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10.11.25

Don Modestino, sacerdote dei record: a 102 anni celebra ancora la messa I ricordi del sacerdote di Pau, dove ormai è un’istituzione

unione sarda 10 novembre 2025 alle 14:53

Don Modestino, sacerdote dei record: a 102 anni celebra ancora la messaI ricordi del sacerdote di Pau, dove ormai è un’istituzione

                        Valeria Pinna



Don Modestino Floris celebra la messa (foto archivio Unione Sarda)



Passi lenti, si aiuta con un bastone ma ogni giorno celebra la messa. Non perde nessuna festività e cerca sempre di aiutare nella sua parrocchia. Impegni che don Modestino Floris vive con una leggerezza che a 102 anni non ti aspetti. Ma lui, nato a Pau terra dell’ossidiana, è un vulcano di sorprese e a pieno titolo dà voce a quel patrimonio di centenari (e ultra) che anche nell’Oristanese non è più una rarità.
Nel suo paesino don Modestino è un’istituzione come ripete la sindaca Alessia Valente «è una ricchezza, la nostra memoria storica». E il sacerdote ha memoria da vendere. Lucidissimo, ricorda ogni data e chiacchierare con lui diventa un affascinante viaggio nel tempo. «Sono nato il 15 settembre 1923, a 13 ho iniziato gli studi nella scuola vescovile di Ales, poi il seminario a Villacidro infine a Cuglieri, dove ho concluso gli studi del liceo e l’università». Era il 1935 «eravamo circa 300 seminaristi, io soffrivo terribilmente il freddo, no c’era nemmeno il riscaldamento – racconta – però sono stati anni bellissimi, parlavano in latino anche alle interrogazioni. E avevamo anche un greco fluente». Poi la guerra, il timore dei bombardamenti e di non poter più riabbracciare i propri cari. «Ricordo che i superiori decisero di dipingere il tetto del seminario con i colori del Vaticano per evitare che potesse essere scambiato per un caserma e venisse bombardato».
Don Modestino apre lo scrigno della memoria: «Il 15 agosto 1948 sono stato ordinato sacerdote dal vescovo di Ales Antonio Tedde», poi la prima parrocchia ad Arbus quindi le esperienze a Gonnosfanadiga, San Gavino e Guspini fino ai tre anni come missionario in Messico. «La preoccupazione maggiore era per mia mamma, le dissi che il Messico era vicino, tornai solo un ano dopo per un mese e si tranquilizzò». Di quel periodo ricorda bene le difficoltà iniziali «pensavano fossi una spia , dovevo rinnovare il visto tutti i mesi. In generale era un ambiente molto religioso, noi italiani eravamo rispettati perché ci consideravano vicini al papa». Ma sono scolpiti nella memoria anche i momenti in cui si era ritrovato puntato addosso il fucile da parte delle guardie del Guatemala «ebbi un pochino di paura».


Don Modestino Floris alla cerimonia per i suoi 100 anni (foto archivio Unione Sarda)

