27.12.17

Paola l’eremita: «Vivo a mille metri d’altezza e prego per voi. Il postino non sale, uso il web»

in sottofondo  Franco Battiato - E ti vengo a cercare

Sfogliando  un altro   quotiuotidiano  che non sia   solo la  voce  del Pd (  anche  se   con una piccolissima  parte   critica  )  come  la repubblica ho trovato sul corriere    della sera del 26\12\2017    questo  storia   interessante   che   ho deco di condivederecn voi  .  Essa mi  ha riportato alla mente  , la  canzone   della  colonna sonora  del  post  


Paola l’eremita: «Vivo a mille metri d’altezza e prego per voi. Il postino non sale, uso il web»
Come rifugio un ex essiccatoio per castagne sulle Alpi Cozie. «Il cellulare e internet vanno usati con criterio ma sono buoni alleati di noi eremiti». Riceve tante persone: «Nel primo anno più di 750. Mi chiedono consigli anche sacerdoti in crisi»

La baita dove vive da sola suor Paola Biacino (ph. Siccardi/Walkabout)
La baita dove vive da sola suor Paola Biacino (ph. Siccardi/Walkabout)

TORINO - Spala la neve. Gli scalini che dalla strada scendono fino a casa sua devono essere puliti il prima possibile. «A Natale qui saremo undici: io, le mie tre figlie, i loro mariti e i quattro nipoti. Dal 27 al 30 dicembre ospito dei toscani di Viareggio. E dal 30 dicembre al 2 gennaio aspetto 17 giovani da Torino e dalla Valle di Susa». Fa freddo. «Mai come sei o sette anni fa quando caddero quattro metri di metri e il termometro scese a meno 25 gradi». Classe 1958, trentina di nascita, piemontese d’adozione, suor Paola Biacino ha modi sportivi e un sorriso contagioso. È madre. Nonna. Ed eremita. Vive sola a mille metri d’altezza, in un ex essiccatoio per castagne trasformato in baita. Alpi Cozie, comune di Bagnolo, provincia di Cuneo: il suo rifugio è abbracciato agli alberi e alle rocce di Pra ‘d Mill, non distante dal monastero cistercense Dominus Tecum
Prima di arrivare a questo approdo, suor Paola ha macinato giorni lunghi e amari. «La vocazione per la vita consacrata l’ho avuta a sette anni — racconta — Volevo fare la missionaria». Altri, però, hanno deciso al suo posto: a 18 anni è stata costretta a sposarsi, iniziando una convivenza dolorosa. «Sono arrivate anche tre splendide figlie, che ho cresciuto dando loro tutto l’amore possibile. Così quei trent’anni in famiglia sono stati la mia missione». Quando, dopo tante traversie, la Chiesa ha annullato il suo matrimonio, Paola ha capito che era giunto il momento di riconsiderare la sua esistenza. «Non ho scelto l’eremo — precisa — semplicemente ho scelto, ancora una volta, Cristo». Nel 2004 ha conosciuto i ruderi che grazie al suo impegno e alla generosità di molti amici sarebbero diventati il suo rifugio. Il 23 luglio 2005 s’è definitivamente trasferita lassù. Dal 2007 è un’eremita riconosciuta dal vescovo di Saluzzo. Già, perché non basta abbandonare tutto e vivere in posti selvaggi: la Chiesa cattolica accetta come eremiti solo coloro che si danno una regola di preghiera e vivono un rapporto di comunione con la comunità cristiana del luogo .ggi, in tutta Italia sono circa 200, uomini e donne. Suor Paola Biacino è una di loro. «La preghiera è come un’antenna invisibile, che chiama a sé le persone» spiega. «Ho lasciato il mondo. Il mondo, però, rimane qui, accanto a me».
C’è sempre qualcuno che sale in baita. «Nel primo anno le visite sono state più di 750, da allora ho perso il conto». Arriva gente d’ogni età e d’ogni ceto, spesso segnata dal disagio. O sacerdoti in crisi. «A volte non ho risposte. Ascolto, stringo forte le mani, rido o piango con chi mi siede di fronte. Una cosa prometto e quella faccio: portare davanti al tabernacolo la storia di chi incontro». Capita a volte che inizi un rapporto fatto di telefonate, sms ed e-mail. «Il cellulare va usato con criterio, ma è un buon alleato di noi eremiti. Così come il web. Il postino non sale. E non sempre mi va di scendere a valle con la vecchia utilitaria che mi ha regalato un gesuita». Solo in Quaresima suor Paola sceglie un ritiro più radicale: un cartello alla porta chiede, per favore, di non bussare.
La sua giornata comincia in cappella alle 3: «Canto i salmi del Mattutino». Alle 4 torna in cucina a rifocillarsi. Poi, di nuovo in cappella. «Le ore sono scandite da preghiera, letture e lavori manuali. Vede quei berretti di lana là, su quella sedia? Li ho fatti io sferruzzando. Sono i miei regali. Dipingo anche. Sto finendo un’icona che ritrae le nozze di Cana». Normalmente va a letto alle 20.30. L’eremo è pace ma anche lotta estrema. «Ti scarnifica dentro, riporta a galla tensioni irrisolte». Tutto è amplificato dal silenzio. «Dio parla e si fa vicino. Occorre lasciargli lo spazio che si merita, tenendo a bada i pensieri e purificando il cuore. Talvolta vivo periodi di aridità interiore. Che faccio? Persevero. M’inginocchio e prego. Quando finisce, avverto che non ne esco sola. Con me, stanno meglio anche altre persone».

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