Addio buio, nebbie
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
22.1.23
Addio buio, nebbie... di Donatella@Camatta
5.7.22
la Piciridda con i piedi sulla sabbia
IL film la piciridda Storia intensa e commovente diretta egregiamente da un regista giovane , esordiente ed promettente e bravo Paolo Licata ed interpretata da un cast di attori di tutto rispetto fra cui la piccola Marta Castiglia che interpreta in maniera eccellente il personaggio di Lucia la Picciridda UNA STORIA DI DONNE INCASTONATE IN UNA NATURA IMPERVIA, RACCONTATA TRA I SILENZI DEI NON DETTI. un film triste . toccante.drammatico soprattutto la scena dello stupro familiare e la paura a parlarne in un contesto " arcaico " del sud degli 50\70 e la cui reazione e ribellione è " rivouzionaria per il contesto culturale dell'epoca . Ottimo , è quello che mi è piaciuto di più il ruolo e l'interpretazione di donna Maria la nonna di Lucia un ruolo fatto di Durezza senza perdere la tenerezza . E .... mi fermoi qui on voglio svelare troppo e togliere il la curiosità di vederlo . Comunque se volete qui su Picciridda - Con i piedi nella sabbia - Film (2019) - MYmovies.it trovate ulteriori dettagli . Io Posso solo dire grazie a https://www.cgentertainment.it/premiere/ per averlo messo disponibile free e live .
31.8.21
Oney Tapia dal baseball al lancio con il disco e Porcellato francesca A 50 anni vince l'ARGENTO nella cronometro H3, sua 14esima medaglia in 11 Paralimpiadi (3 sport: atletica, sci, handbike)
Anna Maria Masina
Lorenzo Tosa ciò che sta accadendo alle paraolimpiadi non è altro che il riflesso della vita di tutti i gg delle persone disabili. L’isolamento, l’indifferenza, la non accettazione del diverso ( diverso poi rispetto a quale parametro??? Booo) l’impossibilità di muoversi in una città come Roma, la mancata inclusione, la lotta giorno per giorno per ottenere un nulla rispetto a ciò di cui si avrebbe bisogno LA TOTALE SOLITUDINE del disabile e della sua famiglia nemmeno la immaginate. E se non sei qualcuno o se non hai soldi… si vive nello sprofondo più assoluto!
vero ma impariamo da queste storie !! mai arrendersi
Avevo appena finito di scrivere di Lui che m'arriva una notifica dai miei contatti twitter , in cui si riporta l'incredibile storia di
15.12.20
soldato americano di 96 anni ritrova i tre bambini abbracciati in quel lontano 1944
di cosa stiamo parlamndo
repubblica del 12\12\2020
La nuova missione del soldato Martin Adler: "Ritrovare quei tre bimbi abbracciati nel '44"
di Valerio Varesi
Arriva anche in Toscana l'appello dell’ex militare, che ora vive in Florida e ha 96 anni. Era sulla Linea Gotica con le forze alleate. Ha lanciato un messaggio sui social agli abitanti delle valli dell’Appennino tra Bologna e la Toscana indicando la foto scattata coi piccoli: "Sarebbe una bella favola di Natale ritrovarli"
missione compiuta infatti come dice repubblica del 15\12\2020
BOLOGNA
Spuntarono da un cesta nell'autunno del '44 e Martin Adler, ex militare statunitense dell'85esima brigata alleata, se li trovò davanti alla canna del mitra Thompson che aveva spianato entrando in quella casa di Monterenzio a cavallo della Linea Gotica. Bruno, Mafalda e Giuliana Naldi, oggi ultra ottantenni, vissero quell'incontro come un'avventura conclusa con la foto assieme al soldato Adler che ora quest'ultimo, figlio di ebrei ungheresi emigrati negli Stati Uniti dopo la prima guerra mondiale, ora ha estratto dal cassetto dei ricordi esprimendo il desiderio di riabbracciare quei tre bambini conosciuti in quel tragico autunno '44.