Dopo l’avventura all’estero, l’esperienza a Villacidro «dove sono stato parroco per 26 anni». Poi sarebbe dovuta arrivare la meritata pensione ma «ho scelto di continuare nella parrocchia di Zeppara. Altri 20 anni in prima linea». Tutti i giorni faceva la spola con la sua Fiat 600 «ho guidato fino a 94 anni, mi piaceva molto. Ora continuo a celebrare, aiuto in parrocchia». Instancabile, testimone di cambiamenti epocali «oggi si sono persi molti valori, manca il rispetto. E poi questi telefonini: sono utili, lo uso anche io però non si deve esagerare. A volte le persone sono vicine fisicamente ma sono fisse sugli schermi dei cellulari – sostiene – Poi ammiro tantissimo i ragazzini che sanno utilizzare gli smartphone fin da piccoli. Bisogna recuperare certi valori, il dialogo soprattutto fra i giovani». Legge tanto «l'intelligenza va sempre alimentata», ma qual è il segreto della longevità? «Non lo posso dire, è un dono di famiglia – ride di gusto – Eravamo otto figli, sei maschi e due femmine: mio fratello maggiore è morto quado aveva 97 anni, adesso vivo con Anna Maria che ne ha 93, mentre l’altra sorella, Miranda ne ha compiuto 87». Poi regala un consiglio: «Ho sempre cercato di regolare la mia vita, ognuno è medico di sé stesso. Forse mi ha aiutato il Messico, con quel clima e una società diversa». Sorride, con una saggezza solida e attuale.
Don Modestino Floris è un esempio di una vita attiva e impegnata. Come lui anche tanti altri anziani.
L’Istat al 2024 registrava 71 centenari in provincia, solo a Oristano sono 16 (dati aggiornati al 25 ottobre scorso) e sono tutte donne fra loro ci sono anche alcune che hanno raggiunto quota 104 e 103 anni. Nella classifica dei record spiccano i 106 anni di Maurizia Congiu a Sorradile, a Nughedu Santa Vittoria ecco Maria Antonia Tatti, conosciuta come “Bella” per il suo fascino: 105 anni. E tanti altri esperti di elisir dilunga vita a Neoneli, Cabras, Sedilo, Terralba, Morgongiori, Ales, Narbolia, Siapiccia, Bosa, Palmas Arborea, Suni, Ghilarza, Cuglieri, Santu Lussurgiu, Seneghe e ben tre a Scano Montiferro.

27.8.25

A 92 anni corre come una ventenne: il caso straordinario di Emma Mazzenga atleta dei record a 92 anni: «Sveglia alle 5 e vino tutti i giorni. Mi studiano, ho l'ossigenazione di una ventenne»

  fonti   Corriere.it  del 27\8\2025

Emma Mazzenga, atleta dei record a 92 anni: «Sveglia alle 5 e vino tutti i giorni. Mi studiano, ho l'ossigenazione di una ventenne»

di Alice D'Este

La padovana detiene il record del mondo nei 200 metri per over 90 e ha vinto 11 titoli mondiali: «Un consiglio? Non restare mai dentro casa un giorno intero»

nonna velocista

Il cellulare squilla. Lei, che è in vacanza in montagna, non poteva essere altrove: su un sentiero in salita, direzione rifugio. Col respiro incredibilmente regolare avvisa: «Sentiamoci più tardi». Emma Mazzenga, padovana di 92 anni, è campionessa di atletica e detiene 11 titoli mondiali (ma anche 31 europei e 115 italiani). Corre praticamente da sempre. O meglio, l’ha fatto quando era giovane e poi si è fermata per riprendere a livello agonistico quando di anni ne aveva già 53. Oggi ha un fisico a tal punto invidiabile da essere diventato oggetto di studio di diverse università (la Marquette University di Milwaukee e l’Università di Pavia). «Mi hanno detto che ho i muscoli di una settantenne e l’ossigenazione cellulare di una ventenne — scherza lei — mi sembra incredibile. Una cosa è certa: io ferma non ci sono stata mai».

Ci racconta la sua giornata tipo?
«Ho sempre dormito poco. Quando andavo a scuola (ha insegnato scienze al liceo scientifico, ndr) preparavo le lezioni dalle 5 alle 7 di mattina. E anche oggi, alle cinque, mi faccio il caffè, poi torno a letto a leggere. Faccio colazione alle otto, con un panino al prosciutto. Poi esco».

Dove va?
«A fare la spesa al mercato oppure faccio un po’ di pulizie. Dopo pranzo mi riposo un paio d’ore leggendo e poi esco nuovamente per andare al cinema, al gruppo lettura, per incontrarmi con le amiche o per allenarmi. La sera guardo la televisione, vado a letto verso le 23».

Cosa si mangia per restare così in forma fino a 92 anni?
«Un po’ di tutto. Adesso che sono anziana limito le porzioni. A pranzo mi preparo 30 o 40 grammi di pasta o riso, cui aggiungo un secondo e la verdura cotta. Alterno carne e pesce. La sera invece mi basta un po’ di verdura e un pezzetto di formaggio. Ah, ogni giorno bevo mezzo bicchiere di vino rosso a pranzo e mezzo a cena. E ogni tanto mi faccio qualche ricetta veneta».

