Passa ai contenuti principali

chi lo ha etto che per vincere bisogno arrivare primi e altre storie di umanità ai margini maltrattate da burocrazia fake news -bufale e da hater -odiatori

da http://iltirreno.gelocal.it/livorno/sport/2017/12/09/

L’onda perfetta di Mattei, è quarto al mondiale di adaptive surf

Livorno, Massimiliano protagonista in California ai campionati iridati con la nazionale italiana: «Emozioni uniche, avanti così »



LIVORNO. Obiettivo raggiunto, anzi, più che raggiunto per Massimiliano Mattei che torna dal Mondiale di adaptive surf di San Diego con addosso la medaglia di rame, primo italiano a raggiungere un risultato del genere in questa disciplina. Una medaglia che vuol dire quarto posto, ma se si pensa a come è stato raggiunto vale molto di più. «Quando sono arrivato in finale – spiega Mattei dopo il Mondiale californiano per diversamente abili – ho gareggiato contro un americano, uno spagnolo e un danese. Loro hanno la fortuna di vivere vicino all’oceano e di potersi allenare lì tutti i giorni, io no. Inoltre la mia lesione è diversa: loro hanno un minimo di sensibilità alle gambe, mentre io no. Non siamo abbastanza per suddividerci in varie categorie…»

LEGGI ANCHE:




Dopo il settimo posto ottenuto l’anno scorso, stavolta il piazzamento al Mondiale è stato decisamente più lusinghiero.

«L’anno scorso abbiamo partecipato grazie all’autofinanziamento, quest’anno invece ci ha sostenuto la Federazione: questo ci ha dato la possibilità di focalizzarci sulla gara, di viverla da atleti veri».

Un evento concentrato in così pochi giorni vissuto dentro e fuori dall’acqua.

«Con i compagni di squadra abbiamo condiviso una crescita importante, ci siamo sostenuti l’un l’altro nelle varie categorie. E dopo le gare non sono mancati neanche momenti di aggregazione, dove ci sedevamo a un tavolo per condividere le nostre esperienze con le altre Nazioni. Cercavamo di capire lo sviluppo del nostro sport e come portarlo a livello di riconoscimento paralimpico».

Massimiliano, che effetto le fa quella medaglia al collo?

«Non avevo mai ricevuto prima un riconoscimento così importante, l’effetto che mi dà è bellissimo. Spero che porti la nostra scuola (la Surf4all, che ha base a Tirrenia, ndc) a raggiungere gli obiettivi prefissati. Spero che l’attenzione generale non ci abbandoni. Vogliamo farci conoscere in varie zone d’Italia in modo da poter avvicinare più gente possibile a questo sport, a scopo agonistico o anche solo per puro divertimento. Vorrei anche cominciare dei percorsi con le realtà di Livorno con cui non abbiamo mai collaborato, ma sarebbe importante poter far nascere qualcosa anche qui. In California ho consegnato il gagliardetto del Comune di Livorno che mi aveva dato l’assessore allo sport Andrea Morini al presidente dell’Isa (International surfing association, ndcFernando Aguilera. Insomma, in un certo senso ho avvicinato Livorno a San Diego».

È vero che durante la manifestazione ha surfato l’onda più alta dell’intero contest? 

«Dicono così. Io speravo in un’apertura di quell’onda che mi permettesse di planarla e di entrare nel tubo per ottenere un punteggio più alto, ma l’onda mi ha chiuso davanti: dovevo scegliere un punto del campo gara che mi permettesse di performare il mio surf rispetto a quello degli altri atleti, volevo prendere due onde che mi potevano dare un punteggio alto. Se ho ottenuto questo risultato è grazie alla preparazione in piscina che ho fatto nei mesi precedenti la gara e grazie allo sviluppo della tavola, che ha fatto veramente la differenza in questa manifestazione. Devo ringraziare Kiko Eclipse, lo shaper della tavola da surf sulla quale è applicato un cuscino modellato su misura che, oltre a permettere di sollevare il busto per dare stabilità sull’onda, è appositamente scavato sotto le ascelle per garantire libertà di movimento in mare. Si tratta di un supporto fondamentale nato da un percorso cominciato con Maurizio Regoli dell’autotappezzeria Gpr e poi approfondito nel laboratorio di Michelotti Ortopedia».

Quali sono i suoi prossimi obiettivi?