Bruno, Giuliana e Mafalda Naldi con il soldato Adler, dopo il rocambolesco incontro a Monterenzio, nel 1944 (ansa)
Dopo un passaparola tra associazioni, sindaci e cittadini dell'Appennino, i tre fratelli sono stati rintracciati a Castel San Pietro Terme dove risiedono da anni. Non più bambini, ma ancora in forma, ricordano quell'incontro e il grido della loro madre, morta nel 2000, per fermare i grilletto dei militari che temevano un agguato tedesco in quei giorni di guerra in cui si combatteva casa per casa: "Bambini, bambini!"
Si realizza il sogno del sodato Usa Adler: rivedere i tre bambini conosciuti nel 1944. I quali Si sono riconosciuti subito Bruno, Giuliana e Mafalda Naldi, i tre bambini incontrati dal soldato americano Martin Adler nel 1944, a Monterenzio, Appennino bolognese. Quelli nella fotografia diffusa dal 96enne sono proprio loro: si realizza così il sogno dell'anziano, che desiderava ritrovarli. Rivedendo quell'immagine sono riemersi anche i ricordi della guerra: l'accampamento, il cannone degli americani, "e le cioccolate e le caramelle che ci portavano"
Per ora è un incontro in videochiamata, ma chissà che a breve non si possano davvero riabbracciare il soldato Martin Adler, 96enne, e i tre bambini - oggi ultra 80enni - che conobbe lungo la Linea gotica nel 1944. Entrando in una casa con un commilitone, stava per alzare il fucile quando una donna gridò: "Bambini! Bambini!", e da una cesta uscirono i tre fratellini Naldi. Quell'abbraccio con i bambini è stato per il soldato Adler "un momento di gioia nell'inferno della guerra": il suo desiderio di ritrovarli dopo 76 anni si è avverato Adler, che si ripromette di venire in Italia per incontrare i tre fratelli, ha detto che quello in cui si imbatté coi tra piccoli nella cesta, fu "un momento di gioia nell'inferno della guerra". E adesso, a 76 anni di distanza, l'abbraccio, per ora solo virtuale in videochiamata, ma in futuro l'ex militare si ripromette di poter abbracciare personalmente i fratelli Naldi ripassando di nuovo l'Atlantico, ma questa volta per una missione di pace.
10.12.17
chi lo ha etto che per vincere bisogno arrivare primi e altre storie di umanità ai margini maltrattate da burocrazia fake news -bufale e da hater -odiatori
L’onda perfetta di Mattei, è quarto al mondiale di adaptive surf
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Dopo il settimo posto ottenuto l’anno scorso, stavolta il piazzamento al Mondiale è stato decisamente più lusinghiero.
«L’anno scorso abbiamo partecipato grazie all’autofinanziamento, quest’anno invece ci ha sostenuto la Federazione: questo ci ha dato la possibilità di focalizzarci sulla gara, di viverla da atleti veri».
Un evento concentrato in così pochi giorni vissuto dentro e fuori dall’acqua.
«Con i compagni di squadra abbiamo condiviso una crescita importante, ci siamo sostenuti l’un l’altro nelle varie categorie. E dopo le gare non sono mancati neanche momenti di aggregazione, dove ci sedevamo a un tavolo per condividere le nostre esperienze con le altre Nazioni. Cercavamo di capire lo sviluppo del nostro sport e come portarlo a livello di riconoscimento paralimpico».
Massimiliano, che effetto le fa quella medaglia al collo?
«Non avevo mai ricevuto prima un riconoscimento così importante, l’effetto che mi dà è bellissimo. Spero che porti la nostra scuola (la Surf4all, che ha base a Tirrenia, ndc) a raggiungere gli obiettivi prefissati. Spero che l’attenzione generale non ci abbandoni. Vogliamo farci conoscere in varie zone d’Italia in modo da poter avvicinare più gente possibile a questo sport, a scopo agonistico o anche solo per puro divertimento. Vorrei anche cominciare dei percorsi con le realtà di Livorno con cui non abbiamo mai collaborato, ma sarebbe importante poter far nascere qualcosa anche qui. In California ho consegnato il gagliardetto del Comune di Livorno che mi aveva dato l’assessore allo sport Andrea Morini al presidente dell’Isa (International surfing association, ndc) Fernando Aguilera. Insomma, in un certo senso ho avvicinato Livorno a San Diego».