Si muove a piedi?
«Sì, quasi sempre. Ma è sempre stato così. Anche oggi adopero l’auto solo due volte a settimana per andare ad allenarmi. La mia vita non è mai stata sedentaria. Con mio marito che era istruttore di roccia d’estate andavamo in montagna, d’inverno a sciare. Perfino durante il Covid correvo nel corridoio di casa mia. Dopo un’ora di allenamento, quando mi faccio la doccia, mi sento benissimo».

E quando piove?
«Non si può usare il meteo come scusa. Ci vuole volontà. Anch’io, a volte, rimarrei seduta sul sofà, ma so che se esco poi mi sentirò benissimo».

E poi vince pure i titoli mondiali.
«Sì, ma diciamocelo, ora ho poche concorrenti (sorride). A gennaio 2024 ho stabilito un nuovo record mondiale nei 200 metri per la categoria W90 (over 90 anni) e a giugno dello stesso anno ho abbassato di oltre un secondo il tempo. Vorrei dirlo a tutti: non è mai troppo tardi!».

Per allenarsi?
«Non solo. Non siamo tutti atleti. Intendo dire che non è mai troppo tardi per la socialità e il movimento. Io sono rimasta vedova a 55 anni, la corsa mi ha aiutato moltissimo. È una questione chimica, sono le endorfine. Ma è anche legato al benessere che ti dà stare con gli altri».

Se dovesse dare un’indicazione per l’elisir di lunga vita?
«Alzarsi dal divano. Non rimanere mai a casa un giorno intero. Stare chiusi tra quattro mura porta tristezza, depressione e non aiuta né la mente né il corpo».

  e    tgcom24  tramite msn.it




A 92 anni non trascorre le giornate sul divano o al telefono con i figli, ma correndo in pista e allenandosi con costanza. Emma Mazzenga non è la nonna che ci si aspetta. Padovana, ex insegnante di chimica, è oggi una leggenda dell’atletica master: vanta 11 titoli mondiali, 31 europei e ben 115 titoli italiani. Il suo spirito competitivo e la sua forma fisica eccezionale hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Un team di ricercatori italiani e statunitensi sta conducendo studi approfonditi sul suo corpo: muscoli, nervi e mitocondri vengono analizzati per comprendere come sia possibile mantenere prestazioni atletiche simili in età così avanzata.
Record e prestazioni da primato La carriera sportiva di Emma è iniziata tardi. Dopo una giovinezza
dedicata allo studio e alla famiglia, ha ripreso a correre con serietà solo dopo i 50 anni. E da allora non si è più fermata. Attualmente detiene quattro record mondiali di categoria e ha recentemente battuto due volte il primato dei 200 metri. “Il segreto è non fermarsi mai” dichiara la nonna dei record.
Secondo uno studio citato dal Washington Post, le sue fibre muscolari sono comparabili a quelle di una settantenne in salute, mentre la sua ossigenazione muscolare è simile a quella di una ventenne. In particolare, la funzione mitocondriale - ovvero la capacità delle cellule di produrre energia - risulta straordinariamente ben conservata.
Il segreto? Mai smettere di muoversi Emma ha sempre creduto nel potere rigenerante dello sport. Nonostante gli impegni familiari e professionali, ha mantenuto un legame costante con l’attività fisica. Oggi si allena regolarmente e invita tutti, soprattutto gli anziani, a non rinunciare mai al movimento, anche nei limiti delle proprie capacità. "Non serve essere atleti agonisti. Basta evitare di restare fermi tutto il giorno chiusi in casa” afferma con semplicità.
Un caso da manuale per la scienza La sua alimentazione è equilibrata ma semplice: pasta, riso, pesce, carne e mezzo bicchiere di vino fanno parte della sua dieta quotidiana. A ciò aggiunge controlli medici regolari e una grande attenzione al proprio benessere interiore, alimentato dal piacere di fare sport. Tra i ricercatori che stanno studiando il "caso Mazzenga" c’è anche Chris Sundberg, coinvolto in una ricerca sul rallentamento dell’invecchiamento muscolare. Secondo lui, Emma rappresenta un esempio raro in cui la comunicazione tra cervello, nervi e muscoli si mantiene attiva e sana, a differenza di quanto avviene normalmente nella popolazione over 90. Anche Marta Colosio, ricercatrice alla Marquette University, si dice sbalordita: “Non ho mai visto nulla di simile. Sta invecchiando, certo, ma riesce a compiere azioni che per altri, alla sua età, sono impossibili”.
Il 3 agosto Emma ha festeggiato il suo 92° compleanno. Ma non ha alcuna intenzione di rallentare. Dopo la prossima gara, in programma a ottobre, sarà nuovamente sottoposta ad analisi da parte degli studiosi dell’Università di Padova e di altri enti statunitensi. Il suo messaggio è chiaro e potente: “Vivo alla giornata, ma mi diverto ancora”.

