Roma, carte di credito nella Fontana di Trevi al posto del lancio delle monetine
In tempi di pagamenti "contactless" anche le più antiche tradizioni sembrano cedere il passo. E così si vedono dei turisti "strisciare" la carta di credito al posto del tradizionale lancio della classica monetina dentro la fontana. E' solo una divertente gag organizzata da un gruppo di turiste americane per postarlo sui propri social, ma non si sa mai.
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L’ex estremo difensore del San Paolo è il portiere che ha segnato più reti (e non solo su rigore) nella storia del calcio. Dietro di lui due leggende come Higuita e Chilavert. In Italia il primato appartiene a Antonio Rigamonti
Se giocasse ancora, magari nel campionato italiano, l’asta per aggiudicarselo al Fantacalcio arriverebbe a quote strabilianti rischiando di compromettere amicizie decennali. Altro che Lautaro o Osimhen, al momento della chiamata di Rogerio Ceni
la tensione salirebbe alle stelle e qualsiasi fantallenatore si impegnerebbe un rene pur di averlo nella propria squadra. E già, perché poter disporre di un portiere che in carriera ha segnato 131 reti, 69 su rigore, 61 su punizione e una addirittura in una normale azione da gioco, garantirebbe una vittoria sicura. Più di un attaccante da record o un centrocampista dai piedi buoni capace di mettere insieme un buon bottino di reti e assist.
Del resto Rogerio Ceni, portiere leggendario del San Paolo, era soprannominato M1to e non è un refuso. Uno, infatti, era il suo numero di maglia, e tra tutti i numeri 1 è lui l’unico a essere finito nel Guiness dei primati. Niente male per uno che fino a vent’anni alternava lo sport nelle serie minori al lavoro sicuro in banca a Pato Branco, nello Stato del Paranà in cui era nato. E dove hanno cominciato fuoriclasse del calibro di Pelè, Garrincha e Zico, solo per citarne alcuni. Rogerio si accomodava solitamente in panchina e aspettava serenamente il suo momento. Che sembrava non arrivare mai. Poi, nell’aprile del 1990, si fa male il titolare. L’allenatore gli lancia uno sguardo: “Te la senti?”. Ceni entra in campo e dieci minuti più tardi para un rigore. Ci vogliono però altri sette anni prima che la carriera di Rogerio possa finalmente svoltare: diventa lui il titolare del San Paolo, in allenamento si diverte anche a tirare rigori e punizioni e molto spesso fa centro. “Mister, posso provare anche in partita?”. Segna il primo penalty, poi il secondo, si avvicina furtivo quando la sua squadra ha punizioni potenzialmente pericolose. E pure quelle, tante volte, finiscono alle spalle del collega rivale. Ceni ha un sogno, che corona nel giro di qualche campionato: superare due leggende come Chilavert e Higuita, altri due portieri sudamericani goleador. Finirà per doppiarli.
José Luís Chilavert, l’idolo del Paraguay che adesso si è lanciato anche in politica, si è fermato infatti a 62. Renè Higuita, detto lo scorpione, a “soli” 41. Due storie partite dalla strada, come spesso avviene nel calcio: Chilavert lo chiamavano il “bulldog” e probabilmente non serve spiegare il perché. Basta vedere una sua foto in campo, lo sguardo minaccioso verso gli avversari, la carica che riusciva a dare ai compagni. Che, quando si doveva battere un calcio piazzato, sapevano che dalla sua area sarebbe arrivato lui, José Luís. Raccontano che qualcuno, ogni tanto, provasse a “rubargli” qualche tiro dal limite. Di solito, però, lo faceva una volta e poi mai più.
Cristina Anemone ha 39 anni. Nel suo curriculum c’è una laurea in Scienze della comunicazione e un master allo Istituto europeo di design di Milano. Dal primo gennaio sarà a tutti gli effetti una dipendente di Amiu, assunta a tempo indeterminato con la qualifica di operatore J (la figura che si occupa della raccolta per strada dei rifiuti). Cristina è tra gli ottanta dipendenti di Amiu che mercoledì hanno firmato il contratto di stabilizzazione . E ora è contenta perché, dice, «finalmente ho una sicurezza e una stabilità economica e professionale». Una storia che rappresenta un’eccezione.
Una laurea, un master, tante esperienze. Alla fine ha accettato un lavoro diverso da quello per cui ha studiato. Non è da tutti.
«Forse, ma io non mi lamento e sono anche molto soddisfatta. Ho lavorato quasi sempre nel settore privato con carichi e orari di lavoro che per me che ho una famiglia e una bambina di tre anni erano insostenibili. Lavoravo anche 10 ore al giorno, finivo tardi, ricordo che facevo la spesa agli orari più impensabili, non avevo tempo per nulla, neanche per un saluto con le amiche. Sinchè sei da sola può anche andare bene, con una famiglia ed una bambina piccola diventa impossibile».
E così lei nel 2021 ha provato il concorso per entrare in Amiu. Per il suo profilo il requisito era il possesso della licenza media. Come ha preso questa decisione?
« Io mi sono laureata in Scienze della comunicazione a Bari e poi mi sono trasferita a Milano dove ho seguito un master allo Ied. Il mio primo incarico è stato quello di Account junior in una società di comunicazione nel capoluogo lombardo. Nel 2008 la crisi economica ma anche questioni familiari mi hanno riportato a Bari dove ho cominciato a fare tanti lavori. Per una grande catena sono stata impiegata a tempo determinato come allievo capo settore. Poi sono stata assunta in una società di Terlizzi, ma quando la sede di Bari ha chiuso sono stata licenziata. Insomma la stabilità economica non arrivata e quando ho saputo del concorso di Amiu ci ho provato. Mi sono candidata per il ruolo di operatore J, ho scartato quello di autista perché non avevo il requisito della patente per i mezzi».
E alla fine è stata chiamata da Amiu.
«Si per i primi mesi sono stata impiegata per sostituire il personale in ferie. Ero una degli operatori che si occupano della raccolta porta a porta e quindi ad esempio di svuotare i carrellati condominiali. È un turno che comincia alle 5 e finisce alle 11.30. L’ho fatto per sei mesi nella zona di Palese, Santo Spirito».
E come è andata?
«All’inizio è stata dura, poi diciamolo le donne non sono tantissime e io non avevo mai fatto questo lavoro, ma quelli della “squadra” mi hanno aiutato, mi hanno accolto bene».
E ora?
«Adesso sono stata destinata in un altro servizio, quello di consegna dei kit ai cittadini dei quartieri come Carbonara dove sarà attivato il servizi di raccolta porta a porta. Il turno comincia alle 13 e finisce alle 19.30. Ed è proprio questo il punto: lavorare su turni mi consente di conciliare il mio impiego con la gestione della famiglia e di una bambina piccola».
Quanto guadagna?
«Per 30 ore settimanali poco più di mille euro, ma va benissimo così. Amiu è un’azienda nella quale ci sono possibilità di crescita».
Cosa le hanno detto i suoi amici quando hanno saputo del suo nuovo lavoro?
«Può sembrare strano, ma sono stati contenti per me. I miei amici sono sui 40 anni e le assicuro che anche per i laureati in Puglia non è semplice trovare una occupazione stabile».