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10.11.25

Don Modestino, sacerdote dei record: a 102 anni celebra ancora la messa I ricordi del sacerdote di Pau, dove ormai è un’istituzione

unione sarda 10 novembre 2025 alle 14:53

Don Modestino, sacerdote dei record: a 102 anni celebra ancora la messaI ricordi del sacerdote di Pau, dove ormai è un’istituzione

                        Valeria Pinna



Don Modestino Floris celebra la messa (foto archivio Unione Sarda)



Passi lenti, si aiuta con un bastone ma ogni giorno celebra la messa. Non perde nessuna festività e cerca sempre di aiutare nella sua parrocchia. Impegni che don Modestino Floris vive con una leggerezza che a 102 anni non ti aspetti. Ma lui, nato a Pau terra dell’ossidiana, è un vulcano di sorprese e a pieno titolo dà voce a quel patrimonio di centenari (e ultra) che anche nell’Oristanese non è più una rarità.
Nel suo paesino don Modestino è un’istituzione come ripete la sindaca Alessia Valente «è una ricchezza, la nostra memoria storica». E il sacerdote ha memoria da vendere. Lucidissimo, ricorda ogni data e chiacchierare con lui diventa un affascinante viaggio nel tempo. «Sono nato il 15 settembre 1923, a 13 ho iniziato gli studi nella scuola vescovile di Ales, poi il seminario a Villacidro infine a Cuglieri, dove ho concluso gli studi del liceo e l’università». Era il 1935 «eravamo circa 300 seminaristi, io soffrivo terribilmente il freddo, no c’era nemmeno il riscaldamento – racconta – però sono stati anni bellissimi, parlavano in latino anche alle interrogazioni. E avevamo anche un greco fluente». Poi la guerra, il timore dei bombardamenti e di non poter più riabbracciare i propri cari. «Ricordo che i superiori decisero di dipingere il tetto del seminario con i colori del Vaticano per evitare che potesse essere scambiato per un caserma e venisse bombardato».
Don Modestino apre lo scrigno della memoria: «Il 15 agosto 1948 sono stato ordinato sacerdote dal vescovo di Ales Antonio Tedde», poi la prima parrocchia ad Arbus quindi le esperienze a Gonnosfanadiga, San Gavino e Guspini fino ai tre anni come missionario in Messico. «La preoccupazione maggiore era per mia mamma, le dissi che il Messico era vicino, tornai solo un ano dopo per un mese e si tranquilizzò». Di quel periodo ricorda bene le difficoltà iniziali «pensavano fossi una spia , dovevo rinnovare il visto tutti i mesi. In generale era un ambiente molto religioso, noi italiani eravamo rispettati perché ci consideravano vicini al papa». Ma sono scolpiti nella memoria anche i momenti in cui si era ritrovato puntato addosso il fucile da parte delle guardie del Guatemala «ebbi un pochino di paura».


Don Modestino Floris alla cerimonia per i suoi 100 anni (foto archivio Unione Sarda)

Dopo l’avventura all’estero, l’esperienza a Villacidro «dove sono stato parroco per 26 anni». Poi sarebbe dovuta arrivare la meritata pensione ma «ho scelto di continuare nella parrocchia di Zeppara. Altri 20 anni in prima linea». Tutti i giorni faceva la spola con la sua Fiat 600 «ho guidato fino a 94 anni, mi piaceva molto. Ora continuo a celebrare, aiuto in parrocchia». Instancabile, testimone di cambiamenti epocali «oggi si sono persi molti valori, manca il rispetto. E poi questi telefonini: sono utili, lo uso anche io però non si deve esagerare. A volte le persone sono vicine fisicamente ma sono fisse sugli schermi dei cellulari – sostiene – Poi ammiro tantissimo i ragazzini che sanno utilizzare gli smartphone fin da piccoli. Bisogna recuperare certi valori, il dialogo soprattutto fra i giovani». Legge tanto «l'intelligenza va sempre alimentata», ma qual è il segreto della longevità? «Non lo posso dire, è un dono di famiglia – ride di gusto – Eravamo otto figli, sei maschi e due femmine: mio fratello maggiore è morto quado aveva 97 anni, adesso vivo con Anna Maria che ne ha 93, mentre l’altra sorella, Miranda ne ha compiuto 87». Poi regala un consiglio: «Ho sempre cercato di regolare la mia vita, ognuno è medico di sé stesso. Forse mi ha aiutato il Messico, con quel clima e una società diversa». Sorride, con una saggezza solida e attuale.
Don Modestino Floris è un esempio di una vita attiva e impegnata. Come lui anche tanti altri anziani.
L’Istat al 2024 registrava 71 centenari in provincia, solo a Oristano sono 16 (dati aggiornati al 25 ottobre scorso) e sono tutte donne fra loro ci sono anche alcune che hanno raggiunto quota 104 e 103 anni. Nella classifica dei record spiccano i 106 anni di Maurizia Congiu a Sorradile, a Nughedu Santa Vittoria ecco Maria Antonia Tatti, conosciuta come “Bella” per il suo fascino: 105 anni. E tanti altri esperti di elisir dilunga vita a Neoneli, Cabras, Sedilo, Terralba, Morgongiori, Ales, Narbolia, Siapiccia, Bosa, Palmas Arborea, Suni, Ghilarza, Cuglieri, Santu Lussurgiu, Seneghe e ben tre a Scano Montiferro.

