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15.3.24

lo sterco del diavolo...ehm...il denaro non ha confini etnici Rapina choc in un gioielleria di Brescia: il leader della banda è un fotomodello frequentatore delle passerelle milanesi

Oltre  a titolo del post  penso che  ,  lo stesso   vale     pe r tutti a prescindere  dall'appartenenenza  etnica  , che    chi  tropo   vuole  nulla  stringe  . Capisco e  posso  comprendere   , ma  non  giustifico  , che  tu    venga  in italia ed  delinqui  per  vivere . Ma  quando  :  non sei  sfruttato     cioè devi pagare  i  il debito a  chi   ha  fatto venire ,  non  hai lavoro  ,   ecc .  ma  hai  un lavoro  che  ti permette  di vivere   dignitosamente  o  anche  bene    come  il  caso in questione   allora  sei  una  💩


  da  https://www.msn.com/it-it/channel/source/Leggo/



Sono stati arrestati tre rapinatori ritenuti responsabili di due rapine violente e a mano armata avvenute a Brescia in un compro oro di via Orzinuovi a inizio gennaio e all'interno di una gioielleria sotto i portici in pieno centro di due settimane fa. Il leader della banda criminale è un fotomodello di 22 anni di origini senegalesi, che ha sfilato sulle passerelle milanesi per i più grandi marchi di moda.Stando a quanto emerso dalle indagini, la banda, composta da giovanissimi, commetteva le rapine per poter fare poi una vita di lusso tra potenti auto e cene nei migliori ristoranti.

Gli arrestati: Sylla il modello era il capo banda

Il fotomodello si faceva chiamare “Sylla”. «Faccio il modello a Milano», diceva nelle telefonate intercettate dagli investigatori.  Sul suo profilo social, e nella sua abitazione di Mazzano, nel Bresciano, sono state trovate le foto colori e in bianco e nero, mentre indossa le ultime collezioni uomo nei defilé, prova i capi e il portamento nel backstage con tanto di fotografo, si prepara nei camerini professionali di un mondo che conosceva. Origini senegalesi, ha appena 22 anni. E per gli inquirenti sarebbe stato proprio lui, la sera del 23 febbraio scorso, a mettere a segno la rapina violenta alla gioielleria «I gioielli di Rossana» sotto i portici di via X Giornate insieme a un complice albanese di 26 anni (l’unico incensurato). In cella sono finiti in tre: c’è anche un 27enne di origini marocchine nato in Italia, anche lui di casa a Mazzano. Due i colpi che vengono loro contestati: quello in gioielleria e al compro oro «Oro in euro» del 10 gennaio scorso, in via Orzinuovi, sempre in città. Tutti e tre avevano un alto tenore di vita, dalle auto ai ristoranti di lusso. 

Banda sgominata grazie ai filmati di videosorveglianza

Filmati di videosorveglianza sono stati fondamentali per dare un volto alla banda di rapinatori, che tra gennaio e febbraio, ha colpito un compro oro e una gioielleria a Brescia.Grazie alle immagini carabinieri e polizia sono risaliti ai presunti membri. I tre uomini, che stavano preparando un altro colpo, sono stati fermati a Mazzano e portati in carcere.

Spinto il titolare del negozio e picchiato il figlio

Nel video del 23 febbraio si vede una donna uscire dalla gioielleria. Fuori, sotto i portici del centro, aspettano due uomini vestiti da rider a bordo di monopattini e con il casco. Approfittano della porta aperta e fanno irruzione in negozio. Spingono la titolare e picchiano il figlio, e dopo aver sparato un colpo a salve, scappano con 300mila euro di refurtiva. Il 10 gennaio i rapinatori avevano usato i passamontagna per camuffarsi. Sempre con la pistola in pugno avevano portato a termine il colpo.

Oltre ai tre fermati ci sono sette indagati

Oltre ai tre fermati ci sono altri sette indagati. Tra loro la donna, indagata per concorso in rapina. La complice, secondo le ricostruzioni, si fingeva cliente, entrava in negozio e così apriva la strada ai rapinatori.  Gli altri sei sono indagati per ricettazione. Le  forze dell'ordine durante le perquisizioni nella case degli indagati,  tutti residenti nel bresciano, hanno recuperato parte della refurtiva: orologi e gioielli.Le rapine avevano creato allarme tra i negozianti. La titolare della gioielleria Renata Dini aveva incontrato il questore. Dopo gli arresti, ha raccontato, ha ritrovato la serenità.