26.8.25

Moglie e marito a 80 anni in camper da Bassano del Grappa a Shanghai: «In Uzbekistan si è rotto il frigo, la polizia turistica ci ha trovato l'officina e ha voluto pagare le riparazioni»

 da https://corrieredelveneto.corriere.it/notizie/vicenza/cronaca/  25  agosto  20025

                     di Marianna Peluso

In 143 giorni hanno attraversato 20 Paesi e percorso oltre 32.000 chilometri: «L'accoglienza? Ovunque fantastica. Noi europei pensiamo di essere i migliori ma siamo molto indietro»

Nonni camper Anna e Aldo, 80 anni in camper in cina e ritorno

Foto Facebook «Nonni in camper sulla Via della Seta»


«Sono innamorato di Marco Polo da quando sono bambino. E ho sempre voluto seguire le sue orme, vedere quello che ha visto lui, anche se ottocento anno dopo». Così Aldo Serraiotto, classe 1946, racconta le origini di un sogno diventato realtà: percorrere la Via della Seta, da Bassano del Grappa fino a Shanghai. Un’idea maturata nel tempo, frenata dalla pandemia, ma mai accantonata. 

«Bastava un piccolo errore per finire tutto»

Con lui, sua moglie Anna Vaccaro, 77 anni, che di questa avventura è stata prima scettica, poi protagonista coraggiosa e appassionata. «Ero contraria. Non parliamo le lingue, non siamo tecnologici e, diciamolo, l’età è quella che è. Ma alla fine mi sono lasciata convincere. E dal 2 aprile abbiamo iniziato il nostro viaggio in camper». In 143 giorni hanno attraversato 20 Paesi, percorso oltre 32.000 chilometri e superato montagne, deserti e confini burocratici. Un’impresa che ha poco a che fare con l’età, e molto con lo spirito. Il loro mezzo, un camper Cartago più pesante della media, è diventato casa, confine e rifugio. Ma anche passaporto umano, capace di attirare incontri, aiuti e gesti inaspettati. Come quella volta sul Pamir, la mitica catena montuosa dell’Asia Centrale: salite sterrate a 4.600 metri, strade che diventano sentieri. «Tratti dove bastava un piccolo errore per finire tutto: il viaggio e anche qualcos’altro» racconta Anna «30 centimetri a destra c’era il fiume, a sinistra le rocce. Ma mio marito era tranquillissimo e voleva arrivare in cima. E ci è riuscito».

L'ospite è sacro

Quel tratto di strada tagikista, con il fiume Panj a fare da confine naturale con l’Afghanistan, è stato forse il simbolo più evidente di un viaggio dove ogni confine era insieme ostacolo e soglia. Ma a sostenere i due viaggiatori non sono state solo le gomme del camper, bensì le persone incontrate lungo la strada. «In Uzbekistan, dopo buche e salti, è saltato l’impianto elettrico. Freezer e frigorifero fuori uso, dove c’erano le nostre provviste, anche il pasticcio portato da casa! Sarebbe stato un disastro perdere tutto. Eppure anche in quel frangente siamo stati aiutati. La polizia turistica ci ha portato in un’officina super moderna. Dopo tre ore di lavoro, volevamo pagare, e loro: “No, siete ospiti, grazie a voi che venite qui”». Episodi simili si ripetono, ovunque: «In Iran siamo stati ospiti per quattro giorni a casa di un signore, che aveva anche perso il lavoro. Ma lì l’ospite è sacro: ci ha voluto offrire sempre colazione, pranzo e cena a casa. E la sera arrivavano i parenti, per fare festa. In Italia sarebbe impensabile» riflette Anna, con una lucidità che suona anche come rimprovero dolce a un’Europa che spesso ha dimenticato cosa sia l’accoglienza. «Abbiamo scoperto un’umanità che qui è scomparsa. Noi europei pensiamo di essere i migliori, ma in realtà siamo molto, molto indietro». 