È vero che durante la manifestazione ha surfato l’onda più alta dell’intero contest?
«Dicono così. Io speravo in un’apertura di quell’onda che mi permettesse di planarla e di entrare nel tubo per ottenere un punteggio più alto, ma l’onda mi ha chiuso davanti: dovevo scegliere un punto del campo gara che mi permettesse di performare il mio surf rispetto a quello degli altri atleti, volevo prendere due onde che mi potevano dare un punteggio alto. Se ho ottenuto questo risultato è grazie alla preparazione in piscina che ho fatto nei mesi precedenti la gara e grazie allo sviluppo della tavola, che ha fatto veramente la differenza in questa manifestazione. Devo ringraziare Kiko Eclipse, lo shaper della tavola da surf sulla quale è applicato un cuscino modellato su misura che, oltre a permettere di sollevare il busto per dare stabilità sull’onda, è appositamente scavato sotto le ascelle per garantire libertà di movimento in mare. Si tratta di un supporto fondamentale nato da un percorso cominciato con Maurizio Regoli dell’autotappezzeria Gpr e poi approfondito nel laboratorio di Michelotti Ortopedia».
Quali sono i suoi prossimi obiettivi?
«Penso già al Mondiale del prossimo anno, ma prima vorrei trovare i fondi per partecipare a una competizione che si terrà alle Hawaii ad agosto, la Duke’s Ocean Fest. In pentola abbiamo anche la preparazione della categoria donne: nella nostra associazione abbiamo due potenziali atlete che prepariamo per i Mondiali, c’è bisogno della realtà femminile per farci riconoscere nel 2024 come sport paralimpico. Vorrei poi che ci potessimo spostare in Portogallo, Francia o Spagna per fare gli allenamenti, in modo tale da farci trovare più pronti per la prossima stagione».
Lo speaker della manifestazione non riusciva a pronunciare il suo nome...
«Mi chiamava sempre “Massimilio”: ho provato a spiegargli che non era il mio nome, piuttosto poteva chiamarmi Max o Massi, ma non c’è stato verso. Alla fine mi sono arreso e considerando che mi stava portando bene, l’ho lasciato fare». Più che bene visto il risultato finale, che consacra Massimiliano come pioniere dell’adaptive surf in Italia»
da
http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2017/12/10/news/
«Ho pensato all’eutanasia, ma ho due figli»
L’idea scartata per amore della famiglia. «Questo male ti lascia lucido in un corpo che si muove sempre meno»
stesse sensazioni ed indignazioni che prova
4 ore fa
pietrass
Leggendo questo articolo , sono rimasto basito e costernato , perchè una persona dipendente dello stato , da noi pagato con le nostre tasse si arroga il diritto di decidere il destino di un' ammalato :mi vengono in mente le parole di una canzone di Faber: Giudici eletti uomini di legge noi che danziam nei vostri sogni ancora siamo l'umano desolato gregge di chi mori con il nodo alla gola.Signor DEL Fabbro, l' unica cosa che posso fare nel mio piccolo è dire un preghiera per LEI di tutto cuore
le ultime due
Il 18enne è malato di tumore, i compagni si vaccinano in massa per proteggerlo
22.4.17
La riparazione del dolore la storia di Antonio Butti, chirurgo
anche se di solito concita De gregorio usa troppo il cuore e poco la mente stavolta nell suo ultimo intervento sula sua repubblica di repubblica d'oggi
<< Ho conversato a lungo con Antonio Butti, medico chirurgo, ci siamo scritti, scambiati foto, ho ascoltato la sua storia, ho letto il libro che ha scritto. E’ una bellissima storia d’amore, di cura – anzi di Cura, con la maiuscola – di riparazione del dolore. Anche il suo libro lo è, così come i frutti che ne nascono e la consolazione che genera. E’ una storia personale e politica, mi viene da dire usando un linguaggio di altre epoche. E’ il punto in cui la propria storia individuale genera azioni che riverberano nelle vite degli altri. La Cura della comunità, questo è la politica [ da non confondersi con la politika \ politica dei palazzi ] . Lascio che sia lui a raccontare.>> mi ha commosso perchè . Nel dolore ci si conosce, si cresce e si riesce ad andare oltre se stessi.
