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22.11.24

diario di bordo n 88 anno III Cristina Brignolo,l'unica donna al volante del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Ancona,"Abbraccio le donne vittime di violenza per rassicurarle" ., Ferrara, è morta a 104 Giuseppina "Giose" Molinari, a marzo era stata fermata mentre guidava con la patente scaduta



(ANSA) - ANCONA, 21 NOV - Quando entra in una casa per soccorrere una donna che ha chiesto aiuto la prima cosa che fa è "abbracciarla, farla sentire sicura", quando è in pattuglia e qualcosa non le torna,
interviene senza esitazione e non si ferma neppure quando si tratta di gettarsi in un inseguimento per fermare un fuggitivo in auto. Alle donne vittime di violenza dice "non perdonate, non nascondetevi i segnali che vi dicono quest'uomo è tossico e vi fa male. Non c'è amore dove c'è violenza". E non sono solo i pugni e le sberle che devono preoccupare "c'è la violenza psicologica che è ancora più grave che rende succubi ed è la meno riconoscibile dalle vittime". Lei è Cristina Brignolo, 38 anni, Piemontese di origine, tre figli di 13, 10 e quasi 5 anni, l'unica donna al volante del Nucleo Radiomobile dei carabinieri di Ancona, "ho lottato per far parte del nucleo Radiomobile, c'erano resistenze ma il mio generale ha avuto fiducia in me". Operativa su turni h24, sempre in prima linea nel rispondere alle chiamate, una forte empatia verso chi soffre una sola preoccupazione "con quello che vedo ho paura di essere troppo dura con i miei figli". "Non ho paura e non mi tiro mai indietro" anche se ogni tanto "il mio collega deve tenermi a bada". Le emergenze che affronta quotidianamente sono soprattutto i "codici rossi e la droga". Ma è la violenza di genere "non solo di mariti, compagni presenti o ex, ma anche, dei figli verso i genitori, soprattutto le madri" a non darle tregua, a farla soffrire quando non riesce a "liberare" la vittima e a convincerla che "una alternativa c'è sempre".Soffre quando la donna non vuole denunciare: "abbiamo le mani legate - ammette - e allora entra in gioco la capacità di convincere la vittima che non è sola, che ci sono le associazioni e le strutture protette che possono accoglierle anche con i loro figli". Cristina affronta ogni giorno, insieme ai suoi colleghi, situazioni critiche ma "è quello che ho scelto e per cui mi sono battuta, aiutare le persone e farlo per strada al volante della gazzella, senza esitazioni" (Bper Banca): “Vogliamo fare la differenza contro quella economica”



Visualizza su Orologio"Un giorno - è il suo racconto - siamo intervenuti dopo la chiamata al 112 di una bambina di 7-8 anni che sentiva le urla della madre. L'ex compagno l'aveva aspettata fuori e l'aveva picchiata. Non era la prima volta e la figlia, nonostante fosse terrorizzata e forse perché istruita dalla mamma, ha dato l'allarme. Siamo arrivati subito, l'uomo ci aspettava fuori dell'abitazione. 'Sono stato aggredito' - si è giustificato con il mio collega - era convinto di non aver fatto nulla di male. Mi sono precipitata all'interno dell'appartamento. 




Ho trovato la bimba scossa e la donna terrorizzata. L'ho abbracciata e rassicurata, ho chiamato il 118 e intanto abbiamo fatto avvisare i genitori". Dopo i primi momenti chiedo cosa le accade."Inizia un dialogo in cui spiego che lo può denunciare, le dico che può chiedere di andare in una struttura protetta". E la convinci? "Purtroppo spesso la donna ritiene di essere
lei il problema, perdona la violenza quando non c'è un danno grave ed evidente". In quel caso la donna ha poi denunciato l'ex compagno ed è scattato il braccialetto elettronico "una soluzione non sempre sufficiente" e "purtroppo nel 90% dei casi prevale la paura a denunciare e per me è una sconfitta perché so che le violenze si ripeteranno".Non riuscire a dare consapevolezza alla vittima che "vive in uno stato di costrizione, o dove la gelosia è già degenerata nel controllo totale" per Cristina significa aver perso. "Io mi immedesimo nella donna, nella paura che leggo negli occhi dei loro figli, non posso farne a meno" e "se vedo qualcosa che non mi quadra devo andare fino in fondo anche se purtroppo non sempre si riesce a far accettare una prospettiva diversa". Cristina è 'tosta' dicono i colleghi lei abbraccia le vittime anche se "non è una cosa da carabiniere" si schernisce. 