Moglie e marito a 80 anni in camper da Bassano del Grappa a Shanghai: «L'accoglienza? Noi europei pensiamo di essere i migliori ma siamo molto indietro»

Con i figli a Pechino

Le emozioni si rincorrono, chilometro dopo chilometro, fino al culmine d’inizio giugno, nel giorno del loro cinquantesimo anniversario di matrimonio. Sono a Shanghai, fuori dalla chiesa di Sant’Ignazio. Piove. Anna entra: «Vedo mia figlia. Mi abbraccia. Penso: sto impazzendo. Poi vedo mio figlio. In un attimo, mi convinco che è un’allucinazione. E invece erano lì davvero, con noi. Ho dovuto abbracciarli, toccarli con le dita per capire che erano loro, in carne e ossa. Sono rimasti con noi una settimana e, insieme, abbiamo viaggiato da Shanghai a Pechino, per 1300 chilometri. Avevano fatto la patente cinese, abbiamo cambiato la targa del mezzo e passeggiato lungo la muraglia cinese. Questa sorpresa, architettata da loro con mio marito, è stata in assoluto l’emozione più grande della mia vita. Mai e poi mai mi sarei aspettata una cosa così». Anche il ritorno è stato un’avventura. Il momento dell’arrivo, sabato 23 agosto, è andato ben oltre le aspettative: «Siamo stati accolti in modo trionfale, anche troppo. C’erano il vicesindaco, le autorità di Cassola e di Bassano. A Castelfranco Veneto ci ha ricevuto il sindaco Stefano Marcon, che ha fatto un discorso bellissimo. Poi via, direzione Bassano. Arrivati lì, sono ammutolita: c’era un mare di gente. Avevano allestito un gazebo con porchetta, formaggi, vino e prosecco. Ci siamo fermati fino alle 21 a salutare e abbracciare amici». E ora? «Dormire nel mio letto mi è sembrato strano» sorride Anna. 

19.8.25

IL MIO OSSERVATORIO (6520). Piccolo racconto domenicale di Mario Guerini

 

Abbiamo molto da imparare dagli anziani .  Ecco un esempio tratto  dal web 

  da  Mario Guerrini
IL MIO OSSERVATORIO (6520). Piccolo racconto domenicale. Lei compare ogni santa mattina. Qui a Bonaria, residenziale quartiere cagliaritano. Ha sempre, immancabilmente, un libro con sé. È una distinta signora novantenne. Dall'aria colta. Ora che la stagione lo consente, si siede in uno dei tavolini esterni, sul marciapiede, del "Cafè de buena aria". Per il rito mattutino della colazione. Trascorre il tempo, solitaria, leggendo il libro. E lo fa con quella che appare come una insaziabile sete di sapere e di conoscere. Che non si placa, nonostante la sua età, splendidamente e signorilmente portata. Per questo mi ha molto incuriosito. È affabile. Mi ha spiegato che il libro è da sempre il suo compagno di viaggio, nella quotidianità. A casa ha circa 3 mila 500 volumi. Una immensità. Lei si chiama Mirella Varone. È milanese di


origine. Il cognome è quello acquisito dal marito napoletano. Che non è più. Lei è ormai una figura familiare per chi frequenta quella zona di via Milano. "Vengo in questo bar perché è come quelli di un tempo", mi dice. "Ci si incontra, ci si conosce, si parla. E Michele (il titolare) e le sue ragazze offrono un servizio eccellente. Sempre sorridenti e premurosi". Un incontro pieno di garbo, quello con Mirella Varone. Ma fugace. Perché io in compagnia di Luna, la mia compagna a 4 zampe, durante la prima uscita della giornata. Sono stato attratto dalla forza intellettuale che esprime questa donna, con la applicazione alla lettura. Alla sua età matura di novantenne. Mirella Varone è una straordinaria enciclopedia vivente. In una Società in cui la tecnologia sembrerebbe inconciliabile, ma non è così, per fortuna, con le pagine di un libro. Buona domenica. Mario Guerrini.

