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8.6.22

CHI è Talatou Clementine Pacmogda A VIGLIACCAMENTE offesa a Lucca, svastica e disegno porno "in dono" alla scrittrice ivoriana da due studenti a cui aveva fatto lezione

DI COSA  STIAMO   PARLANDO

Lo riporta oggi La Nazione con un'intervista alla scrittrice la quale afferma: "Due ragazzi di 15 e 16 anni mi hanno dato quella foto per il colore della mia pelle. Mi avevano avvicinato dicendomi 'Ti vogliamo fare un regalo' e poi mi hanno dato quella foto", "poi si sono messi a ridere e ho detto loro 'Regalate questa foto a me

che sono una donna?'". L'episodio risale a sabato scorso quando Clementine Pacmogda ha trascorso una mattinata con gli studenti di Barga. Lei, nata in Costa D'Avorio e cresciuta nel Burkina Faso, vive a Borgo Val di Taro (Parma) ma è molto conosciuta in Valle del Serchio, in Toscana, dove viene coinvolta in iniziative coi giovani sul razzismo, sull'orrore del nazismo e sul rispetto delle donne. "Perché hanno consegnato quella foto proprio a me?", ha anche commentato Clementine Pacmogda, che è rimasta turbata dall'episodio e che ha deciso di presentare una denuncia ai carabinieri.

   generalmente   i media  si concentrano   sul  vigliacco   attacco , ebbene invece  io preferisco    parlare  di lei     e raccontare   quello    che ha dovuto passare prima di venire  qui in italia  . Ma non fa  notizia   perchè :    non è   venuta  con  barconi  non ha  dovuto  affrontare  i centri libici 

Basnewende
Quarta di copertina del libro 
               dal sito Amazon

Talatou Clementine Pacmogda nasce nel 1977 in Costa D’Avorio. Figlia di genitori immigrati dal Burkina Faso. Cresce in Burkina Faso perché i genitori decisero di ritornare nella terra di origine quando lei era ancora bambina. Perse presto il padre e fu mandata prima dell’età scolare nella capitale del paese, Ouagadougou, dalla zia del padre.All’età di otto anni, nel 1985, fu iscritta alla prima elementare. Dopo sei anni di scuola primaria, passò brillantemente la licenza elementare. Rimase un anno senza la possibilità di iscriversi alle medie per mancanza di soldi per il pagamento della tassa scolastica. Nel 1992, si iscrisse alla prima media grazie a uno zio che la portò con lui in un’altra città del paese dove lavorava. Passò l’esame della licenza media nel 1996 e iniziò le superiori. Passato l’esame della maturità nel 2000, dovete ritornare nella capitale per vivere di nuovo con la zia del padre, dove si pativa la fame e le mancanze varie.Fece le pulizie in una copisteria per poter iscriversi a Linguistica all’Università di Ouagadougou. Sostenuta da un padre missionario, riuscì a discutere la tesi di laurea magistrale nel 2005. Dopo dovette cercare un lavoro per sopravvivere e continuare gli studi.
Fece la giornalista come tirocinante per tre anni nella Radio Rurale del suo paese. Nel frattempo dava lezione in una scuola in sperimentazione in una cittadina fuori dalla capitale.Senza la possibilità di avere un mezzo di trasporto adatto, dovette fare 40 km chilometri volte la settimana per raggiungere la scuola dove faceva l’insegnante.Fra alti e bassi discusso la tesi di laurea specialistica nel 2008. In quello stesso anno, vinse una borsa di studio per un dottorato alla Scuola Normale superiore di Pisa. Riuscì così a coronare il suo sogno di portare il titolo di dottore, il 30 giugno del 2012.Si sposò a Pisa con Dario Fasano medico, all’epoca specializzando, a dicembre del 2012 a Pisa. Da febbraio 2015 è cittadina italiana. In questo stesso anno diventò madre di una bambina dopo aver perso un maschietto nel 2014 di nome Basnewende. Fece vari lavori dopo il dottorato fra cui: assegnista di ricerca, impiegata Poste Italiane, supplente di francese ecc. Ora sta si sta preparando per il concorso dell’insegnamento nelle scuole. Nel 2020 Talatou Clementine Pacmogda ha pubblicato il libro Basnewende che ha ricevuto commenti favorevoli. Dopo una vita difficile, affrontando problemi e avversità Talatou Clementine Pacmogda ce l’ha fatta.Una storia vera, drammatica ma piena di speranza. L’autrice, con un suo particolare linguaggio narrativo, racconta al lettore le sue vicissitudini. E lo fa in maniera spontanea, fresca e coinvolgente. Il suo sorriso e la sua risata raggiungeranno il cuore di chi affronterà con lei questa avventura… Basnewende.