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L'11 marzo, in piena notte, Giuseppina si era messa alla guida per tornare a casa dopo una serata passata a giocare a burraco con amici. A quanto pare, però, a un certo punto si era persa e aveva continuato a percorrere le stesse strade senza riuscire a raggiungere la meta. A segnalare l'auto della donna era stato, attorno all'una di notte, un cittadino. Pochi minuti dopo, una pattuglia dei carabinieri aveva rintracciato la vettura: dopo averla fermata e controllato la patente dell'anziana, i militari avevano scoperto che la patente era scaduta da due anni e che l'auto era senza assicurazione. A quel punto l'anziana era stata multata e poi riaccompagnata a casa, mentre l'auto era stata prelevata da un carro attrezzi. In poco tempo, la storia di Giuseppina era finita su tutti i media.
"Mi dicevo 'domani vado a rinnovare la patente'. Poi domani è diventato dopodomani e dopodomani è diventato dopodomani ancora e alla fine mi hanno fermata e multata… I carabinieri mi hanno detto che non avrei potuto più guidare e ho risposto loro che avrei scritto per protesta al presidente della Repubblica Sergio Mattarella", aveva dichiarato l'anziana. È morta a 104 anni Giuseppina "Giose" Molinari, l'anziana di Vigarano Pieve (Ferrara) balzata agli onori della cronaca a marzo dopo essere stata fermata e multata dai carabinieri a Bondeno, nel Ferrarese, perché scoperta alla guida della sua auto senza assicurazione e con la patente scaduta. "Era una beniamina del paese, amata da tutti e ci dispiace molto per la sua scomparsa. Ci lascia una donna molto dinamica, forte e tenace, che lasciava dimenticare quale fosse la sua età anagrafica. Non dimenticheremo quello che ha dato alla comunità", ha dichiarato il sindaco di Vigarano Mainarda, di cui Vigarano Pieve è frazione, Davide Bergamini. Lo riporta l'edizione bolognese del Corriere della Sera.

13.7.22

Ferdinando Elia, a 99 anni tre volte a settimana in palestra: "Ho sempre cercato di essere indipendente



99 anni e non sentirli. Ferdinando Elia continua ad allenarsi, tre volte a settimana, nella palestra vicino casa. Una forza della natura! Lo abbiamo incontrato per farci raccontare la sua storia... e i suoi segreti 
😃
 



16.11.21

a 91 anni Nives Nives Fozzer, ha stabilito il primo record europeo indoor di categoria nel lancio del peso ., l'amore che non ti aspetti

da un mio altro    punto di raccolta     di storie  ai margini  o  tappabuchi   dei  media  mainstream







