1988) per simulare e prevedere i cambiamenti climatici sono incoerenti e non validi dal punto di vista scientifico.
Con una argomentazione precisa e scientificamente dettagliata, il professor Zichichi, che è anche membro della Pontificia Accademia delle Scienze, ha prima spiegato quali sono le basi matematiche del metodo scientifico, dopodiché ha precisato che i modelli matematici utilizzati dall’IPCC non rispondono a questi criteri.
A questo proposito il professor Zichichi ha ricordato che nei volumi dei Seminari Internazionali svoltisi a Erice (Sicilia) nel 2004, 2005 e 2006, i modelli utilizzati dall’IPCC sono stati puntualmente criticati per l’'approssimazione scientifica.
Secondo lo scienziato l’IPCC ha utilizzato “il metodo del 'forcing' per arrivare alle conclusioni che le attività umane producono variazioni meteorologiche”.
Il Presidente della World Federation of Scientists ha quindi affermato che sulla base delle attuali conoscenze scientifiche “non è possibile escludere che i fenomeni di cambiamento climatico possano essere di origine naturale” e che è plausibile che “l’uomo non c’entri niente”.
A tal proposito Zichichi ha spiegato come il motore della meteorologia dipenda da fenomeni naturali come per esempio “l’'energia inviata dal sole e le attività vulcaniche che sputano lava e una enorme quantità di sostanze in atmosfera”.
“Le attività umane incidono in questo sistema per un massimo del 10%”, ha continuato lo scienziato.
Guardando alla storia del pianeta, Zichichi ha ricordato che 140 milioni di anni fa Oslo e San Pietroburgo sarebbero state parte del circolo polare artico. Che lo stesso polo nord 280 milioni di anni fa copriva zone dove adesso si trova il canale di Suez, Lhasa in India e Houston in Nord America.
Nello stesso tempo però bisogna ricordare, ha continuato, che in mezzo milione di anni la terra ha perso per quattro volte il polo nord ed il polo sud. Per quattro volte i poli sono scomparsi e poi si sono riformati.
Il Presidente del World Federation of Scientists ha infine detto di non essere per nulla convinto che il riscaldamento del pianeta sia dovuto all’'aumento delle emissioni di anidride carbonica prodotte dalle attività umane, perché i cambiamenti climatici dipendano in maniera più significativa dal flusso di raggi cosmici.
Il coraggio di Anna Giordano, una vita passata a proteggere gli uccelli selvatici dai bracconieri in Sicilia
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