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5.1.17

Memoria: tra mistificazione e realta'

Lo so  che spesso viene  da fare  anche  me  , discorsi del genere  :   se  ci fosse  ancora lui , chi sa  come  reagirebbe , ecc  . Ma  poi  leggendo  questo articolo e il relativo intervento di Pippo Pollina  ,  ho rimesso in discussione  tale   mie   elucubrazioni  nostalgiche   e  pessimiste . E   credo  che  mi saranno  utili  per  i  post  sulla  giornata  della memoria  e sul  giorno del ricordo  .


emoria:
tra mistificazione e realtà

DI RADIO AUT · PUBBLICATO 5 GENNAIO 2016 · AGGIORNATO 5 GENNAIO 2016

Oggi Peppino avrebbe 68 anni. Sarebbe facile scrivere di come Peppino avrebbe reagito nell’osservare la realtà del 2015. Disgusto, orrore, ribellione. Sarebbe facile. Ma in cosa differirebbe la reazione di Peppino dalla nostra? Di certo, non solo nel nome. “Pinco Pallino è disgustato dall’attuale situazione politica italiana ” sarebbe molto diverso da “Peppino Impastato è disgustato dall’attuale situazione politica italiana”.


Peppino rosso


Il punto è che Peppino è morto a 30 anni. Nel 1978. In un epoca dove ancora c’era spazio per una politica animata da ideali genuini e davvero rivoluzionari. Per questo Peppino ha un valore. La forza delle sue azioni politiche in un paese, Cinisi, intriso di mafia e omertà, lo rendono “un eroe dell’antimafia”, come molti lo definiscono. E dall’eroe tragicamente ucciso nasce non solo il mito, ma anche la mistificazione.
Di quale antimafia stiamo parlando? Di quell’antimafia che si affanna a sgominare l’economia fiorente del sommerso mafioso per farla dilaniare dalle fauci di nuovi potenti che le sbranano nel giro di pochi anni, talvolta mesi? Di quell’antimafia di facciata di chi poco dopo averne fatto vocazione viene arrestato per associazione a delinquere o corruzione? Di un’antimafia moralmente pezzente, che si adatta a tutte le stagioni e a tutte le bandiere. E che cosa è poi la mafia se non la prevaricazione e l’intimidazione delle persone finalizzate alla concentrazione di potere nelle mani di pochi.
In nulla allora la mafia differisce da un neocapitalismo che costringe intere generazioni a precariato e sofferenza mentre banche e multinazionali si spartiscono i beni dello stato (ultima arrivata Trenitalia, prossima fermata poste italiane). Perché se parliamo di mafia e antimafia in questi termini, allora Peppino era davvero contro la mafia.
Essere contro la mafia non vuol dire solo parlare alla radio e denunciare malaffare, corruzione, intimidazioni. Dietro c’è molto altro.
C’è un Peppino antimilitarista che protesta contro la guerra in Vietnam. C’è un Peppino anticapitalista. C’è un Peppino femminista, uno contro il nucleare, uno ambientalista. E tutti questi possono essere definiti antimafia.
Anche per questo ci ritroviamo a fare dei distinguo fra un Peppino arcinoto, che è quello de “I cento passi” e quello reale. Il film di Marco Tullio Giordana ha l’encomiabile merito di aver fatto conoscere Peppino ad un gran numero di persone. Persone che difficilmente sarebbero venute a conoscenza delle vicende di Peppino e dei suoi compagni. Ma proprio per la trasposizione cinematografica molte cose sono state alterate o soprattutto omesse. Come lo spirito lunatico di Peppino. Il quale scriveva di se stesso in questi termini:
“Ma io mi allontanavo sempre più dalla realtà, diventava sempre più difficile stabilire un rapporto lineare col mondo esterno, mi racchiudevo sempre più in me stesso. Mi caratterizzava sempre più una grande paura di tutto e di tutti e al tempo stesso una voglia quasi incontrollabile di aprirmi e costruire.”
Peppino scrive queste frasi come autoanalisi, riferendosi al periodo dei suoi vent’anni. Un periodo certamente turbolento, ma di certo enormemente formativo per la sua personalità e il suo agire politico.
Di sicuro non sono frasi che mettereste in bocca al Peppino cinematografico, all'”eroe” che, grazie all’abile penna degli sceneggiatori, parla di bellezza osservando dall’alto la costruzione dell’autostrada. Dialogo mai avvenuto ma strombazzato ai quattro venti, osannato e mercificato come verbo proferito dall’ “eroe”.
Peppino era benaltro. Non era un giornalista e neanche uno speaker radiofonico né tanto meno un giullare. Insieme ai suoi compagni non si limitava ad usare la radio per burlarsi dei mafiosi, ma agiva con un poderoso lavoro di inchiesta e controinformazione. Lavoro che sfociò, poco prima della sua morte, in un dossier dettagliato sugli scempi ambientali effettuati nella zona di Cinisi e Terrasini.
Le acque si intorbidiscono attorno alla figura di Peppino. Molti vedono solo il riflesso che la luce rimanda di Peppino dal fondale della memoria. Ma basta guardare attentamente, informandosi, leggendo i suoi scritti e i libri che su di lui hanno scritto le persone a lui più vicine, per fare emergere la vera natura di Peppino Impastato. Non certo quella di un “ribelle”, bensì quella di un uomo che in un periodo e in un luogo difficile come Cinisi negli anni 70, ha scelto la sua parte: quella di rivoluzionario comunista.



Potrà non piacere a molti di coloro che hanno conosciuto la storia di peppino impastato attraverso il bel film CENTOPASSI ma non posso che sottolineare la correttezza di quanto scritto sopra.Perchè diciamolo pure chiaramente : La lotta alla mafia in quegli anni era prerogativa di un gruppo abbastanza ristretto di soggetti politicamente impegnati, era cioè un segmento di quell’impegno civile e soprattutto politico che poi andava in altre direzioni e si esprimeva con l’antimilitarismo, con il femminismo e quant’altro.Peppino,in questo senso è stato esemplare.Cio’ che poi è diventato patrimonio di tanti altri, ovvero la sensibilità ai temi della cosidetta legalità e quindi dell’antimafia, era ( almeno fino alla metà degli anni ottanta ) una cosa che soltanto chi si occupava di politica poteva capire e interpretare.Il legame tra poteri paralleli , quello delle istituzioni e quello della criminalità organizzata , il loro tacito patto di scambio.La connivenza fra partiti tradizionalmente al governo ( soprattutto la DC ma anche altri ) e cosa nostra era un fenomeno che poteva essere osservato nitidamente solo da chi era preparato a comprendere certi movimenti.La lotta alla mafia insomma era lotta politica.E non poteva che essere cosi’.Ma erano altri tempi.Saluti a tutti e vi seguo sempre con stima.Pippo.

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