Lei è Nives. Nasce a Trieste nel 1930. È una bambina vivace, gattona per casa, sgambetta da una parte e dall’altra, poi comincia a correre ed è impossibile starle dietro. I genitori la piazzano su un campo di atletica. Vai, sfogati. Nives schizza via, veloce come un fulmine. Ha 6 anni. Partecipa alla sua prima gara, e sbaraglia tutti. Vince trofei e medaglie, tra una corsa e l’altra trova pure il tempo di dedicarsi al pattinaggio, al tennis, e al ciclismo. Si cimenta nella pallavolo, riesce bene anche nella pallacanestro. Sono gli anni Quaranta, c’è la guerra. Nives corre per lasciarsi la paura alle spalle. Un giorno sente un gran fischio e un rumore assordante. Centinaia di bombe piovono dal cielo. Nives si affretta verso casa, la trova sventrata. Non hanno nulla di meglio, continuano a vivere sotto quelle mura, senza tetto, tra le macerie. Nives percorre la città in lungo e in largo, procura cibo, acqua, è instancabile. Torna la pace, Nives si dedica alla scherma, al golf e al tiro con l’arco, e già che c’è strappa anche un bel record. È il
1959. Nives corre i quattrocento metri in meno di un minuto. Festeggia l’importante traguardo facendo il giro dell’isolato. Sui campi di atletica conosce Bruno, scoppia l’amore. È tempo di fermarsi e mettere
su famiglia? Macché. Anche lui è uno sportivo. Gareggiano insieme, sono la coppia d’assi delle competizioni. È il 2006. Nives ha 76 anni. È in pista, ma le sue ginocchia fanno le bizze. I medici sono chiari. Usura delle cartilagini. Signora, non ha più l’età, si rassegni. Nives se la ride. Niente corsa? Bene, si dà al lancio del martello, del disco e pure del giavellotto. È il 2013. Nives ha 83 anni. Dopo una vita insieme, dice addio al marito, con una promessa. Lo sport ci ha uniti, continuerò a praticarlo finché avrò fiato. Oggi ha 91 anni, si alza alle nove, fa colazione con lo zabaione, mangia molta carne, poco pesce, poi esce ad allenarsi. Di fiato ne ha ancora tanto. La sua ultima fatica? Il campionato di Pentathlon dei lanci. Non poteva tirarsi indietro, cadeva proprio il giorno della scomparsa del suo amato Bruno. 


Nel  quale   Quest’anno ad Ancona, Nives ha stabilito il primo record europeo indoor di categoria nel lancio del peso. La settimana dopo a Roma si è superata e ha lanciato ancora più lontano. Due record in due settimane.




la seconda storia  

Lei è Melissa. Vive a Palermo. Ha 11 anni. La sua mamma e il suo papà dicono che le vorranno ancora più bene, ma che non staranno più tutti insieme sotto lo stesso tetto. Melissa ora è figlia di genitori separati. Passa molto tempo a casa della nonna, si annoia, scende in oratorio, dove ci sono tante facce nuove. Una è proprio bella, sorridente. Il suo nuovo amico si chiama Danilo, ha più o meno la sua età. Anche i suoi genitori gli vogliono tanto bene. Sarà per questa sorte comune, sarà perché Danilo la capisce e la protegge, fatto sta che diventano migliori amici. Gli anni passano, Melissa e Danilo vivono i loro primi amori, ma quando hanno bisogno, si cercano e si trovano. Melissa ha 17 anni. Conosce un ragazzo, perde la testa, nel senso che si abbandona e si lascia trasportare nella terra di nessuno Lui è geloso, la vuole tutta per sé, esige e ottiene l’esclusiva degli affetti. Melissa commette il più grande
errore della sua vita, allontana le persone care, specie quelle di sesso maschile. Danilo viene sacrificato sull’altare di una relazione di coppia scaduta. Accusa il colpo e si fa da parte. Melissa è libera di


sopravvivere a uso e consumo del suo fidanzato. Passano nove anni. Un bel giorno si sveglia e si guarda allo specchio. Non si riconosce, si sente svuotata, infelice. Deve fare qualcosa, prima che sia troppo tardi. Insieme a te non ci sto più, guardo le nuvole lassù, cercavo in te, le tenerezze che non ho, quella persona non sei tu, finisce qua. Melissa torna a respirare, rialza la testa, si guarda attorno. Dove sono finiti tutti? È una donna di 28 anni stravaccata sul divano davanti a un film che ha visto cento volte, ancora con le lacrime agli occhi, come la prima. Lo aveva visto con Danilo, il suo vecchio amico del cuore. Chissà in quale parte del mondo stanno brillando i suoi occhi. Prende il telefono, ci mette un po’ a realizzare che gli ha scritto un messaggio. Sono passati tre anni. Melissa e Danilo ora sono marito e moglie, e hanno avuto una bambina. L’amore della sua vita era accanto a lei, ci ha messo tanto per capirlo.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...