l'unico commento che mi sento di fare è che
ormai con le zucche vuote non c'è più niente da fare se non la denuncia . infatti << All'inizio ho cercato di dimenticare, poi il pensiero di quanto accaduto mi faceva male - ha detto -. Mi hanno affrontato a viso scoperto, ridendo, avevano una faccia strana, Perché? Per loro ero un'immigrata che non conosce il senso di una svastica, il pensiero di quanto accaduto mi faceva male. Certo - ha concluso la diretta interessata - sono ragazzi, poi mi sono detta No, non si può lasciar perdere.>>

10.4.22

Mustapha Jawara, A 14 anni ha lasciato il Gambia con un desiderio. Ha attraversato il mare e la violenza dei trafficanti di uomini. Ma ce l’ha fatta a realizzare il suo sogno di diventare arbitro

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  • dal settimanale  Oggi 
  • In Africa, i miei amici sognavano di fare il bomber. Io no, volevo il fischietto». A 14 anni ha lasciato il Gambia con un desiderio. Ha attraversato il mare e la violenza dei trafficanti di uomini. Ma ce l’ha fatta.

                                                         Fiamma Tinelli

    La prima volta che ha indossato la divisa da arbitro, Mustapha si è fatto una foto e l’ha spedita via WhatsApp al suo amico Bunambass, in Gambia. Bunambass ha camminato per un’ora e mezza, ha raggiunto la madre di Mustapha, Jaka, che lavora nei campi e un cellulare non ce l’ha, e le ha detto: guarda tuo figlio. È vivo, è in Italia. E ce l’ha fatta.

    Mustapha Jawara, 22 anni, è il primo migrante divenuto arbitro effettivo dell’Aia, l’Associazione italiana arbitri. Il suo è il racconto di tanti uomini e donne che attraversano l’inferno in cerca di speranza, ma non solo. È la storia di un ragazzino con un grande sogno. E di una determinazione senza pari. Quando siamo sbarcati c’erano tante luci, ci hanno dato da mangiare e ho sentito rispetto. Non c’ero abituato Mustapha viene da Sanunding, un villaggio di quattro strade al confine orientale del Gambia, un Paese incuneato nel Senegal come un chiodo. Da queste parti le partite di calcio si guardano fuori dal bar, con la tv attaccata alla prolunga e le sedie di plastica per strada. «I miei amici tenevano gli occhi fissi sui bomber e sognavano di essere come Messi. Io no, io guardavo l’arbitro. Perché è lui che dirige il gioco, che dà sicurezza». A Sanunding, chi ha i soldi va alla scuola privata e impara l’inglese. Chi non li ha, come Mustapha, va alla madrasa a studiare il Corano. Che poi a Mustapha piace, il Corano, «è un libro di pace, di fratellanza», ma non è questo il punto. Il punto è che nel suo villaggio, a parte giocare a choko sul marciapiede o zappare la terra, c’è poco da fare. Un giorno, suo zio si è offerto di pagargli un corso da elettricista. A Mustapha è piaciuto, gli piacciono le cose tecniche, risolvere i problemi, «ma a che serve un elettricista in un posto dove la corrente salta ogni mezz’ora?». Così, a 14 anni se n’è andato. Senza dire niente a nessuno, perché non c’era niente da dire. All’età in cui i suoi coetanei italiani si fanno regalare il motorino per la promozione, Mustapha lavorava in un garage di Bamako, in Mali, e procacciava clienti agli autisti: se riusciva a riempire il pulmino, a fine giornata gli spettavano un piatto di riso e dieci centesimi. Altrimenti, nulla. I soldi per partire di nuovo li ha fatti così, «mettendo da parte le monetine». Aveva sentito dire che in Europa c’era lavoro, che non ammazzano la gente per strada. Il viaggio per la Libia non lo dimenticherà mai. «In macchina eravamo in venti, per pigiarci tutti dentro avevano tolto i sedili». Tre settimane di deserto, in auto, coi piedi in bocca. «Un giorno un ragazzo si è sentito male, gli mancava l’aria. L’autista ha preso a colpirlo col calcio del fucile, ma quello urlava ancora. Così gli ha sparato. L’ha lasciato nella sabbia, come un sacco».