22.11.24

diario di bordo n 88 anno III Cristina Brignolo,l'unica donna al volante del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Ancona,"Abbraccio le donne vittime di violenza per rassicurarle" ., Ferrara, è morta a 104 Giuseppina "Giose" Molinari, a marzo era stata fermata mentre guidava con la patente scaduta



(ANSA) - ANCONA, 21 NOV - Quando entra in una casa per soccorrere una donna che ha chiesto aiuto la prima cosa che fa è "abbracciarla, farla sentire sicura", quando è in pattuglia e qualcosa non le torna,
interviene senza esitazione e non si ferma neppure quando si tratta di gettarsi in un inseguimento per fermare un fuggitivo in auto. Alle donne vittime di violenza dice "non perdonate, non nascondetevi i segnali che vi dicono quest'uomo è tossico e vi fa male. Non c'è amore dove c'è violenza". E non sono solo i pugni e le sberle che devono preoccupare "c'è la violenza psicologica che è ancora più grave che rende succubi ed è la meno riconoscibile dalle vittime". Lei è Cristina Brignolo, 38 anni, Piemontese di origine, tre figli di 13, 10 e quasi 5 anni, l'unica donna al volante del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Ancona, "ho lottato per far parte del nucleo Radiomobile, c'erano resistenze ma il mio generale ha avuto fiducia in me". Operativa su turni h24, sempre in prima linea nel rispondere alle chiamate, una forte empatia verso chi soffre una sola preoccupazione "con quello che vedo ho paura di essere troppo dura con i miei figli". "Non ho paura e non mi tiro mai indietro" anche se ogni tanto "il mio collega deve tenermi a bada". Le emergenze che affronta quotidianamente sono soprattutto i "codici rossi e la droga". Ma è la violenza di genere "non solo di mariti, compagni presenti o ex, ma anche, dei figli verso i genitori, soprattutto le madri" a non darle tregua, a farla soffrire quando non riesce a "liberare" la vittima e a convincerla che "una alternativa c'è sempre".Soffre quando la donna non vuole denunciare: "abbiamo le mani legate - ammette - e allora entra in gioco la capacità di convincere la vittima che non è sola, che ci sono le associazioni e le strutture protette che possono accoglierle anche con i loro figli". Cristina affronta ogni giorno, insieme ai suoi colleghi, situazioni critiche ma "è quello che ho scelto e per cui mi sono battuta, aiutare le persone e farlo per strada al volante della gazzella, senza esitazioni" (Bper Banca): “Vogliamo fare la differenza contro quella economica”



Visualizza su Orologio"Un giorno - è il suo racconto - siamo intervenuti dopo la chiamata al 112 di una bambina di 7-8 anni che sentiva le urla della madre. L'ex compagno l'aveva aspettata fuori e l'aveva picchiata. Non era la prima volta e la figlia, nonostante fosse terrorizzata e forse perché istruita dalla mamma, ha dato l'allarme. Siamo arrivati subito, l'uomo ci aspettava fuori dell'abitazione. 'Sono stato aggredito' - si è giustificato con il mio collega - era convinto di non aver fatto nulla di male. Mi sono precipitata all'interno dell'appartamento. 