Le parole del prefetto di Brescia

«Sono particolarmente felice del risultato di questa operazione di Polizia e carabinieri avvenuto in tempi rapidi. Erano fatti che hanno preoccupato molto la comunità bresciana Lo Stato ha risposto», ha detto il prefetto di Brescia, Maria Rosaria Laganà, introducendo la conferenza stampa sugli arresti. «Abbiamo dato una risposta concreta - ha aggiunto -, al di là delle rassicurazioni, a chi opera nel centro di Brescia.Dopo la rapina in gioielleria si era diffusa la paura».

6.1.23

Il ritorno a Pozzomaggiore della principessa D’Avalos Antonella Nughes morta a Napoli e sepolta nel suo paese

  da  la nuova   Sardegna  del 4\1\2023
 Sassari
La voce rimbalza dalle chat fino alle antiche vie del paese. La principessa è tornatadalle chat fino alle antiche vie del paese. La principessa è tornata, ma stavolta è per sempre. Lontana da Napoli e dai fasti incantati di quasi tutta una vita: Antonella Nughes Serra, nata nel 1937 tra le morbide colline del Meilogu, riposa ora nel cimitero della sua Pozzomaggiore. È insomma tornata da dove era partita quando era ancora una ragazzina dai modi gentili e raffinati in cerca di fortuna.
Antonella Nughes Serra nel suo palazzo di Napoli
 immortalata dal fotografo americano Slim Aarons

Chi non conosceva la sua storia, in paese, ha sgranato gli occhi e si è subito fiondato alla ricerca di informazioni da leggere e condividere con gli altri. Perché Antonella Nughes Serra, scomparsa nei giorni di Natale, era la moglie del principe e musicista napoletano Francesco D’Avalos, il discendente di una antichissima famiglia aristocratica di origine spagnola diramatasi anche in Italia prima ancora della
A sinistra il compositore Francesco D’Avalos,
marito di Antonella Nughes Serra,