infatti
Quando lessi su Repubblica la sua recensione del libro "Quando il respiro si fa aria" del collega Paul Kalanithi fui colpito dal dramma, vissuto con sereno coraggio, dall'autore. Consapevole di quello che avrei provato, dopo un’esitazione di qualche tempo, ho letto il libro. Come mi aspettavo ha riaperto in me ferite malamente nascoste perché anche io e mia moglie Marcella ci siamo trovati a convivere con l'incombente, minacciosa compagnia di sorella Morte. Mi chiamo Antonio Butti, ho 78 anni, mi sono laureato in Medicina e Chirurgia all'Università Statale di Roma nel 1964, allora non si chiamava "La Sapienza", sono un chirurgo, ex professore presso l'Università Cattolica Policlinico Gemelli dove si è svolta tutta la mia attività clinica e di insegnamento, dall'ottobre 1965 a luglio 2005, data in cui sono andato in pensionamento anticipato a causa della malattia di mia moglie"."La sua perdita, avvenuta il 13 luglio 2007, mi ha gettato in uno stato di disperazione che mi ha spinto a raccontare ogni giorno a Marcella il dolore della mia sopravvivenza e lo svolgersi della mia vita dimezzata, mi è sempre sembrato un modo per riempire il distacco e sentirla accanto a me. Ne è scaturito un libro che ho concluso nel 2014. E' stato accettato e pubblicato, senza alcun mio onere, nel marzo 2016, nella collana L'Erudita di Giulio Perrone Editore. Nel libro, oltre a narrare il dopo, racconto come io e Marcella abbiamo vissuto da medici: sì, anche Marcella era medico. Poi i giorni della tribolazione, dalla diagnosi alla fine. Il titolo del libro è "Dall'altra parte del vetro".Lo considero un atto di Amore verso Marcella, amore che vorrei gridare al mondo per quanto continuo a esserne innamorato. Tutti i proventi delle vendite, ho deciso, vanno a sostegno del piccolo blocco operatorio che ho organizzato nella missione canossiana Josephine Bakhita, ad Agoenive, in Togo, dove vado ad operare due volte l'anno, ormai dal 2010. Partirò per la prossima missione il 28 di questo mese. In quel piccolo ospedale spicca una bella targa con la dedica a Marcella. Leggere la sua recensione sul libro del dottor Kalanithi e pensare di scriverle è stato tutt'uno. Ho pensato che avrebbe compreso la storia di Marcella e la mia, come da un dolore così grande possa nascere la forza di mettersi al servizio di chi non ha nulla, per questo vivere ancora.Ho esitato molto prima di decidermi a inviarle questa mail, è stata chiusa nel mio computer per molto tempo e non sa quante volte il dito è stato sospeso esitante sul tasto "invio". Sa cosa mi ha infine dato il coraggio di superare ogni mia reticenza ? La forza del mio amore e lo sguardo e i sorrisi dei "miei" bambini togolesiLa morte fa come dice il commento di
Grazia Orlando
6 ore fa
La morte fa parte della vita come il dolore che Essa ci "concede" di vivere e provare. La mancanza della persona che ci ha lasciato sarà sempre una ferita profonda nel nostro animo, ma quale cosa più bella, pur convivendo e non negando il dolore, avere la capacità di non lasciarsi andare al nostro egoismo, che ci vuole chiusi nella nostra sofferenza, e sviluppare amore, la forma più alta che la vita ci ha donato?