Ho trovato la bimba scossa e la donna terrorizzata. L'ho abbracciata e rassicurata, ho chiamato il 118 e intanto abbiamo fatto avvisare i genitori". Dopo i primi momenti chiedo cosa le accade."Inizia un dialogo in cui spiego che lo può denunciare, le dico che può chiedere di andare in una struttura protetta". E la convinci? "Purtroppo spesso la donna ritiene di essere
lei il problema, perdona la violenza quando non c'è un danno grave ed evidente". In quel caso la donna ha poi denunciato l'ex compagno ed è scattato il braccialetto elettronico "una soluzione non sempre sufficiente" e "purtroppo nel 90% dei casi prevale la paura a denunciare e per me è una sconfitta perché so che le violenze si ripeteranno".Non riuscire a dare consapevolezza alla vittima che "vive in uno stato di costrizione, o dove la gelosia è già degenerata nel controllo totale" per Cristina significa aver perso. "Io mi immedesimo nella donna, nella paura che leggo negli occhi dei loro figli, non posso farne a meno" e "se vedo qualcosa che non mi quadra devo andare fino in fondo anche se purtroppo non sempre si riesce a far accettare una prospettiva diversa". Cristina è 'tosta' dicono i colleghi lei abbraccia le vittime anche se "non è una cosa da carabiniere" si schernisce. 

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L'11 marzo, in piena notte, Giuseppina si era messa alla guida per tornare a casa dopo una serata passata a giocare a burraco con amici. A quanto pare, però, a un certo punto si era persa e aveva continuato a percorrere le stesse strade senza riuscire a raggiungere la meta. A segnalare l'auto della donna era stato, attorno all'una di notte, un cittadino. Pochi minuti dopo, una pattuglia dei carabinieri aveva rintracciato la vettura: dopo averla fermata e controllato la patente dell'anziana, i militari avevano scoperto che la patente era scaduta da due anni e che l'auto era senza assicurazione. A quel punto l'anziana era stata multata e poi riaccompagnata a casa, mentre l'auto era stata prelevata da un carro attrezzi. In poco tempo, la storia di Giuseppina era finita su tutti i media.
"Mi dicevo 'domani vado a rinnovare la patente'. Poi domani è diventato dopodomani e dopodomani è diventato dopodomani ancora e alla fine mi hanno fermata e multata… I carabinieri mi hanno detto che non avrei potuto più guidare e ho risposto loro che avrei scritto per protesta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella", aveva dichiarato l'anziana. È morta a 104 anni Giuseppina "Giose" Molinari, l'anziana di Vigarano Pieve (Ferrara) balzata agli onori della cronaca a marzo dopo essere stata fermata e multata dai carabinieri a Bondeno, nel Ferrarese, perché scoperta alla guida della sua auto senza assicurazione e con la patente scaduta. "Era una beniamina del paese, amata da tutti e ci dispiace molto per la sua scomparsa. Ci lascia una donna molto dinamica, forte e tenace, che lasciava dimenticare quale fosse la sua età anagrafica. Non dimenticheremo quello che ha dato alla comunità", ha dichiarato il sindaco di Vigarano Mainarda, di cui Vigarano Pieve è frazione, Davide Bergamini. Lo riporta l'edizione bolognese del Corriere della Sera.

13.7.22

Ferdinando Elia, a 99 anni tre volte a settimana in palestra: "Ho sempre cercato di essere indipendente



99 anni e non sentirli. Ferdinando Elia continua ad allenarsi, tre volte a settimana, nella palestra vicino casa. Una forza della natura! Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia... e i suoi segreti 
😃
 



16.11.21

a 91 anni Nives Nives Fozzer, ha stabilito il primo record europeo indoor di categoria nel lancio del peso ., l'amore che non ti aspetti

da un mio altro    punto di raccolta     di storie  ai margini  o  tappabuchi   dei  media  mainstream