«Penso già al Mondiale del prossimo anno, ma prima vorrei trovare i fondi per partecipare a una competizione che si terrà alle Hawaii ad agosto, la Duke’s Ocean Fest. In pentola abbiamo anche la preparazione della categoria donne: nella nostra associazione abbiamo due potenziali atlete che prepariamo per i Mondiali, c’è bisogno della realtà femminile per farci riconoscere nel 2024 come sport paralimpico. Vorrei poi che ci potessimo spostare in Portogallo, Francia o Spagna per fare gli allenamenti, in modo tale da farci trovare più pronti per la prossima stagione».

Lo speaker della manifestazione non riusciva a pronunciare il suo nome... 

«Mi chiamava sempre “Massimilio”: ho provato a spiegargli che non era il mio nome, piuttosto poteva chiamarmi Max o Massi, ma non c’è stato verso. Alla fine mi sono arreso e considerando che mi stava portando bene, l’ho lasciato fare». Più che bene visto il risultato finale, che consacra Massimiliano come pioniere dell’adaptive surf in Italia»


da

http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2017/12/10/news/
UDINE. Da re delle palestre, con un passato di rugbista tra i più noti in regione, a malato di Sla, tradito dai suoi stessi muscoli e costretto su una sedia a rotelle. La storia di Dario Del Fabro, 62 anni, udinese di Chiavris, è di quelle che gridano vendetta: ingiusta, come sempre quando a incombere è una malattia senza ritorno, e crudele, colpendo proprio chi, dello sport e dei suoi inesauribili flussi energetici, aveva fatto la propria linfa vitale.Ora, arrivato a un passo dalla paralisi totale e dopo il niet del tribunale a curarsi con un farmaco sperimentale, è a un post su Facebook che ha deciso di affidare il suo messaggio. Non l’ultimo, certo, ma capace di mobilitare l’intera comunità di amici, virtuali e no, e di scatenare non pochi interrogativi.


«Questo sarà il mio ultimo Natale – ha scritto –. La mia vita è giunta al capolinea. Da quasi quattro anni sono ammalato di Sla, malattia incurabile che ha reso la mia esistenza un calvario improponibile. Auguro a tutti voi un futuro ricco di salute. Lascio due fotografie in ricordo dei tempi felici». Prima di congedarsi dal mondo, però,Dario intende realizzare un progetto. L’ennesimo della sua caleidoscopica vita, scandita dai successi collezionati fin dagli anni della scuola, quando, a fronte di un temperamento vivace e dei suoi mille altri interessi, riusciva a brillare in tutte le materie, e continuati in età adulta, prima come ufficiale dell’Esercito, e, poi, come titolare della palestra “Nautilus”, la prima a portare il body building californiano in Friuli, da lui stesso fondata 36 anni fa, in via Biella, e passata di mano, non senza un nodo strettissimo alla gola, lo scorso 31 maggio.Un libro autobiografico, ecco il regalo che Del Fabro ha deciso di dedicare a sè e a tutti coloro che sceglieranno di leggerlo e di farne tesoro. «Vorrei raccontare la Sla, partendo dalle mie origini, con tutte le esperienze vincenti che ho vissuto fino a 59 anni – ci spiega, con quel po’ di voce che gli è rimasta, ma con una determinazione esemplare –. Mi è capitata una cosa atroce, ma la sto affrontando con la stessa forza d’animo e il coraggio che hanno sempre sostenuto ogni mia azione». Un omaggio alla vita che fu, finchè la Sla non l’ha messo alle corde, inibendogli qualsiasi prospettiva futura.La drammatica svolta risale al 2014. «In aprile i primi disturbi, con un’insolita rigidità agli arti inferiori – ricorda –. All’epoca avevo una stazza di 110 chili, frutto dell’attività praticata in palestra, ma essendomi dedicato allo sport fin da giovane, e in particolare al gioco del rugby per dodici anni, inizialmente si pensò a un problema di natura muscolare. Rimandammo i controlli al rientro dal mare, in agosto. Nè gli accertamenti dal reumatologo, nè gli esami del sangue e delle urine, tuttavia, riuscirono a spiegare l’origine di quei sintomi».La risposta arrivò a metà settembre, con la visita neurologica. «Dopo avermi osservato camminare – continua Del Fabro –, lo specialista si sedette alla scrivania e cominciò a scrivere la diagnosi. Gli chiesi se dovessi preoccuparmi e lui mi rispose che avevo la malattia dei motoneuroni. Rimasi immobile. «Non sarà mica la Sla?», gli domandai. E da quel momento non riuscii a chiudere occhio per un mese. Girai l’Italia in lungo e in largo, dalle Molinette di Torino, al Niguarda di Milano, in cerca di un responso di segno opposto. Da tutti, invece, ricevetti soltanto conferme».Il processo neurodegenerativo era cominciato. E, considerata l’età del paziente, la sua ineluttabile avanzata gli avrebbe concesso fra i tre e i cinque anni di vita appena. «Nell’estate 2016 riuscivo ancora a correre in bici – racconta Del Fabro, abbozzando un malinconico sorriso – e alla sedia a rotelle ho dovuto rassegnarmi qualche mese fa. Nel frattempo, ovviamente, ho cercato in ogni modo di resistere. Esiste un farmaco che pare in grado di rallentarne il decorso per due mesi, ma al prezzo di possibili problemi al fegato e al pancreas. E visto che nella mia famiglia ho perso già nonno, padre e due zie per tumore al pancreas, ho rinunciato».Poi, però, la stella della speranza ha cominciato a splendere di nuovo. «Si chiama GM 604 ed è un farmaco testato negli Stati Uniti – spiega –. Il problema è che, nel 2016, era ancora in fase di sperimentazione. L’avvocato calabrese Fabio Trapuzzano, tuttavia, è riuscito a ottenere per sei pazienti il via libera alla sua adozione da parte di altrettanti tribunali, da Napoli a Macerata. E le evidenze, finora, sono state positive: miglioramento di tutti i parametri, dalla deambulazione alla parola. Allora l’ho contattato».La risposta del tribunale civile di Udine, però, ha avuto l’effetto di un pugno nello stomaco. «Il ricorso, urgente e cautelare, è stato rigettato – continua Del Fabro, con voce rotta dalla commozione –. Nel motivare l’ordinanza, il giudice ha parlato di efficacia non comprovata del farmaco e sostenuto la necessità di uno studio di dimensioni più ampie».Nè sorte migliore ha avuto il successivo reclamo. E così, messa la parola fine all’unica chance che la scienza gli aveva presentato, a Del Fabro non resta che il rimpianto. «Trattandosi di decisione lasciata alla discrezione del giudice – confessa –, l’avvocato mi aveva consigliato di spostare la residenza a Napoli. Mi rifiutai, sbagliando. Lo feci per non tradire la mia udinesità e questo è il risultato».