13.6.15
la 194 va potenziata non riformata o abolita la storia di Michela Napolitano che sceglie di non abortire e di tenersi il 4 figlio
3.4.14
aggiornamento de4l caso di bullismo ad olbia oggi dovrebbe incminciare a lavorare in officina
fai del bene con il cuore ed senza aspettare niente in cambio, dare vuol dire umanità'..la colpa della povertà e la ignoranza ed indifferenza nostra..
qui la vicenda
http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2014/04/olbia-bullismo-al-panedda-spara-in.html
10.3.14
i viaggiatori
(I fiori del male - C. Baudelaire)
10.6.12
THE ARTIST di michel hazanavicius [ SPOILER ]
26.8.09
Non siamo tutti uguali
Lustra è la nostra memoria, appianata, morta, forse mai vissuta. Enzo è diventato, suo malgrado, un segno e una coscienza.
Il corpo di lui, uomo così fisico, ancora non c'è. Enzo è associato a un passato che ci sormonta, alla dabbenaggine dei nostri governanti di allora, che sono gli stessi di adesso, alle ingiurie urticanti della stampa viscida e servile, alla foschia delle sabbie, ad altri Drogo persi, nel sole cisposo, manciate di minuti, secoli fa.
C'è chi non ha dimenticato, si capisce. Molti, anzi. Ma non se ne parla in giro, pertanto non esistono. "Ci manchi", "Addio balena" (era il suo soprannome). Per tutti valgano le accuse di Franco Gialdinelli, coordinatore della lista: "...mercoledì 26 agosto saranno trascorsi esattamente 1.825 giorni (comprese 14.600 ore lavorative diurne) durante i quali, mi risulta che nessun politico, nessun intellettuale noto, nessun magistrato e nessun rappresentante delle istituzioni e dello Stato, non ha mai poggiato un solo dito su una tastiera di un telefono o di un computer per denunciare che Enzo era stato trucidato anche grazie all’indifferenza e ai giochetti di scaricabarile del governo, dell’opposizione e della Chiesa". Enzo non era come tanti altri, non era uguale. Non siamo tutti uguali: lo ha ricordato ai sindacati (solo Cisl e Uil, la "sovversiva" Cgil è stata emarginata) il ministro Sacconi, di scuola socialista (craxiana) a proposito della differenziazione dei salari.
Non è mia intenzione disquisire in questa sede di economia. E' ovvio che la distribuzione di denaro varia da lavoro a lavoro. Ed è vero che sono stati commessi, in passato (e nel presente), degli abusi. Ma continuo ad arrovellarmi su quella frase, "non siamo tutti uguali", e, per quanto cerchi di limitarla e contestualizzarla, non posso che trovarla inquietante, sinistra. Disgustosa. E' buttata là, con impassibile sciatteria verbale, tale da non farci stupire se poi, come risulta, le matricole universitarie non conoscono più l'italiano. Le parole sono preziose, vanno centellinate. "Non siamo tutti uguali" sancisce una disparità di principio, genetica, irreversibile, è qualcosa legato al sangue, alle cellule. Il principio di diseguaglianza, innalzato a valore supremo dalla (in)cultura odierna, è l'esatta antitesi del diritto alla diversità su cui la democrazia si fonda e per il quale i nostri predecessori si sono battuti, e sono morti. E' in nome del principio di diseguaglianza ("non siamo tutti uguali") che sono stati condannati a una morte orribile, e nell'indifferenza generale, ottanta eritrei su indegni barconi d'immondizie. Immondizie umane. Non siamo tutti uguali. C'è qualcuno, pertanto, che ha la precedenza, che è più "umano" di altri, che va aiutato; ad altri, meno uguali, tocca necessariamente una sorte diversa. Nell'Ottocento si chiamava darwinismo sociale. E' in nome di questo darwinismo sociale riverniciato che il rappresentante d'un partito di governo può invocare impunemente l'eliminazione dei bimbi rom (o meglio, come dice lui, "dei" zingari).