scoperta dell’America. E così anche lei, Antonia Angela per tutti Antonella, poteva fregiarsi del titolo di principessa D’Avalos e anche di quello di dama di giustizia dell’Ordine costantiniano di San Giorgio. Memorabili le sue amicizie e leggendari i suoi ricevimenti. Si dice che una volta, nel suo vecchio e caro palazzo nel centro di Napoli, ospitò addirittura Elisabetta, regina madre del Regno Unito, che era arrivata in Italia insieme alla figlia Margaret.
La storia di Antonella Nughes Serra, morta pochi giorni fa a 85 anni, ricorda molto le fiabe che si raccontavano soprattutto una volta. Nata a Pozzomaggiore il 24 ottobre del 1937, terza di cinque figli, lasciò la Sardegna poco più che bambina per lavorare al servizio di facoltose famiglie. Bella e affascinante, girò l’Italia e poi l’Europa e proprio in Inghilterra avrebbe quindi conosciuto il suo futuro marito, il principe Francesco D’Avalos. Nato a Napoli nel 1930 e morto nel 2014 sempre nella città campana, l’aristocratico, erede di una delle famiglie più potenti del defunto Regno delle due Sicilie e tra le altre cose legato anche ai reali inglesi, di professione faceva il compositore e il direttore d’orchestra. Antonella Nughes Serra e Francesco D’Avalos si sposarono così a Londra il 6 novembre del 1970 e dalla loro unione, un anno più tardi, nacque Andrea, oggi l’ultimo erede della famiglia D’Avalos.
La storia di Antonella Nughes Serra, morta pochi giorni fa a 85 anni, ricorda molto le fiabe che si raccontavano soprattutto una volta. Nata a Pozzomaggiore il 24 ottobre del 1937, terza di cinque figli, lasciò la Sardegna poco più che bambina per lavorare al servizio di facoltose famiglie. Bella e affascinante, girò l’Italia e poi l’Europa e proprio in Inghilterra avrebbe quindi conosciuto il suo futuro marito, il principe Francesco D’Avalos. Nato a Napoli nel 1930 e morto nel 2014 sempre nella città campana, l’aristocratico, erede di una delle famiglie più potenti del defunto Regno delle due Sicilie e tra le altre cose legato anche ai reali inglesi, di professione faceva il compositore e il direttore d’orchestra. Antonella Nughes Serra e Francesco D’Avalos si sposarono così a Londra il 6 novembre del 1970 e dalla loro unione, un anno più tardi, nacque Andrea, oggi l’ultimo erede della famiglia D’Avalos.
Ricordo in paese Antonella Nughes Serra passò molti anni della sua vita a Napoli, senza però mai dimenticare le sue origini. Spesso tornava infatti a Pozzomaggiore per incontrare parenti e amici. Ritorni, i suoi, che non passavano certo inosservati. «Io me la ricordo – racconta Mariano Soro, il sindaco di Pozzomaggiore –. Ero piccolo quando rientrava in paese per venire a trovare la sua famiglia, ma ricordo bene che tutti noi rimanevamo colpiti dalla sua bellezza e da quei suoi modi così eleganti, gentili e composti. Ma devo dire che era una donna comunque molto umile e quando tornava a Pozzomaggiore non arrivava certo in carrozza. In tanti mi hanno raccontato che l’umiltà era proprio un elemento caratterizzante del suo modo di essere». Vita a Palazzo A Napoli la principessa arrivata da Pozzomaggiore abitava nel palazzo D’Avalos, in via Dei Mille, quasi ai piedi del Vomero. Qui Antonella Nughes Serra teneva importanti ricevimenti e sempre qui fu anche immortalata dal famoso fotografo americano Slim Aarons, uno che nel corso della sua lunga carriera ha puntato il suo obiettivo verso numerose stelle del jet-set di allora. Un palazzo cinquecentesco ricco di ricordi e di storie formidabili – ospitò addirittura le riprese di un documentario firmato da Werner Herzog –, ma anche un posto che per Antonella Nughes Serra è stato negli ultimi tempi fonte di grandi dispiaceri. Pochi anni fa, dopo la morte di Francesco, la principessa D’Avalos e il figlio Andrea hanno infatti dovuto subire un doloroso sfratto per via di alcune vicende giudiziarie, come ha più volte raccontato il Corriere del Mezzogiorno. Ultimo viaggio Scomparsa nei giorni di Natale, il suo funerale è stato celebrato con grande riservatezza a Napoli nella chiesa della Concezione al Chiatamone, chiamata anche delle Crocelle. Poi il trasferimento della salma in Sardegna, fino a Pozzomaggiore, dove la principessa D’Avalos aveva chiesto di essere sepolta. Un’ultima cerimonia che si è svolta poche ore prima della fine del 2022, anche in questo caso in silenzio e lontano da ogni clamore. «So che era molto legata alle sue origini – aggiunge ancora il sindaco Mariano Soro –. Per questo ha scelto di farsi seppellire qui, nonostante mancasse da Pozzomaggiore da moltissimi anni». Una cerimonia ristretta della quale in paese si è naturalmente parlato. «Beh, quella di Antonella Nughes Serra è una storia sicuramente bella e ricca di fascino – prosegue il primo cittadino –. Girò il mondo, ebbe a che fare con tantissime persone, tra l’altro molto importanti, e so che fu anche una donna tanto amata e molto rispettata. Nei giorni scorsi siamo stati avvisati della sua sepoltura a Pozzomaggiore e siamo stati ben felici di accoglierla, rispettando la volontà della riservatezza». A dire addio alla principessa Antonella, con un messaggio di cordoglio comparso sul sito dell’Ordine costantiniano di San Giorgio, anche Carlo di Borbone delle Due Sicilie.
In altre parole, uno dei pretendenti al trono del vecchio regno del Meridione che cessò di esistere nel 1861 con l’unità d’Italia.

30.3.17

Da lavapiatti a co-proprietario di uno dei ristoranti top È la storia di Ali Sonko, 62 anni; da 34 abita in Danimarca




Da lavapiatti a co-proprietario di uno dei ristoranti top


Fonte: Twitter


Per ben 4 anni è stato insignito della corona di ristorante migliore del mondo dalla rivista Restaurant, il marchio Noma è tra i più famosi al mondo. Il ristorante stellato Michelin stavolta fa parlare di per una bella storia: l’azienda ora vede come co-proprietario un lavapiatti immigrato.
 dal suo   twitter

Si chiama Ali Sonko è originario del Gambia e lavora nella cucina di Noma sin dal 2003, anno della sua apertura. “Si tratta di uno dei momenti più belli da quanto il Noma ha aperto”, ha spiegato René Redzepi su Facebook. “Ali è una vera risorsa, è sempre sorridente, nonostante si prenda cura di ben 12 figli”.Ali ha 62 anni e da 34 abita in Danimarca. “Non riesco a descrivere a parole quanto sia felice di lavorare al Noma”, ha raccontato durante il party di addio al locale (l’azienda abbandona la storica location nel quartiere di Christianshavn per riaprire come urban farm). “Qui ci sono le persone migliori con cui lavorare e sono molto amico di tutti. Mi portano tutti un gran rispetto e sono sempre pronti ad aiutarmi”.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...