 stesse  sensazioni ed  indignazioni     che prova 







4 ore fa
pietrass
Leggendo questo articolo , sono rimasto basito e costernato , perchè una persona dipendente dello stato , da noi pagato con le nostre tasse si arroga il diritto di decidere il destino di un' ammalato :mi vengono in mente le parole di una canzone di Faber: Giudici eletti uomini di legge noi che danziam nei vostri sogni ancora siamo l'umano desolato gregge di chi mori con il nodo alla gola.Signor DEL Fabbro, l' unica cosa che posso fare nel mio piccolo è dire un preghiera per LEI di tutto cuore

le  ultime due




CRONACA » PROVINCIA DI ALESSANDRIA

Il 18enne è malato di tumore, i compagni si vaccinano in massa per proteggerlo

Giovedì 07 Dicembre alle 20:55

I ragazzi della 5E
Un gesto d'amore, ma anche di responsabilità, nei confronti del compagno di classe malato di tumore.
È quanto hanno fatto i ragazzi della 5E del liceo Amaldi di Novi Ligure.
Per proteggere il compagno malato, hanno deciso di vaccinarsi tutti insieme contro l'influenza.
"Simone, il ragazzo malato, non può essere sottoposto al vaccino perché il suo sistema immunitario è debole e compromesso dalle terapie. E per lui contrarre l'influenza sarebbe più invalidante che per una persona sana, e significherebbe perdere ancora tanti giorni di scuola, oltre a quelli dedicati obbligatoriamente alle terapie", si legge sul sito dell'Istituto scolastico.
Per questo "i suoi compagni e docenti si sono sottoposti volontariamente al vaccino, andando a costituire quel gregge che lo proteggerà come uno scudo dall'attacco del virus".
Al giovane è stato diagnosticato un osteosarcoma, e per curarsi ha dovuto ricorrere a terapie molto pesanti che ne hanno ridotto al minimo le difese immunitarie.
L'iniziativa ha ricevuto il plauso della Lorenzin: "Una storia esemplare, bellissima, di senso civico e generosità che parte dai giovani".
(Redazione Online/L)


Commenti

Post popolari in questo blog

"Meglio in cella che testimone senza scorta" Ex pentito della banda di Is Mirrionis ruba un furgone e si autodenuncia in questura

s-come-selen-sposa-s-come-sara-sex due destini che s'incrociano

la canzone preghiera dei cugini di campagna racconta di Jole ed Ettore, i fidanzatini sassaresi lei morì di leucemia, lui si uccise