E' sempre in nome del darwinismo sociale, supportato in questo caso da una massiccia dose di moralismo, che il responsabile dei gay accoltellati a Roma se ne stava a piede libero, e a casa l'hanno anche trovato, una volta che si è deciso di trascinarlo in guardina. Pare lo chiamassero "Svastichella" per note simpatie politiche e l'ammirazione nei confronti di mons. Fisichella, il quale, subito dopo l'aggressione dei due ragazzi, si sarebbe affrettato a premere sui politici affinché non approvassero una legge anti-omofobia, la quale, secondo lui, aprirebbe la strada ai matrimoni gay (!). Ho provato a immaginare la storia di Svastichella, la sua vita senza scopo, senza colori, attratta e insieme terrorizzata dai dolci dolori, dalle dune mosse, dai mille soli, dai domani alternati che la diversità dell'amore sa offrire e profondere. E che tanto sconvolgono gli animi anchilosati dei gendarmi della Diseguaglianza. Nel loro cupo universo non può esserci spazio per le scie dorate. Un coltello ha usato, non una pistola. Nessun modo migliore per deflorare un'assordante tenerezza che lo infastidiva, perché non poteva ammansirla, renderla uguale, lineare. Ed era tanto più convinto di essere nel giusto, che non aveva minimamente pensato a nascondersi. Perché? Da anni, ormai, lo sentiva ripetere, in televisione, dai pulpiti, sui giornali: non siamo tutti uguali. Da un lato noi, i buoni; dall'altro loro, i cattivi, i diseguali. Da eliminare; o, almeno, da prendere a calci in quel posto, come asseriscono altri simpatizzanti del governo in carica.
"Cosa spinge l’uomo a prevaricare un altro uomo fino a giungere alla esclusione e allo sterminio: il potere? Il sadismo? Il danaro? La sopravvivenza? - si chiede acutamente Silvio D'Amico. - Eppure se noi analizziamo i luoghi del razzismo questo attecchisce anche nei luoghi dove maggiore è la ricchezza e il benessere. Da ciò possiamo dedurre che la sopravvivenza poco ha a che fare con il razzismo e molto invece con tutto il resto. Ecco che allora di fronte a questa recrudescenza [...] si cela una battaglia etica. Riportare alla luce l’etica è il compito di chi crede che l’esclusione e il dominio non appartengano ai propri valori... L’universalità del pensiero non deve confondersi con il pensiero unico, in quanto universale essa è capace di racchiudere nell’universalità le diversità. E’ questa la ricchezza dell’Universalità. Cosa diversa è il pensiero unico da cui nasce il Totalitarismo. Se noi ci limitassimo a combattere il neorazzismo perderemmo di vista il problema dell’uomo. La fatica di accettare le diversità esita nel premio della sublimazione e colloca l’uomo e la donna nella sfera del divino. Facile è la condanna e l’esclusione, sublime è il perdono e l’accoglienza. La logica dell’esclusione genera un sentimento di paura che limita l’azione degli uomini e delle donne verso l’evoluzione sociale. La paura blocca le coscienze e innesca un meccanismo di autoconservazione generando l’istinto di sopravvivenza sorretto dalla necessità di esclusione. L’uomo è annichilito, incapace di comprendere le diversità, di accoglierle. Diventa un mero esecutore di azioni indotte da messaggi subliminali che dettano la pratica. Un meccanismo di perversione offusca le coscienze e conduce all’involuzione. Il germoglio della vita subisce il vento della violenza piegandosi fino a insabbiarsi. L’agonia della vita strazia le coscienze e innesca un meccanismo di rimozione che accantona l’evoluzione. Nella scala della vita il gradino più alto diventa insormontabile, meglio tornare indietro. Eppure dopo quel gradino iniziano le distese del mondo che dispiega tutta la bellezza del creato. L’armonia delle diversità si compongono nell’universalità dettando le note per un soave canto. La musica sublime allieta l’esistenza e apre un percorso nuovo di conoscenza. Eppure nella storia quel limite è invalicabile. Perché?". Vi lascio con questo interrogativo.
Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.
Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...
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Aveva ragione de Gregori quando cantava : un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memor...