1.9.17

Lezioni di vita che certamente nn si possono apprendere sfogliando nessuna enciclopedia..Resterei delle ore ad ascoltare in ossequioso silenzio....
Questa  è la storia    di Marina  Cocco 

la centenaria che ha fatto nascere i figli dei banditi barbaricini  
da  www.unionesarda.it   Oggi alle 14:15 - ultimo aggiornamento alle 16:49
La centenaria Marina Cocco





Quando aveva pochi mesi di vita è scampata al bombardamento del piroscafo sul quel viaggiava.
Nel periodo della Seconda guerra mondiale ha salvato il marito, ufficiale della Repubblica di Salò, dal plotone di esecuzione partigiano, e ha cenato più volte con Mussolini: durante la sua lunga carriera di ostetrica in Barbagia, poi, ha fatto nascere i figli di diversi banditi alla macchia.
La vita di Marina Cocco, cento anni appena compiuti, sembra essere uscita dalle pagine di un romanzo avvincente: l'infanzia e la giovinezza a cavallo delle due guerre mondiali, la passione per il lavoro di ostetrica, che le ha permesso di far venire al mondo centinaia di bambini.
Per festeggiare il suo speciale compleanno, la scorsa sera, oltre ai parenti, è arrivato anche il sindaco, Francesco Dessì, che le ha consegnato una targa a nome di tutta la cittadinanza.
Nella casa di Maddalena spiaggia dove la nuova centenaria di Capoterra vive in compagnia della sua unica figlia Giuliana Teresi e del genero Paolo Ena, nonna Marina ci mette un secondo a riavvolgere il nastro dei ricordi: con la sua memoria in un attimo si torna indietro di un secolo, in mare aperto, dove una nave, appena silurata, sta colando a picco.
"Avevo pochi mesi allora - racconta Marina Cocco - ma quando fui un po' più grande capii di essere una miracolata. Mio padre lavorava in una fabbrica a Terni, e dalla Penisola stavamo rientrando in Sardegna, quando il nostro piroscafo venne silurato: ebbi la fortuna di essere adagiata su una scialuppa di salvataggio, e così scampai alla morte".
I ricordi, poi, inevitabilmente si soffermano sul periodo della Seconda guerra mondiale, in cui Marina Cocco viveva a Lucca. "Mio marito era un ufficiale, rimasto fedele a Mussolini anche nelle fasi finali del conflitto - dice - a volte mi nascondevo nel seno dei dispacci urgenti e attraversavo le linee partigiane: ho conosciuto il Duce personalmente, e insieme abbiamo cenato in più occasioni".
In guerra si verificano tanti piccoli episodi che non finiscono sui libri di Storia, ma quello che fece Marina Cocco andrebbe raccontato nelle scuole.
"Mio marito era fascista, e io gli davo una mano come potevo - dice - ma un giorno nel bosco sentii delle urla che provenivano da un capanno. Quando mi avvicinai dei ragazzi mi dissero di essere partigiani, catturati dai tedeschi: non esitai un attimo ad aprire la porta e a liberarli. Quando fai del bene prima o poi ti torna indietro: forse fu per questo che quando mio marito venne catturato dai partigiani nei pressi di Venezia e messo al muro accadde qualcosa di miracoloso. I fucili stavano per fare fuoco, io mi misi a piangere e a pregare in sardo: all'improvviso il capo plotone fece cenno ai tiratori di fermarsi. Era di Sassari, mi disse di far togliere la divisa a mio marito e di allontanarci subito. Non l'ho mai dimenticato. Finita la guerra mio marito rimase in carcere a San Gimignano per quattro anni".
La scuola di specializzazione a Roma, e poi il diploma di ostetrica: le altre avventure di Marina Cocco hanno luogo nell'Isola.
"Cominciai a lavorare tra Neoneli e Ardauli - racconta - capitava che bussassero alla mia porta, mi bendassero e, a cavallo, mi portassero in qualche grotta nascosta tra i monti: ho fatto nascere anche i figli dei banditi. Un segreto per arrivare a cento anni? Mangio di tutto, ma odio brodini e minestrine".






Un bacione, se mi si consente..a questa splendido esempio di virtu` e saggezza !

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