Lei è Nives. Nasce a Trieste nel 1930. È una bambina vivace, gattona per casa, sgambetta da una parte e dall’altra, poi comincia a correre ed è impossibile starle dietro. I genitori la piazzano su un campo di atletica. Vai, sfogati. Nives schizza via, veloce come un fulmine. Ha 6 anni. Partecipa alla sua prima gara, e sbaraglia tutti. Vince trofei e medaglie, tra una corsa e l’altra trova pure il tempo di dedicarsi al pattinaggio, al tennis, e al ciclismo. Si cimenta nella pallavolo, riesce bene anche nella pallacanestro. Sono gli anni Quaranta, c’è la guerra. Nives corre per lasciarsi la paura alle spalle. Un giorno sente un gran fischio e un rumore assordante. Centinaia di bombe piovono dal cielo. Nives si affretta verso casa, la trova sventrata. Non hanno nulla di meglio, continuano a vivere sotto quelle mura, senza tetto, tra le macerie. Nives percorre la città in lungo e in largo, procura cibo, acqua, è instancabile. Torna la pace, Nives si dedica alla scherma, al golf e al tiro con l’arco, e già che c’è strappa anche un bel record. È il
1959. Nives corre i quattrocento metri in meno di un minuto. Festeggia l’importante traguardo facendo il giro dell’isolato. Sui campi di atletica conosce Bruno, scoppia l’amore. È tempo di fermarsi e mettere
su famiglia? Macché. Anche lui è uno sportivo. Gareggiano insieme, sono la coppia d’assi delle competizioni. È il 2006. Nives ha 76 anni. È in pista, ma le sue ginocchia fanno le bizze. I medici sono chiari. Usura delle cartilagini. Signora, non ha più l’età, si rassegni. Nives se la ride. Niente corsa? Bene, si dà al lancio del martello, del disco e pure del giavellotto. È il 2013. Nives ha 83 anni. Dopo una vita insieme, dice addio al marito, con una promessa. Lo sport ci ha uniti, continuerò a praticarlo finché avrò fiato. Oggi ha 91 anni, si alza alle nove, fa colazione con lo zabaione, mangia molta carne, poco pesce, poi esce ad allenarsi. Di fiato ne ha ancora tanto. La sua ultima fatica? Il campionato di Pentathlon dei lanci. Non poteva tirarsi indietro, cadeva proprio il giorno della scomparsa del suo amato Bruno. 


Nel  quale   Quest’anno ad Ancona, Nives ha stabilito il primo record europeo indoor di categoria nel lancio del peso. La settimana dopo a Roma si è superata e ha lanciato ancora più lontano. Due record in due settimane.




la seconda storia  

Lei è Melissa. Vive a Palermo. Ha 11 anni. La sua mamma e il suo papà dicono che le vorranno ancora più bene, ma che non staranno più tutti insieme sotto lo stesso tetto. Melissa ora è figlia di genitori separati. Passa molto tempo a casa della nonna, si annoia, scende in oratorio, dove ci sono tante facce nuove. Una è proprio bella, sorridente. Il suo nuovo amico si chiama Danilo, ha più o meno la sua età. Anche i suoi genitori gli vogliono tanto bene. Sarà per questa sorte comune, sarà perché Danilo la capisce e la protegge, fatto sta che diventano migliori amici. Gli anni passano, Melissa e Danilo vivono i loro primi amori, ma quando hanno bisogno, si cercano e si trovano. Melissa ha 17 anni. Conosce un ragazzo, perde la testa, nel senso che si abbandona e si lascia trasportare nella terra di nessuno Lui è geloso, la vuole tutta per sé, esige e ottiene l’esclusiva degli affetti. Melissa commette il più grande
errore della sua vita, allontana le persone care, specie quelle di sesso maschile. Danilo viene sacrificato sull’altare di una relazione di coppia scaduta. Accusa il colpo e si fa da parte. Melissa è libera di


sopravvivere a uso e consumo del suo fidanzato. Passano nove anni. Un bel giorno si sveglia e si guarda allo specchio. Non si riconosce, si sente svuotata, infelice. Deve fare qualcosa, prima che sia troppo tardi. Insieme a te non ci sto più, guardo le nuvole lassù, cercavo in te, le tenerezze che non ho, quella persona non sei tu, finisce qua. Melissa torna a respirare, rialza la testa, si guarda attorno. Dove sono finiti tutti? È una donna di 28 anni stravaccata sul divano davanti a un film che ha visto cento volte, ancora con le lacrime agli occhi, come la prima. Lo aveva visto con Danilo, il suo vecchio amico del cuore. Chissà in quale parte del mondo stanno brillando i suoi occhi. Prende il telefono, ci mette un po’ a realizzare che gli ha scritto un messaggio. Sono passati tre anni. Melissa e Danilo ora sono marito e moglie, e hanno avuto una bambina. L’amore della sua vita era accanto a lei, ci ha messo tanto per capirlo.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...