    In Libia, Mustapha è salito sul barcone dopo sei mesi di galera, quella dove ti chiudono solo per massacrarti di botte se non paghi. A bordo c’erano uomini, donne, bambini spaventati. Un ragazzo senegalese è caduto in mare, forse s’era addormentato e ha perso l’equilibrio; il pilota s’è voltato a guardare, di malavoglia, e ha tirato dritto. Quando Mustapha è arrivato a Salerno, grazie al soccorso di una nave della Marina Militare, aveva appena compiuto 16 anni. «C’erano tante luci, ci hanno dato da mangiare e ho sentito rispetto. Non c’ero abituato». È stato al centro di accoglienza che il suo amico Massimo, un operatore, gli ha parlato del corso per diventare arbitri. Mustapha s’è messo a studiare anche di notte - rigore, punizione, calcio d’angolo - e ha passato gli esami al primo colpo. Oggi arbitra le gare degli esordienti a Polla, nel Vallo di Diano. «In campo non ho paura di sbagliare. Se rispetti le regole, ti senti sicuro sempre. Vale per il calcio, ma anche per la vita». In Gambia, gli amici sono orgogliosi di lui, ma anche preoccupati: e se ti insultano perché sei nero? Mustapha sorride e assicura che il colore della pelle non c’entra: «Se se la prendono con me è perché sono l’arbitro, punto. A Polla mi vogliono bene tutti». Dal lunedì al venerdì fa l’elettricista e lavora sodo, «perché quando un Paese ti ha salvato devi restituire, mica stare a guardare le nuvole». Lo stipendio lo mette da parte: verrà una moglie, verranno dei figli. L’obiettivo, ora, è diventare sempre più bravo. E magari, chissà, arbitrare la Coppa d’Africa. Qualche giorno fa suamadre Jaka, a Sanunding, si è fatta prestare un cellulare e l’ha chiamato. C’era poco segnale, la voce andava e veniva. Gli ha detto solo: torna a casa, appena puoi. E fa’ il bravo, ovunque tu sia.



    Una storia, la sua, che è subito rimbalzata su Facebook (  e poi su media )  , una volta tanto è veicolo di storie positive  come questa  « [....] Adoro lo sport in generale - si legge su https://www.avvenire.it/agora/pagine/mustapha che     riprende  quello sul sito web dell'Aia -, ma in particolar modo il calcio. Non ho mai avuto piedi buoni, non sono molto bravo a giocare a calcio, e così ho pensato che potevo essere un buon arbitro anche perché mi è sempre piaciuta la sua figura per la sicurezza c dà in campo. Ho imparato tutte le regole a memoria per far si che un giorno il mio sogno possa diventare realtà: sogno di arbitrare la finale di Coppa d'Africa, emulando il mio connazionale Papa Gassamma, e magari quella dei Mondiali. Sarebbe veramente un sogno perché così potrei riabbracciare la mia famiglia ed i miei amici che mi potrebbero rivedere nella mia nuova veste di arbitro ».

    emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

    Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...